Punti interrogativi

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PER LA TRAGICITA’ DI QUANTO AVVENUTO A GAZA  QUESTO POST APPARSO PER LA PRIMA VOLTA IL 10 LUGLIO 2014 @ 19:22 E’ STATO MANTENUTO IN PRIMO PIANO SUL SITO FINO AL 31 LUGLIO.

di Ennio Abate

Scrivere ancora su Gaza.
Pensarci quando la bombardano gli israeliani.
(Ogni tanto).

Quando una bestia s’inalbera, il contadino la bastona.
Così gli israeliani…

Maledire lo Stato di Israele (e quelli che sulla sua potenza ci campano).
Maledire lo Stato di Israele per come bombarda e giustifica le sue bombe.
Maledire i suoi sostenitori. (E fossero solo gli USA e gli europei).

Essere impermeabili alle accuse di antisemitismo e di filo jihadismo
che tappano la bocca di chi insiste a ragionare
su questa lontana orrenda incacrenita faccenda.

Fare del sarcasmo sui pacifisti e sui letterati che sanno solo…

Girando il coltello nella nostra piaga | in inavvertita e non voluta coincidenza con la caduta delle bombe su Gaza | oggi (9 luglio 2014) | su «Le parole e le cose» (qui) | in occasione dell’uscita nella Pléiade | «la collana più prestigiosa d’Europa» | delle «Oeuvres» di Philippe Jaccottet | Massimo Raffaelli | che è serioso ma pur pulito nel linguaggio e stimabile | forse invaghito di uno «dei massimi poeti del nostro tempo» o semplicemente per dovere d’ufficio | ha lasciato cadere le seguenti parole: |Peter Handke | (di cui i vecchi si ricordano | perché | ai tempi della guerra in ex Jugoslavia | difese  scandalosamente la Serbia | bombardata anche grazie ai baffetti governativi di D’Alema) | «trattando di quella inimitabile cadenza» | [di Jacottet, s’intenda] | parla di una sua “meravigliosa irresolutezza” | ed è, | di fatto,| la stessa di un poeta | che non si dà altro compito | se non di ascoltare, osservare, infine vedere».

Ascoltare osservare vedere…

Non avendo più  in mente nulla
che possa tirarci fuori
(tutti o almeno una parte dei viventi)
dall’ansa melmosa e puzzolente
in cui la storia (il Fiume della…Seee!) ci ha ammucchiati e ammutoliti
a me
– vanitosamente, lo ammetto
(e mi rivolgo a voi letterati concorrenti)
retoricamente, lo so
(e lo dico a voi critici indisponenti)
disperatamente, lo riconosco
(lontano da voi politici come me morenti) –
è venuto di commentare:
« Oh, sì!
Come avremmo bisogno di questi poeti
in Ucraina, in Siria, in Irak
a Gaza (in questo momento!)
al posto di tanti inviati speciali».

Come avremmo bisogno che le nostre orecchie ascoltassero il boato di una bomba
i nostri occhi osservassero le macerie degli edifici
e vedessero i corpi dei morti
e i corpi dei vivi che hanno ordinato quelle morti
come noi ordiniamo al salumiere tot grammi di carne sanguinolenta.

Come avremmo bisogno  di odiare pensare protestare
e non solo di esclamare (dopo, sempre dopo).

*Nota. Una versione in bozze  di questa poesia è uscita su MEGACHIP (qui)

187 pensieri su “Punti interrogativi

  1. SEGNALAZIONE: AVAAZ: UN’AZIONE NON VIOLENTA
    (Tramite Marcella Corsi)

    Cari avaaziani,

    In Israele e Palestina è iniziata una nuova fase di violenza e stanno morendo sempre più bambini: serve un’azione non violenta che metta fine una volta per tutte a questo incubo.
    I nostri governi e le nostre aziende continuano a commerciare e investire nel conflitto, ma possiamo contribuire a farla finita spingendo le banche, i fondi pensione e le imprese più importanti a ritirare i loro investimenti dall’occupazione. Unisciti ora:

    In Israele e Palestina è iniziato un nuovo ciclo di violenze e stanno morendo sempre più bambini: chiedere l’ennesimo cessate il fuoco non basta più, serve un’azione non violenta che metta fine una volta per tutte a questo incubo che dura da decenni.

    I nostri governi hanno fallito: mentre parlavano di pace e votavano le risoluzioni dell’ONU, loro e le nostre aziende hanno continuato ad appoggiare, commerciare ed investire nel conflitto. Questo è un ciclo infernale di confische dei territori palestinesi, maltrattamenti quotidiani di intere famiglie palestinesi innocenti, razzi sparati da Hamas su Israele e bombardamenti israeliani su Gaza, e l’unico modo per spezzarlo è rendere insostenibili i costi del conflitto.

    Sappiamo che può funzionare: il governo israeliano ha tremato quando 17 paesi UE hanno approvato le linee guida per sconsigliare di investire negli insediamenti illegali, e quando i cittadini olandesi sono riusciti a convincere il fondo pensionistico PGGM a ritirarsi, hanno scatenato una tempesta politica.

    Forse non sembrerà un metodo diretto per fermare le uccisioni di questi giorni, ma la storia dimostra che far salire il costo dell’oppressione può portare alla pace. Chiediamo a 6 tra le banche, i fondi pensione e le aziende più importanti di ritirare gli investimenti da aziende e progetti che finanziano gli insediamenti illegali e l’occupazione: potrebbero farlo se tutti insieme li metteremo sotto pressione. Sarebbe un duro colpo per l’economia israeliana e potremmo mandare a monte i piani degli estremisti che sfruttano politicamente questo inferno:

    https://secure.avaaz.org/it/israel_palestine_this_is_how_it_ends_loc/?bfGewab&v=42670

    Nelle ultime cinque settimane tre adolescenti israeliani sono stati uccisi in Cisgiordania, un ragazzo palestinese è stato bruciato vivo, un giovane statunitense è stato pestato brutalmente dalla polizia israeliana, e a Gaza sono già morti oltre 40 bambini per i bombardamenti aerei israeliani. Altro che “Conflitto in Medio Oriente”, questa ormai è una guerra contro i bambini. E noi stiamo diventando insensibili a questa vergogna.

    I media presentano la vicenda come un conflitto irrisolvibile tra due parti uguali, ma non lo è. Gli attacchi degli estremisti palestinesi contro civili innocenti devono essere condannati e fermati, ma il conflitto nasce dall’espropriazione che subisce il popolo palestinese. Al momento Israele occupa, colonizza, bombarda e attacca una nazione legalmente libera, riconosciuta dalle Nazioni Unite, e ne controlla l’acqua, il commercio e i confini: ha creato la prigione all’aperto più grande del mondo e poi l’ha isolata. Ora, mentre cadono le bombe, le famiglie non hanno letteralmente alcuna via di fuga.

    Sono crimini di guerra che non accetteremmo da nessun’altra parte, allora perché li accettiamo in Palestina? Mezzo secolo fa Israele ed i suoi vicini arabi sono entrati in guerra e Israele ha occupato la Cisgiordania e Gaza. Spesso ai conflitti seguono delle occupazioni, ma nessuna occupazione militare dovrebbe diventare una tirannia lunga decenni che incoraggia e avvantaggia solo gli estremisti che usano il terrore per colpire i civili. E chi soffre? La maggior parte delle famiglie da entrambe le parti che vogliono solo libertà e pace.

    Per molte persone, in Europa e in Nord America, chiedere alle compagnie di non finanziare o prendere parte all’occupazione israeliana della Palestina sembra una posizione di parte. Ma è invece la strategia non-violenta più efficace per fermare questa violenza ciclica, assicurare la sicurezza di Israele e ottenere la libertà per la Palestina. Il potere e la ricchezza di Israele schiacciano la Palestina: se rifiuterà di porre fine all’occupazione illegale, il mondo deve attivarsi per renderne il costo insostenibile.

    Il fondo pensione olandese ABP investe in banche israeliane che contribuiscono a finanziare le colonie in Palestina. Colossi bancari come Barclays investono nei fornitori di armi per Israele e in altre attività legate all’occupazione. Il gigante dell’informatica Hewlett-Packard costruisce sofisticati sistemi di sorveglianza per controllare i movimenti dei palestinesi. Caterpillar invece vende i bulldozer che sono usati per demolire le case e le fattorie dei palestinesi. Se riusciamo ad organizzare il più grande appello globale per chiedere a queste società di tirarsi fuori dal business dell’occupazione, dimostreremo che il mondo non vuole più essere complice di questo bagno di sangue. Il popolo palestinese chiede al mondo di sostenere questa soluzione, appoggiata anche dagli israeliani progressisti. Uniamoci a loro:

    https://secure.avaaz.org/it/israel_palestine_this_is_how_it_ends_loc/?bfGewab&v=42670

  2. SEGNALAZIONE:Una lettera aperta della comunità medica a sostegno della popolazione di Gaza

    [«Primum non nocere», “per prima cosa, non arrecare danno”, è il principio alla base dell’etica e della pratica medica. È l’unica cosa che riuscivo a ripetere a me stesso, mentre scorrevo i paragrafi della lettera pubblicata oggi sulle pagine di The Lancet, tra le più antiche e prestigiose riviste di medicina al mondo, da parte di alcuni dottori e scienziati sulla situazione a Gaza. La firmano – trovate la lista alla fine, perché questi nomi devono essere scritti nero su bianco e ricordati per il loro coraggio e la loro coerenza – in 24, chiedendo ai lettori di non tacere. Vista la lunghezza e la difficoltà per molti di leggere in lingua inglese, per favorirne la circolazione, la traduco integralmente e la riporto qui sotto. Leggetela. E non siate complici]

    [da http://amindbodyproblem.org/2014/07/24/una-lettera-aperta-della-comunita-medica-a-sostegno-della-popolazione-di-gaza/%5D

    «Siamo medici e scienziati, e viviamo le nostre esistenze sviluppando strumenti per prenderci cura e proteggere la salute e le vite umane. Siamo anche persone informate; insegniamo l’etica della nostra professione, insieme alla teoria e alle pratiche di essa. Abbiamo tutti lavorato a Gaza per anni, e ne conosciamo la situazione.
    Sulla base della nostra etica e pratica, vogliamo denunciare ciò che osserviamo nell’aggressione israeliana a Gaza.
    Chiediamo ai nostri colleghi, vecchi e nuovi professionisti, di denunciare l’attacco di Israele. Sfidiamo la perversione di una propaganda che giustifica la creazione di un’emergenza per mascherare un massacro, una cosiddetta “aggressione difensiva”. In realtà, si tratta di uno spietato assalto di durata, estensione e intensità illimitata. Desideriamo riportare i fatti per come li vediamo, e le implicazioni per le vite della popolazione.

