I poeti sono troppi?

troppi poeti

[Sul sito LE PAROLE E LE COSE (qui) pare sia ripresa la discussione  – il post è del 13 dicembre 2013 – su un tema (di superficie) che rimanda ad altri temi più decisivi e irrisolti. Pubblico qui il  mio primo commento/provocazione, quello di Gianmario Lucini e un mio successivo che con lui dialoga.  Ma potete spulciare il tutto liberamente  e magari commentare qui e/o lì (E.A.)]

Ennio Abate
23 aprile 2014 a 07:43

Ma che problemi ancora vi fate? Altri l’hanno già risolti e sanno chi sono I VERI POETI!
Rivolgetevi a loro per ulteriori chiarimenti.
Vedete ad esempio:

Da: La Casa Della Poesia di Milano [mailto:segreteria@lacasadellapoesia.com]
Inviato: martedì 22 aprile 2014 06:52
A:…….
Oggetto: mar 29/04 ore 21: Domande ai veri poeti. Seconda puntata: C. Viviani e G. Consonni. Alla Casa della Poesia di Milano
Priorità: Alta

Cari amici,
Vi segnaliamo, per il prossimo giovedì,la seconda serata della serie “Domande ai veri poeti”, un’indagine di Giancarlo Majorino e di Tiziano Rossi sulla poesia contemporanea.

martedì 29 aprile 2014, ore 21
Domande ai veri poeti. Seconda puntata: Cesare Viviani e Giancarlo Consonni
a cura di G. Majorino e T. Rossi

Giancarlo Majorino e Tiziano Rossi affrontano un viaggio attraverso la poesia contemporanea interrogando, alla maniera socratica, i veri poeti.
In questa seconda serata della serie, interrogano Cesare Viviani e Giuseppe Consonni.

Palazzina Liberty, Largo marinai d’Italia 1 – offerta libera

Confidando di avervi tra il nostro pubblico e in una vostra diffusione,
vi inviamo i nostri cordiali saluti

