Ricordando un amico editore

CFR edizioni
di Giulio Toffoli

In memoria di Gianmario Lucini

Una mattina di fine ottobre Li Yu si sedette affranto al suo scrittoio, aveva saputo del decesso di un suo amico, che qualche anno prima si era lanciato, pieno di entusiasmo, nella difficile impresa di diventare editore.
La sua era una piccola voce nel coro infinito della cultura industriale di massa, reso ancora più caotico dallo sviluppo delle più variegate forme di diffusione dei testi nel mondo dei cosiddetti “social media”. L’amico, di cui ricordava i modi gentili e il volto sempre sorridente, continuava nonostante tutto a credere nella funzione della cultura, della poesia e della buona letteratura e aveva mantenuto quello stile artigianale che era paragonabile a quello degli stampatori che avevano reso grande il libro nei secoli che hanno preceduto la sua riduzione a prodotto industriale di massa.
Lui curava personalmente la scelta dei testi, si divertiva a dare una forma grafica il più possibile pregevole ai lavori in cui credeva. Giocava tutto se stesso in ognuna delle sue imprese editoriali, infatti quando aveva prodotto un libro si impegnava anima e corpo nell’opera di distribuzione e di diffusione di ciò che era stato stampato con il suo marchio.
Come il grande Manuzio e le altre infinite sigle degli stampatori di qualità che, dal XV al XVIII secolo, avevano fatto della cultura stampata strumento di crescita civile e di rivoluzione culturale la sua sigla CFR era un valore aggiunto che dava una garanzia: chi leggeva le pagine dei suoi libri poteva essere certo che tutto era stato vagliato e scelto a ragion veduta.
Era piccolo, come editore, ma sembrava carico di una forza infinita. Si dibatteva fra problemi smisurati di natura materiale ma sembrava che non ne facesse caso.
Ciò che lo interessava era comprendere da che parte stesse volgendo il vento.
Spesso parlando con lui Li Yu si era reso conto che nel suo amico era presente una forza particolare.
Ai suoi momenti di scoramento l’amico editore rispondeva con l’ottimismo della volontà. La volontà di andare avanti e far sentire, costasse quello che costasse, una voce dissidente.
Di fronte a chi gli diceva che la poesia non aveva più nulla da dire dopo le tragedie del XX secolo rispondeva sottolineando che allo spirito umano non si possono mettere catene. Anche le più dure catene col tempo si spezzando.
A chi di fronte alle ingiustizie dei potenti si piegavano cercando di trovare giustificazioni e alibi rispondeva affermando che è nostro dovere far sapere che non esistono solo i “nuovi mandarini”, asserviti a un potere sempre più violento e volgare nel suo cinismo. Che è un dovere rammentare che ribellarsi e giusto.
A chi lodava il recupero di valori che erano parsi obsoleti ma che nuovamente venivano riesumati, quali l’onore, il cameratismo, il piacere di combattere, rispondeva con una alzata di spalle e un sensato diniego: con gente così non aveva nulla da dire.
La sua è stata, pensava Li Yu, come per tutti noi, un’avventura umana difficile da districare dalle contraddizioni che hanno segnato la storia della seconda metà del XX secolo. Comprenderla fino in fondo è possibile solo sapendo apprezzare ciò che in quegli anni è stato svelato di nuovo, fornendo all’umanità strumenti inediti per avviare la propria liberazione, e facendo nel contempo piazza pulita di tutti i falsi miti e i pregiudizi che hanno reso difficile, anzi a volte scabroso, il nostro cammino portandoci a commettere infiniti errori, incapaci di liberarci dal fardello di falsità che ogni generazione lascia in eredità alla successiva.
Stringendo fra le mani uno dei libretti che l’amico gli aveva in tempi passati donato, Li Yu sentì una voce, che sommessamente usciva dalla sua gola, dire:
“Caro amico, il tuo tempo è giunto.
Il lavoro che hai svolto altro non è che un granello nell’infinito mare di cose che le centinaia di milioni di esseri che abitano questo pianeta, di giorno in giorno, producono. La più parte va perduta nel nulla del consumo quotidiano, qualche cosa resta. Le pagine dei lavori che hai edito rimangono, segno della creatività, della vivacità di una immaginazione che è il valore più profondo del nostro essere uomini.
Non sei vissuto invano.
Altri prenderanno in mano il Filo di Arianna che tu gli hai lasciato in eredità.
Una sola cosa possiamo sperare: che vi siano ancora giovani che abbiano il desiderio di apprendere la dura arte di rifiutare le suggestioni dalla logica che riduce l’uomo a cosa senza altro valore se non la sua universale fruibilità nel mercato delle merci.
Tu hai lasciato una testimonianza, di più era difficile fare.
Di più non si può chiedere a una esistenza.”

