Le scienze su”POLISCRITTURE”: possibili aree di lavoro

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di Donato Salzarulo

1. – PERCHE’ UN NUMERO DI POLISCRITTURE DEDICATO ALLE SCIENZE? QUALI LE FINALITÁ E GLI OBIETTIVI? QUALI I TEMI DA PORRE AL CENTRO DELL’ATTENZIONE?

Penso che sia opportuno porsi queste domande in via preliminare. Per quanto mi riguarda, provo a dare alcune risposte legate alla mia storia personale.

Negli anni in cui studiavo pedagogia (fine anni Sessanta e buona parte dei Settanta), questa disciplina (insieme a psicologia, sociologia, antropologia, ecc.) cercava di darsi uno statuto scientifico. «La pedagogia come scienza», infatti, si intitolava uno dei libri di Francesco De Bartolomeis, studiato per il primo esame. In che senso come scienza?…Il discorso si farebbe lungo. Ciò che a me preme sottolineare è che veniva riconosciuta alla “conoscenza scientifica” una capacità razionale di rappresentazione e previsione più efficace e diversa, ad esempio, dalla “conoscenza letteraria”. Il metodo scientifico era, per così dire, la stella polare.

Lo era per il pedagogista. Ma lo era anche per il filosofo. In quegli anni Althusser sosteneva che «Il Capitale» di Marx rappresentava una straordinaria impresa culturale per aver scoperto il sistema dei concetti che apre il “Continente Storia” alla conoscenza scientifica: «Quest’opera gigantesca che è Il Capitale contiene, molto semplicemente, una delle più grandi scoperte scientifiche di tutta la storia umana: la scoperta del sistema dei concetti (dunque della teoria scientifica) che apre alla conoscenza scientifica quello che si può chiamare il “Continente Storia”. Prima di Marx, due ”continenti” di pari rilievo erano stati “aperti” alla conoscenza scientifica: il Continente Matematiche, dai Greci del V secolo, e il Continente Fisica da Galileo» (L. Althusser, Introduzione al I libro del Capitale, Pratiche Editrice, Parma-Lucca, 1977, pp. 11-12).

Furono letture simili a sensibilizzare verso le scienze un giovane come me prevalentemente interessato alle humanae litterae. Tra parentesi, in quegli anni veniva pubblicato da Einaudi un pamphlet di Charles P. Snow sulle “due culture”, sull’avversione fra scienziati e letterati. A me sembrava giusto superarla, anche se, durante gli anni di scuola, zoologia, chimica, fisica, matematica, ecc. non mi avevano granché attratto. A vent’anni mi disponevo a ripensarle.

In verità, non furono solo le letture. C’era stata la partecipazione al ’68, l’Autunno Caldo, la lotta contro la nocività in fabbrica, l’esperienza di Basaglia contro i manicomi, il lavoro di denuncia di Giulio Maccacaro sulle vittime del talidomide e l’esperienza di “Medicina Democratica”…Nel 1974, Maccacaro assunse la direzione di Sapere, una rivista di divulgazione scientifica, che molti di noi cominciarono a comprare e a leggere. Nel 1976 si verifica il disastro ambientale di Seveso con la fuoriuscita della diossina dall’ICMESA. Nello stesso anno viene pubblicato da Feltrinelli un libro importantissimo per la comprensione dei rapporti scienza-società-capitalismo. Mi riferisco a «L’Ape e l’Architetto. Paradigmi scientifici e materialismo storico» introdotto dal fisico Marcello Cini e scritto, oltre che da lui, da altri tre fisici: Giovanni Ciccotti, Michelangelo de Maria e Giovanni Jona-Lasinio. Nel 1977 muore Maccacaro. La linea politico-culturale di Sapere cambia. Nasce la rivista SE Scienza Esperienza…Quando, a metà degli anni Ottanta, chiude i battenti, io ho ripreso a scrivere poesie. Di scienze leggo ancora oggi, ma non con l’entusiasmo del decennio 68-78…  