Gianmario Lucini
23 aprile 2014 a 11:48

Ottima iniziativa quella di Majorino e Rossi ma peccato che per Milano ci sono 130 Km, da dove mi trovo… 🙂 auguri comunque.
Tornando però alle parole e al senso dell’intervento di Matteo e di Ennio: la questione di chi è o non è poeta. Che poi è sempre un giudizio.
Beh, io non ce l’ho col giudizio “in sé”, che è una delle attività collegate alla libertà umana ed espressione della decisione personale. Ma non sono d’accordo con gli elenchi e le distinzioni fra chi scrive e deve essere considerato “poeta” e chi invece è, poverino, uno stupidotto o giù di lì che non ce la fa e magari ha anche l’arroganza intellettuale di sentirsi poeta…
Sbarazzo il campo subito, affermando che essere poeti (o meglio, avere il senso dell’arte, perché la poesia è una delle arti scritte, con la narrativa, l’aforisma, il teatro… fra mille arti inventate dall’uomo) è di tutti, basta frequentare l’arte. L’uomo è un essere simbolico e l’arte è senso veicolata in simboli, in figure retoriche, in allusioni, in mille modi. Il cane non trova un particolare significato in un bel quadro: il massimo del suo apprezzamento e farci una pisciatina sopra. Ma noi tutti, intellettuali raffinatissimi, scaricatori di porto o guerrafondai, “sentiamo” qualcosa in presenza di un’opera d’arte, scritta, cantata, suonata, dipinta… se ci pisciamo sopra è per sfregio, non per istinto. Dunque, il senso dell’arte è una caratteristica costitutiva dell’essere umano, fisicamente e mentalmente. Qualcosa che attira, che sprona a continuare un certo discorso, un certo senso che vi troviamo. Così, alcuni di noi decidono di cimentarsi in questo discorso, altri se ne stanno fuori ma diventano cultori ed estimatori dell’arte, altri occasionalmente, altri invece decidono di dedicarsi ad altre occupazioni.
Perciò, io non mi scandalizzo degli artisti che considero mediocri e anzi, trovo che sia apprezzabile il loro sforzo di produrre un’arte dignitosa. Il problema è che alcuni di loro, a ragione o a torto, pretendono un riconoscimento sociale, molto spesso anche economico e di potere, in nome di un certo “talento”. E’ così che l’arte, da libera e apprezzabile in se stessa perché fine a se stessa, diventa strumento per un altro fine, magari anche lecito o alto, come l’arte che celebra l’ideologia, ma sempre “altro” rispetto alla sua libertà.
Non mi scandalizzo neppure se molti poeti pubblicano intere raccolte sciatte e vuote: fatti loro e peraltro con la enormità del loro narciso che li spinge a spendere danari (e molti danari a volte) pur di pubblicare le loro sciatterie, almeno contribuiscono a dare il pane a tipografi ed editori rapaci, che poverini devono vivere anche loro. Se la dicono e se la giocano, cazzi loro. Saggezza è, a mio avviso, ignorarli e malafede è, come fanno certi critici, incensare il vuoto che essi esprimono.
detto questo, mi sembra esagerato e comunque improprio affermare che soltanto i posteri daranno un giudizio valido sulle opere d’arte. L’arte è adesso, non fra 100 anni. E noi di adesso abbiamo il dovere di approvare o dissentire, apprezzare o ignorare, riconoscere o misconoscere gli artisti. L’artista è uno di noi, che parla, che mangia che dice scemenze e cose alte, che parla alle folle, che va al cesso, insomma, uno di noi che – e questo è il nocciolo – ha un ruolo, che nessun altro può svolgere. Ebbene, non riconoscere l’artista significa non riconoscere il ruolo dell’artista nel contesto socio-culturale e, direi un po’ da vigliacchetti, demandare il tutto a un futuro, quando ormai il discorso pro-vocatorio dell’artista ha largamente esaurito il suo impatto e certo riveste importanza per la cultura, ma fino a un certo punto. Significa condannarci a restare sempre indietro rispetto alle provocazioni dell’arte contemporanea.
Non si tratta pertanto di “celebrare” gli artisti del passato, ma discutere sul contenuto e sulla forma di arte che ci propongono i bravi poeti come Viviani o Consonni (che io non conosco, ma qui prendo per buono l’apprezzamento di Majorino e Rossi, che sono persone di indubbia competenza). Questo si deve fare, per tutti gli artisti e non soltanto per quelli più noti come questi due.
Certo, c’è grado e grado di artisticità, mica tutti sono Picasso o Montale o Rosselli. Ma va anche osservato che l’artista bravo e soprattutto “vero”, non nasce come un fungo ma è “anche” il prodotto di un lavorìo culturale sotterraneo fatto da artisti che vengono poi dimenticati, credo a torto. Ci sono legami insospettabili nei contenuti e nelle forme artistiche, trasversali peraltro nelle stesse arti (la letteratura che prende spunto dalla pittura o dalla musica e viceversa: si pensi ad es. ai “Quadri per una esposizione” di Mussorgskij o all’enorme produzione musicale e pittorica collegata al poema di Dante o ai poemi omerici. Trovo pertanto che l’idea di dividere il mondo in “bravi artisti” o “artisti mediocri”, sia un poco romantica, impraticabile. Mussorgskij prende spunto da quadri ormai dimenticati e di scarso valore artistico e compone un’opera fondamentale per la cultura del tempo. E molti altri esempi si potrebbero fare. É così che si fa arte e cultura, credo.
Pertanto, se qualcuno mi domanda “sei poeta?” io gli rispondo che sì, lo sono, anche se ci ho messo anni per capirlo e non sono ancora del tutto sicuro, anche se ho forse 5 o 6 lettori, uno dei quali in fin di vita e anche se non mi sono mai preoccupato di diffondere o presentare le mie opere. A qualcosa serviranno, non sta a me finalizzare la mia scrittura a qualcosa. E se non serviranno a nessuno, va bene anche così: a me sono servite e a mia moglie per dire che sono un perdigiorno. Che siano belle o brutte non mi importa: a me piacciono anche se vedo, col senno di poi, cose che nella loro forma potevano essere espresse meglio. Insomma, lasciate che i cattivi poeti scrivano, purché lo facciano cercando una loro verità poetica e non per fini ambigui: sempre meglio che essere un politico ladro, un mafioso o un operaio che fa gli straordinari con l’illusione di diventare benestante. O peggio, un intellettuale che scrive cazzate sapendo di scriverle, perché molta gente vuol leggere cazzate ed è disposta persino a pagarle… Io credo che lp’artista debba ignorare tutto questo e tirar dritto per la sua strada. E credo anche che l’artista debba essere un buon critico, perché non si fa arte “a caso”, per grazia divina, per “inclinazione” o per “vocazione”, ma ragionando sul mondo e su quello che altri dicono di questo mondo. Non credo all’artista meteorite, che ci viene dalle stelle per grazia ricevuta, anche se, per una serie di mille concause, qualcuno riesce meglio di altri nell’applicarsi a una disciplina artistica.