    Siamo sgomenti davanti al massacro militare di civili a Gaza sotto le sembianze della ritorsione verso i terroristi. Questo è il terzo assalto militare di vasta scala a Gaza dal 2008. Ogni volta il tributo di morte è rappresentato principalmente da persone innocenti di Gaza, in particolare donne e bambini, sotto l’inaccettabile pretesto da parte di Israele di sradicare i partiti politici e la resistenza all’occupazione dell’assedio che esso impone. Questa azione di guerra terrorizza anche coloro che non sono colpiti direttamente, e ferisce lo spirito, la mente e la resilienza delle giovani generazioni. La nostra condanna e il nostro disgusto si uniscono inoltre alla negazione e al divieto per Gaza di ricevere aiuto esterno e rifornimenti per alleviare queste circostanze catastrofiche. Il blocco di Gaza si è stretto ulteriormente dall’anno scorso, e questo ha peggiorato il bilancio dei suoi effetti sulla popolazione. A Gaza, la popolazione soffre per la fame, la sete, l’inquinamento, la scarsità di medicinali, elettricità e ogni altro mezzo di sostentamento, non solo per le bombe e i proiettili. La crisi dell’energia, la carenza di benzina, acqua e cibo, la fuoriuscita dei liquami di scarico e la diminuzione delle risorse sono disastri causati direttamente e indirettamente dall’assedio.
    La popolazione di Gaza sta resistendo a questo attacco perché vuole una vita migliore e normale, anche mentre piange per il lutto, il dolore e il terrore, e rifiuta una tregua temporanea che non fornisce una vera occasione per un futuro migliore. Una voce tra quelle sotto gli attacchi a Gaza appartiene a Um Al Ramlawi, che parla per tutti in quella zona: «Ci uccidono tutti comunque – che sia una morte lenta sotto l’assedio o una rapida con un attacco. Non abbiamo niente da perdere – dobbiamo lottare per i nostri diritti, o morire nel tentativo».
    Gaza è stata bloccata via mare e via terra dal 2006. Ogni individuo di Gaza, inclusi i pescatori che si avventurano oltre 3 miglia nautiche dalla costa, rischia di essere bersaglio dei colpi della Marina israeliana. Nessuno può uscire da Gaza attraverso i due soli checkpoint di Erez o Rafah senza un permesso speciale di Israele o dell’Egitto, e questo è difficile, se non impossibile, per molti. La popolazione di Gaza è impossibilitata ad andare all’estero per studio, lavoro, una visita alle proprie famiglie o per affari. Persone ammalate o ferite non possono uscire facilmente da questa zona per ricevere trattamenti specializzati. L’ingresso di cibo e medicinali è stato limitato e molti oggetti essenziali per la sopravvivenza sono proibiti. Prima dell’attacco in corso, le forniture mediche presenti a Gaza erano già scarse a causa del blocco. Ora sono terminate.
    Alla stessa maniera, Gaza è impossibilitata a esportare ciò che produce. L’agricoltura è stata seriamente compromessa dall’imposizione di una zona cuscinetto, e i prodotti agricoli non possono essere esportati a causa del blocco. L’80% della popolazione di Gaza dipende dalle razioni di cibo dell’ONU per vivere. Molti degli edifici e delle infrastrutture di Gaza sono stati distrutti durante l’operazione Piombo Fuso del 2008-2009, e i materiali edili sono stati bloccati all’ingresso dell’area così che scuole, case e istituzioni non potessero essere ricostruite. Le fabbriche distrutte dai bombardamenti sono state raramente ricostruite, così da aggiungere la disoccupazione al saccheggio.
    Nonostante le difficili condizioni, il popolo di Gaza e i loro leader politici hanno recentemente deciso di risolvere i propri conflitti “senza armi e offesa”, attraverso il processo di riconciliazione tra diverse fazioni, con la loro leadership che ha rinunciato a titoli e posizioni, così che un governo di unità nazionale possa essere formato e siano abolite le politiche divisive tra fazioni in vigore dal 2007. Questa riconciliazione, sebbene accettata da molti nella comunità internazionale, è stata rifiutata da Israele. L’attacco israeliano presente mette fine a questa occasione di unità politica tra Gaza e il West Bank, e isola una parte della società palestinese distruggendo la vita della popolazione di Gaza. Sotto il pretesto di eliminare il terrorismo, Israele sta cercando di distruggere la crescente unità palestinese. Tra le altre bugie, è stato affermato che i civili di Gaza sono ostaggi di Hamas, mentre la verità è che la Striscia è sigillata da israeliani ed egiziani.
    Gaza è stata bombardata in continuazione negli scorsi 14 giorni, a cui ora fa seguito l’invasione via terra da parte di carri armati e migliaia di truppe israeliane. A più di 60 mila civili dal nord di Gaza è stato ordinato di lasciare le proprie case. Questi profughi interni non hanno alcun luogo dove andare, visto che i territori centrali e meridionali sono comunque soggetti a bombardamenti dell’artiglieria pesante. L’intera Gaza è sotto attacco. Gli unici rifugi sono le scuole della UN Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East (UNRWA), rifugi poco sicuri e già bersaglio degli attacchi durante Piombo Fuso, con molte vittime.
    Secondo il Ministero della Salute di Gaza e l’Ufficio dell’ONU per il Coordinamento degli Affari Umanitari, alla data del 21 Luglio 2014, 149 dei 558 uccisi Gaza e 1100 dei 3504 feriti sono bambini. Quelli seppelliti sotto le macerie non sono ancora stati inclusi nel conteggio. Mentre scriviamo, la BBC riporta la notizia del bombardamento di un altro ospedale, che ha colpito l’unità di terapia intensiva e le sale operatorie, con la morte di pazienti e medici. Nutriamo seri timori per l’ospedale principale Al Shifa. Inoltre, la maggior parte delle persone di Gaza è traumatizzata psicologicamente. Ognuno che abbia più di 6 anni sta già vivendo il suo terzo attacco militare da parte di Israele.
    Il massacro di Gaza non risparmia nessuno, e include i disabili e i malati in ospedale, i bambini che giocano sulla spiaggia o sui tetti delle case, e nella stragrande maggioranza di non-combattenti. Ospedali, cliniche, ambulanze, moschee, scuole e sedi della stampa sono tutte state attaccate, con migliaia di case private bombardate, chiaramente dirigendo il fuoco su intere famiglie per ucciderle nelle loro stesse case, o privandole din un’abitazione cacciandole via pochi minuti prima della distruzione. Un’intera area è stata distrutta il 20 Luglio, lasciando migliaia di persone senza un tetto, oltre a ferirne centinaia e ucciderne almeno 70 – e questo va ben oltre lo scopo di cercare tunnel. Nessuno di questi è un obiettivo militare. Questi attacchi hanno lo scopo di terrorizzare, ferire l’anima e il corpo della popolazione e rendere la loro vita impossibile per il futuro, oltre a demolire le loro case proibendone la ricostruzione.
    Sono usate armi note per causare danni a lungo termine sulla salute della popolazione: in particolare, armamentario non a frammentazione e hard-head bombs. Siamo stati testimoni di armi di precisione usate indiscriminatemente e su dei bambini, e osserviamo costantemente le cosiddette armi intelligenti fallire in precisione, tranne che quando vengono impiegate per distruggere vite innocenti.
    Denunciamo il mito propagandato da Israele che gli attacchi sono fatti avendo cura di salvare le vite dei civili e tutelare il benessere dei bambini.
    Il comportamento di Israele ha insultato la nostra umanità, la nostra intelligenza e la nostri dignità, insieme ai nostri sforzi e alla nostra etica professionale. Anche coloro tra noi che vorrebbero andare lì per aiutare sono impossibilitati a raggiungere Gaza a causa del blocco.
    Questa “aggressione difensiva” di durata, estensione e intensità illimitata deve terminare.
    In aggiunta, se l’uso di gas negli attacchi dovesse essere successivamente confermato, si tratterebbe inequivocabilmente di un crimine di guerra per il quale, prima di ogni altra cosa, serie sanzioni dovranno essere prese nei confronti di Israele, con la cessazione di ogni scambio e accordo di collaborazione con l’Europa.
    Mentre scriviamo, siamo raggiunti dalle notizie di altri massacri e di minacce al personale medico nei servizi di pronto soccorso, insieme al divieto di ingresso per i convogli umanitari internazionali. Come scienziati e medici non possiamo rimanere in silenzio mentre questo crimine contro l’umanità va avanti. Chiediamo anche ai lettori di non restare muti. Gaza, intrappolata sotto l’assedio, sta venendo distrutta da una delle più grandi e sofisticate macchine da guerra moderne al mondo. Se coloro tra noi in grado di alzare la propria voce rinunciano a farlo e a prendere posizione contro questo crimine di guerra, allora sono complici della distruzione delle vite e delle abitazioni di 1,8 milioni di persone a Gaza.
    Apprendiamo con sgomento che solo il 5% dei nostri colleghi accademici ha firmato un appello al proprio governo per fermare le operazioni militari contro Gaza. Saremmo tentati di concludere che con l’eccezione del 5%, la parte restante degli accademici israeliani è complice del massacro e della distruzione di Gaza. Osserviamo anche la complicità delle nostre nazioni in Europa e Nord America in questo massacro, e ancora una volta l’impotenza delle istituzioni e delle organizzazioni internazionali nel mettere fine a questa devastazione.
    ————
    Firmatari:
    ————
    Paola Manduca, Professor of Genetics, University of Genoa, Italy
    Sir Iain Chalmers, James Lind Library, Oxford.
    Mads Gilbert, Professor and Clinical Head, Clinic of Emergency Medicine, University
    Hospital of North Norway.
    Derek Summerfield, Institute of Psychiatry, King’s College,London.
    Ang Swee Chai, Consultant Orthopaedic Surgeon, London.
    Alastair Hay, Dept of Environmental Toxicology, University of Leeds.
    Steven Rose, Emeritus Professor of Life Sciences, Open University.
    Hilary Rose, Professor Emerita, University of Bradford.
    Angelo Stefanini, MD, Public Health, Bologna, Italy
    Andrea Balduzzi, Zoologist, University of Genoa, Italy
    Bruno Cigliano, MD, Paediatric Surgeon, University of Naples “Federico II”, Italy.
    Carmine Pecoraro, MD, Nephrologist, Santobono Children Hospital, Naples, Italy,
    Emilio Di Maria, MD PhD, Medical Genetics,University of Genoa, Italy
    Franco Camandona, MD, Gynaecologist, ASL3, Liguria, Italy
    Guido Veronese, MD, Clinical Psychologist, University of Milan-Bicocca, Italy
    Luca Ramenghi. MD, Neonatology, Gaslini Childrens’ Hospital, Genoa, Italy
    Marina Rui, Chemist, University of Genoa, Italy
    Pierina DelCarlo, MD, Paediatrician, Massa, Italy
    Sergio D’agostino, MD, Paediatric Surgeon, Hospital Vicenza, Italy.
    Silvana Russo, MD, Pediatric Surgeon, Santobono Children Hospital, Naples, Italy.
    Vincenzo Luisi, MD, Paediatric Cardiac surgeon, Massa Hospital, Italy. Stefania Papa, Environmentalist, University of Naples, Italy.
    Vittorio Agnoletto, MD, University Statale, Milan, Italy
    Mariagiulia Agnoletto, Psychiatrist, Milan, Italy»(Manduca, P., Chalmers, I., Summerfield, D., et al. (2014). “An open letter for the people in Gaza”, in Lancet, Early online publication, July 22)

  3. SEGNALAZIONE: Commento di Angelo Stefanini a “Lettera aperta al popolo di Gaza” [Cfr. segnalazione precedente]. Vietato criticare Israele
    [da http://www.saluteinternazionale.info/2014/07/lettera-aperta-al-popolo-di-gaza-vietato-criticare-israele/

    La Palestina è un grido di dolore dell’umanità. Pubblicare la “Lettera aperta al popolo di Gaza” su una rivista come il Lancet è segno di grande coraggio che indica come essere fedeli alla responsabilità sociale del professionista della salute comporti scelte difficili.

    “Il pregiudizio anti-Israele ai suoi massimi livelli”[1], “Un giornale peer-reviewed antisemitico”[2], ”Un giornale fazioso e vergognoso”[3]. Questi sono soltanto alcuni degli appellativi riservati a una delle riviste mediche più importanti a livello mondiale, The Lancet. La sua colpa sarebbe di essere “palestinizzata”[4], ossia di dare voce ai problemi di salute e assenza di diritti umani dei palestinesi. Il Zionist Central Council of Greater Manchester ha addirittura lanciato una vera e propria campagna per mettere fine al pregiudizio anti-Israele della rivista medica The Lancet[5].

    Nel 2009 il suo direttore, Richard Horton, ha accettato l’invito della comunità accademica e scientifica palestinese di fornire sostegno per diffondere ricerche e pubblicazioni sulla situazione sanitaria del territorio palestinese occupato. È nata così la Lancet Palestinian Health Alliance che ogni anno organizza una conferenza i cui abstract vengono ospitati sulla rivista. Nel contesto palestinese di sofferenza quotidiana fatta di occupazione militare, espropriazione di terra, difficoltà al movimento, oppressione e violazioni quotidiane di diritti fondamentali, è comprensibile come la salute sia profondamente dipendente da tali predominanti determinanti sociali e politici. Le ricerche scientifiche che mostrano questa associazione diventano facile bersaglio da parte chi propugna il mito della neutralità della scienza.

