La proprietà è un furto. (Spigolature sul tema)

Pierre Joseph Proudhon (1809-65) and his children in 1853, 1865 (oil on canvas) (see 99577 for detail)

di Giorgio Mannacio

1.
Inseriti in una trama di rapporti formali – continui e coerenti – stentiamo a non vedere nella famosa frase pronunciata da Proudhon ( 1809 – 11865 ), frase che dà titolo al mio testo, una sorta di provocazione.Oggi ciascun proprietario – se si escludono ipotesi definibili extra ordinem – può eccepire contro di essa d’essere diventato proprietario di un immobile attraverso una serie di atti ben definiti che l’ordinamento dello stato in cui vive dichiara legittimi e come tali protetti. Anche piccole comunità aggregate da particolari idealità i cui componenti condividono la proprietà su certi beni sì da realizzare, all’interno della comunità stessa, una sorta di comunismo delle origini, hanno raggiunta tale stato attraverso atti formali che ne attestano la legittimità. Anche i Mormoni d’America hanno realizzato una sorta di comunismo delle origini, non so se praticato ancora oggi, ma resterebbe in piedi la domanda di cosa abbiano pensato i nativi dello Stato dell’Utah allorquando intorno a metà dell’800 detti Mormoni invasero la zona sulle sponde del Lago Salato.
La questione è spinosa. Andando a ritroso nel tempo e sfogliando foglia il“ carciofo della
Storia “ cosa resta alla nostra meditazione ?
Non occorre una particolare perspicacia e non è possibile lanciare accuse di estremismo
( quale che sia la specifica qualità di esso ) per arrivare a chiedersi: ma come stavano le cose
“ all’origine “ ?. Da figli a padre e da padre a nonno e così via all’indietro, si arriva pure ad un punto in cui quello che oggi, ieri e l’altro ieri abbiamo attribuito alla elaborazione culturale è stato, necessariamente direi, un mero fatto.
Le parole provocatorie di Prudhon mostrano dunque un aspetto da analizzare.
2.
In un interessante volumetto ( lo chiamo così solo perché di modeste dimensioni e non già perché non degno di attenzione e considerazione per le sue acute e suggestive
considerazioni ) i due Autori ( 1 ) ricordano l’arguta ed inquietante domanda che i contadini tedeschi dell’epoca della Riforma ponevano sotto forma di indovinello in una canzone popolare: “ Quando Adamo zappava ed Eva tesseva dove erano i nobili “ ?
Nel romanzo Beatrice Cenci- Storia del secolo XVI ( 1854 ) il nostro F.D Guerrazzi mette in bocca a due nobili ( un Conte ed un Duca ) la stessa domanda e stila ( 2 ) una nota che riporto integralmente : “ Durante la sommossa avvenuta in Inghilterra volgendo l’anno 1378 dell’Era volgare, Giovanni Ball predicava tutti gli uomini discendenti da uno stipite comune; eguali essere i diritti loro alla libertà e ai beni della terra ….La plebe infuriando cantava la canzone, di cui il concetto corrisponde alle parole del testo
When Adam delv’d and Eve span
Where was then the gentleman? ( 3 )