Ennio Abate
23 aprile 2014 a 16:00

Di discorsi onesti, lungimiranti e realistici sul poetare oggi, come quello appena scritto da Gianmario Lucini, non ne vedo molti in giro.
Nel suo commento, però, c’è una pecca (ma forse nella saggia schiera degli “astuti come colombe” Lucini sa stare meglio di me…): trova ottima l’iniziativa di Majorino e Rossi, sulla quale istintivamente a me è venuto di fare dell’amaro sarcasmo.
E per due ragioni:
– oggi, a causa della fiacchezza del discorso critico sulla poesia contemporanea, mi pare più arduo (di ieri l’altro; e mi riferisco agli anni Settanta all’incirca…), stabilire quali siano i criteri non esclusivamente o troppo soggettivi per fissare un netto confine tra *veri* e *falsi* poeti (che è poi il succo anche del commento di Gianmario);
– comunque un’iniziativa come quella di Majorino e Rossi, e cioè di poeti e/o poeti-critici apprezzabilissimi ma meglio piazzati accademicamicamente o editorialmente, continua imperterrita a benedire come *veri* la ristrettissima quota dei poeti e poetanti che essi arrivano ad annusare. E coi criteri (soggettivistici e un po’ elitari per lo più) di sempre.
Il problema è invece quello del *resto del mondo *, che non viene annusato o indagato a sufficienza né dai poeti piazzati né da quelli spiazzati. ( Ho cercato di argomentare ancora una volta tutto ciò qui: http://moltinpoesia.wordpress.com/2014/02/28/ennio-abate-appunti-su-quadernario-2014-di-lietocolle/). Ma anche l’elaborazione di altri *più veri* criteri critici.
Altrimenti, come dice Gianmario, siamo condannati – piazzati e spiazzati – « a restare sempre indietro rispetto alle provocazioni dell’arte contemporanea» o a «“celebrare” gli artisti del passato» senza relazione con *questo presente*. Hic Rodus, hic salta. Se no, chiacchiera, chiacchiera.

P.s.
I miei appunti sul Quadernario 2014 erano stati pubblicati anche sul sito della Lietocolle. Mi accorgo adesso che non ci sono più.

2 pensieri su “I poeti sono troppi?

  1. Rispondo con un articolo di Borges apparso sul NYT nel 1971: “Who needs poets”. Mi sembra si addica molto al panorama italiano. Le parole di Borges sono, come sempre, illuminanti, ma in particolare volevo sottolineare le sue osservazioni sul poeta “giovane” che andrebbe incoraggiato a trovare la propria voce. Potete leggere l’articolo (in inglese) sul mio blog http://amicidiletture.blogspot.it/2014/04/a-chi-servono-i-poeti.html

  2. @ Giovanna Iorio

    Se lei conosce l’inglese, potrebbe tradurcelo?… Così non facciamo finta di aver capito, ma capiamo davvero…

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