SCRAP – BOOK DAL WEB: Gerusalemme ancora…

Gerusalemme1

Tre spunti  per non distrarsi dal caos del mondo

1. Attacco a una sinagoga, Israele scatena la caccia al palestinese
(dahttp://contropiano.org/internazionale/item/27594-attacco-a-una-sinagoga-israele-scatena-la-caccia-al-palestinese) • Martedì, 18 Novembre 2014 12:00 • Redazione Contropiano

Per ora è di 4 israeliani – tre dei quali anche cittadini statunitensi, uno era un esponente del partito sionista religioso “Shas” – uccisi e altri 8 gravemente feriti il bilancio dell’attacco compiuto questa mattina intorno alle 7 in una sinagoga di Har Nof, un sobborgo di Gerusalemme abitato in prevalenza da ebrei ortodossi. I due attentatori, Ghassan e Odai Abu Jamal, residenti nel quartiere palestinese di Jabal al Mubaker, hanno fatto irruzione all’interno della sinagoga ed hanno aperto il fuoco contro i presenti usando anche coltelli ed un’ascia. Entrambi gli assalitori sono stati immediatamente uccisi dalla polizia.
Ieri l’omicidio di un cittadino palestinese, l’autista di autobus Yusuf Hasan al-Ramouni trovato impiccato domenica sera ad una sbarra all’interno del suo mezzo fermo in una stazione, aveva provocato prima la rabbia della sua famiglia che ha da subito affermato di non credere alla versione ufficiale della polizia israeliana che parlava di suicidio, e poi manifestazioni in diverse zone della Cisgiordania sfociate in scontri con le forze di occupazione. Per familiari e manifestanti il giovane è stato assassinato da alcuni ebrei estremisti dopo esser stato picchiato.
Subito dopo l’annuncio della morte di al-Ramouni, scontri sono scoppiati nel quartiere dove risiedeva, ad Al-Tur, ed a Ras al-Amud e Abu Dis, quartiere di Gerusalemme Est separato dal resto della Cisgiordania dal muro dell’apartheid. La polizia israeliana ha naturalmente represso le manifestazioni con il lancio di lacrimogeni e granate stordenti. I funerali del conducente palestinese ucciso si sono svolti ieri sera a Gerusalemme Est, con la partecipazione di migliaia di persone.
Mentre il presidente palestinese Abu Mazen ha condannato ”l’uccisione dei fedeli ebrei a Gerusalemme e di altri civili ovunque essi siano” Hamas e Jihad Islamica hanno celebrato quello che hanno definito un atto di vendetta nei confronti dei crimini israeliani contro la popolazione palestinese.
Secondo alcune fonti il Fronte popolare per la liberazione della Palestina, organizzazione di ispirazione marxista, avrebbe rivendicato la paternità dell’attacco ma le conferme per ora mancano. Anche perché secondo alcune testimonianze i due attentatori prima di aprire il fuoco sui fedeli in preghiera avrebbero urlato Allah hu-Akbar», circostanza inconsueta visto il carattere laico e di sinistra del Fronte Popolare.
Nelle ultime settimane si sono moltiplicati gli attacchi da parte di palestinesi nei confronti di soldati, poliziotti e coloni israeliani investiti con automobili o mezzi da lavoro oppure accoltellati per la strada in quella che si configura ormai come una strategia inedita da parte di alcune organizzazioni palestinesi volta a terrorizzare gli occupanti israeliani nelle loro città e quartieri. Del resto i due cugini responsabili dell’attacco di questa mattina sarebbero entrambi cittadini israeliani.
Appaiono evidenti in queste ore la sorpresa e lo smarrimento delle autorità israeliane di fronte al nuovo fenomeno. Ad esempio del capo della Polizia, Yohannan Danino, che ammette che «si tratta di singoli che decidono di colpire spinto dall’incitamento all’odio e non c’è una soluzione semplice a questa minaccia».
Oggi il governo israeliano accusando la leadership palestinese di avere ‘le mani sporche di sangue ebraico’ ha scatenato una retata di massa contro attivisti palestinesi di diversi gruppi politici, a partire dalle famiglie dei due attentatori responsabili dell’attacco contro la sinagoga di Har Nof. Le forze di occupazione hanno assediato il quartiere di Jabel Mukaber facendo irruzione nelle case degli abitanti, assalto che ha scatenato la reazione di alcuni residenti che si sono scontrati con polizia ed esercito. Al lancio di pietre, le forze di occupazione israeliane hanno risposto con la forza, arrestando finora 9 palestinesi.

L’esasperazione tra la popolazione palestinese dei Territori occupati, vessata sempre di più da autorità e coloni, ha toccato livelli che non si vedevano da diversi anni. Tanto che pochi giorni fa uno dei leader palestinesi più popolari, Marwan Barghouti, dal carcere dove sta scontando i 5 ergastoli a cui Israele l’ha condannato, ha lanciato un appello alla popolazione palestinese affinché scateni una Terza intifada, anche armata, contro gli occupanti.

 

 

2. Gerusalemme centro del conflitto
di Janiki Cingoli
(da:http://www.cipmo.org/editoriale/2014/gerusalemme-centro-conflitto.html)

Il sanguinoso attacco nella Sinagoga di Gerusalemme è stato il culmine di una spirale di incidenti che si sono sviluppati nella Città Santa, a partire dall’assassinio del giovane sedicenne palestinese ucciso e bruciato vivo da oltranzisti ebrei come reazione al rapimento e all’uccisione dei tre giovani coloni israeliani vicino a Hebron, nello scorso luglio. Poi era esploso il conflitto a Gaza, con le sue vittime e i suoi danni enormi, che hanno colpito più profondamente la popolazione della Striscia, pur non risparmiando la parte israeliana.
Questo continuo riaccendersi della spirale della violenza e del sangue non scaturisce dal nulla, ma fa seguito al collasso dell’Iniziativa del Segretario USA John Kerry, conclusasi a fine aprile provocando il crollo del processo di pace israelo-palestinese e la sostanziale ritirata degli Stati Uniti da quel teatro di crisi.
Pure, dopo la proclamazione della tregua a Gaza, si erano susseguite alcune notizie positive, che avevano fatto sperare per uno sviluppo positivo: l’accordo tra Israele, Autorità Nazionale Palestinese e ONU di metà settembre, che prevedeva la presenza di rappresentanti della ANP (Autorità Nazionale Palestinese) alla frontiera, operanti in stretto raccordo con rappresentanti dell’ONU, per evitare che i materiali da costruzione importati possano essere dirottati a fini bellici; subito dopo, l’accordo tra ANP e Hamas, propiziato dall’Egitto, per il ritorno della ANP a Gaza, con la presa di controllo dei valichi di frontiera; ancora, la riunione del Governo di Unità palestinese a Gaza, con il consenso di Israele che ha permesso che i Ministri provenienti dalla Cisgiordania passassero dal valico israeliano di Erez per raggiungere la Striscia;
Infine, la Conferenza dei donatori, svoltasi al Cairo il 12 ottobre, che ha assicurato finanziamenti per 5,4 miliardi di dollari (solo la metà tuttavia destinata a Gaza), rispetto ai 4 che erano stati richiesti dall’Autorità Palestinese. Occorrerà naturalmente vedere se alle promesse seguiranno i fatti, come l’esperienza passata largamente insegna, ma certo la mobilitazione è sembrata imponente.
Ma il management del conflitto non basta, se manca una prospettiva di soluzione. Le speranze di ritorno alla normalità si sono presto infrante di fronte alla continua escalation di tumulti e di scontri che ha avuto per suo epicentro Gerusalemme, ed in particolare la Spianata delle Moschee e l’intero “Holy Basin” nella Città Vecchia. I continui annunci di nuovi interventi abitativi a Gerusalemme Est da parte del Governo israeliano hanno certamente contribuito ad alimentare la tensione. A questo si sono aggiunte le iniziative provocatorie da parte di esponenti della estrema destra ebraica, interna ed esterna al Likud, compresi autorevoli membri del governo, volte a modificare lo Status quo esistente tra le diverse religioni.
Da queste iniziative sono scaturiti scontri con la polizia israeliana, che hanno causato morti e feriti tra i dimostranti palestinesi. Anche se il Governo in quanto tale ha ribadito di voler conservare inalterato lo Status quo, tutto ciò ha creato allarme nella parte araba della popolazione, ed anche a livello internazionale, tanto che per protesta la Giordania è giunta ad annunciare il ritiro dell’Ambasciatore.
A questi episodi ha fatto da contrappunto un crescendo di atti di aggressione contro cittadini della parte ebraica, con il tentato omicidio di un esponente della estrema destra israeliana, Yehuda Glick, (un aderente della setta del “Terzo Tempio, che vorrebbe spianare le moschee per ricostruire il “terzo tempio” dopo quello di Re Salomone distrutto dai Romani) e ripetute aggressioni mortali contro i passanti, per mezzo di automobili (la “car intifada”) o con accoltellamenti. Ed ora l’assalto alla Sinagoga di Gerusalemme.
All’origine di questi episodi vi sono sia situazioni individuali di frustrazione ed esasperazione, dovute alla cadute della speranza in una soluzione pacifica del conflitto; sia l’istigazione delle organizzazioni islamiche più estreme, come Jiad Islamico o lo stesso Hamas, in concorrenza con Fatah e con l’Autorità Nazionale Palestinese per estendere la loro influenza su Gerusalemme e sulla stessa Cisgiordania; sia lo stesso esempio di ISIS, che in una situazione ritenuta priva di prospettive può certo fare facilmente presa.
Va detto, infine, che gli scontri e le aggressioni, inizialmente concentrate su Gerusalemme, si sono venuti gradualmente estendendo alla Cisgiordania, in particolare a Hebron, e soprattutto nel nord di Israele, dove è concentrata la parte araba della popolazione del paese.
Si sta creando un vicolo cieco, e non a caso in Israele si comincia a riparlare di elezioni anticipate, causate dalle sempre più profonde divisioni tra i partner di governo, ma anche dal tentativo di Netanyahu di far leva sul clima di tensione e di paura per riunificare intorno a sé l’elettorato di destra e di centro.
In questo contesto, l’isolamento internazionale di Israele continua a crescere, la Svezia ha riconosciuto lo Stato palestinese, il Parlamento inglese ha votato a favore del riconoscimento, quello francese si appresta a farlo, forse seguito dalla Spagna. E a livello Europeo si torna a parlare di possibili strumenti di pressione, a cominciare dall’etichettatura dei prodotti provenienti dagli insediamenti, anche se il nuovo Alto Rappresentante di Politica Estera della UE, Federica Mogherini, ha per il momento escluso questa ipotesi, annunciando una possibile iniziativa congiunta con i paesi arabi moderati.
Questa analisi è stata pubblicata su The Huffington Post

