Per quanto piagato e tradito dalle ossa

sagredo poesia o Di stefano

di Antonio Sagredo

Per quanto piagato e tradito dalle ossa,
lontano da chi non ha visioni e lutti,
voglio l’origine di ciò che racconti e aspetti,
là, dove non c’è solo il canto dei bambini.
Una vita, dopo, non vagheggiarla, mai!
Non esistono utili prodigi e funebri promesse.
Unguenta il marmo l’acqua lacrimale,
dall’urna tracima una prece scellerata.
Il caos, se splende, ovunque munge ordini…
Su di me s’è specchiato il Fato rugginoso,
tremante come la pernice è la sua voce,
il sonno e chiodi di bronzo serrano le dita.
E come bendate i suoni, Arcani, sulle mappe!
Colonne che hai confini spargete gravità.
Al rogo la gioia eretica! La mozzata lingua!
Fedele ai ponti, sempre… mai alla storia!
E perché frangere ogni cosa con gesti corsari?
Noi, umani, voler essere naturali fino ai limiti!
Fingiamo l’ estremo bene solo per distruggere,
quando poi il contrario è tenere a bada il caos.
Procediamo sincopati, noi, fatti di carbone,
tradotti da lingue di mercurio, o cartapesta?
Noi, i festoni incolorati, i baracconi luminati,
non distinguiamo più la nostra carne dal cartone!
E che possiamo altro se non il deserto – la palma
Irriverente già ci offende – il vento che la muove
È solo virtuale – l’oggetto intelligente è franto.
E che resta – un prima?
No! – nemmeno un dove da abitare.

Roma. 15-24 febbraio 1994

4 pensieri su “Per quanto piagato e tradito dalle ossa

  1. DOMANDE A SAGREDO

    1. Chi vuole « l’origine di ciò che racconti e aspetti»?
    2. A chi si rivolge?
    3. Chi sono questi «Arcani» con la A maiuscola?
    4. In « Colonne che hai confini spargete gravità», ‘Colonne’ è nome al singolare? Oppure, se è plurale di ‘colonna’, come va inteso quel «che hai confini»?
    5. « Irriverente». Perché con la maiuscola? E’ un refuso?

  2. “…tenere a bada il caos” e “Noi, umani, voler essere naturali fino ai limiti!” due versi della poesia che mi hanno colpito…Vorrei, se possibile, sapere se perte, Antonio Sagredo, anche il caos fa parte dell’ordine naturale delle cose…se il deserto alla fine è quanto spetta a noi tutti. Da una parte accosto questa poesia a quella di G. Leopardi: “Il canto notturno di un pastore errante nell’Asia”, dall’altra le due immagini apparse a commento di questo post e di uno precedente (la madre con il bambino), entrambe straordinarie…In quest’ultima una donna guarda con seria consapevolezza (accettazione?) il suo piccolo frutto, mentre lui, nudo e rannicchiato , è appartato nel mondo delle sue sperienze ancestrali. Nell’immagine attuale c’è un vecchio, non ha dimora ma viaggia ancora, in una nuda carrozza appartato tra i ricordi di una vita. Prima, dopo ora…

  3. La misera fine dell’uomo ridotto a marionetta, attore, oggetto, giostra. La sua morte senza coscienza solo un pianto oltre le sue ceneri senza senso come senza senso ha vissuto , donandosi al caos che fino all’ultimo pur nella sofferenza nessuna pietà per lui ha provato. L’alternarsi tra corpo e pensiero è tragico, rabbioso . Nessuna pace .

  4. …a ognuno il suo tramonto

    Nessuno

    Non sono nessuno
    sono solo uno specchio
    rifletto
    deformo
    se mangi le unghie
    se il naso ti soffi
    ondulo tutto il tuo viso
    se parli
    la bocca la muovo anch’io
    se dormi
    mi chiudo d’incanto
    se corrughi la fronte
    non spiano le rughe
    se ti apri a un sorriso
    la luce degli occhi rifletto
    se provi paura
    scappo con te
    se pensi
    ci provo ma getto la spugna
    mi arrendo
    sono solo uno specchio
    se non mi vuoi
    mi frantumo

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