    In questi giorni Richard Horton è ancora una volta preso di mira per avere pubblicato la “Lettera aperta al popolo di Gaza”.[6] La lettera, pubblicata online il 22 luglio e firmata da ventiquattro medici e scienziati britannici e italiani accumunati dalla conoscenza diretta della situazione della Striscia, denuncia in modo esplicito e severo la violenza di Israele sulla popolazione civile di Gaza come grave violazione del diritto internazionale e crimine contro l’umanità. Alcuni media[7] hanno intuito la valenza dirompente di una tale accusa a Israele da parte di personalità scientifiche internazionali ben informati non soltanto delle violenze di questi giorni, ma soprattutto del contesto di assedio e crudele punizione collettiva a cui il popolo di Gaza è sottoposto da diversi anni. La risposta alla lettera ha superato le aspettative e in pochi giorni è prossima a raggiungere la quota di 15.000 adesioni.

    In verità il Lancet non è l’unica rivista medica a essere sotto il tiro dei difensori di Israele. Nel 2010, il giornale on line PJ Media-Voices from a free America[8] chiamava in causa il BMJ-British Medical Journal e il Journal of the Royal College of Physicians (ora Clinical Medicine) per avere espresso opinioni contrarie a Israele. Quali siano i pericoli di criticare Israele in una rivista medica lo aveva sperimentato personalmente Kamran Abbasi, Acting Editor del BMJ nel 2004 per avere pubblicato un articolo in cui lo psichiatra Derek Summerfield esprimeva preoccupazione per ciò che egli riteneva sistematiche violazioni della Quarta Convenzione di Ginevra da parte dell’esercito israeliano a Gaza[9]. L’autore sosteneva le sue argomentazioni con dati pubblicati da autorevoli organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite e Amnesty International. Oltre alle centinaia (circa 550) di risposte, la maggior parte ostili, inviate al sito web della rivista, più di mille email erano state dirette personalmente, appunto, a Kamran Abbasi. I toni e i contenuti di quella nutrita corrispondenza danno un’idea di che cosa debbano attendersi i responsabili editoriali di riviste scientifiche che hanno l’ardire di addentrarsi in dibattiti di questo genere[10].

    “Sembra probabile”, sostiene Karl Sabbagh in un’analisi[11] compiuta su quelle email “che la maggior parte dei messaggi di posta elettronica ostili siano stati sollecitati da Honest Reporting, un sito web gestito dagli Stati Uniti e Israele che sostiene di essere ‘il più grande gruppo di pressione mediatico di Israele nel mondo’ e descrive la sua missione così: ‘Per garantire che Israele sia rappresentato in modo corretto e accurato, Honest Reporting controlla i media, evidenzia casi di pregiudizi, promuove l’equilibrio e gli effetti del cambiamento attraverso l’istruzione e azione’”.
    Chi scrive ha l’onore di avere un tag personale riservato sul loro sito web[12].

    L’analisi di quella corrispondenza rivela diverse tendenze tra gli scriventi: da chi semplicemente nega (“L’IDF [Israeli Defence Force], a differenza degli arabi, non ha mai ucciso civili innocenti.”), a chi disumanizza l’avversario (“Il problema è che si moltiplicano come conigli e un giorno verranno a ucciderti.”), a chi preferisce l’attacco personale (“Il vostro giornale, con un direttore dal nome chiaramente medio-orientale, è inevitabile che vomiti la schifezza che pubblica.” ). Ciò che appariva chiaramente era che il testo di circa un quarto delle email era direttamente tratto dal sito web di Honest Reporting. Inoltre, continua l’autore dell‘analisi, “Non c’era alcuna prova… che gli autori avessero effettivamente letto l’articolo BMJ che criticavano.”

    Ciò che succede ai direttori di riviste mediche la dice lunga sull’attuale tendenza nella stragrande maggioranza del giornalismo in generale, soprattutto in Italia. Si tratta di una tecnica di lobbying e velata intimidazione che ha resistito per decenni, perché molto efficace. Così Edward Said, prominente intellettuale palestinese naturalizzato statunitense, descriveva il progetto Hasbara (in ebraico “propaganda”) nato dopo il disastro di immagine arrecato dalle stragi di Sabra e Shatila del 1982: “… ciò che ha reso questa campagna così efficace è il senso di colpa di lunga data dell’occidente per l’antisemitismo. Che cosa potrebbe essere più efficiente che trasferire quel senso di colpa su un altro popolo, gli arabi, e quindi sentirsi non solo giustificati, ma positivamente alleviati che qualcosa di buono è stato fatto per un popolo tanto diffamato e danneggiato? Difendere Israele a tutti i costi – anche se sta occupando militarmente la terra palestinese, ha un potente esercito e ha ucciso e ferito palestinesi in un rapporto di quattro o cinque a uno – è l’obiettivo della propaganda. Che cioè, pur continuando a fare quello che sta facendo, possa sembrare comunque una vittima”.[13]

    Israele mantiene le sue truppe militari nei territori occupati per difendere mezzo milione di coloni insediatisi illegalmente e sta da anni strangolando la popolazione della Striscia di Gaza, prigione a cielo aperto. Quando la popolazione palestinese vi si oppone e si ribella, Israele è presentato come sotto attacco. L’atteggiamento di Israele è tutt’altro che di autodifesa. Israele è l’unico paese al mondo in questo momento storico che, in violazione delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, impiega decine di migliaia di truppe armate fino ai denti fuori dei propri confini, in un paese che non gli appartiene, al solo scopo di impossessarsi delle sue terre costringendolo a vivere sotto la forma peggiore di tirannia. Questa informazione di contesto nelle notizie dei media è inevitabilmente assente. Anche se Israele continua a uccidere civili a sangue freddo, l’intera questione è raffigurata come autodifesa. È sempre la solita, monotona storia dell’attacco palestinese e della rappresaglia israeliana.

    Richard Ingrams, famoso giornalista britannico, co-fondatore della rivista satirica Private Eye, ha scritto dello storico AJP Taylor, morto nel 1990: “Anche se con grande coraggio parlava apertamente su molte questioni, tuttavia ha ammesso che in un campo era colpevole di timidezza giornalistica, se non di vigliaccheria. ‘Anni di esperienza’, ha scritto, “mi hanno insegnato che non si deve mai azzardare in alcun modo un parere sugli eventi che riguardano Israele o gli ebrei. Qualsiasi tentativo di esprimere un’opinione distaccata apre la strada a lettere, telegrammi, rimostranze personali e soprattutto telefonate. L’unica via sicura è non avere mai e poi mai alcuna opinione sul Medio Oriente’”.[14]

    La Palestina è un grido di dolore dell’umanità. Pubblicare la “Lettera aperta al popolo di Gaza” su una rivista come il Lancet è segno di grande coraggio che indica come essere fedeli alla responsabilità sociale del professionista della salute comporti scelte difficili come schierarsi con il popolo di Gaza. Coloro che sostengono la neutralità in mezzo a questa catastrofe devono chiedersi come sia possibile essere neutrali davanti a case demolite, neonati crivellati di proiettili, ospedali e scuole devastate, intere famiglie di civili innocenti distrutte. Non fare nulla per impedire tutto questo equivale, in effetti, a schierarsi con il più forte.

    Angelo Stefanini, Centro Salute Internazionale, Università di Bologna

    *

    1. Op-Ed: The Lancet: Anti-Israel Bias At Its Finest . Israelnationalnews.com 12.03.2012
    2. Ronn Torossian. Anti-Semitic Peer-Reviewed Medical Journal Thecuttingedgenews.com, 13.04.2012
    3. The Lancet: A Biased and Shameful Medical Journal. Algemeiner.com. 11.03.2012
    4.Anti-Israel Bias Infects Medical Journals. PJ Media.com. 04.02.2012
    5. Campaign to End The Lancet Medical Journal’s Anti-Israel Bias
    6. An open letter for the people in Gaza. The Lancet 2014, Published Online July 22, 2014
    David Marceddu. Gaza, su Lancet gli scienziati contro la guerra: “Crimine contro l’umanità”. Il Fatto Quotidiano, 23.07.2014
    Medici italiani e inglesi su Lancet: “Chi non denuncia l’aggressione di Israele è complice”. La Repubblica, 23.07.2014
    Maria Valerio. ‘Israel insulta a la inteligencia, la dignidad y la humanidad’. El Mundo, 27.07.2014
    8. Anti-Israel Bias Infects Medical Journals. PJ Media.com. 04.02.2012
    9. Summerfield D. Palestine: the assault on health and other war crimes. BMJ 2004;329:924. [Free Full Text]
    10. Sabbagh K. Perils of criticising Israel. BMJ 2009;338:a2066
    11. Sabbagh K. Perils of criticising Israel. BMJ 2009;338:a2066
    12. Honestreporting.com: tag/angelo-stefanini
    13. Said E. Propaganda and war. Mediamonitors.net, 31.08.2001
    14. Commentary: Standing up for free speech. BMJ 2009; 338: a2094

  4. sulla premiata ditta Soros/Avaaz dovremmo sapere tutto ormai (tanto come degli eserciti della salvezza o dei supermiliardari che si lavano la coscienza come Warren Buffet che diverisifca i suoi ritorni dalle opere del turbocapitale a quelle di beneficienza)…lascio una delle tante ricostruzioni che si possono conoscere su questi cazzari avaazzari molto pericolosi.

    http://www.sinistra.ch/?p=1627

  5. SEGNALAZIONE: Ilan Pappé scrive alla famiglia della millesima vittima
    da http://nena-news.it/gaza-llan-pappe-scrive-alla-famiglia-della-millesima-vittima/

    29 lug 2014
    Lo storico israeliano, in questa lettera pubblicata su Electronic Intifada, parla del ruolo dei media israeliani, del boicottaggio e dell’impegno per la parità di diritti umani e civili e la piena restituzione per tutti coloro che sono e sono stati vittime del sionismo

    Roma, 29 luglio 2014, Nena News –
    Non so ancora chi fosse il vostro caro. Avrebbe potuto essere un bimbo di pochi mesi, o un ragazzo giovane, un nonno o uno dei vostri figli o genitori. Ho sentito parlare della morte del vostro caro da Chico Menashe, un commentatore politico di Reshet Bet, la principale stazione radio di Israele.

    Ha spiegato che l’uccisione del vostro amato, così come la trasformazione dei quartieri di Gaza in macerie e l’allontanamento di 150.000 persone dalle loro case, è parte di una strategia israeliana ben calcolata: questa carneficina distruggerà l’impulso dei palestinesi di Gaza a resistere alle politiche israeliane.

    Ho sentito questo mentre leggevo nell’edizione del 25 luglio del presunto rispettabile quotidiano Haaretz le parole del non così rispettabile storico Benny Morris sul fatto che questo non sia ancora abbastanza.

    Egli chiama le politiche di genocidio attuate finora “refisut” – debolezza della mente e dello spirito. Egli esige molta più distruzione di massa in futuro con la consapevolezza che questo è il modo giusto di comportarsi se si vuole difendere la nostra “villa nella giungla”, come l’ex primo ministro israeliano Ehud Barak ha descritto Israele.

    Deserto inumano

    Sì, ho paura a dire che i media israeliani e il mondo accademico sono totalmente al fianco della strage a parte poche voci difficilmente udibili in questo deserto disumano. Non scrivo questo per dirvi che mi vergogno – mi sono dissociato molto tempo fa da questa ideologia di stato e faccio tutto il possibile come individuo per affrontarla e sconfiggerla. Probabilmente non è stato sufficiente; siamo tutti inibiti da momenti di vigliaccheria, egoismo e forse l’impulso naturale di prenderci cura della nostra famiglia e dei nostri cari.

    Eppure sento il bisogno oggi di fare una promessa a voi, una promessa che nessuno dei tedeschi che mio padre conosceva durante il periodo del regime nazista era disposto a fare a lui quando i criminali hanno commesso il genocidio contro la sua famiglia. Questo non è niente di più di un piccolo impegno nel vostro momento di dolore, ma è il meglio che possa offrire e non dire niente non è un’opzione. E non fare nulla è anche meno di un’opzione.