3. Israele a una svolta
di Piero Laporta
(da: http://www.pierolaporta.it/israele-cambia-cammello/)

Fino a venti anni fa si poteva accusare buona parte della classe dirigente di Israele di essere collaterale ai gruppi di potere finanziario che fanno tuttora la differenza nella City come a Wall Street nel mercato petrolifero e finanziario. I Rothschild, i Soros, i Goldman & Sachs sono stati abilissimi, almeno fino alla caduta del Muro di Berlino, seguita dalla disgregazione dell’Unione sovietica, e fino alla metà degli anni ’90, a dissimulare i propri interessi dietro una quantità di cortine fumogene, la più sanguinosa delle quali è stata la contrapposizione fra Israele e Olp, quanto mai utile a orientare le speculazioni finanziarie mentre il barile oscillava verso l’alto. Da qui a tenere in vita la classica immagine mercantile e speculativa, cucita addosso all’ebreo, il passo è stato breve.
Chi ne dubiti rammenti la guerra dello Yom Kippur del 1973, una sceneggiata con morti veri, poveri soldati egiziani e israeliani sacrificati per agganciare il dollaro – sganciatosi dall’oro due anni prima – al costo del greggio. Da quel momento è stata la catastrofe: il dollaro si valuta solo con la guerra, un destino che marcia verso il baratro.
Israele ha cominciato intorno al 2000 a comprendere che doveva prendere le distanze da questo sistema e dagli ambienti ebraici statunitensi, quelli che poi l’avrebbero tradita, favorendo l’ascesa di Hussein Barak Obama, nemico di Gerusalemme e di Roma.
Uno dei punti di svolta fu il 14 agosto 2005, quando il governo israeliano ordinò l’evacuazione della popolazione israeliana dalla Striscia di Gaza e lo smantellamento delle colonie che vi erano state costruite sin dal 1967, dopo la guerra dei Sei Giorni. L’operazione “Mano tesa ai fratelli” aveva lo scopo di stabilire una collaborazione con i palestinesi della Striscia, sulla quale Israele aveva intenzione di investire cifre enormi, a partire dalle tecnologie alimentari.
Lo sgombero dei coloni israeliani non fu né agevole né indolore, ma perfettamente eseguito e controllato. Entro la fine di agosto 40.000 militari e poliziotti israeliani sgomberarono la Striscia da ogni insediamento israeliano.
Per aiutare l’economia di Gaza, Israele donò ai palestinesi le sue 3.000 serre che producevano frutta e fiori per l’esportazione. Aprì i valichi di frontiera e incoraggiò il commercio. Il disegno era duplice. Innanzi tutto togliere un alibi al terrorismo che vi allignava. Il secondo altrettanto importante era sperimentare e stabilire la convivenza pacifica e cooperosa fra due Stati, produttivamente, fianco a fianco.
Israele smantellò contemporaneamente quattro insediamenti nel nord della Cisgiordania. Era il segnale che Israele voleva lasciare anche la Cisgiordania e quindi giungere alla convivenza fra due Stati. Accadeva nove anni fa. I palestinesi di Gaza ricevettero dagli israeliani quanto nessun dominio precedente, né egiziano, né inglese, né turco, dette mai loro: un territorio indipendente. La Cisgiordania avrebbe potuto avere la stessa sorte. Non poté accadere nulla di tutto questo.
Le serre di Gaza furono demolite, ogni cooperazione impedita da Hamas che vinse le elezioni, mentre Washington e Londra osservavano apparentemente indifferenti.
Il processo di pace è fallito ma Israele non può sottostare ai ricatti che l’hanno portata in guerra sinora
Il dominio di Hamas sulla Striscia significò una dittatura piena e incontrollata sulla popolazione civile, prigioniera in un’enorme base militare, missilistica e terroristica, utile a innescare i conflitti e ricattare tutto il mondo, specie quando il greggio tende a scendere oltre il consentito per gli speculatori di Londra, Parigi e Washington.
Dalla prima guerra di indipendenza del 1948, seguita dalle ulteriori dell’ottobre-novembre 1956, del giugno 1967 e dell’ottobre 1973, oltre alle Intifade, l’immagine del “Davide di Israele” è trascolorata in quella di un Golia prepotente e guerrafondaio. A costruire il mostro non poco hanno contribuito le stesse cerchie ebraico finanziarie, attraverso i propri broadcast. Anche in Italia abbiamo luminosi esempi di giornalisti ebrei che sono stati o sono tuttora impegnati in questo gioco oscuro, in Rai, in Mediaset e ne La7. Chi ne dubiti rilegga le cronache degli attacchi missilistici da Gaza su Israele della scorsa estate.
Anche se nessuno può dirlo ufficialmente, il processo di pace fra Israele e la Palestina è fallito. Non si può trattare con chi da sessanta anni rifiuta di riconoscere lo Stato di Israele e anzi ne teorizza la distruzione. Il processo di pace è fallito ma Israele non può sottostare ai ricatti che l’hanno portata in guerra sinora. Deve dunque fare una scelta fra le vecchie amicizie oltre Atlantico e le nuove che si parano a Mosca e, attraverso Putin, incredibili dictu, persino a Damasco e chissà dove ancora. Sono sempre di più in Israele quelli convinti che occorra cambiare cammello per non fare la fine di Golia e neppure quella di Sansone. Era quest’ultimo il destino riservatole da quel funzionario deluso, rabbioso e insultante con Netanyahu.