Il Guerrazzi aggiunge : la pratica del comunismo ha preceduto di gran lunga la teoria…
Giovanni Ball non è altro che John Ball, soprannominato il Prete Pazzo del Kent di cui parla Jean Froissart, storico francese ( 1337 – 1405 ) nella sua opera Croniques . In essa si ricorda che il prete pazzo andava dicendo: “ Brava gente,le cose non possono andare bene in Inghilterra e non andranno bene finchè tutti i beni non saranno messi in comune “
Marx non pronunciò mai le parole di Prudhon ma – con la prudenza e la precisione che sono proprie di un vero pensatore – parla di “ appropriazione primitiva “ ( 4 ) dove, a mio giudizio la parola chiave non è tanto la prima quanto la seconda. Infatti, mentre sappiamo tutto o quasi tutto dell’oggi, nulla sappiamo delle condizioni originarie che il pensiero scientifico fa assurgere a causa delle situazioni successive.
3.
Dobbiamo dunque iniziare il nostro cammino da spigolatori, da Adamo ed Eva come predica il prete pazzo del Kent e come dicono le canzoni inglese e tedesca che ho ricordato ?
Pare proprio di sì. In questo percorso ci imbattiamo, nolenti o volenti, nel mito e nella religione perché le rappresentazioni di ciò che non è conosciuto o è inconoscibile assumono necessariamente tali forme.
Il pensiero cristiano-cattolico che pretende di dare una spiegazione unica alla vita dell’uomo in tutti i suoi aspetti, non trascura, anzi privilegia, “ le origini “, anche se – ovviamente – ne da una propria visione. Ma, qui, non interessa discutere il merito della spiegazione quanto piuttosto analizzare gli argomenti, sempre sottili, che la spiegano e sottolinearne gli aspetti significativi.
C’è un mito sotteso al pensiero cristiano-cattolico circa il rapporto uomo-natura in quanto inerente alla sopravvivenza ed è quello descritto da Genesi 3,22.
Dopo il peccato originale visto come disobbedienza ad un divieto posto dal Signore Dio, quest’ultimo pronuncia contro Adamo le seguenti parole : “ …maledetto sia il suolo per causa tua! Spine e cardi produrrà per te e mangerai erba campestre. Con il sudore della tua fronte mangerai il pane….”. Quello che colpisce, subito, in questa maledizione è che essa non colpisce direttamente Adamo privandolo, per così dire, della sue naturali capacità di affrontare la natura, ma la natura stessa che diventa improvvisamente sterile e improduttiva,
“ costringendo” di conseguenza l’uomo ad un impegno “ contro natura “.Quest’ultima, non aggredita e non lavorata, avrebbe continuato “ tranquillamente “ a produrre cardi e spine.
D’altro canto, poiché la maledizione non prevedeva la perdita delle capacità generative della coppia primigenia e dei loro discendenti, possiamo concludere – senza esagerare – che il Signore Dio ebbe ad agire con doppia malvagità. Egli sa bene che l’aumento della popolazione
non farà che aggravare ulteriormente la condizione degli umani. Banalmente: lo stesso tozzo di pane per affamati sempre più numerosi.
La struttura mitica ( a questo punto,non tanto mitica ) della Genesi ci presenta dunque una situazione che corrisponde al concetto di “ penuria “ ben noto agli economisti occidentali, tra i quali anche Marx ed Engels.
4.
Spigolando in tale direzione mi sono imbattuto in un articolo molto interessante scritto anni fa da un giornalista cattolico ( 5 ) ,articolo che reca un titolo che è un piccolo capolavoro di astuzia teologica-politica intrisa da una vena di amaro umorismo.
Il titolo è il seguente : “ Se Adamo non avesse peccato la proprietà privata sarebbe un furto”
Il racconto biblico è completo nel senso che comprende “ il prima “ e “ il dopo”. Si può dire che con esso, in un certo senso, inizia la storia, ma a parte la sua natura mitica facilmente aggredibile sul piano razionale, esso si presta ad alcune osservazioni dall’esterno.
Comincio col dire – chiudendo logicamente le premesse poste dalle condizioni edeniche ante peccato – che tale fase non avrebbe comportato alcun problema. Essendo a portata di Adamo, compagna e discendenti una quantità inesauribile di beni necessari alla sussistenza non è concepibile una appropriazione originaria dei beni stessi. Né sarebbe pensabile l’esercizio di un “ istinto da predone” posto lo stato di innocenza dei nostri progenitori.
Ma – come si è visto – le cose cambiano con il peccato. Ho già detto che la maledizione colpisce non l’uomo direttamente ma la natura sui cui frutti l’uomo faceva affidamento. Dunque Adamo dovrà smettere di zappare “ per hobby “ ed Eva di tessere per divertimento. Dovranno aggredire i cardi, riconquistare tratti di terra ormai preda di essi e cercare di rendere la terra stessa nuovamente produttiva. Certo qualcuno potrebbe anche scegliere l’inazione cui seguirebbe secondo la dura sentenza di un poeta “ morte secondo natura “ ( 6 ).Rispetto a tale sconsolata conclusione noi poveri mortali siamo davvero disarmati sotto tutti i punti di vista.
Se da un lato, infatti, il lasciarsi morire non sembra particolarmente gradito al Signore
Dio , dall’altro – come avverte astutamente Tomaso d’Aquino ( 7 )- il peccato originale ha introdotto in noi tutta una serie di tendenze negative ( orgoglio,egoismo,avarizia,violenza ) tali da determinare sempre situazioni collettive di fronte alle quali…..è preferibile la proprietà privata.
Questo è lo stato dell’arte secondo Tomaso.
Raccolgo altri granelli sparsi. Se Adamo ed Eva sono stati costretti a lavorare la terra non per diletto ma per necessità sarà stato istintivo, da parte loro, considerarla, per quel pezzetto occupato, “ cosa loro”, pensiero istintivo tanto più forte quanto più numerosa è stata la loro discendenza. Ma questa situazione apre – nel ragionamento – due curiosi spiragli.
Si deve ammettere – se il ragionamento è corretto – che vi sia stato un momento non mitico ma reale in cui Adamo ed Eva furono “ i primi nobili “e ciò per necessità. E sarebbero rimasti tali fino alla fine dei secoli se non ci fosse stata la “ concorrenza” di altri, altrettanto nobili nel senso sopra indicato. Ed aventi diritto al pari di Adamo ed Eva alla sopravvivenza.
Il secondo spiraglio si apre sulle canzoni che ho ricordato. Esse si sviluppano su un terreno storico ben definito e addirittura ben documentato. Dobbiamo, dunque, leggerle come espressione di una critica di un presente determinato e solo suggestivamente come una descrizione delle origini. Tale correzione di prospettiva riguarda anche la sentenza di Prudhon nel senso che essa presuppone ( anche nell’individuazione dell’evento “ furto” che è formale presupponendo una organizzazione Stato ) l’occupazione di un bene già occupato con un certo titolo da altri.
5.
C’è un punto verso il quale sembrano convergere – spogliati dalle loro posizioni, rispettivamente, mitica e radicale – il racconto biblico e la sentenza di Prudhon. Il racconto biblico è tutto intessuto di violenza. Il Signore Dio, adirato, condanna le proprie creature all’indigenza e le sue creature debbono “ violentare “ la terra per ottenere un qualche sostentamento. La Storia – questo incubo dal quale Stephen Dedalus cerca di svegliarsi ( 8 ) –
ci induce a pensare ad una serie di vicende segnate da migrazioni, guerre, stragi, espropriazioni violente, altrettanto violente rioccupazioni. I pochi dati che possediamo circa la preistoria e i nostri ragionamenti portano a pensare che vi sia stata una “ violenza originaria “ non identificabile con l’anatema di un dio contro una disobbedienza ( pensiero mitico inverificabile ). Resterebbe – nel corno del dilemma razionale che schematizza il mio pensiero –l’idea che ogni forma di aggregazione sociale relativamente stabile rappresenti in sé una forma di violenza originaria, opinione che secondo alcuni costituirebbe una sorta di metafisico deus ex machina parimenti non accettabile ( 9 )
Confesso la mia ignoranza circa le idee marxiste sul punto.
Mi chiedo se non sarebbe il caso di “ spigolare “ anche su questa parte del terreno, il campo degli istinti primordiali dell’uomo che nulla hanno a che fare né con la divinità né con lo stato.
Mi induce a questo ambito di riflessioni l’osservazione che alcuni casi realmente esistenti di “ proprietà comunista “ sono sati concretamente realizzati sull’affermata necessità, seguita da una coerente applicazione, della repressione di qualche nostro istinto.