La domanda che mi pongo è: COSA RAPPRESENTA OGGI PER ME LA CONOSCENZA SCIENTIFICA? CHE VALORE LE ASSEGNO? QUANTO CONTA NELLA MIA VITA?…Non bisogna essere particolarmente intelligenti per capire quanta scienza e tecnica siano presenti nella vita quotidiana di ognuno di noi: dal frigorifero alla lavatrice alla caldaia al televisore al computer (su cui sto scrivendo), ecc. ecc. Senza scienza e tecnica tutte queste macchine e oggetti non ci sarebbero. Se così fosse, credo onestamente che la mia esistenza sarebbe peggiore. Ho trascorso l’infanzia in una masseria pugliese, senza acqua in casa e illuminati da una lampada a petrolio (per non dire altro) e sono in grado di apprezzare le differenze tra le diverse condizioni materiali. Indubbiamente le parole PROGRESSO e MODERNITÀ non affascinano più come una volta, ma certe novità tecnologiche non fanno in tempo ad essere immesse sul mercato che si formano le file per andare a comprarle. Davvero progresso e modernità non hanno più presa nella cultura di massa? Davvero è solo consumismo tecnologico?

D’altronde succedono fatti che sconcertano: recentemente sono stato colpito dal “caso Stamina” e dalla questione della sperimentazione sugli animali. Si tratta di questioni che hanno avuto un notevole rilievo mass-mediatico, polarizzando l’opinione pubblica. Prima di Stamina, c’era stato il caso Di Bella. Berlusconi ha quasi vinto un’elezione sulla “libertà di cura”. Sia Di Bella che  Vannoni (il sostenitore di Stamina) tendono a indossare i panni degli “innovatori eretici” in lotta contro l’establishment medico-sanitario, farmaceutico, ecc. Come se avessero fatte proprio le tesi anarchiche di Paul Feyerabend “Contro il metodo” o di Thomas Kuhn sulle “rivoluzioni scientifiche”. Insomma, hanno scoperto la “cura miracolosa” e la cosiddetta “autorità costituita” (Agenzia Italiana del Farmaco, Comunità Scientifica, ecc.) ne blocca la diffusione e somministrazione per difendere i propri “interessi di bottega”. In questo scontro vengono mobilitati malati, tribunali amministrativi e non, ministri ed onorevoli, associazioni, partiti e non partiti. Un bailamme. Credo che la scienza sia fallibile e che gli scienziati possano sbagliare. Ma qui siamo alla Torre di Babele. È vero che mia madre cardiopatica ormai conosceva il suo cuore a menadito e certi giorni diceva di non riuscire a tenerlo unito, “a raccoglierlo”, epperò senza i suoi cardiochirurghi e cardiologi di Niguarda (nei confronti dei quali aveva sviluppato una vera e propria dipendenza psichica) non sarebbe arrivata a 76 anni. Medici che immagino applicassero dei “protocolli” di cura.

Per farla breve, questi episodi mi mettono in crisi. Io non penso che la scienza sia neutrale. Non lo penso dal Sessantotto e dagli anni Settanta. Non penso neppure però che possa essere una persona o cento persone che non hanno mai visto una provetta in vita loro e che hanno orecchiato qualcosa sulle cellule staminali (come mia madre sul cuore) a decidere farmaci e metodi di cura pubblici. Forse il neoliberismo fa proprio questo: detronizzare del tutto la scienza così come riduce a cattiva letteratura la letteratura. La conoscenza scientifica perde il suo “statuto privilegiato”. Un pedagogista o un filosofo non mirano più ad appiccicare alle loro opere la qualifica di “scienza”.

Sono contro lo scientismo. Lo sono per quanto ho detto prima, per aver letto l’Ape e l’Architetto. So che la conoscenza scientifica e le ricadute tecnologiche non portano di per sé liberazione ed emancipazione sociale. «Soviet più elettrificazione» avrebbero potuto garantire qualche progresso non certo il comunismo o un nuovo modo di produzione sociale.

Sono anche contro l’irrazionalismo. Amo la poesia, ma non riesco a farne una religione. Non odio i numeri né la quantità. L’ignoto è molto, molto più del noto. Ma non amo gli adoratori del mistero e dell’ineffabile. Non riesco a rinunciare al lumicino della conoscenza razionale.