60 pensieri su “SCRAP – BOOK DAL WEB: Gerusalemme ancora…

  1. Grossman: “Siamo sull’orlo del precipizio. Ormai il conflitto è diventato tribale”
    (Da http://www.repubblica.it/esteri/2014/11/19/news/grossman_siamo_sull_orlo_del_precipizio_ormai_il_conflitto_diventato_tribale-100904584/?ref=HREC1-5)

    Oltre alla evidente responsabilità dei due attentatori, lei ritiene che ci siano anche responsabilità politiche nell’accaduto?

    “Sì, ritengo che una grande responsabilità di questi assassinii, da una parte e dall’altra, pesi sulle spalle di coloro che non hanno fatto praticamente nulla per cambiare la situazione, o, nel migliore dei casi, hanno fatto molto poco: coloro che parlano solo e soltanto con il linguaggio della forza, coloro che non fanno altro che far crescere la piena dell’odio fra i due popoli, coloro che, in definitiva, disperano a priori e portano alla disperazione il proprio popolo, negando ogni possibilità di arrivare ad un accordo. Costoro condannano i loro compatrioti ad azioni dettate dalla disperazio- ne e dall’odio. Né Abu Mazen né Netanyahu sono responsabili della catena di assassini degli ultimi tempi e certamente nessuno dei due li ha voluti, ma la loro inazione e la loro mancanza di sforzi porta a questa situazione. Il fatto stesso che già da molti mesi, per non parlare degli ultimi 47 anni, non sono stati fatti seri tentativi di risoluzione della situazione, porta ad una escalation della stessa”.
    […]

    È in arrivo una Terza Intifada?

    “Da persona che è nata qui e vive qui già da molti anni, conosco molto bene i meccanismi della violenza, come sia facile scatenarla e quanto sia difficile quietarla. La tradizione ebraica, come ha ripetuto il rabbino capo di Israele, vieta agli ebrei l’ascesa al Monte del Tempio, dove oggi sorgono le Moschee. Nel rispetto di questa tradizione, che non è una legge dello Stato, ma un precetto religioso accettato dagli ebrei di ogni generazione sin dalla distruzione del Tempio nel 70 d. C., si è venuto a creare uno status quo che è stato rispettato anche dai governi dello Stato d’Israele. Ariel Sharon, con la sua “passeggiata” provocatoria nel 2000, ha scatenato la seconda Intifada. Oggi vediamo che nuovamente esponenti politici di destra salire sulla Spianata, nel preciso intento di creare una provocazione. Si tratta di un atteggiamento bellicoso, irresponsabile e pericoloso, che può soltanto aggravare una situazione già di per sé esplosiva e portarci sull’orlo del precipizio”.

  2. Vedo che l’amico Ennio Abate non ha perso il vizio di voler capire sì, ma con un orecchio solo e con un occhio solo, e poiché sono certo che qui dentro nessuno si prenderà la briga di studiare e verificare il contenuto degli articoli da lui pubblicati lo faccio io, pur sapendo che in risposta otterrò solo un appello alle emozioni, la commozioni per i bambini morti e la malafede contro gli intellettuali.
    Se sembro amareggiato è perché lo sono.

    Attacco a una sinagoga, Israele scatena la caccia al palestinese
    Redazione Contropiano

    Dove si comprende come anche i titoli svolgano il loro ruolo.
    Quello palestinese è un “attacco”, lessico militare, le azioni israeliane sono “caccia al palestinese”, con assonanze a un intento di eliminazione di ogni/qualsiasi palestinese.

    Per ora è di 4 israeliani – tre dei quali anche cittadini statunitensi, uno era un esponente del partito sionista religioso “Shas” – uccisi e altri 8 gravemente feriti il bilancio dell’attacco compiuto questa mattina intorno alle 7 in una sinagoga di Har Nof…

    Dove l’inciso apparentemente neutro diminuisce la colpa.
    Quale senso ha umanamente, o giornalisticamente o politicamente, rimarcare che uno degli ebrei uccisi nella sinagoga fosse un “esponente del partito sionista religioso Shas”? È una colpa che merita la morte? Se l’essere un esponente di un partito religioso che pensa, o sogna sarebbe meglio dire, una Gerusalemme ebraica è una ragione valida per essere ucciso, quanti palestinesi e arabi dovrebbe essere uccisi per sognare la stessa identica cosa solo rivoltata al contrario?

    Entrambi gli assalitori sono stati immediatamente uccisi dalla polizia.

    Dove si dimostra che anche i dati sono discutibili.
    No, ne è seguito uno scontro a fuoco, dove un poliziotto israeliano è rimasto gravemente ferito ed è poi deceduto.

    Ieri l’omicidio di un cittadino palestinese, l’autista di autobus Yusuf Hasan al-Ramouni trovato impiccato domenica sera ad una sbarra all’interno del suo mezzo fermo in una stazione, aveva provocato prima la rabbia della sua famiglia che ha da subito affermato di non credere alla versione ufficiale della polizia israeliana che parlava di suicidio

    Dove si dimostra che se si inizia bene poi tutto il resto è facile.
    Il paragrafo inizia con l’indicativo presente: “omicidio di un cittadino palestinese” e solo dopo rivela che in realtà secondo l’autopsia effettuata si tratterebbe di suicidio. Vogliamo mettere in discussione l’autopsia? Benissimo, è possibile che le autorità israeliane mentano, facciamolo. Ma è anche possibile che mentano i parenti del morto. Perché decidere a priori che si tratta di “assassinio”? Certo, poi si chiarisce che la tesi dell’omicidio è quella sostenuta dai parenti del morto, ma a scanso di equivoci a conclusione del paragrafo si parla nuovamente di “conducente palestinese ucciso”.

    Nelle ultime settimane si sono moltiplicati gli attacchi da parte di palestinesi nei confronti di soldati, poliziotti e coloni israeliani investiti con automobili o mezzi da lavoro oppure accoltellati per la strada in quella che si configura ormai come una strategia inedita da parte di alcune organizzazioni palestinesi volta a terrorizzare gli occupanti israeliani nelle loro città e quartieri.

    Dove si dimostra di fare confusione volontariamente.
    No, le vittime degli attentati palestinesi non sono “soldati, poliziotti e coloni”, ma civili, tra i quali bambini, ragazze e rabbini. Non sono affatto militari, dunque, gli obiettivi degli attacchi, e non si può ricondurre gli attacchi stessi a legittimi atti contro forze militari di occupazione.
    La perla è poi aver messo nella lista degli obiettivi “leciti” i “coloni”, come se gli accordi per il cessate il fuoco dopo la Guerra dei sei giorni prevedessero che nessuna nuova abitazione dovesse essere costruita da Israele in Gerusalemme. Certo, alcuni dei nuovi insediamenti sorgono su territori che sarebbero stati assegnati al futuro Stato palestinese, se si fosse giunti a un accordo tra le parti definitivo, ma altri no, e non è affatto un crimine passabile di pena di morte essere un colono. Così come non è e non dovrebbe essere un crimine passabile di fucilazione essere un palestinese a Gaza o in qualunque altro posto.

    Oggi il governo israeliano accusando la leadership palestinese di avere ‘le mani sporche di sangue ebraico’ ha scatenato una retata di massa contro attivisti palestinesi di diversi gruppi politici.

    Dove si dimostra che qualunque cosa va male.
    Cosa avrebbe dovuto fare il governo di Israele (per il quale, sia detto per inciso, io non ho alcuna simpatia) dopo l’assalto a mano armata a una sinagoga? Come chiunque altri avrebbe fatto è andato a cercare quelli che potrebbero essere i responsabili dell’azione. Ma naturalmente l’articolo parla di “scatenare retate di massa”, giusto per far capire che qualunque cosa avesse fatto Israele, tranne il non far nulla, sarebbe stata ascritta a sua colpa.

    Marwan Barghouti, dal carcere dove sta scontando i 5 ergastoli a cui Israele l’ha condannato, ha lanciato un appello alla popolazione palestinese affinché scateni una Terza intifada, anche armata, contro gli occupanti.