Note.
( 1 ) E. Donaggio- P. Kammerer. Marx-Antologia- Capitalismo – Istruzioni per l’uso. U.E.F. Milano,2003,pag. 171
( 2 ) F.D. Guerrazzi. Beatrice Cenci – Storia del secolo XVI, Pisa 1854, cap. III ( Il ratto ),pag. 37, nota 3
( 3 ) Traduzione: Quando Adamo zappava ed Eva filava dove stava il gentiluomo?
( 4 ) Marx : Salario, prezzi, profitto citato da Donaggio e Kammerere, pag. 171
( 5 ) G.Valente: Se Adamo non avesse peccato la proprietà privata sarebbe un furto in 30 Giorni,1998.
( 6 ) W.H. Auden: Sempre in ansia in W.H.Auden Poesie, ed Guanda 1952, trad di C.Izzo
( 7 ) Summa Theologica II-II q.66 a.2 citato da Valente.
( 8 ) J.Joyce : Ulisse,trad. italiana di G.de Angelis,Mondadori 1960, pag. 51
( 9 ) per la critica di tale opinione Pellicani. La genesi del capitalismo e le origini della modernità, Rubettino Editore 2013,pagg. 33 e 39, anche se l’autore ( pag. 39 nota 46 ) non sembra escludere che l’occupazione originaria sia la conseguenza di veri e propri atti di violenza.

2 pensieri su “La proprietà è un furto. (Spigolature sul tema)

  1. Va notato che l’invenzione del peccato, giuridicamente detto reato, è stata stabilita dalla Bibbia, diciamo così, ad uso e consumo delle religioni, che troverebbero nell’esistenza del peccato la loro principale ragione d’esserci. Infatti chi meglio delle religioni, oggi come ieri, ha saputo stilare l’elenco pressoché completo dei peccati? Per poterlo fare bisogna essere degli esperti in materia, delle autorità.
    Senza risalire ad Adamo ed Eva, che potevano disporre di ogni cosa come fosse loro, perché in fondo l’avevano in comodato, a me basterebbe che si limitasse la proprietà privata nei luoghi che dovrebbero essere di tutti. E ce ne sono tanti, ad esempio perché fare chilometri per trovare la stradina che porta alla sponda di un lago, e non alla sponda di tutto il lago ma a qualche metro sì e no? Per non dire del mare, delle spiagge private. Non mi preoccupa allo stesso modo la proprietà di un appartamento nella città fetente, che a ben vedere sarebbero da considerare necessarie, come bolle di salute. Quindi non ne farei questione teologica o filosofica, limitandomi all’ecologia. Altrimenti si andrebbe al centro del problema, che è quello della condanna a dover combattere; e non per vivere, che sarebbe nobile, ma per la sopravvivenza, che è mortificante.

