… e morte sia

occhio_nel_muro

di Marcella Corsi

 

come fossimo, nate per sentire e dare
vita, costrette a cedere ogni volta ad una legge
imposta, insopportabilmente ingiusta a volte)

ad Eliana per Alessandro

tutti i caldi mesi appesi ad un filo che traspariva
liquida trepidazione, attesa conficcata nel bianco
verdino d’intonaco lucido da muro d’ospedale
sono serviti solo a morire prima
durante e dopo – e dopo e dopo –
la tua morte
figlio, che ti ho sognato prima e durante e dopo e
prima ancora che ci fossi sapevo chi eri giacché io
di te ero e tu di me ti compiacevi e nutrivi
le delicate carni i nervi il cuore gli umori e il sangue

nulla ti renderà mai più a me ed io non saprò più
rendermi a me come prima, a me con te, immensa
nella tua dolcezza infissa nel tuo morire

dopo di te più nulla di me rimane a immaginarti
a immaginarmi

*

… chi perde un figlio è immancabilmente
donna, consapevolezza di uomo non banale
e non confondiamo – era David Grossman
infatti – il sentimento con l’elaborazione
di quel sentimento e con l’azione che può
derivarne: questa ha molte strade e può essere
guidata con redini d’oro d’acciaio o di tessuto
diverso, quello invece è quasi autistico
inevitabilmente autonomo indipendente
dal volere del suo possessore (o posseduto)

il sentimento ti prende ti sorprende ti tende
agguati e scherzi ti comprende forse meglio
di quel te che usa ragione ti aspetta al varco
acquista meriti o foschi demeriti, affonda
nel profondo può fare affidamento sulla tua
paura di vederlo sull’affanno che ti costa
seguirlo sull’effimero sollievo di affossarlo

un odio insostenibile un’invidia serva
l’immensa fatica di aderire ad un’immagine
che ne sia libera

diceva la poesia è la lingua del mio dolore

 

 

*Nota. I corsivi sono tratti daCaduto fuori dal tempo di David Grossman.

 

5 pensieri su “… e morte sia

  1. …a volte dentro di noi ci sono delle reazioni così lontane da qualsiasi barlume di ragione
    (ma chi ci assicura che quest’ultima abbia sempre ragione? E a quali ragioni obbedisce?) e quanto descritto da Marcella Corsi nella sua intensa poesia mi sembra tanto vero, e sano, credo…Alla perdita di un figlio, aderire all’immagine della “Pietà” può essere una forzatura terribile…la donna (donna o uomo che sia) si ribella, odia e invidia con furore, anche le belve reagiscono così. Grazie ancora

  2. Rabbiosamente ma delicatamente
    perché solo così si può entrare in questo star male senza mancargli di rispetto , perché questo è un dolore che si può anche amare.
    La poesia può arrivare fin ad un punto che nessun’altra espressione può raggiungere.
    Marcella ci riesce, con tutta se stessa in questi meravigliosi versi. Grazie
    Un abbraccio.

  3. non so che ringraziare l’autrice per questi versi pieni di sofferenza e di dolore infinito.

    l’accostamento al libro di Grossmann è più che dovuto, anzi è necessario.

  4. Grazie della vostra lettura così intuitiva e partecipe.
    Rispondo a Leopoldo che si chiede quanto mi siano costati questi versi dicendo che per fortuna mi son costati ‘solo’ quanto è servito ad immedesimarmi nel dolore di una madre che ha perso un figlio, quella madre essendo persona per me cara.
    Annamaria ha colto la dimensione essenzialmente animale che per me ha il rapporto con un figlio. Essa è evidentemente espressa in questi versi ma io l’ho messa a fuoco in modo molto più preciso per via del suo commento.
    Di Emilia mi sembra bellissima l’espressione che “questo è un dolore che si può anche amare”. Mi fa anche pensare che bisognerebbe riuscire ad ‘amare’ (nel senso cui lei accenna) almeno un poco ogni dolore, pena non riuscire ad elaborarlo.
    Le citazioni da David Grossman (il volume in versi dedicato alla morte del figlio), come Luigi nota, le ho sentite come necessarie: la prima mi sembra memorabile (degna quindi di essere ripresa ad onore del suo autore), la seconda sottolinea anche a mio avviso una specificità della poesia.
    Di nuovo grazie
    ciao
    Marcella

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