    Dove si dimostra che nessun ebreo è mai vissuto lì.
    Vero, è stato Marwan Barghouti a chiamare gli israeliani “occupanti”, tutti indistintamente. Ma perché il buon giornalista non si è preoccupato neanche di inserire un mite “quelli che lui chiama” tra l’appello alla lotta armata e il nemico indicato?

    Gerusalemme centro del conflitto
    di Janiki Cingoli

    Il sanguinoso attacco nella Sinagoga di Gerusalemme è stato il culmine di una spirale di incidenti che si sono sviluppati nella Città Santa, a partire dall’assassinio del giovane sedicenne palestinese ucciso e bruciato vivo da oltranzisti ebrei come reazione al rapimento e all’uccisione dei tre giovani coloni israeliani vicino a Hebron, nello scorso luglio.

    La scelta dell’inizio è cruciale, tutto le cose pessime, cito a memoria il filosofo, hanno il vizio dell’origine. Qui, naturalmente, tutto inizia con l’assassinio di un palestinese e, grazie alla consecutio temporum che l’italiano eredita dal latino, si riesce nell’impresa di dire che tutto è iniziato a partire dall’assassinio del giovane palestinese come reazione al rapimento; se la logica non fosse un accessorio non necessario alla propaganda forse si sarebbe dovuto scrivere che tutto iniziò con il rapimento e l’assassinio di tre giovani ebrei…
    Altrettanto naturalmente gli attacchi contro civili israeliani sono “incidenti”, proprio come gli sgherri di Netanyahu scrivevano che i morti a Gaza fossero solo “incidenti” di una operazione militare per altro giusta e corretta.

    L’accordo tra Israele, Autorità Nazionale Palestinese e ONU di metà settembre, che prevedeva la presenza di rappresentanti della ANP alla frontiera, operanti in stretto raccordo con rappresentanti dell’ONU, per evitare che i materiali da costruzione importati possano essere dirottati a fini bellici…

    Ma come, per mesi si è detto e scritto da per tutto che l’operazione israeliana a Gaza era tutto tranne che una guerra – semmai un “massacro” – e adesso l’utilizzo di risorse e fondi destinati alla popolazione palestinesi per approvvigionamenti militari e altro, denunciato dallo storico Istituto per la storia della Palestina, diventa un fine bellico?

    Infine, la Conferenza dei donatori, svoltasi al Cairo il 12 ottobre, che ha assicurato finanziamenti per 5,4 miliardi di dollari (solo la metà tuttavia destinata a Gaza), rispetto ai 4 che erano stati richiesti dall’Autorità Palestinese. Occorrerà naturalmente vedere se alle promesse seguiranno i fatti, come l’esperienza passata largamente insegna, ma certo la mobilitazione è sembrata imponente.

    Dunque allora quanto ci veniva ripetuto incessantemente, e cioè che i palestinesi erano soli, che nessuno si occupava di loro, che tutti i mezzi di comunicazione li trascuravano cinicamente, non era vero se la mobilitazione è imponente…

    I continui annunci di nuovi interventi abitativi a Gerusalemme Est da parte del Governo israeliano hanno certamente contribuito ad alimentare la tensione. A questo si sono aggiunte le iniziative provocatorie da parte di esponenti della estrema destra ebraica, interna ed esterna al Likud, compresi autorevoli membri del governo, volte a modificare lo Status quo esistente tra le diverse religioni.

    Mi tocca ripetermi, quali provocazioni? Il Monte del tempio, che in tempi recenti, dopo la conquista araba, ha preso il nome di Spianata delle Moschee, era il luogo dove sorgeva il tempio degli ebrei, nella capitale del regno degli ebrei, Gerusalemme, secoli prima che qualunque arabo arrivasse in quei posti. Il Tempio fu distrutto dai romani e gli arabi, quando conquistarono Gerusalemme, lo dichiararono sacro per i tanti morti che la sua presa era costata, costruendo, come quasi sempre è accaduto nel corso della conquista araba, una moschea al posto di quel che c’era prima. Presente Hagia Sofia? E comunque, la Spianata delle moschee è, in pieno rispetto della risoluzione Onu sul cessate il fuoco seguito alla Guerra dei sei giorni, affidata alla Giordania. Nessun ebreo può accedervi o pregare, se non nella minuscola parte denominata Muro occidentale, e i turisti ammessi a visitare le moschee sono controllati dalla polizia giordana. Israele si è solo riservata l’autorità di sospendere l’accesso al sito, all’intero sito, per gravi questioni di sicurezza, e comunque senza mai entrare nell’area delle moschee. E storicamente simili sospensioni sono state poche e per periodi brevissima, compresa l’ultima che ha visto l’accesso per la preghiera del venerdì regolarmente ripristinato. Quali accidenti sarebbero queste terribili provocazioni?

    A questi episodi ha fatto da contrappunto un crescendo di atti di aggressione contro cittadini della parte ebraica, con il tentato omicidio di un esponente della estrema destra israeliana, Yehuda Glick, (un aderente della setta del “Terzo Tempio, che vorrebbe spianare le moschee per ricostruire il “terzo tempio” dopo quello di Re Salomone distrutto dai Romani) e ripetute aggressioni mortali contro i passanti, per mezzo di automobili (la “car intifada”) o con accoltellamenti. Ed ora l’assalto alla Sinagoga di Gerusalemme.

    Qualunque cosa faccia Hamas è sempre una risposta, un “contrappunto”, la responsabilità originale è comunque degli Israeliani. E di nuovo qui si specifica come Yehuda Glick fosse un aderente alla setta (sigh…) che vorrebbe spianare le moschee, etc… ebbene: non c’è nessun palestinese che vorrebbe spianare Israele per intero? Questo significa che allora, essendo un estremista di una “setta” va ucciso il venerdì mentre prega?

    All’origine di questi episodi vi sono sia situazioni individuali di frustrazione ed esasperazione, dovute alla cadute della speranza in una soluzione pacifica del conflitto; sia l’istigazione delle organizzazioni islamiche più estreme, come Jiad Islamico o lo stesso Hamas.

    Nell’unico capoverso che apparentemente attribuisce responsabilità di quel che sta accadendo anche alla dirigenza palestinese, si compie l’errore più grave: non sono i sessant’anni di storia e gli errori commessi e l’illusione di essere invincibili e lo sfruttamento della mano d’opera palestinese a basso costo e la struttura feudale dell’impero ottomano, o quel che diavolo volete a aver condotto a questa situazione catastrofica, no sono la “frustrazione” e la “istigazione”. E con questo la storia, come vorrebbero tutti i potenti, è azzerata.

    Israele a una svolta
    di Piero Laporta

    I Rothschild, i Soros, i Goldman & Sachs sono stati abilissimi, almeno fino alla caduta del Muro di Berlino […] a dissimulare i propri interessi dietro una quantità di cortine fumogene, la più sanguinosa delle quali è stata la contrapposizione fra Israele e Olp, quanto mai utile a orientare le speculazioni finanziarie mentre il barile oscillava verso l’alto.

    È un peccato che il copyright sul Protocollo dei Savi di Sion sia oramai scaduto, altrimenti Laporta potrebbe fare un bel po’ di soldi. Il complotto nella sua mente quale è stato? Soros ha finanziato gli stati arabi nel 1967 perché dichiarassero guerra a Israele? Rotschild ha convinto gli stati arabi a rifiutare la risoluzione 181 dell’Onu? La Goldman&Sachs organizzò lo sterminio dei palestinesi in Giordania o la macabra tragedia di Sabra e Chatila? Quali sono le prove, ma che dico “prove” la semplice possibilità che i cattivi ebrei speculatori abbiano potuto indirizzare la storia?

    Chi ne dubiti rammenti la guerra dello Yom Kippur del 1973, una sceneggiata con morti veri, poveri soldati egiziani e israeliani sacrificati per agganciare il dollaro – sganciatosi dall’oro due anni prima – al costo del greggio.

    Vero, nel 1971 gli Usa annunciano la fine delle convertibilità della divisa statunitense in oro (cosa voglia dire “essere agganciati”, me lo si deve spiegare…), ma non ne segue un “agganciamento” del dollaro al costo del greggio, semmai l’esatto contrario: nel mercato internazionale le fluttuazione del barile di greggio si esprimono in dollari. Ma di nuovo qui: i perfidi ebrei della City londinese convinsero Egitto e Siria a lanciare un attacco militare a sorpresa contro Israele per far alzare il prezzo del petrolio? Erano alleati di Arabia Saudita e sultanati vari del Golfo persico? Il Venezuela gongolava? Ma che razza di storia ha in mente Laporta?