  2. Il bambino quando è molto piccolo, di ogni cosa che incontra dice (o pensa) “mio”, proprio per quel vissuto edenico di onnipotenza dove lui (in teoria) può muoversi a piacimento e prendere a piacimento. E si arrabbia molto quando scopre che così non funziona.
    Tornando alle ‘origini’, se i due progenitori avessero continuato a mangiare dall’Albero della Vita sarebbero stati sempre Beati ed Eterni. Non sarebbero stati nemmeno pro-genitori in quanto non avrebbero generato un bel niente.
    Con la fatidica mela perdono la loro divinità e immortalità diventando mortali.
    Nello stesso tempo è vero che da allora incominciano i dolori:
    “partorirai con dolore (perché prima com’era? non c’era nessuna idea di parto, di separazione) e ti guadagnerai il pane col sudore della fronte (ma prima non doveva essere ‘guadagnato’, c’era e basta)”.
    Ma la cosa non finisce qui.
    Perché quando viene mangiato il frutto dell’Albero della Conoscenza del Bene e del Male (notare bene “Albero della Conoscenza”) si istituiscono le differenze tra ciò che è Bene e ciò che è Male.
    Ma è nella istituzione di quest’Albero la grande furbata del Padre Eterno:
    a) perché istituisce una condizione di POTERE e di limite che, a questo punto, ‘differenziano’ Lui da Adamo (inizialmente creato a sua immagine e somiglianza e al quale ha concesso il potere di dare i nomi alle cose: le cose si chiameranno così come tu le nominerai), e differenzia Adamo da Eva, metonimicamente estratta dalla costola di Adamo e quindi a sua volta non simile a lui ma ‘parte’ di lui.
    Il potere è quello che permette di decretare “puoi fare questo ma NON quello”. Prima non c’erano limiti.
    b) la furbata inoltre è di statuire dei rapporti tra potere e peccato.
    Con un’abile mossa hegeliana si introduce il concetto di peccato: la possibilità di fare il Male pur conoscendo il Bene. La conoscenza di ciò che va fatto e ciò che non va fatto (le successive Tavole della Legge) ti mette nella condizione che, se tu, pur sapendo che non va fatto, lo fai lo stesso, voilà sei colpevole, hai fatto peccato e pagherai il fio.
    c) un esito di quella furbata è che, se io sono più forte e dico “questo è mio” e tu non accetti la prepotenza, tu sei in torto marcio, non ti puoi ribellare e, se lo fai, sono cavoli tuoi.
    Perché furbata?
    Perché Dio si è trattenuto per sé quell’aspetto della filosofia greca per cui Bene e Male non possono stare insieme. Se c’è l’uno non ci può essere l’altro.
    Se Dio è “il Bene” il Male non può che appartenere al Diavolo, l’Angelo tentatore.
    Nello stesso tempo, come fare a sbrogliarsi dalle aporie che Lui stesso ha creato? (ovvero: chi ha creato il Diavolo?).
    Così, hegelianamente, si tira fuori d’impiccio e dice al malcapitato Adamo, nonché alla sua con-sorte Eva: io te lo avevo detto, SAPEVI che avresti scatenato l’ira di Dio, nonostante tutto hai voluto fare di testa tua e pertanto adesso sono cavoli tuoi.
    Hai peccato e adesso paghi.
    Dovevi solo obbedire e basta!
    Più violenza di così!
    Ma anche la Terra, la Madre Terra non è generosa come appare nel Giardino dell’Eden. Non è la maledizione divina a renderla sterile e improduttiva. E’ la realtà delle cose. Bisogna farle violenza perché ti dia i suoi frutti. E quella violenza costa fatica anche perché bisogna prestare attenzione affinchè la violenza non sia eccessiva, perché allora, addio prodotti.
    Ma il tutto finirebbe lì se non si mettesse di mezzo la colpa, la biblica colpa: al punto tale che uno non è disposto a cedere ad altri il terreno che ha dissodato, su cui ha profuso il sudore della fronte a copertura dei suoi peccati. Se lo fa, lo fa dietro compenso. Compenso che lui ha il potere di determinare.

    R.S.

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