    Siamo nel 2014 e la distruzione di Gaza è ben documentata. Questo non è 1948, quando i palestinesi hanno dovuto faticare non poco per raccontare la loro storia di orrore; molti dei crimini commessi allora dai sionisti sono stati nascosti e non sono mai venuti alla luce. Così il mio primo e semplice impegno è quello di registrare, informare e insistere sulla verità.

    La mia vecchia università, l’Università di Haifa, ha reclutato i suoi studenti per diffondere le menzogne ​​di Israele in tutto il mondo utilizzando Internet. Ma questo è il 2014 e la propaganda di questo genere non regge.

    Impegno per il boicottaggio

    Ma sicuramente questo non è sufficiente. Mi impegno a continuare lo sforzo di boicottare uno Stato che commette tali crimini. Solo quando l’Unione delle Federazioni Calcistiche Europee espellerà Israele, quando la comunità accademica si rifiuterà di avere rapporti istituzionali con Israele, quando le compagnie aeree esiteranno a volare lì, e quando ogni gruppo che può perdere denaro a causa di un atteggiamento etico nel breve termine capirà che a lungo andare si guadagnerà sia moralmente che finanziariamente – solo allora inizieremo a onorare la vostra perdita.

    Il movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) ha avuto molti successi e continua il suo instancabile lavoro. Gli ostacoli sono ancora la falsa accusa di antisemitismo e il cinismo dei politici. Ecco perché un’iniziativa onorevole di architetti britannici di forzare i loro colleghi in Israele a prendere una posizione morale piuttosto che essere complici nella colonizzazione criminale della terra è stata bloccata all’ultimo momento.

    Iniziative simili sono state sabotate altrove da politici senza spina dorsale in Europa e negli Stati Uniti. Ma il mio impegno è quello di essere parte dello sforzo per superare questi ostacoli. La memoria del vostro caro sarà la forza trainante, insieme al vivo ricordo delle sofferenze dei palestinesi nel 1948 e da allora.

    Macello

    Lo faccio egoisticamente. Prego e spero che in questo momento, il peggiore della vostre vite in cui state a Shujaiya, Deir al-Balah e Gaza City a guardare il macello creato da aerei da guerra israeliani, carri armati e artiglieria, voi non perdiate la speranza nell’umanità.

    Questa umanità comprende anche israeliani, quelli che non hanno il coraggio di parlare, ma che esprimono il loro orrore in privato come attestano le mie traboccanti caselle di posta e Facebook, così come la piccola manciata che manifesta pubblicamente contro il genocidio incrementale a Gaza.

    Essa comprende anche quelli non ancora nati, che forse saranno in grado di sfuggire a una macchina di indottrinamento sionista che insegna loro, dalla culla alla tomba, a disumanizzare i palestinesi a un livello tale che ardere vivo un ragazzo palestinese di sedici anni non riesce a commuoverli o a distruggere la loro fede nel loro governo, nell’esercito o nella religione.

    Sconfitti

    Per il loro, il mio e il vostro bene, mi auguro che potremo anche sognare il giorno seguente – quando il sionismo sarà sconfitto come l’ideologia che governa le nostre vite tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo e tutti noi avremo la vita normale che desideriamo e meritiamo.

    Quindi mi impegno oggi a non essere distratto anche da amici e dirigenti palestinesi che ancora stupidamente ripongono le loro speranze nell’ormai datata “soluzione a due stati”. Se uno ha l’impulso di essere coinvolto nel portare un cambiamento di regime in Palestina, l’unica ragione per fare questo è lottare per la parità di diritti umani e civili e la piena restituzione per tutti coloro che sono e sono stati vittime del sionismo, dentro e fuori l’amata terra di Palestina.

    Possa la vostra persona amata riposare in pace sapendo che la sua morte non è stata vana – e non perché sarà vendicato. Non abbiamo bisogno di ulteriori spargimenti di sangue. Credo ancora ci sia un modo per portare i sistemi malvagi verso la loro fine con la potenza di umanità e moralità.

    Giustizia significa anche portare gli assassini che hanno ucciso la vostra persona amata e tanti altri in tribunale, e dobbiamo perseguire i criminali di guerra di Israele nei tribunali internazionali.

    E’ un modo molto più lungo e, a volte, anche io sento l’impulso di far parte di quelli che utilizzano la forza bruta per mettere fine alla disumanità. Ma mi impegno a lavorare per la giustizia, la piena giustizia, la giustizia riparatoria.

    Questo è quello che posso promettere: lavorare per evitare la prossima fase della pulizia etnica della Palestina e il genocidio dei palestinesi a Gaza. Nena News

    * Titolo originale: Alla famiglia della millesima vittima del massacro genocida israeliano a Gaza
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  6. Vado fuori tema e me ne scuso. L’Ucraina non acchiappa, ma da quelle pianure sarmatiche stanno arrivando notizie che purtroppo ci riguardano molto da vicino.
    Come sapete, la Corte degli arbitrati internazionali dell’Aja ha condannato la Russia a una supermulta. Nella conferenza stampa, un consigliere del presidente Putin ha risposto così a un giornalista che gli chiedeva come reagisce la Russia: “In Europa sta arrivando una guerra, credete sul serio che questa sentenza sia importante?” (fonte: “Financial Times”, 29 luglio, non metto il link perchè è a pagamento).
    13 senatori USA hanno presentato una proposta di legge “per prevenire ulteriori aggressioni della Russia ai danni dell’Ucraina e di altre nazioni europee”. Se approvata, “Corker’s bill would declare Moldova, Georgia, and Ukraine “major non-NATO allies” of the United States, move NATO forces into Poland, Lithuania, Latvia and Estonia, accelerate the building of an ABM system in Eastern Europe, and authorize U.S. intelligence and military aid for Ukraine’s army in the Donbass war with Russian-backed separatists. U.S. aid would include antitank and antiaircraft weapons.

    »S. 2277 would direct the secretary of state to intensify efforts to strengthen democratic institutions inside the Russian Federation, e.g., subvert Vladimir Putin’s government, looking toward regime change. If Putin has not vacated Crimea and terminated support for Ukraine’s separatist rebels within seven days of passage of the Corker Ultimatum, sweeping sanctions would be imposed on Russian officials, banks and energy companies, including Gazprom. Economic relations between us would be virtually severed.” http://original.antiwar.com/buchanan/2014/07/28/a-gop-ultimatum-to-vlad/

    La Russia non accetterà mai questi ultimatum.

    1. @ Buffagni

      Grazie della tua sveglia.
      Sì, l’Ucraina “non acchiappa”. L’intelligenza politica dice che bisogna guardare là ANCHE o SOPRATTUTTO, ma non possiamo smettere di guardare anche a Gaza ANCHE o SOPRATTUTTO.
      Ci dev’essere qualche ragione profonda. Indaghiamola…
      Ma la storia è davvero una grande figlia di… Se ne sta buona per anni, spinge la nostra ragione a sonnecchiare o a dormire alla grande e poi d’un tratto, come un vulcano, si mette a borbottare e ad eruttare!

      1. Prego, sono un po’ monomaniaco con l’Ucraina ma devi sapere che ho studiato molto bene l’operazione Barbarossa, e se una cosa ho capito, è questa: che la Russia (qualsiasi Russia: cristiana, comunista, pacifista, guerrafondaia) NON può accettare l’operazione USA/UE in corso. Se l’accetta, ritorna nella situazione precedente la vittoria del principe Aleksandr Nevskij. Non so cosa passi per la testa delle dirigenze USA, se la grande ala della follia le abbia sfiorate, se siano tutti drogati, stupidi, ignoranti, non so. Fatto sta che stanno lavorando per uno scontro diretto con la Russia sul territorio europeo. Per uno che come me si è educato alla politica nel corso della Guerra Fredda e nel contesto della mutua dissuasione nucleare, è qualcosa di impensabile, inimmaginabile, al livello dello sbarco degli UFO. Probabilmente riesce difficile, a chi non abbia una formazione anche strategico-militare, farsi un’idea abbastanza precisa di quel che può significare uno scontro del genere: le porte che si aprono su inferni al cui paragone la IIGM è una guerre de cabinet settecentesca…

  7. Io non capisco molto di politica, di strategie intendo, nel senso di giochi di potere e di contropotere. So soltanto una cosa: che tutti dicono di volere la pace e poi fanno la guerra ed è sempre colpa degli altri. Ovvio che la propaganda è la vera responsabile dell’innesco dei conflitti.
    In questa situazione si fa fatica a tenere la barra nella giusta rotta, anche perché nessuno sa quale sia.
    C’è però anche qualche certezza, qualche segno. Ad esempio il linguaggio e i comportamenti. Siamo ancora nell’ottica del “si vis pacem para bellum”, che è tipico dell’imperialismo occidentale. E, terribile errore, stiamo ricostruendo il muro di Berlino, magari senza pietre, ma altrettanto solido. Nella mentalità della gente, la Russia di oggi è ancora l’URSS di ieri e c’è chi ci marcia, alla grande, anche se Berlusconi col suo amico Putin hanno dimostrato che è qualcosa di ben diverso e forse molto più ideologico di ieri. Certo, l’ideologia è cambiata: a quella del comunismo (cosiddetto) subentra l’ideologia della Grande Madre Santa Russia, che si contrappone economicamente e militarmente all’idea di un’Europa complementare agli USA. La Russia segue il suo sogno utopico di starsene per sé, che a mio avviso è alla lunga perdente, ma certo non potrà mai avere rapporti normali (senza tensioni) con un’Europa che dipende dalle direttive americane per qualsiasi mossa di politica estera. In questo momento le è più conveniente starsene da sola e in posizione polemica. E che cos’altro potrebbe fare?
    Per contenere l’espansionismo americano, l’Europa e la Russia dovrebbero concordare iniziative comuni, utili ad entrambi e avrebbero molto gioco sia per il Medio Oriente che per le questioni interne all’Europa stessa (gli stati ex “cuscinetto” del Patto di Yalta). Ma la logica di Yalta è sopravvissuta, nonostante il 1989. E’ soltanto caduto un muro di pietra ma non il muro degli interessi contrapposti, che è ben più solido. L’Europa da sola non è capace (e neppure ci prova) di contenere le mire espansioniste americane e fra queste mire c’è, credo, anche quella di approfondire questo solco fra Europa e Russia, che il tempo avrebbe pian piano colmato.
    Il problema vero è che a questi blocchi (la simbiosi USA-EU-Giappone da una parte, la Russia dall’altra e quindi la Cina) sta sorgendo o vorrebbe sorgere un blocco arabo e lì si stanno bisticciando per la leadership l’Iran e gli integralisti che vogliono il califfato, ma il disegno credo sia quello di costruire un altro blocco economico e militare. Israele impazzisce di fronte a questa prospettiva e credo che il senso dell’iniziativa di Hamas sia quello di far scoppiare queste contraddizioni.
    Ma mi pare di capire anche che, se l’Europa avesse un minimo di sale in zucca, potrebbe tenere l’atteggiamento giusto per attenuare ogni tensione, a parte quella araba integralista che è fuori di qualsiasi previsione. Dovrebbe essere insomma più autonoma e meno invischiata in questa simbiosi, recuperando un ruolo determinante sia verso gli israeliani che in parte verso i paesi arabi, almeno quelli limitrofi a Israele.
    Cosa può fare un poeta? Qualcosa vicino al niente. E lì siamo.

    1. @ Gianmario

      Cosa può fare un poeta?

      uscire dalla vita, come se fosse facile,
      per urlare ciò che non avrebbe mai detto
      forse entrare nei meandri, orribili meandri
      della potenza per uscirne senza respiro.

      Chiaro è il suo accorato appello
      forte quanto la miseria del popolo .

      Non è sporco il poeta per passare
      per riuscire a trattare
      per restare là senza armi senza parole,
      perché le parole contano, sono tutto,
      come si fa a non pregare. a non piangere
      chi preghiamo? Chi piangiamo?

      Lontano è il sangue vivo, l’innocente annullato
      il pane infuocato, nulla resta sulla terra .