    Israele ha cominciato intorno al 2000 a comprendere che doveva prendere le distanze da questo sistema e dagli ambienti ebraici statunitensi, quelli che poi l’avrebbero tradita, favorendo l’ascesa di Hussein Barak Obama, nemico di Gerusalemme e di Roma.

    Certo, non fu la prima volta che i neri decisero che forse, forse, valeva la pena di iscriversi alle liste elettorali e votare (i teorici dei complotti scordano sempre di dare un’occhiata alla realtà) a far eleggere Barak Obama, ma la lobby ebraica di Washington…

    Ma basta. Questa miserevole disamina disgusta persino me stesso che, non volentieri, la scrivo.
    La verità è che ci sono precise domande politiche alla quali bisogna rispondere, pena l’essere radioline dell’una parte o dell’altra, e si tratta di “parti” che sono in gran parte finzioni.
    Così come alla domanda se l’operazione Margine difensivo avesse alcun senso io, e molti altri intellettuali e non intellettuali, ebrei e non ebrei, abbiamo risposto che no, non ne aveva alcuno, che era sproporzionata e crudele e che mai avrebbe portato a una pace accettabile né per gli israeliani né per i palestinesi, allo stesso modo oggi gli “amici” del popolo di Palestina devono rispondere alla domanda: assassinare civili israeliani serve a difendere i palestinesi? Fa bene Hamas a rivendicare e esultare? È una strada che condurrà a una risoluzione più giusta, o diciamo la migliore possibile, per i due popoli? La celebrazione dei “martiri” palestinesi avvicina o allontana la giustizia?
    Non potere o non volere rispondere a queste domande è un errore e una colpa politici, il che è come dire un errore e una colpa del genere di quelli che non potranno essere perdonati.

  3. @ Partesana

    “L’amico Ennio” non vuol capire “con un orecchio solo e con un occhio solo”. Lo dimostra il fatto che apre una discussione, nella quale altri che, eventualmente, hanno due orecchie e due occhi possono dire, smentire, correggere gli * spunti* proposti.
    Che sono quelli che sono. Non a caso la rubrica è intitolata “Scrap-bok dal Web”. E da lì che attingo le notizie o i commenti su cui invito a ragionare gli altri, non avendo fonti riservate che me ne forniscono di migliori o più illuminanti.
    “L’amico Ennio” è amareggiato quanto e forse più di Ezio per quello che accade a Gerusalemme. E ha avuto già modo di scrivergli: “Non ci divide la pietà verso i morti dell’una o dell’altra parte. E’ che non si vede più chi possa fermare quelle mani che continuano a colpire. Il più forte (e per me resta Israele) dovrebbe usare la sua forza per una soluzione politica, ma non lo fa o non riesce a farlo.”.
    Quindi, per favore, nessuna confusione tra le posizioni di chi critica Israele per quel che fa o non fa e chi esaltasse queste uccisioni di civili.
    Mi pare, infine, contraddittorio ( e spiegabile solo con l’amarezza o con un atteggiamento troppo prevenuto) impegnarsi a discutere su questo sito dicendosi “certo che qui dentro nessuno si prenderà la briga di studiare e verificare il contenuto degli articoli” da me proposti e sapendo che in risposta si otterrà “solo un appello alle emozioni, la commozioni per i bambini morti e la malafede contro gli intellettuali.”

    Nota.
    Come amministratore ho inserito grassetti e corsivi per distinguerei brani citati dagli articoli proposti dal commento di Partesana.
    Se altri dovessero inserire commenti in cui c’è bisogno di tali interventi grafici, vi prego di avvertirmi. [E.A.]

    1. Lei vede una parte immensamente votata alla pace? Nel caso lo dica, per favore, perché nessun altro di noi qui la trova…

  4. Sterminii occidentali paralleli , da una sponda all’altra del mediterraneo, molto diversi, sempre uguali e molto molto “Liquidi”.

    E’ così potrei titolare la lettura successiva che propongo o segnalo, ovvero “dal problema casa della nostra colonia, a quello di altre colonie e altri cementi” : ciò che ha seppellito e alluvionato il nostro paese , è anche ciò che più manca a milioni di diseredati e, se c’è, è meglio demolirla, non perché abbia provocato un disastro idrogeologico, ma perché occorre costruire dalla violenza, violenza su violena. Paradossi globali. Per cui, addirittura , se voglio allargarmi con il mio cemento, culturale, ma anche armato, ma anche diversamente armato, posso trarre tutto il vantaggio che voglio da questa o quella violenza, ovviamente a senso unico, solo e unciamente “palestinese” . Il mondo degli affari, del loro spazio “vitale”, dei relativi mattoncini, ringrazia , morto su morto, la capacità del suo “sviluppo”. ciao.rò

    —–

    Benya­min Neta­nyahu ieri ha visi­tato un nuovo comando di poli­zia a Geru­sa­lemme, dove ope­rano unità spe­ciali inca­ri­cate di moni­to­rare ogni punto e ogni movi­mento nella zona araba della città. Tra strette di mano e le spie­ga­zioni del sin­daco Nir Bar­kat, il pre­mier israe­liano ha riba­dito la linea dura annun­ciata l’altra sera dopo l’attentato com­piuto da due pale­sti­nesi nella sina­goga di Har Nof in cui sono stati uccisi quat­tro rab­bini e un agente di poli­zia (Zidan Seif di ori­gine drusa, sepolto ieri). «Que­sta mat­tina abbiamo demo­lito (a Sil­wan) la casa di un ter­ro­ri­sta – ha detto Neta­nyahu, in rife­ri­mento all’abitazione di Abdel Rah­man Sha­ludi, accu­sato di aver ucciso inten­zio­nal­mente con la sua auto una bimba e una donna lo scorso 22 otto­bre. «Ci saranno altre demo­li­zioni di case — ha avver­tito — Siamo deter­mi­nati a ripor­tare la sicu­rezza a Gerusalemme…Non tol­le­re­remo attac­chi ai nostri cittadini».

    Non si cono­scono tutte le misure che il governo Neta­nyahu sta adot­tando o adot­terà per met­tere fine a quella che, più gli israe­liani che i pale­sti­nesi, chia­mano “l’Intifada di Geru­sa­lemme”. La demo­li­zione di case appare un pila­stro di que­sta stra­te­gia di puni­zione col­let­tiva, che risale ai tempi del Man­dato bri­tan­nico sulla Pale­stina (ndr Ennio, se puoi e lo ritiene come me opportuno, metti il neretto o evidenza a questa ripetizione storica).

    Gli inglesi pen­sa­rono, attra­verso la distru­zione delle abi­ta­zioni, la deten­zione senza pro­cesso e prov­ve­di­menti simili di poter spe­gnere l’ansia di auto­de­ter­mi­na­zione delle popo­la­zioni locali. Alcune di quelle misure sono state assor­bite dall’ordinamento mili­tare israe­liano in vigore in Cisgior­da­nia e sono state la base degli ordini di demo­li­zione che di recente sono stati con­se­gnati a cin­que fami­glie pale­sti­nesi nel nord del vil­lag­gio di Hajja (Qal­qi­liya). Non per motivi di sicu­rezza in quel caso ma per ille­ga­lità degli edi­fici costruiti senza i per­messi edi­lizi. Per­messi che le auto­rità mili­tari israe­liane rila­sciano con il con­ta­gocce nell’area C (il 60% della Cisgior­da­nia) sotto il loro pieno con­trollo. Nel 2014 Israele ha demo­lito almeno 543 case ed edi­fici pale­sti­nesi in Cisgior­da­nia secondo i dati rac­colti delle Nazioni Unite. Almeno 27.000 costru­zioni pale­sti­nesi sono state demo­lite da Israele dal 1967. Geru­sa­lemme Est non è stata immune dalla distru­zione di case costruite senza per­messo. Ora però si parla di demo­li­zioni siste­ma­ti­che delle case dove vivono o vive­vano i pale­sti­nesi respon­sa­bili di attac­chi con­tro cit­ta­dini israe­liani. Una puni­zione che col­pi­sce soprat­tutto i i loro parenti.