È in nome di questo lumicino che continuo a leggere libri di scienze. Per esempio: «Scienza» di Gilberto Corbellini (Bollati Boringhieri, 2013)  Ed è in nome di questo lumicino che bisognerebbe continuare ad esercitare la critica scientifica, filosofica, letteraria, economica, sociale…

PERCHÉ, DUNQUE, DEDICARE UN NUMERO DI POLISCRITTURE ALLE SCIENZE?

a)     Per l’importanza che esse hanno nella nostra vita quotidiana (quelli di sopra sono soltanto alcuni esempi, ma se aprissimo il capitolo del Web e del Digitale, si aprirebbero praterie sconfinate di discussione)

b)     Perché la critica al capitale passa anche attraverso la critica all’assetto delle scienze COME È OGGI

c)     Perché la conoscenza scientifica, per quanto storicamente e socialmente costruita, è il risultato di “procedure oggettive”, sganciate dai differenti punti di vista, replicabili e falsificabili dalla comunità scientifica. (Su questo punto forse è opportuno rileggere L’Ape e l’Architetto. Mi risulta che qualche anno fa il libro sia stato riedito da Franco Angeli.)

d)     Per rimettere in circolazione temi dimenticati e/o rimossi e valutarne l’attualità

e)     Per sforzarsi di verificare lo “stato dell’arte” sulla questione

f)      Per intervenire su problemi fondamentali come la salute, la nocività ambientale, l’inquinamento, ecc.

g)     Per continuare a combattere sia lo scientismo che l’irrazionalismo presenti nell’attuale panorama culturale

h)     ECCETERA

2. QUALI I TEMI DA PORRE AL CENTRO DELL’ATTENZIONE?

Alcuni si intravedono già da quanto sinora detto. Elenco, comunque, in modo più esplicito alcune aree di ricerca e scrittura. I numeri romani non indicano una scala di priorità o di importanza.