      Ieri , dicono, il cielo brillava di stelle
      ma nessuno guardava, nessun stupore
      né amore e forte il dolore incalzava
      come un lupo alla corsa dentro il muro
      dentro le fiamme della guerra.

      Era sul tardi, il poeta al tavolo, scriveva
      frasi sconnesse.

      Emy

  8. “Cosa può fare un poeta? Qualcosa vicino al niente. E lì siamo.” (Gianmario)

    Ecco un punto che accomuna (purtroppo!) poeti e non poeti. Anche se di giochi di potere o contropotere non capiamo nulla, siamo tutti costretti a stropicciarci gli occhi e a non fingerci più padroni di quello che crediamo ovvio, sicuro, naturale, umano, civile, ecc. Perciò Gaza (e l’Ucraina, e la Siria, ecc.)… è vicina.

  9. Notizie da Il Sole 24 ore

    Gli Stati Uniti sanzionano tre banche russe in seguito alla crisi in Ucraina. Si tratta di VTB Bank, Bank of Moscow e Russian Agricultural Bank. Lo afferma il Tesoro americano. E il presidente americano Barack Obama è esplicito: «Se la Russia continua nei suoi comportamenti pagherà un costo sempre maggiore. E oggi abbiamo varato nuove sanzioni in settori chiave come energia, armamenti e finanza». Obama ha comunque anche sottolineato che «non c’è una nuova guerra fredda», con la Russia, invitando il presidente russo Putin a «fare la scelta giusta, che è quella di un allentamento delle tensioni in Ucraina e di cercare una soluzione diplomatica alla crisi». dal nostro corrispondente Beda Romano – Il Sole 24 Ore – leggi su http://24o.it/cyTFZL
    ….
    Le sanzioni colpiranno la finanza, l’equipaggiamento militare, il materiale per l’estrazione di petrolio, l’import-export di armi. dal nostro corrispondente Beda Romano – Il Sole 24 Ore – leggi su http://24o.it/cyTFZL

    Sul fronte finanziario, la sanzione più interessante riguarda la scelta di vietare alle banche russe di proprietà dello Stato di vendere azioni o obbligazioni a investitori europei. Le misure in campo militare riguardano contratti futuri, non quelli in essere. L’import-export di materiale sensibile sarà vietato con la Russia in campo petrolifero, non nel settore del gas, di cui il paese è un importante fornitore dell’Europa. Le sanzioni dovrebbero entrare in vigore il 1 agosto. dal nostro corrispondente Beda Romano – Il Sole 24 Ore – leggi su http://24o.it/cyTFZL

    Vi è stata una netta accelerazione delle scelte europee contro la Russia in questi ultimi giorni, dopo che due settimane fa un aereo di linea malese è stato abbattuto nei cieli ucraini, provocando la morte di 298 persone. Washington ha lasciato intendere che almeno indirettamente la responsabilità dell’abbattimento del Boeing 777 è russa, perché Mosca avrebbe fornito ai ribelli filo-russi nella parte orientale dell’Ucraina le armi necessarie per un attentato di questo tipo. dal nostro corrispondente Beda Romano – Il Sole 24 Ore – leggi su http://24o.it/cyTFZL

    Commenti:
    a) Obama, pur affermando che “non c’è una nuova guerra fredda con la Russia” (d’altronde si sa che ogni negazione è una affermazione ‘negata’) intanto si scalda i muscoli.
    b) Il fatto che Washington stessa riconosca la “indiretta responsabilità russa” nell’abbattimento del Boeing malese, non la esime dal mettere le sanzioni come fosse ‘diretta’.
    c) Le sanzioni messe in atto contro la Russia perché non vengono applicate anche ad Israele?

    R.S.

  10. @Buffagni
    Io non ho una conoscenza strategico-militare ma è evidente quanto stai dicendo: l’Europa in questo momento è la puttana contesa che sta fra Russia e America. Senza un dialogo con l’EU, la Russia torna come tu dici ad Alexander Nevskij ed è intollerabile per loro. Certo non lo può fare con la Cina, con la quale non scorre storicamente buon sangue nonostante le ideologie e non credo neppure con gli arabi. Per questo l’America sta lavorando per estremizzare la posizione europea e non accetta che l’EU svolga un ruolo autonomo. Se l’EU si avvicina alla Russia e riesce ad ottenere perlomeno “normali” relazioni, a restare isolata è l’America… paranoicamente contro tutti! Non c’entra Obama o Bush: su questo la politica estera americana non fa screzi e devianze. In fin dei conti l’America si è sempre considerata contro tutti, tant’è che spia da sempre i suoi alleati più fedeli. E poi si chiedono perché sono così odiati nel mondo.
    Il ragionamento di Buffagni regge perché sta appunto tornando il clima di guerra fredda, ma che sarà molto più calda se lo scenario dei conflitti diventa europeo.
    Personalmente non ho mai considerato i Russi dei nemici (non so che cosa significhi “nemico”) perché considero quella russa un’esperienza storica (e artistica e di pensiero) di incredibile portata. La Russia è Europa, e noi siamo più vicini a loro, come radici, che agli americani. Sono un’altra pasta. Magari si scannano fra loro ma non sono paragonabili agli americani come ferocia. Lo stato Russo è fondato su una storia, magari espansionistica e imperialista, ma non sul genocidio. La loro economia ha rapinato, certo, i paesi alleati della vecchia URSS, ma non c’è paragone alla rapina che fanno oggi gli USA e l’EU delle risorse mondiali, peraltro fomentando dittature e poteri assoluti (altro che “esportare la democrazia”). Insomma, io credo che coi Russi si possa ragionare, con gli americani no, si può solo accettare i loro ragionamenti.
    L’EU è stolida. Non vuole la pace, non gliene frega niente e sbaglia perché è lei il cuscinetto fra i due. Se volesse davvero la pace, comincerebbe da subito ad agire ma ho l’impressione che (non) avere una politica estera Europea, sia da alibi per qualsiasi iniziativa di pace, che venga dai grandi Paesi Europei, dalle loro politiche estere ancora autonome. Si nascondono tutti dietro un ruolo che l’Europa non assume (anche perché se lo assumesse, i diversi Stati sarebbero i primi a lavorare contro).
    Io credo che il punto di partenza sia scrollarsi di dosso l’America, non nel senso di mettere in discussione le alleanze e gli ottimi rapporti, ma riformulare i trattati militari, che prevedono l’entrata in guerra automatica della NATO, che prevedono le loro basi sui territori nostri (per “difenderci”, ma intanto nessuno sa che cosa ci sia e che cosa si faccia dentro quelle basi), che possono minacciare da casa nostra e non da casa loro. Come dire che io sono a casa tua, prendo a cazzotti il vicino e pretendo che tu mi dia man forte. Tanto se quello spara una cannonata, mica è la mia casa a cadere… Metterci insomma in posizione più paritaria ed equilibrata. Se questi infatti litigano, i primi ad andarci di mezzo siamo noi, che non ci preoccupiamo di tenere lontani da noi i potenziali conflitti, come invece fa l’America.
    E poi formulare una vera e autonoma strategia di pace, non il silenzio o le parole a vanvera. Invece di piani di guerra in caso di attacco, sarebbe bene pensare a piani di pace da iniziare subito: chissà perché non ci pensa nessuno, al di là del “volémose bén” a Natale.
    E’ un gran casino e la parte troppo debole che genera squilibri è proprio l’Europa, il Gervaso, il fratello scemo della situazione.

    1. Il rapporto con la Russia è la chiave della politica tedesca, cioè europea, dall’unificazione tedesca in poi; anzi: è proprio la costruzione di un rapporto di collaborazione con la Russia che ha gettato le basi dell’unificazione tedesca. E’ quello che si chiama “lo spirito di Tauroggen”, dal nome del villaggio in cui, su consiglio di von Clausewitz che allora militava nell’esercito russo, il comandante in capo delle truppe prussiane, allora costrette a forza nell’alleanza napoleonica, si incontrò con il plenipotenziario dello zar Alessandro e preparò il voltafaccia che avrebbe sconfitto Napoleone a Waterloo.
      L’assioma della politica bismarckiana è: “mai contro la Russia”. Quando la Germania non lo ha seguito, ha scatenato e perso due guerre mondiali. Fedeltà allo spirito di Tauroggen continuò ad essercene anche allora: ad esempio, nel 1940 l’ambasciatore tedesco a Mosca, uno Junker, rivelò a Stalin (che non gli credette) il piano di attacco tedesco contro l’URSS.
      Spero vivamente che qualche dirigente tedesco si ricordi di queste cosette elementari.
      Oggi, il problema affatto inedito è che la “Seconda Guerra Fredda”, o Quarta Guerra Mondiale se contiamo la Guerra Fredda 1 come Terza, a quanto pare non viene combattuta dagli USA secondo le regole stabilite per tacito assenso di entrambi i contendenti nella Prima Guerra Fredda.
      La regola base della Prima Guerra Fredda era: 1) MAI confronti diretti tra le grandi potenze 2) MAI introdurre uno squilibrio strategico nucleare decisivo tra le due potenze. La MAD, Mutual Assured Destruction, cioè la capacità detenuta da URSS e USA di distruggersi vicendevolmente molte volte, fu la garante della pace, o se vogliamo, dell’assenza di scontro nucleare. Che voleva dire? Che nessuna delle due grandi potenze nucleari era in grado di attaccare l’altra con un first strike atomico senza provocare un contrattacco, un second strike nucleare annichilente, perchè entrambe possedevano una capacità di “overkill” sufficiente a sopravvivere al primo attacco, e a rispondere devastando il nemico.
      Ecco perchè fu tanto seriamente pericolosa la crisi dei missili cubani: perchè l’estrema vicinanza dei missili sovietici agli obiettivi USA alterava l’equilibrio nucleare, accorciando troppo i tempi di risposta USA al first strike nucleare sovietico; il che poteva far pensare gli americani che i russi, in un futuro, avrebbero potuto ritenere accettabili le perdite derivanti dal contrattacco americano, perchè relativamente molto minori di quelle subite dagli USA.
      (Lo so che sembra roba da manicomio, ma funzionava così, e in effetti ha funzionato bene per decenni).
      Se la NATO dispone basi missilistiche nucleari nella cintura di stati esteuropei confinanti con la Russia, come mostra di voler fare ora, abbrevia di molto i tempi di risposta russi a un first strike nucleare USA. Non sono aggiornato, ma qui la differenza la fanno i minuti. (A questo si aggiunga che attualmente, la dottrina strategica ufficiale USA è quella della guerra preventiva, elaborata nel 1991; mentre nella Guerra Fredda 1 la dottrina ufficiale USA dichiarava che gli USA avrebbero usato l’arma atomica solo in risposta a un attacco). In teoria, la risposta russa a un first strike NATO dal territorio europeo dovrebbe essere diretta sull’Europa, consentendo – sempre in teoria – un breve spazio di trattativa prima dello scatenamente di tutto il potenziale nucleare russo e americano (vuole dire la fine del mondo come nei film apocalittici, eh? Con i mutanti, gli zombi, etc.). Ma se il tempo di risposta russo si abbreviasse troppo a causa della vicinanza delle basi di lancio NATO, la Russia potrebbe vedersi costretta a dichiarare che, in caso di attacco NATO dal suolo europeo, essa contrattaccherebbe immediatamente con tutto il suo potenziale atomico, dirigendo gli attacchi simultaneamente sia contro l’Europa, sia contro il territorio americano. Il che importerebbe una situazione nella quale i due contendenti, al primo serio screzio, si minacciano reciprocamente la fine del mondo.
      A prescindere da tutto il resto, provate a pensare quale effetto una situazione del genere potrebbe avere sulle psicologie dei dirigenti responsabili, e accendete un cero alla Madonna.