    Con­tro que­ste misure puni­tive, come la demo­li­zione delle case, si è espresso di recente anche il cen­tro israe­liano per i diritti umani, Betse­lem. Ciò men­tre il comune di Geru­sa­lemme ha appro­vato un pro­getto per la costru­zione di 78 case nelle colo­nie israe­liane nella parte araba della città: 50 ad Har Homa e 28 a Ramot. Una deci­sione che, per il por­ta­voce della pre­si­denza pale­sti­nese, Nabil Abu Rudeina, causa nuove ten­sioni e spinge verso un’ulteriore escalation.

    Misure sem­pre più pesanti a Geru­sa­lemme Est sono invo­cate da più parti. Naf­tali Ben­nett, mini­stro dell’economia e lea­der dei reli­giosi nazio­na­li­sti che popo­lano le colo­nie israe­liane, vuole un’operazione mili­tare nella zona araba della città santa. Ope­ra­zione che, ha spie­gato alla radio mili­tare, dovrebbe ispi­rarsi a quella duris­sima con­dotta nel 2002 in Cisgior­da­nia, durante la seconda Inti­fada.

    Arye Bibi, ex capo della poli­zia a Geru­sa­lemme, ha spie­gato al gior­nale online The Jeru­sa­lem Times, che la solu­zione non sta nel raf­for­zare le misure di sicu­rezza nella zona ebraica della città ma nel man­dare ingenti forze di poli­zia a Geru­sa­lemme Est, alle­stendo posti di blocco e anche con fre­quenti visite degli ispet­tori del fisco nei quar­tieri pale­sti­nesi. Non solo. Arye Bibi chiede, oltre alla demo­li­zione delle case, che siano espulsi da Geru­sa­lemme e depor­tati in Cisgior­da­nia le fami­glie dei respon­sa­bili degli attacchi.

    Sug­ge­ri­menti in parte già accolti. Oltre ai nuovi reparti della guar­dia di fron­tiera, a pat­tu­gliare le strade di Geru­sa­lemme Est ci saranno anche i com­mando dell’unità spe­ciale della Marina mili­tare Shaye­tet 13. Nella città vec­chia sono stati aggiunti sei chec­k­point. «Abbiamo dispie­gato mille nuovi agenti oltre ai tre­mila già ope­ra­tivi, sia nella parte est sia nella parte ovest della città», ha rife­rito il por­ta­voce della poli­zia Micky Rosenfeld.

    Allo stesso tempo l’attentato alla sina­goga di Har Nof, ha ria­cu­tiz­zato la forte dif­fe­renza fra l’ebraismo orto­dosso e il sio­ni­smo reli­gioso che orienta il governo israe­liano. All’origine di que­sto con­tra­sto c’è il divieto asso­luto per gli ebrei orto­dossi di ascen­dere sul monte dove secondo la tra­di­zione biblica sor­geva il Tem­pio di Geru­sa­lemme e che ora ospita la Spia­nata delle Moschee per­chè “non puri” per entrare in un luogo così sacro. Di parere oppo­sto i nazional-religiosi. «Occorre rile­vare che i reli­giosi ebrei che sal­gono sul Monte del Tem­pio agi­scono sia con­tro la orto­dos­sia ebraica sia con­tro ogni razio­na­lità poli­tica. Un miliardo e mezzo di musul­mani vedono che essi cer­cano di alte­rare lo sta­tus quo sulla Spia­nata, e tutto ciò crea esca­la­tion e fer­menti», ha spie­gato il depu­tato orto­dosso Moshe Gafni. Mar­tedì anche Yoram Cohen, capo dello Shin Bet (ser­vizi di sicu­rezza) aveva messo in guar­dia dal creare ulte­riori ten­sioni nella Spianata.

    Michele Giorgio, Gerusalemme, 19 novembre, Il Manifesto
    Demolizioni di case per spegnere l’Intifada di Gerusalemme

  5. Tre cose:

    a) purtroppo non riesco a ritrovare la fonte. Netanyhau ha fatto il suo discorso in ebraico e non inglese, come al solito, e ha, in qualche modo, espresso accuse, non tanto velate, ai servizi segreti statunitensi rispetto all’attacco alla Sinagoga. In ogni caso è evidente che Israele, come è accaduto a tutti gli alleati degli USA, ora è in disgrazia e sta per essere gettato e che qualche altro servitore ne prenderà il posto. E a qualcuno il sederino prude.

    b) Innocenti.
    La ‘non innocenza’ non riguarda soltanto il fare o non fare determinate cose – e quindi essere ‘puliti’ come agnelli e stare dalla parte degli agnelli significa essere innocenti – quanto essere inclini a pensare che esista un mondo ‘innocente’ (che invece, se c’è, può essere solo quello antecedente al peccato originale che diede origine, appunto, alla conoscenza del Bene e del Male).
    Parafrasando E. Partesana (*Lei vede una parte immensamente votata alla pace? Nel caso lo dica, per favore, perché nessun altro di noi qui la trova…*) direi: “se esiste un innocente, ci venga mostrato, almeno capiamo come è fatto!!”
    Invece, dobbiamo farci carico di ciò che leggiamo, altrimenti a che cosa serve trovare stimoli da quanto scrive Marcella Corsi a proposito di “sono tutti innocenti”, o dal post di Salzarulo o da quanto Ennio ci porta all’attenzione? (Parlo delle ultime cose).
    O anche di ciò che ascoltiamo.
    Va a finire che anche alcune cose interessanti che dice Bergonzoni si annegano nella risata (tanto è un comico!) o nelle battute d’effetto: nella necessità della tenerezza, ad esempio, o in una specie di inscrizione ‘mistica’ dell’uomo. Che non vanno male, sia chiaro, ma dimenticano quello che diceva Fortini: “Parliamo dei rapporti di produzione”. Ovviamente trasferito alla situazione attuale. Facciamo così passare sotto oblio l’istituirsi di nuovi rapporti di forza (non più di produzione?) e quel nuovo assetto che, strategicamente, cerca di darsi quello che finora abbiamo chiamato capitalismo e che adesso non sappiamo più come chiamare.
    Quindi è importante, più che dare risposte, fare delle domande, *istituire nessi* (A. Bergonzoni).

    c) L’allarme di Standard & Poor’s: è vicina la terza recessione. Un’interpellanza parlamentare rivela: in caso di emergenza la Bce potrà bloccare i conti correnti e prelevare denaro per salvare Banche e Stati.
    Un’«euro-rapina» sui conti correnti? Potrebbe accadere e i poveri risparmiatori subirebbero una mazzata con pochi precedenti (tra i quali il prelievo forzoso notturno del 1992 effettuato dal governo Amato).
    Perché il presidente della Bce, Mario Draghi, e soprattutto le istituzioni italiane – pubbliche e private – in questi mesi hanno messo l’accento sulla creazione di una bad bank , cioè di un ente che si faccia carico dei crediti deteriorati degli istituti (in Italia hanno superato i 180 miliardi) per ripulire i bilanci e consentire una migliore sopravvivenza del sistema? Perché la principale banca italiana, Intesa Sanpaolo, ha scaricato dal portafoglio 17 miliardi di Btp? Qui rispondere è più facile: hanno ripreso valore e ha guadagnato, la Bce li penalizza e, se la recessione proseguisse, meglio stare leggeri.