  1. I.                Io e le scienze. Tenendo presente il particolare taglio di Poliscritture (cfr. ultima lettera di Alessandra), penso che vadano bene scritture centrate sul rapporto di ognuno di noi con le discipline scientifiche. Da bambino ho raccolto per qualche settimana varie specie d’erba. Mi ponevo problemi di classificazione. Sono un botanico mancato!…Perché, insomma, facciamo quel che facciamo e non ci siamo appassionati alla biologia, alla chimica, alla fisica, alla matematica…Per la cattiva didattica dei professori o per l’aridità della materia?…Le formule chimiche! Dio, le formule chimiche!…
  2. II.              La big science.  Che cos’è?  Ecco la risposta di Marcello Cini: «È l’industria della produzione di conoscenza scientifica, fondata sull’investimento di capitali ingentissimi, sulla divisione del lavoro, sulla produzione come fine a se stessa, e in definitiva  sulla valutazione dei risultati ottenuti dalla ricerca in base alla potenzialità di questi ultimi di dare origine a loro volta a un ulteriore produzione di risultati in una catena senza fine. È la forma tipica della produzione di scienza nella società capitalistica avanzata, profondamente diversa da quella individuale, artigianale, di investigazione dei fenomeni della natura e delle sue proprietà che la scienza aveva avuto fin dalle origini.» («Dialogo di un cattivo maestro», Bollati Boringhieri, 2001, pag. 96). Questo significa fare scienza oggi. Da qui una serie di problemi su diversi versanti: dalla quantità di denaro e risorse che un Paese investe in ricerca scientifica alle condizioni di lavoro dei ricercatori. In occasione delle scritte murali degli animalisti contro i ricercatori  “assassini” che usano cavie in laboratorio, sui giornali si è potuto leggere qualcosa sui loro stipendi che superano a malapena i 1.000 euro. Non sarebbe male qualche intervista con una di queste ricercatrici (o con ricercatori). Anche un viaggio-inchiesta in qualche laboratorio sarebbe, credo, interessante. Ovviamente, sarebbero ben accolti contributi generali sull’organizzazione, il funzionamento e la qualità della big science in Italia: CNR, imprese private, ecc.
  3. III.            L’Ape e l’Architetto, quasi quarant’anni dopo. Sarebbe auspicabile organizzare una sorta di tavola rotonda sull’attualità o meno di questo libro. Oppure non sarebbe male riprendere i temi della discussione che c’è stata (ad esempio sul Manifesto, ma non solo) in occasione della riedizione. Sarebbe interessante anche dare la parola ai ricercatori che, eventualmente, si ritengono eredi di queste posizioni.
  4. IV.            La divulgazione scientifica. Capitolo ampio: la scienza sui giornali, alla TV, nella Rete. Il panorama delle riviste scientifiche e non: penso a Sapere, a Le Scienze, a  Micromega che pubblica annualmente un “Almanacco delle scienze”.  Le collane editoriali.
  5. V.               L’insegnamento delle scienze nelle scuole di ogni ordine e grado. Anche questo è un campo vasto. Si potrebbero acquisire testimonianze sia sul versante degli studenti che dei docenti. Si potrebbero chiedere articoli e valutazioni critiche sui programmi ministeriali.
  6. VI.            Scienza e…cattiva scienza. Trattamenti disintossicanti, cosmetica, omeopatia, effetto placebo, antiossidanti, vaccino trivalente…In giro c’è tanta “cattiva scienza”. Le bufale sono all’ordine del giorno. A Natale ho cominciato a leggere un libro di un giornalista del Guardian: «La cattiva scienza» (Bruno Mondadori, 2009). E su L’Indice di gennaio 2014 mi sono imbattuto in una recensione di Vincenzo Barone a un libro di Silvano Fuso che s’intitola «La falsa scienza. Invenzioni folli, frodi e medicine miracolose dalla metà del Settecento a oggi» (Carrocci, 2013).
  7. VII.          Scienza e…filosofia.  Che fine ha fatto la “filosofia della scienza” di Geymonat e dei suoi allievi? Un tempo il suo manuale era molto diffuso nei licei. Chi sono oggi i suoi allievi?…A me viene in mente Giulio Giorello. Non sarebbe il caso di fare un bilancio della situazione? Geymonat ha introdotto in Italia Popper e Kuhn…
  8. VIII.        Scienza e…letteratura. Il primo che mi viene in mente è Italo Calvino. Ma anche alcuni libri di Del Giudice…E la  “Vita di Galileo” di Brecht?…Il 15 febbraio è il 450° della sua nascita. Un’occasione per leggere Galilei e Brecht…E Lucrezio e il suo De rerum natura? L’accoppiata scienza-letteratura può essere esplorata sul piano dei contenuti e dei linguaggi. Li accomuna un aspetto ludico. Anche la metafora è figura del pensiero molte presente nelle scienze.
  9. IX.            Scienza e…fantascienza. È una miniera. Io non sono un amante del genere, ma c’è chi sostiene che la fantascienza costruisca immagini del futuro con contenuti di verità piuttosto rilevanti.
  10. X.               Scienza e…criminalità. Dalla rilevazione delle impronte digitali al codice genetico, dall’analisi chimico-fisica degli elementi presenti sulla scena del crimine alla “macchina della verità”…
  11. XI.            Scienza e…Il binomio fantastico. Le coppie precedenti sono state elencate solo a titolo d’esempio. In realtà, si potrebbe andare avanti a lungo accoppiando la scienza, oltre che col capitale (la big science di cui sopra), con la città, l’ambiente, la terra, il mare, il cielo, la guerra, l’arte, la politica, ecc. ecc. valutando quanto la scienza abbia modificato questo o quel fenomeno e quanto ne sia stata modificata. Nel binomio scienza-guerra, il rapporto è chiarissimo: la guerra si modifica, a partire dalle diverse invenzioni. Dalla pietra appuntita alla bomba atomica. Tutti sappiamo che quest’ultima è il prodotto della fisica nucleare. Internet stesso è il risultato di ricerche prima di tutto militari: ARPANET
  12. XII.          Letture d’autore. Una bella occasione per leggere (o rileggere) alcune opere di Marcello Cini: Il paradiso perduto (1994), Dialoghi di un cattivo maestro (2001). O per riflettere su una figura come quella di Giulio Maccacaro. Pensando al disastro di Seveso e all’ecologia, a me viene in mente anche Laura Conti: Visto da Seveso, Una lepre con la faccia da bambina, Questo pianeta…

CONCLUDENDO: carne al fuoco ce n’è. Il mio elenco di spunti può allungarsi, precisarsi, arricchirsi. Il problema è mettersi all’opera e cominciare a dire che cosa la redazione ristretta e allargata, coi “vecchi” e nuovi arrivi è in grado di produrre in proprio e che cosa, invece, è necessario commissionare all’esterno. Se siamo d’accordo, sarebbe opportuno cominciare a far  circolare questo “elenco di lavoro”, dichiarando chi vuol fare cosa

Io, avendo letto recentemente Dialoghi di un cattivo maestro, scriverei volentieri sull’opera di Marcello Cini.

11 febbraio 2014   

 

 

 

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