      1. Piccola aggiunta. Si può fare quasi niente, ma almeno parlarne un poco, far giungere a qualche decina o centinaia di italiani la notizia che la situazione è seria, che non ci saranno riparazioni a settembre se si sbaglia, che non è il caso di affidarsi a o perlomeno di credere a microbi come Renzi, la Mogherini, la Pinotti…Dio, Dio, il pensiero della Pinotti in una crisi nucleare è…non lo so com’è, non trovo le parole, neanche la mimica adeguata…

        1. D’accordo sull’analisi, in tutto. Basta che si ventili questa minaccia e l’economia globale va a farsi fottere… Non ci sarà neppure bisogno della guerra per distruggerci a vicenda.
          E poi dicono che la ripresa è un arrivo! Ha!

  11. una volta, 20 o 30 anni fa, il popolo palestinese era laico e le donne non portavano il velo
    oggi sono velate e hanno numerosi figli, carne da scannare in guerra
    che libertà è questa? di fare la guerra e di obbligare le donne a materialmente alimentarla?
    (in fondo, se le donne smettessero di sostenere queste politiche dei maschi, per amore solo per amore di padri fratelli e figli, tutto forse sarebbe, potrebbe essere, diverso è una tessera che, tolta, forse farebbe crollare ogni costruzione)
    ma qui tra noi voglio dire che tanto parlare di politica è un parlare dimezzato:
    la metà che tace sostiene davvero questo parlare?
    se su gaza (e libia e ucraina) si parla e si parla, bisogna voler capire che è un discorso a metà, forse, ragionando sull’intero, si farebbero altri discorsi
    concludo: se noi parliamo di loro (che si ammazzano) non restiamo nella mezza prospettiva in cui loro combattono, non si può, non si può, per capire e per agire, noi che sappiamo che il mondo è dei due sessi, restare prigionieri della fascinazione bellicosa di uno scontro tra maschi delle due parti

    1. A me però risulta che tra i dirigenti politici USA, ad esempio, ci siano non poche donne, per esempio Victoria Nuland, che ha diretto la sovversione del governo Yanukovitch in Ucraina. Forse il fiocco rosa non basta…

  12. no per favore, il fiocco rosa no! (allora viva Renzi e il suo cinquanta…)
    ho fatto solo una piccola osservazione sulla cultura della guerra, e sul parlare di guerra:
    in occidente ci sono molte donne che partecipano, in occidente le donne non sono costrette a fare figli, perciò in occidente si può, quasi, parlare e fare politica a prescindere dai sessi
    ma in occidente si parla di paesi e di guerra in cui la differenza conta, eccome!
    invitavo a prenderne atto (senza la pelosità del togliere il velo alle donne afgane, ero in afganistan nel ’78 e la maggioranza lo portava, quelle che avevano studiato e le nomadi invece no), anche nelle guerre africane la differenza conta
    questo dice qualcosa, per esempio in termini demografici, in occidente la popolazione diminuisce, perché le donne si rifiutano di “dare figli alla patria”, in cina invece la politica impone il controllo delle nascite
    ma le guerre di cui tanto si parla sono un affare di maschi, anche per putin la politica è maschia, no?
    insomma, io voglio tener conto della intera popolazione di un paese in guerra, e poi, se la situazione si facesse più tesa anche in occidente, quali politiche della natalità si incoraggerebbero? con quali limitazioni della libertà delle donne? sono allarmista?

  13. Beh, io non innescherei questo discorso, che è lungo e ci fuorvia dal tema. Vero quello che dice Cristiana, ma le cose adesso stanno così e non credo che sia percorribile l’idea del non fare figli da mandare al macello, anche se è giusta e niente affatto utopica, ma nel lungo tempo.
    Qui adesso buttano giù le scuole e pian piano cominceranno a buttar giù gli ospedali, anche se gestiti dall’ONU. e Chiese e Moschee e ormai tutto quello che si muove per loro è un bersaglio. Se non fosse tragico il paragone, direi che sono come quei cacciatori della domenica che sparano ad ogni foglia che si muove. Solo che usano il cannone e le bombe, non il fucile a pallettoni. Ormai attaccano anche i campi profughi e niente è più sicuro nella striscia.
    A rendere sterili le donne palestinesi ci penseranno i proiettili all’uranio impoverito, perché non credo che Israele ne sia sprovvisto, come tutti gli eserciti occidentali, o che le abbia distrutte. Penso che Gaza, dopo questo massacro, sarà di fatto inabitabile anche se dovrà essere abitata (non sanno dove andare…). I Balcani non ci hanno insegnato niente. Qui la concentrazione dei bombardamenti (e della tossicità dei veleni) è molte volte superiore alla guerra dei Balcani. Belgrado ha avuto qualche attacco, ma nulla di paragonabile a cinquemila case distrutte e trentamila danneggiate più o meno gravemente. E Gaza non è Belgrado, anche dalle caste immagini televisive è roba da voltastomaco, macelleria a cottimo.
    E’ da quando è iniziata questa guerra che cerco di immaginare come sarà “dopo” e ovviamente devo ri-aggiornarmi in senso sempre più disperante. Anche se finisse ora il disastro è di proporzioni bibliche, anche per gli effetti sull’ambiente.
    La sfrontatezza e l’orrore aumentano in proporzione all’indecisione occidentale. Si sa che per finire questa guerra bisogna fare la voce grossa con Israele. Ma l’EU e USA sono ancora alle vibranti proteste.
    Ma il dolore non le sente, queste proteste. Il dolore è nero e genera rancore, altro che pace.

  14. @ Gianmario: oggi i giornali scrivono della guerra di Israele ai bambini di Gaza: quindi non direi che il tema delle donne palestinesi sia a lungo termine o fuori tema addirittura.
    Le donne palestinesi sicuramente soffrono due volte: per essere al servizio della guerra costruendo figli, perché quei loro figli li perdono.
    Non propongo uno sciopero dei figli, considero però che la demografia è un campo di scelte politiche. Il controllo sulle donne prende piede in Iran e in Turchia, dove la popolazione cresce.
    Israele, dove le donne sono meno vincolate alla maternità, colpisce i bambini per sbaglio? O no?
    Sollevo questi argomenti perché riguardano da vicino il nostro coinvolgimento, l’argomento è spinoso e difficile, ma non è il caso di ignorarlo ancora.

  15. Cristina Fischer, mi sto trattenendo da ieri, non capisco assolutamente le cose che vuole esprimere per non poterle “ignorare”. Il suo linguaggio è ambiguo, per ora, per me a meno che devo interpretare fra le righe che anche lei coglie la storia e che la prima responsabilità è dell’impero usa-israele, con la seconda costruita ad hoc a roccaforte del mediterraneo e che nel tempo, diversificandosi le armi della guerra, lei ci voglia far rientrare, non solo le bombe o i droni in senso stretto, in quanto per sterminare le minoranze definitivamente, basta procedere con una diversa eugenetica, quella che lei dice e che elimina appunto alla radice, dai bambini al seme. Ma allora, dovrebbe fare un discorso ben piu ampio sul menù occidente e il monopolio antropologico usa, che con i movimenti “di genere” e le cagate a seguito, sta portando alla legittimazione finanche della pedofilia. Oltre ad esserci delle potentissime lobbies per questioni di mercato, l’uomo senza identità è l’individuo perfetto per lo scenario orwelliano gia raggiunto e da perfezionare, poco importa se i figli degli uomini spariranno nel concepimento tradizionale. Si apriranno altri mercati per altri semi e individui sempre piu programmabili.

  16. gentile ro (non so se lei è donna o uomo, vedrò se posso risponderle anche senza saperlo), capisco che lei possa essere confus? allora metto in ordine alcuni elementi, dal più semplice al più complesso:
    * Israele compie una guerra feroce e mostruosa contro Gaza
    * in Israele-Gaza si combatte un pezzo di guerra tra l’occidente usa-eu e una lotta interna per il predominio tra le potenze islamiche mediorientali (altri pezzi di questa guerra sono in siria e in iraq)
    * un aspetto fondamentale dell’occidente è la relativa autonomia femminile dal controllo maschile sulla riproduzione: questo è tanto vero che nei paesi islamici la voglia di controllo sulla riproduzione (attraverso il controllo sulle donne) si mostra sempre più evidente
    * la guerra rappresenta, dovunque, al massimo grado, la terribile realtà della gerarchia, e del potere, maschili
    * chiedo: possiamo noi, posso io, decidere da che parte stare senza prendere in considerazione la posizione delle donne qui e “lì”?
    * mi considero vicina alle donne di Gaza, alle pacifiste israeliane, lontana dai dirigenti uomini di Gaza come da quelli di Israele
    * non diventa “solo” (e mi rendo conto della atrocità beffarda di quel “solo”) una condanna morale, di più, una condanna della brutalità del capitalismo, della ipocrisia della politica occidentale, ecc ecc?
    * lei fa caso alla poca partecipazione femminile in occidente alla mobilitazione per Gaza? le sembra una cosa irrilevante?
    * ma non dica che ciò avviene perchè noi donne stiamo comode nel benessere occidentale! è solo perchè la scena è interamente occupata da un conflitto che non prevede la loro esistenza a livello simbolico: non vuole pensare che sotto questa guerra ci sia anche una questione sulle donne pesante e grande come tutte le bombe che si sparano
    è appunto il “discorso ben più ampio sul menù occidente” che cerco di fare, che non è un “monopolio antropologico usa”, e quanto a cagate, che i figli degli uomini spariranno dal concepimento tradizionale, che tanto fa lo stesso, be’… faccia lei!

  17. Cristina Fischer lei fa un discorso di monopolio antropologico millenario , solo che alle donne, a cui appartengo, hanno fatto credere solo da poco più di cent’anni a questa parte, che potevano affrancarsi dalla loro condizione subalterna, votando come gli uomini, scopando di più e meglio degli uomini, partecipando alla vita produttiva (iperliberista ovviamente) eccetera eccetera..insomma smarrendo ogni capacità diciamo almeno quelle che rimanevano residuali dopo tanto dominio “maschile”, in pratica né più né meno del come già successo alle minoranze dei “maschi” incompatibili con le stesse logiche del sistema (delle varie e infinite guerre, convenzionali e non).

    Ripeto però che il monopolio del modello unico o unisex, faccia lei, deriva assolutamente come tutte le cose “esportate” dall’impero d’occidente (ormai dominanti in tutto il globo) da un unico modello di pseudo”liberazioni”. Non è certo l’italia che si è liberata , ad esempio, e neppure l’hanno liberata gli americani. Siamo solo passati da un nazismo ad un altro, ed è il loro modello, in tutto e per tutto, culturale e non, a cui hanno aderito felicemente in tutte le sue manifestazioni ( compresi i falsi movimenti di dissenso per appecorare meglio).

    Ad esempio, visto che i suoi discorsi vorrebbero aderire allo sviluppo delle domande o punti interrogativi di questo massacro / tema o post, allargando da una guerra all’altra a quella dei sessi, potrebbe ampliarlo meglio partendo dallo sterminio di bambini, donne uomini degli indiani d’america fino ad arrivare a Gaza e perché no, con le cagate delle Femen, all’Ucraina (così facciamo soddisfatto anche Buffagni).

    1. CristIana, spesso Emilia mi chiama Rita e io sorrido perchè mi ha fatto sorridere e ridiamo insieme..una cristianità laica che fa bene e che ha sempre qualcosa da mantenere vivo(e nello spazio in cui ci troviamo c’è solo parola); se lei si ritiene offesa tanto da precisare il salto di una sola a dal suo nome, mi ricorda il dubbio , quasi innato o di cui ho memoria comunque fin da quando ero piccola, che donne e uomini, fra loro, nel loro stesso sesso e fra sessi, o bambine o vecchi etc etc, riescono ad abitare campi di battaglia del tutto assurdi, già prima che si osservino quelli , stricto sensu, delle guerre, che confrontati con i precedenti, paradossalmente, sono meno assurdi in quanto, pur essendo molto più assassini , hanno le ragioni criminali che stiamo osservando in questa pagina .

      ps
      provi a leggere questa lettera di un “ebreo” dissidente, sostituendo alla parola ebreo, la parola uomo ( donna o bambino, vecchio o adulta che voglia ricomprendere) e alla parola “Stato” la parola relazione o sinonimo di relazione a suo piacimento etc etc a un certo punto, laddove la lettera dice ” e ora toccherà pure difenderli” provi a immaginare per un attimo la pena verso certe donne del suo stesso sesso e così quella per certi uomini……. forse l'”occupazione” le risulterà,forse, come quella delle terre di “femmine “e “maschi” occupate in tutti questi millenni di cui ci hanno espropriato, sia le une che gli altri.