7 pensieri su “Ricordando un amico editore

  1. Anche altri che hanno conosciuto quell’editore hanno raccontato la sua qualità speciale: non solo aveva una forza (che sembrava infinita) ma sapeva che la stessa forza era degli altri. Piccolo e grande, forse pensava, sono visioni alle due estremità di un cannocchiale. Piccolo è il singolo essere umano e grande il mercato dell’umanità, grande è il singolo essere e piccolo un mercato di oggetti (utili o necessari o superflui).
    Raccontano che scambiasse parole e pensieri con quelli che incontrava sulle vie dove tanti convengono, le vie dei mercati.

  2. Leggendo questo Li Yu e il tuttuno del fare (poesia) di Lucini, ho potuto immaginare di Gianmario un preciso e commovente “io sono Li”, cioè io sono qui e lì, fra noi come tutto del “poeta ” , di Chioggia dalla Bosnia o della Cina, della laguna o della montagna o nella Valtellina , lui nellla sua pelle a pellicola cfr, come Qu Yuan per Li o zalab o jolefilm per Segre o per Paolini…

    ringrazio Toffoli, alias Li Yu, per aver fatto risaltare “il modello Gianmario”, ricco di quel “fare”e farsi lanterna lungo il fiume fra le secche e le innondazioni della vita ( altro che la propaganda da paura del “fare” di quel boia di Renzi et similia, nel buio dei suoi pseudo-intellettuali generati e degenerati dalle note edizioni a baracche baricco) .

    Lanterna Lucini , piccolo -grande granello contrappesso al macigno del mercato globale (politico o culturale, dei consumi e di massa, inclusa la sezione merci e servizi mediatici e/o editoriali, con tutti i suoi gusti da “paura” , per ottenere uomini a quattro zampe addomesticando scrittori e lettori in un unico orrendo insieme di oggetti da scaffale, altro che poesia!), lui , lanterna Lucini, sicuramente un modello attivo per tutti coloro che da ogni parte si sono lamentati e lamentano il mostro della funzione finzione culturale ufficiale, con i suoi mezzi di produzione e distribuzione, per i suoi scopi di mutazione ormai raggiunti dall’homo sapiens all’homo appecora tanto a destra, in un modo quanto a (pseudo) sinistra in un altro o al centro etc etc.

    Il filo di seta di Gianmario o di Arianna ha scelto il fare parallelo ineludibile al pensare e all’essere; interrompere questo suo modello , aumenterebbe il senso della grande perdita. Mi auguro che come detto in precedente post, si organizzi la risposta alla richiesta di aiuto di Marina, grazie a tutti coloro che , competenti al fare insieme, possano rilegare i fili continuando il suo, di Gianmario, “antico” modello.

    —-

    “L’acqua del mare entra nella laguna e ne esce, ma non tutta, una parte resta dentro.”

  3. Al poeta

    Scrivi poesie?
    Allora sei poeta, dissero
    con il sorriso di sbieco
    di chi imbroglia

    Furono giorni accesi,
    al niente che rende muti

    Celebrarono la storia
    con un bicchier di vino.