    Mi si chiederà: che nesso c’è tra questi tre punti?
    Il punto b) è quello che tiene connessi gli altri due, l’orto di casa e ciò che accade fuori dall’orto di casa.
    Riguarda il poter pensare, utilizzare la propria testa. Porsi delle domande. Fare delle ipotesi. Stabilire delle connessioni. E ciò riguarda anche la poesia come strumento per attivare tutto questo.
    Saranno eventi legati ad una stessa strategia? E’ sufficiente chiamarla strategia del terrore? La strategia di sottoporre le persone ad un all’allarme continuo che fiacca le menti, così i più deboli si lasciano andare alla corrente (* …finito nella corrente come il corpo/di quella povera donna che abbiamo/visto passare (chissà se caduta/per imprudenza o lasciatasi/andare stanca d’esistenza)*) – D. Salzarulo – ?
    L’ignoranza non è colpevole solo perché è la Legge che lo dice (“La Legge non ammette ignoranza”) ma perché dobbiamo imparare a tutelare la nostra vita e quella degli altri. E, per farlo, abbiamo bisogno della creatività. Se non lo facciamo, diventiamo noi stessi *geniocidi* di noi stessi, secondo la felice espressione di Bergonzoni (e qui ringrazio Mayoor che mi ha fatto conoscere questo personaggio di cui non avevo nemmeno sentito parlare).

    R.S.

    1. Cara Rita,
      certo. Attivare le proprie menti, la creatività. Stabilire connessioni. Tutto importante, bellissimo. L’ho detto al mio vicino di casa che ha perso il lavoro ha due figli, il mutuo e la moglie(49 anni ) è stata licenziata a seguito del fallimento della ditta . Cercano lavoro tutti i giorni e non lo trovano. Uno dei due figli è a casa , non ci sono soldi per la scuola materna. Ieri si parlava d’ Israele insieme a loro, cercai di renderli meno rabbiosi, cercavo delle connessioni tra la loro rabbia e il discorso su Israele e i palestinesi, non ne ho trovate o forse erano celate dietro un pianto della donna che alla fine si ritirò in casa.

      1. No, cara Emy. E’ importante ma non *bellissimo*.
        Tant’è che hai cercato *di renderli meno rabbiosi*.
        Perchè? Ne avevi paura?
        Forse è ‘più bello’, più dignitoso’ il *pianto della donna che alla fine si ritirò in casa*?
        Non sono loro che devono fare delle connessioni! E’ già tanto che stanno in vita. Anzi, sopravvivono, finchè riescono. Siamo noi che dobbiamo farci carico di un pensiero che loro non possono avere. E ciò ci sarà possibile, fintantochè anche noi non verremo strappati dalle nostre cucce ormai sempre più tiepide. Dobbiamo salvare noi, e in fretta, per salvare loro. La guerra tra poveri, alla quale veniamo introdotti con subdole ideologie per cui il Bene sconfiggerà (da solo, ovviamente, e per principio) il Male è altamente distruttiva, proprio perchè il nemico è dentro, è un cancro o, nel migliore dei casi, si fa per dire, una peste. Bubbonica.
        R.S.

    2. Ciao Rita…ciò che avverrebbe solo ora…cioé uno sgretolamento del patto d acciaio u$raele , non deve far dimenticare :
      1 i responsabili dell’intera storia
      2 che dalla violenza , la filiera corta o medio breve del flusso d affari, é sempre andato a favore della solita parte…infatti,é dalla quella stessa parte ,epperó non malata, che si solleva il dissenso e l’appoggio all’altra….quella di tutti i giorni di questi settant’anni…quella ridotta a rom,zingari,senza terra e senza altro.Non é che a questi faccia più o meno differenza se adesso all impero convengono altre alleanze.ciao

      1. A Rita:
        …infatti ero io che cercavo connessioni. Ho cercato di farmi carico del loro pensiero e proprio per questo alla fine ho cercato di consolare la donna …mi sembrava la più addolorata. Non so forse bisognerebbe muoversi in maniere diverse , anche in poesia, cercare di spingere la tristezza verso la speranza ,far comprendere agli “altri” che esistono anche altri “altri”. Non riesco a darmi risposte quando vedo e sento discorsi di rabbia per aver perso tutto, lavoro,gioie,speranze…l’unica connessione che mi permette di fare qualcosa per chi ha questi grandi problemi è quella di mettermi in moto per aiutarli a trovare lavoro, ma non mi sento ,davvero non mi sento di continuare con loro a parlare dei problemi d’Israele. Molti, troppi non hanno tiepide cucce .

    3. Gentile Rita,

      sarei meno ottimista, o pessimista a seconda dei punti di vista, sul fatto che sia: “evidente che Israele, come è accaduto a tutti gli alleati degli USA, ora è in disgrazia e sta per essere gettato e che qualche altro servitore ne prenderà il posto”.
      Sarei curioso di sapere da che cosa lei trae questa sensazione, oltre che dal discorso di Bibi al quale fa riferimento (e che cercherò di trovare in rete)…

  6. Ancora Gerusalemme.
    Caro Ennio, non pensavo affatto che la tregua Israele –Palestinesi potesse durare più a lungo di quanto è – in effetti – durata. Su tale conflitto di natura asimmetrica ( asimmetria che è forse una delle concause dell’impossibilità di una soluzione politica ) Poliscritture è stata presente con numerosi interventi ( anche miei ) . I dati sui quali molti di noi hanno fondato i loro scritti non sono cambiati e, dunque , è inutile ribadire le posizioni allora assunte anche se qualche domanda cruciale è rimasta inevasa. Tale conflitto ha cause remote e prossime. Delle remotissime penso non si debba parlare per non cadere nella mitologia. Credo che si possa condividere il rilievo che v’è da una parte e dall’altra una sorta di impotenza politica che si esprime in Israele in una carenza di opposizione efficace contro N. e da parte palestinese in una debolezza strutturale di A. M ( che genera di riflesso una difficoltà estrema di rapporto con la controparte ) Quanto ai “ pretesti “ del riaccendersi del conflitto, pretesti dei quali abbiamo notizia attraverso la cronaca che non può non essere giornalistica , non posso non condividere i rilievi di E.Partesana che mette in luce inesorabilmente i “ modi “ tendenziosi attraverso i quali tali concause prossime sono stata comunicate. Da tempo si sa che basta a volte la collocazione topografica a dare un senso piuttosto che un altro ad una notizia. Nulla di male in tutto questo, ma tutto di bene se qualcuno svela i meccanismi di tale comunicazione
    e ne indica i lati fallaci, le approssimazioni, le insufficienze.
    Da parte mia colgo l’occasione per esprimere il mio profondo stupore per l’assordante silenzio che ha circondato le atroci esecuzioni dell’Isis, movimento che usa il più antico ed efficace strumento di convinzione: il terrore. Si tratta di un movimento “ contro di noi”. Posso intuire le tue obbiezioni e ti chiedo allora se riconosci in questo enfatico “ noi “ una parte – almeno ! – della nostra storia , quella che ci ha portato a rifiutare il fanatismo religioso, la monocultura che nasce dal credersi portatori di verità indiscutibili …. Per carità, non mi dire che in passate età…..Lo sappiamo benissimo e ce le siamo lasciate alle spalle, almeno – me lo concederai – come riferimento culturale . Andare troppo indietro porta ad Adamo e al suo peccato originale. Ci credi ? Un cordiale saluto. Giorgio

    1. Mi scusi signor Giorgio, se vado fuori tema, ma non è la prima volta che leggo riferimenti all’ISIS tali e quali a quelli che vci propina e propaganda la cultura/informazione ufficiale. Quindi le rovescio la mia domanda, domanda apparentemente fuori tema o fuori ogni possibile e impossibile connessione: sembrerebbe che lei , per come si è espresso (e per quanta scienza e conoscenza e logica mette sul tavolo in ogni tema …cosa che apre il cervello al di la di questa o quella posizione, identica o divergente) , escluda a se stesso e agli altri, categoricamente ma inespresso , in pratica dandolo per scontato oppure detto fortemente ma “implicitamente”, che tale organizzazione criminale, è frutto totalmente attribuibile , o totalmente generato da quella banda di criminali , chiamata ISIS, a sua volta prima chiamata Al Qaeda e prima ancora chiamata in altri nomi (ma per lo stesso fine). Gli innocenti , ovviamente occidentali o occidentalizzabili da una parte ( vedi ora Kurdi o siriani, vedi prima ma anche ora, afgani o pakistani ) e i colpevoli dall’altra.

      Sa quanto lei e miliardi del globo, se le cose fossero su un piano ben diverso dalle propagande, fate soddisfatte e rimborsate le intelligence dell’impero?