      * da http://ilmanifesto.info/la-fatica-di-essere-ebreo-e-difendere-il-popolo-palestinese/

      La fatica di essere ebreo e difendere il popolo palestinese
      di  Stefano Sarfati Nahmad, 26.7.2014


      [Nota di E. A]. Siete pregati/e di citare le fonti dei testi che proponete e di pubblicarli con una grafica corretta.

      Avrei voluto cele­brare la capa­cità d’integrazione e con­vi­venza di due cul­ture in uno Stato che sia da esem­pio in tutto il Medio Oriente, mi sarebbe pia­ciuto andare a Geru­sa­lemme, dalla Porta di Jaffo pren­dere un bus per Ramal­lah, girare per mer­ca­tini e poi, seduto al tavo­lino di un bar, sor­seg­giando un caffè al car­da­momo, scri­vere e rac­con­tare di un mondo di vil­laggi pale­sti­nesi e kib­butz che con­tri­bui­scono allo svi­luppo di una cul­tura e un’economia che sommi la memo­ria e l’esperienza del pas­sato con il dina­mi­smo e la voglia di futuro; avrei voluto poter andare con pia­cere a tro­vare i miei parenti a Tel Aviv, (i miei nonni scel­sero l’Europa, i loro scel­sero la Pale­stina), farmi stu­pire dalle gal­le­rie d’arte, dai grat­ta­cieli, dalle strade pedo­nali piene di bei negozi espres­sione dell’incontro di diverse cul­ture quella di ori­gine euro­pea e quella pale­sti­nese, così come Ber­lino agli inzi del ‘900 lo era per l’incontro della cul­tura ebraica e quella tedesca.

      Pur­troppo dalla Guerra dei sei giorni del 1967, le cose sono andate diver­sa­mente: Israele stra­vinse e l’euforia si impa­dronì degli israe­liani sen­ten­dosi «a casa» a Geru­sa­lemme e nel resto dei ter­ri­tori pale­sti­nesi che da allora furono, e tut­tora sono, Ter­ri­tori Occu­pati. Tra poco saranno 50 anni di occu­pa­zione (l’Italia è stata occu­pata dai tede­schi un anno e mezzo e ancora oggi se si disputa la par­tita di cal­cio Ita­lia Ger­ma­nia sem­bra di sen­tirne l’eco), in que­sti decenni i pale­sti­nesi hanno pro­vato a ribel­larsi ma la schiac­ciante supe­rio­rità mili­tare israe­liana li ha sem­pre sof­fo­cati con la forza delle armi. Eppure, una delle armi più potenti che ha con­sen­tito lo Stato di Israele di por­tare avanti que­sta poli­tica, non è mili­tare bensì di natura sim­bo­lica: essendo nato all’indomani della Shoah, è sem­pre stato iden­ti­fi­cato come uno stato «vit­tima». Inol­tre l’antipatia del mondo occi­den­tale verso il mondo arabo, lo ha iden­ti­fi­cato come un popolo aggres­sivo a cui è stato asso­ciato il ter­mine «ter­ro­ri­sta» in par­ti­co­lare dopo l’undici set­tem­bre 2001. La sto­ria del con­flitto israelo-palestinese è pieno di que­sti slit­ta­menti seman­tici che hanno celato la verità dei fatti sul ter­reno. Quando noi Ebrei Con­tro l’Occupazione nel 2001 abbiamo ini­ziato a pren­dere posi­zione a favore dei pale­sti­nesi, abbiamo tro­vato forti resi­stenze alla nostra «nar­ra­zione» non solo nel mondo ebraico ita­liano, ma anche nella poli­tica ita­liana, com­presa una buona parte della sini­stra (il Mani­fe­sto è stato uno dei pochis­simi gior­nali ad averci dato spa­zio), e il motivo è pro­prio che essa nar­ra­zione non si adat­tava all’immagine del con­flitto nel senso comune.

      La mia sen­sa­zione è che oggi qual­cosa sia cam­biato. Sarà che ormai l’immagine di Israele vit­tima è troppo logo­rata dalle foto e dai video di morte e distru­zione che quo­ti­dia­na­mente stanno arri­vando, ma l’aria che tira secondo me è diversa. Mi ha molto col­pito una let­tera di un let­tore del quo­ti­diano Metro del 21 luglio dal titolo: «Fra­telli ebrei cosa vi suc­cede?» che a un certo punto, rivol­gen­dosi appunto agli ebrei, scrive: «I vostri cuori sono tanto indu­riti da non avver­tire le carni dei mar­tiri bru­ciare, non sen­tire il sin­ghiozzo spa­ven­tato dei bam­bini, non vedere il ter­rore di un popolo ridotto alla fame e alla fuga su car­retti trai­nati da somari abban­do­nando alle spalle quat­tro stracci di ricordi e brani di corpi spez­zati dalle bombe a grap­polo?». Que­sta let­tera mi ha fatto sen­tire intrap­po­lato: caro Clau­dio, a chi ti stai rivol­gendo? A me che mi sono aper­ta­mente schie­rato e insieme ai miei com­pa­gni sono sfi­lato in una mani­fe­sta­zione con tanto di stri­scione «Ebrei con­tro l’occupazione» a fianco dei pale­sti­nesi? Ti stai rivol­gendo a que­gli ebrei che in Ita­lia e nel mondo hanno sem­pre e incon­di­zio­na­ta­mente preso le difese di Israele? Parli agli israe­liani, o escludi quelli che hanno fatto obie­zione di coscienza? Apprezzo che parli col cuore in mano e senza paura ma per favore non cadere anche tu nella trap­pola dell’identità che mette tutta l’erba in un solo fascio.

      Sì, il mio cuore è sicu­ra­mente indu­rito, fac­cio fatica a fre­quen­tare amici ebrei per non dover toc­care «l’argomento», non vado in Israele, e ora toc­cherà anche difen­derli da un sen­ti­mento cre­scente di odio che per­so­naggi in cerca di argo­menti vanno fomentando.

      1. Ennio, dalla tua foga di “precisare” a tua volta (peraltro a una persona che ha la mania delle fonti e che questa volta era solo di fretta), hai cancellato la firma di quel documento. Potevi scegliere, come altre volte, di interferire rieditando il tutto per metterlo in chissa quale bella copia, invece no, questa volta tocca pure leggere le esortazioni di cui sopra.

        ps
        se non si sarebbe proprio voluto dimostrare, che il desiderio di potere sull’altro, è presente tanto in una parte del sesso maschile che del sesso femminile, con questa sfumatura, più l’altra di Cristiana in par condicio,, si è autodimostrato, di per sé ,come e quanto altre forme di potere ben più rilevanti abbiano bisogno, per vivere, delle loro Gaza.

        *NOTA DI E.A.
        Adesso c’è tutto (titolo, autore e fonte). E anche tu, con quest’altro commento, al pari di tutti e tutte dimostri che ci tieni alla precisione. Lascia perdere “il desiderio di potere”.

        1. hai cancellato il mio commento alla tua azione,Ennio. Come vedi il tuo potere da comandi di tastiera, è in continua “azione”. Hai inserito i tuoi interventi nascosti dentro i miei (cioè rieditando i miei commenti con le tue esortazioni) e per giunta pretendi che l’altro non scelga una reazione. Però vuoi parlare di chi ha più forza (israele), scherandoti dalla parte del più debole (palestina).

          Non usare qualsiasi potere sull’altro(compreso quello da tastiera e comandi) inizia dalle cose piccole piccole , infinitesimali(che peraltro sono le uniche che possono dipendere completamente da ognuno di noi a miliardi).Altrimenti, per pura proprietà transitiva, le piu grandi della Storia continueranno sicuramente, insieme a tutte le altre cause, a generarsi per altri millenni.

          1. @ ro

            Sì, ho cancellato un tuo commento, perché sistematicamente
            passi dall’argomento del post a divagazioni personalistiche e poi alla piccola rissa parolaia. E, se continui, ti cancello anche gli altri.

  18. non mi ritengo “offesa” ho solo precisato
    questo suo ultimo post non vedo come riguardi le posizioni che ho espresso
    (non conosco stefano, ma sua madre sì, e da molti anni)
    ma ora davvero smetto di occupare il sito con una specie di lite personale di cui non comprendo i termini
    mi scuso se anche questo post apparirà… boh, chissà cosa?

  19. Non mettiamo recinzioni
    è ciò che di più inutile
    abbia creato l’uomo e la donna.

    gli innocenti pagano
    loro non sanno ancora
    cos’è una recinzione
    la libertà ce l’hanno dentro
    non fanno fatica a cantare
    né a sorridere
    restano a vivere da innocenti
    come i fiori del campo
    bambini e bambine
    vecchi e animali
    alberi e torrenti
    rocce e mare
    distruggerli è facile.

    Byemy

  20. SEGNALAZIONE: Gaza, vista da Eduardo Galeano
    da http://popoffquotidiano.it/2014/07/26/gaza-vista-da-eduardo-galeano/?fb_ref=recommendations-bar

    26 luglio 2014

    Da dove viene l’impunità che permette a Israele di portare avanti la mattanza di Gaza? Forse la tragedia dell’Olocausto implica una polizza di eterna impunità?

    Per giustificarsi, il terrorismo di Stato fabbrica terroristi, semina odio e raccoglie alibi. Tutto indica che la macelleria di Gaza, che secondo i suoi autori vuole farla finita con i terroristi, riuscirà solo a moltiplicarli.

    Dal 1948, i palestinesi vivono condannati all’umiliazione perpetua. Non possono neanche respirare senza permesso. Hanno perso la propria patria, le terre, l’acqua, la libertà su tutto. Tanto meno hanno diritto ad eleggere i propri governanti. Quando votano chi non devono votare sono puniti. Gaza è castigata. Si è trasformata in un trappola per topi senza vita d’uscita, da quando Hamas vince limpidamente le elezioni nel 2006. Qualcosa del genere era apparso nel 1932, quando il Partito comunista trionfò alle elezioni in Salvador. Bagnati nel sangue, i salvadoregni espiarono la loro cattiva condotta e da allora vissero sottomessi ad una dittatura militare. La democrazia è un lusso che non tutti meritano.

    Sono figli dell’impotenza dei razzi fatti in casa che i militanti di Hamas, rinchiusi a Gaza, sparano, fallendo l’obiettivo, sulla terra che era stata dei palestinesi e che l’occupazione israeliana gli usurpò. E la disperazione, al limite della pazzia suicida, è la madre delle bravate che negano il diritto all’esistenza di Israele, grida senza alcuna efficacia, mentre la molto più efficace guerra di sterminio sta negando, da tanti anni, il diritto all’esistenza della Palestina. Di Palestina ne resta molto poca, passo dopo passo Israele la sta cancellando dalle mappe.

    I coloni invadono, e dietro di loro i soldati correggono la frontiera. Le pallottole consacrano l’espropriazione in legittima difesa. Non c’è una guerra aggressiva che non dica di essere una guerra difensiva. Hitler invase la Polonia per evitare che la Polonia invadesse la Germania. Bush invase l’Iraq per evitare che l’Iraq invadesse il mondo. In ogni sua guerra difensiva, Israele ha trangugiato un altro pezzo di Palestina, e il pasto continua. Il divoramento si giustifica con i titoli di proprietà che la Bibbia concesse, per i duemila anni di persecuzione che il popolo ebreo ebbe a soffrire, e per la paura generata dai palestinesi in agguato.

    Israele è il paese che non ha mai rispettato le raccomandazioni né le risoluzioni dell’Onu, che mai si è attenuto alle sentenze dei tribunali internazionali, è il paese che si burla delle leggi internazionali, ed è anche l’unico paese che ha legalizzato la tortura per i prigionieri.