    Il poeta scostatosi
    scrisse di una lotta
    senz’affari da proteggere

    scrisse della vita così com’è
    come la vorrebbe e se così non fosse
    imparare a farla.

    Emy

  4. Lo ricorderò questo novembre dei morti
    un mese grigio, triste, che s’impone misteriosamente
    malgrado non abbia quasi bellezza.
    Novembre, mese del pianto
    ultimo rimprovero e rabbia che si spegne nera
    come il fuoco quando muore.

  5. …c’è un aspetto di cui si è già parlato diffusamente in vari contesti ma che non si finirebbe mai di sottolineare. Si tratta della voglia di Giammario Lucini di rompere con i confini sia geografici che mentali.
    Mi riferisco alla sua capacità di immedesimarsi in culture diverse dalla sua, e nello stesso tempo portare ad esse nuova linfa. Per Lucini non vi sono linee da rispettare. Con lui non v’è “linea lombarda” o “piemontese” che tenga, e la riprova di questo la troviamo nell’ultimo suo libro “ Keffyieh – Intelligenze per la pace” nel quale
    ha raccolto le testimonianze poetiche di provenienza, la più diversa. Dalle regioni nostrane spaziando in Europa, America, si avventura fin dentro gli avamposti poetici del mediterraneo, senza dimenticare i poeti del Medio Oriente , forse tentando di far rinascere quel tessuto multietnico poeticoculturalepolitico dell’area mediterranea che si è perso con l’avanzare delle politiche di aggiustamento strutturale, la recrudescenza dei conflitti e delle guerre, le cosiddette rivoluzioni arancione ma anche con il disinteresse dei club privati della poesia verso questa parte del mondo poetico.
    Spesso Lucini si è calato in queste culture diventando oltre che un osservatore, un attivista nel campo dei diritti umani anche in zone off limit (vedi la Calabria della ndrangheta) prendendo iniziative insieme alle popolazioni locali e rischiando di suo. Cfr. “L’Impoetico mafioso” antologia tematica, “105 poeti per la legalità e la responsabilità sociale” .
    Tutta la vasta opera di Lucini è una testimonianza di come l’impegno politico possa diventare parte vitale dell’aspetto poetico. A questo proposito ripropongo qui un testo di Lucini “Elegia per il mare” . Lucini ci restituisce la nostra sozzura scaraventandola con la furia degli elementi. Con una abrasione virtuale ma emozionante, denuncia mentre cancella l’incubo e fa rivivere in uno scatto la poesia offuscata di Locri Epizephiri. enzo

    Elegia per il mare (di G. Lucini)

    Immagina una spiaggia slanciata verso sud
    a capo Bruzzano arcigno levarsi
    dalla spuma che fende la caligine del mare
    nel crepuscolo. Biancheggia all’arenile
    la sozzura venuta giù con l’amaro
    succo delle fiumare
    e che risputa il mare quando s’infuria
    sotto lo scirocco e il maestrale.

    Io vi passeggio, catturo immagini
    come potesse qualche scatto abradere
    questo scempio, ricondurlo all’origine
    farlo sparire, cancellarne l’incubo
    ritrovare l’arenile degli antichi Elleni
    che qui approdarono e chiamarono bellezza
    questa lingua di monti che sorge dal mare.
    Qui ritrovo le loro vestigia, le mura

    di Locri Epizephiri, i templi, le tombe
    coi vasi preziosi. Anche l’epoca nostra
    lascerà monumenti sotto la rena:
    grovigli carcasse, plastiche, cemento
    e d’ogni veleno e porcheria
    per le future leve dell’archeologia.

  6. …Li Yu che con la sua lanterna sfida le rive tormentose del grande fiume…
    “Keffyeh-intelligenze per la pace” un’esplosione invasione di poesie lucciole in territori bui oltre i confini…

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