    Chi gli ha regalato il diritto di negare tutti questi diritti? Da dove viene l’impunità che permette a Israele di portare avanti la mattanza di Gaza? Il governo spagnolo non poté bombardare impunemente il Paese Basco per sterminare l’Eta, né i governo britannico pote distruggere l’Irlanda per liquidare l’Ira. Forse la tragedia dell’Olocausto implica una polizza di eterna impunità?

    O questa luce verde viene dalla potenza mandataria che ha in Israele il più incondizionato dei suoi vassalli? L’esercito israeliano, il più moderno e sofisticato del mondo, sa chi uccide. Non uccide per errore. Uccide per orrore. Le vittime civili si chiamano danni collaterali, secondo il dizionario di altre guerre imperialiste. A Gaza, di ogni dieci danni collaterali, tre sono bambini. Che si sommano a migliaia di mutilati, vittime della tecnologia dello squartamento umano, che l’industria militare sta testando con successo in questa operazione di pulizia etnica. E come sempre, sempre lo stesso: a Gaza, cento a uno. Per ogni cento palestinesi morti, uno israeliano.

    Gente pericolosa, avverte l’altro bombardamento fatto con la manipolazione dei mass media, che ci invitano a credere che una vita israeliana vale tanto quanto cento vite palestinesi. Gli stessi media che ci invitano a credere che sono umanitarie le duecento bombe atomiche di Israele, e che una potenza nucleare chiamata Iran è quella che distrusse Hiroshima e Nagasaki.

    La cosiddetta comunità internazionale, esiste? E qualcosa di più di un club di mercanti, banchieri e guerrieri? Qualcosa di più del nome artistico che gli Stati Uniti utilizzano quando fanno teatro?

    Davanti alla tragedia di Gaza, l’ipocrisia mondiale brilla di nuovo. Come sempre, l’indifferenza, i discorsi vacui, le dichiarazioni vuote, le declamazioni altisonanti, le posizioni ambigue, rendono tributo alla sacra impunità.

    Davanti alla tragedia di Gaza, i paesi arabi si lavano le mani. Come sempre. E come sempre i paesi europei si sfregano le mani.

    La vecchia Europa, capace di tanta bellezza e perversità, versa una lacrima mentre segretamente celebra questo capolavoro. Perché la caccia al giudeo è stata sempre una abitudine europea, però da mezzo secolo in qua questo debito storico è a carico dei palestinesi, che sono anch’essi semiti e mai sono stati antisemiti. Essi stanno pagando, in sangue contante e sonante, un conto che gli è estraneo.

    (Fonte OtherNews.info; traduzione di Marina Zenobio)

  21. La Palestina odore di basilico

    Della Palestina ricordo gli occhi scheggiati
    che non smettono di oltrepassare l’orizzonte.

    Della Palestina odo i passi e le maglie coi numeri:
    rincorrono tra le macerie un pallone spelacchiato.

    Della Palestina mi giunge il silenzio dei morti
    che non smettono di sognare.

    Della Palestina un dolore sordo, e sulle finestre,
    l’odore di sfrontate foglioline di basilico.

    Più in là un bambino col suo scudo, ma non
    riesce a fermare le bombe cadenti dal cielo.

    Ci vorrebbero Ercole, Maciste, Zorro, Gian Burrasca,
    Dio, dio e Topolino, una pazza e una magia; ma loro,

    puoi scommetterci, hanno altro a cui pensare.
    E’ in questo modo che sopravvive il mondo intero.

    Mentre il corrotto sistema del capitale, dato
    moribondo e spacciato da una vita, distrugge

    terra, natura e bellezza. E così i bambini,
    la loro fantasia e dita e unghie mitragliate.

    Armando T

  22. SEGNALAZIONE: Gaza: a che serve l’Europa?
    di Piero Bevilacqua.

    Deserto morale. Impotenza e indifferenza dei gruppi dirigenti dell’UE, ragionieri ingobbiti sui conti del Pil, di fronte al massacro del popolo palestinese

    venerdì 1 agosto 2014 09:42
    ilmanifesto.it

    A che serve questa Europa? Ce lo siamo chiesti in tanti, in questi ultimi anni, nei momenti di scoramento, di fronte all’ottusa rigidità con cui i vertici di Bruxelles affrontano i problemi economici e finanziari dell’Unione sotto l’imperversare della crisi. Ce lo siamo chiesto di fronte all’atteggiamento della Germania, che torna a perseguire con altri mezzi una politica di supremazia, nonostante abbia alle spalle la disfatta di due guerre mondiali, la responsabilità recente del più grande massacro dello storia.
    Continuiamo a chiedercelo avendo rinunciato alla moneta e a tanta parte della nostra sovranità nazionale, senza aver conseguito un più solidale e includente governo del Continente. Ma in questi giorni torniamo a chiedercelo per una ben più tragica ragione. L’impotenza, peggio l’indifferenza, dei gruppi dirigenti dell’Ue, ragionieri ingobbiti a fare i conti del Pil, di fronte al massacro del popolo palestinese.
    Non una parola, una proposta, un tentativo di soluzione è stato balbettato dagli uomini di stato dei vari paesi europei, che da decenni tengono in deposito i loro cervelli presso la Segreteria di Stato di Washington. Ma non sono sufficienti i mille morti di Gaza, in grandissima maggioranza civili incolpevoli, fra cui tante donne e bambini, per sollevare gli occhi dagli affari e guardare in faccia la tragedia? A che serve questa Europa senza pietà?
    Angelo D’Orsi ha denunciato con giusto sdegno il silenzio e il «rovescismo» degli intellettuali (il manifesto del 22/7 ), su cui pesano gravi responsabilità, avendo il compito di spiegare le ragioni complesse del conflitto. Ma anche le opinioni pubbliche del Vecchio Continente appaiono come narcotizzate.
    Gli europei osservano in tv le immagini del massacro – quelle pietosamente depurate da ciò che è inguardabile – le case distrutte, le donne vestite di nero pietrificate dal dolore, i bambini sanguinanti tra le braccia dei padri disperati. E tacciono. Che cosa è accaduto? Quale sguardo di medusa ha gelato le loro menti? A che serve questa Europa?
    Forse una parziale spiegazione è alla nostra portata. I dirigenti di Israele sono riusciti a imporre grazie ai media occidentali – rare volte capaci di una parola di verità – l’immagine di un conflitto alla pari, di due contendenti in lotta con uguali torti e ragioni. Addirittura la propaganda militare dell’esercito israeliano viene trasformata in verità autorevole da prestigiosi intellettuali, i quali, per mestiere, dovrebbero pensare alle parole prima di liberarle nell’aria. In una intervista apparsa su Le Figaro e ripresa da Repubblica (27 luglio) il filosofo francese Alain Finkielkraut rammenta che «se la civiltà dell’immagine non stesse distruggendo la comprensione della guerra, nessuno sosterrebbe che i bombardamenti sono rivolti contro i civili. No, gli israeliani avvertono gli abitanti di Gaza dei bombardamenti che stanno per fare».
    Siamo dunque ai bombardamenti umanitari. Nessuna considerazione per la distruzione delle case di tanta misera gente, delle infrastrutture idriche, delle strade, degli elettrodotti, delle scuole, degli ospedali, del poco bestiame, dei poveri orti. Nessun rammarico per centinaia di migliaia di esseri umani gettati in pochi giorni in una distesa informe di rovine. Ma il filosofo non sa e probabilmente non vuol saper che gli sms annunciano i bombardamenti con pochi minuti di anticipo, che spesso le famiglie sono immerse nel sonno, che i bambini dormono ignorando la ferocia degli adulti e tardano a svegliarsi, che i disperati non sanno dove rifugiarsi una volta lasciate le loro case. E tuttavia il filosofo ha una risposta a questa obiezione: «E quando mi dicono che queste persone non hanno un posto dove andare, rispondo che i sotterranei di Gaza avrebbero dovuto esser fatti per loro. Oggi ci sono delle stanze di cemento armato in ogni casa d’Israele». A che serve questa Europa se i suoi intellettuali si mettono il doppiopetto di tanta incosciente ferocia?
    Forse qualcuno dovrebbe ricordare a Finkielkraut un po’ di storia. Dovrebbe ricordare che i palestinesi non sono un moderno stato, come Israele, dotato di uno dei più efficienti eserciti del mondo, sostenuto con ingenti aiuti da tutto l’Occidente. Sono un popolo disperso di rifugiati, cacciati dalle loro terre, perseguitati talora dai popoli vicini, umiliati dalla violenza quotidiana dell’occupante.
    I tunnel sotterranei sono serviti ai palestinesi per ricevere cibo e medicinali e per attivare un mercato clandestino, visto che ben presto Gaza è stato trasformata dai governanti israeliani nel più grande ghetto della nostra epoca. Certo, anche le armi passano nei sotterranei, ma ci si può stupire di questo? Israele dispone di un armamento atomico e si levano strida al cielo perché gruppi e fazioni di un popolo martoriato da otre 60 anni tenti la carta disperata delle armi?
    I palestinesi dovevano dunque investire in bunker per difendersi dall’immancabile castigo dal cielo, dal mare e dalla terra come già è accaduto con la carneficina della campagna «Piombo fuso» del 2008/09? Con quale onestà, con quale dignità intellettuale si possono mettere sullo stesso piano due opposti estremismi? Possibile che nessun commentatore, nessun giornalista ricordi che sono stati i governanti di Israele, è stato Ariel Sharon a lavorare alacremente per sconfiggere l’Autorità Nazionale Palestinese e gettare il popolo palestinese in braccio ad Hamas? Chi ha disfatto gli accordi di Oslo, chi ha inaugurato la pratica di sparare dal cielo con gli elicotteri Apache e con i caccia F-16, chi ha esteso gli insediamenti dei coloni nei territori palestinesi, chi ha avviato nel 2002 la costruzione del «muro di sicurezza» in Cisgiordania, chi ha risposto ad ogni provocazione terroristica proveniente da Hamas con una violenza dieci volte superiore, ma rivolta contro le forze e gli edifici di Yasser Arafat?
    Chi ricorda le immagini del vecchio leader umiliato davanti al suo popolo, reso impotente agli occhi del mondo, rifugiato nelle rovine del suo quartier generale nel settembre del 2002? Chi ricorda le cronache quotidiane di quell’inizio di millennio con l’altalena di attentati terroristici da una parte – che sembravano ispirati dallo stesso Israele, tanto gli tornavano vantaggiosi – e bombardamenti aerei, la «punizione esemplare» dall’altra?
    Sharon e la destra israeliana hanno perseguito sistematicamente la distruzione delle rappresentanze moderate del popolo palestinese per far trionfare l’estremismo indifendibile di Hamas. Come avrebbe potuto questa formazione vincere le elezioni del gennaio 2006, se non dopo l’umiliazione di un intero popolo, se non dopo che Israele ha mostrato ad esso che le politiche di mediazione dell’Anp non portavano a nulla?
    Ma questo è uno dei maggior delitti compiuti dai governanti israeliani negli ultimi anni: l’avere fatto identificare agli occhi del mondo i diritti violati e le immani sofferenze di un popolo con le velleità impotenti di Hamas.
    A che serve questa Europa se i suoi intellettuali non sanno pensare con sguardo storico, se si fermano all’oggi, se non gettano luce sulle cause vicine e lontane dei problemi, se sono così proclivi a credere alla favola del lupo, costretto a bere l’acqua sporcata dall’agnello?
    Guardando al mondo dissipatore e violento costruito dai potenti negli ultimi decenni, George Steiner si è lasciato sfuggire, pochi anni fa, un timore apocalittico. «Può darsi – ha scritto – che tutto finisca in un massacro» Un bagno di sangue generale e definitivo. A questo desolato timore noi oggi, di fronte al deserto morale di un intero continente, possiamo associare una eventualità certa: in quel caso gli intellettuali europei, prima di sparire, troveranno una rassicurante spiegazione per tutto.
    A che serve questa Europa?

    © 2014 IL NUOVO MANIFESTO SOCIETÀ COOP. EDITRICE
    Tratto da: http://ilmanifesto.info/gaza-a-che-serve-leuropa.

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