      1. Gentile Ro,

        potrei chiederle di ripetere la sua tesi? Perché forse a causa dell’impeto e della fretta faccio un po’ di fatica a seguire la sintassi dei suoi interventi.

  7. Scusate se continuo apparentemente fuori tema…pensi signor Giorgio, anche Prodi, dicasi R-o-m-a-n-o P-r-o-d-i, che proprio uno stinco di santo non è, ma neppure un cospirazionista o un duro e pazzoide complottista, ha convenuto e denunciato le palle con cui hanno imbottito milioni di milioni di teste , mediterranee e mitteleuropee, per fare quella operazione mitica , che dal 2011, ha cosi tanto portato una nuova “odissea all’alba” da devastare un paese tanto da sfuggire il gioco ( dei mitici “ribelli” e caxxate a seguito), così di mano, ma così di mano dall’uccisione criminale dell’ambasciatore americano allo sterminio totale in cui è abbandonata quella terra,nonché quella popolazione, fino al secondo prima o all’anno 2010; terra e popolazione così ricca ed evoluta rispetto ad altre parti dell’africa, da esserne matematicamente depredata fino all’ultima lacrima(ovviamente sto parlando della Libia, che come tutti gli altri stati, ha le sue gravi responsabilità su altri campi di affari, e di sterminio, sotto gli occhi di tutti, ma soprattutto dentro gli occhi del mare, prima Ghedaffi ma anche dopo e tuttora)

  8. a) *Scusate se mi permetto eh? Ma cosa c’entra tutto questo con quel che Ennio ha pubblicato e poi io criticato? (E. Partesana)*

    b)*Quanto ai “ pretesti “ del riaccendersi del conflitto, pretesti dei quali abbiamo notizia attraverso la cronaca che non può non essere giornalistica , non posso non condividere i rilievi di E.Partesana che mette in luce inesorabilmente i “ modi “ tendenziosi attraverso i quali tali concause prossime sono stata comunicate. *(G. Mannacio)*

    sub a) Probabilmente c’entra come i cavoli a merenda (anche se, a volte, in assenza di altro, anche i cavoli possono essere gustosi!).
    Fermo restando che sono d’accordo con il punto sub b) – per quanto riguarda i ‘pretesti’ e la tendenziosità con cui vengono date certe notizie -, tutto questo però non dovrebbe significare *critica* nei confronti della selezione che Ennio ha fatto.
    Perché quella ‘selezione’ ha poi permesso di ‘aggiungere’ (se del caso) alla ‘monocularità’ di Ennio, la bi-ocularità di Ezio con le sue precisazioni, che però possono, al massimo ‘integrare’ la visione del campo, ma non lo spiegano.
    Pensavo che introdurre un ‘occhio terzo’ non guastasse. Ma un occhio che faccia vedere come ci possa essere “della tendenziosità nel far notare la tendenziosità” (come peraltro scrive lo stesso Partesana: *essere radioline dell’una parte o dell’altra*).
    Ma questo altro occhio sarebbe necessario non per rispondere a *precise domande politiche* quali *assassinare civili israeliani serve a difendere i palestinesi? Fa bene Hamas a rivendicare e esultare? È una strada che condurrà a una risoluzione più giusta, o diciamo la migliore possibile, per i due popoli? La celebrazione dei “martiri” palestinesi avvicina o allontana la giustizia?*.
    Queste, a mio parere, non sono domande “politiche”, ma “religiose”, e quell’*appello alle emozioni* che si tenta di cacciare dalla porta, poi entra dalla finestra.
    Non sono ‘politiche’ perché contemplano il che cosa è giusto e il che cosa è sbagliato, che cosa è bene e che cosa è male e la Politica non si occupa di queste cose ma di interessi altri, di strategie, che uno lo voglia o no: ed è in quei gangli lì che bisogna entrare e cercare di capire come disinnescarli. L’obsoleto concetto di Polis – che andrebbe ripensato e demitizzato, perché anche allora le cose non andavano proprio così come ci è stato raccontato – così come il concetto di ‘democrazia’, ci hanno portato fuori strada. Abbiamo visto che fine hanno fatto le ‘elezioni democratiche’! e la nostra Costituzione, la più bella del mondo! Quando mai la Politica (con la ‘P’ maiuscola) si è occupata VERAMENTE di questo! Ha detto che se ne sarebbe occupata, ma intanto ha dato con la mano destra per prendere abbondantemente con la sinistra (o viceversa).
    Nel film “Queimada”, il personaggio di José Dolores, il co-protagonista negro, dopo l’amaro tradimento dei ‘bianchi colonialisti’ che avevano utilizzato le rivolte dei negri per il loro cambio di potere sull’isola, dice: “Se esiste chi ti dà la libertà, quella non è libertà. Perché sia libertà, nessuno te la può dare: devi prenderla tu, tu solo!”.
    Mi spiace di essere il ‘terzo’ che dice queste cose e che mi attireranno molti strali, ma piuttosto che essere il ‘terzo’ che ride tra i due litiganti, preferisco così.

    R.S.

    1. “Ma questo altro occhio sarebbe necessario non per rispondere a *precise domande politiche* quali *assassinare civili israeliani serve a difendere i palestinesi? Fa bene Hamas a rivendicare e esultare? È una strada che condurrà a una risoluzione più giusta, o diciamo la migliore possibile, per i due popoli? La celebrazione dei “martiri” palestinesi avvicina o allontana la giustizia?*.
      Queste, a mio parere, non sono domande “politiche”, ma “religiose”, e quell’*appello alle emozioni* che si tenta di cacciare dalla porta, poi entra dalla finestra.
      Non sono ‘politiche’ perché contemplano il che cosa è giusto e il che cosa è sbagliato, che cosa è bene e che cosa è male e la Politica non si occupa di queste cose ma di interessi altri, di strategie, che uno lo voglia o no”.
      Non sono d’accordo. Il giudizio sull’azione politica di un gruppo, e dunque quantomeno la congruità delle azioni politiche intraprese per raggiungere il proprio fine, è eminentemente una questione politica, non religiosa. Io non ho chiesto se Hamas faccia bene o male a desiderare la scomparsa di Israele, ho domandato se le azioni di Hamas siano o meno utili alla causa palestinese.

  9. Nessun strale, Rita . Distacco massimo da parte mia, credimi, ormai è dagni anni 70 col Libano che cerco di deglutire. La nausea sull’argomento è tale che in parole non si può descrivere. Il tuo ” terzo occhio”, è per me occasione di rilanciare un altro cavolo , poiché il tuo terzo non è nel senso di neutro (comunque per tua stessa dichiarazione hai scelto anche tu una parte verso la quale stare, quella di E.P., nel caso del dibattito, quella dello stato di Israele, nel caso geopolitico). Io non mi metto dalla parte di Ennio perché altrimenti ve lo sbranate solo perché hai rimesso sul piatto un argomento che piu che dividere, frantuma in mille e pezzi, così come l’impero ha polverizzato e trasformato in una polveriera irrreversibile tutto ciò che sta fra il pakistan e il mediterraneo.

    Mi aiuta quel punto centrale, fra le due onde sopra gli occhi, ad essere più cavolosa possibile nel descrivere la connessione di questo tuo chakra al mio. Diciamo che siamo sfociati in questo bacino per concomitanza di un un’unica linea di chakra mediterranei, in cui la tua visione, per alcuni, può essere ultrageopolitica, per altri diciamo, machiavellica o, ad espressioni analoghe.

    Hai esposto, nel tuo primo intervento, che in buona sostanza bisogna appoggiare israele poiché ridotto ad essere rinnegato dallo stesso impero che lo creato come colonia, provincia imperiale a proseguimento della roccaforte inglese dell’impero precedente. Hai detto che è giusto si difenda, quindi, con tutte le armi e la forza possibile, rientrante nelle sue capacità militari da tempo perseguite con uno sviluppo senza pari. Partesana,dalla sua, e che appoggi, ha una visione della “forza” tale per cui la capacità di aggressione e di difesa è pari sia da una parte che dall’altra, parimenti ne deriva la pari violenza e la pari distruzione scaturita da entrambi, israeliani e palestnesi.

    Entrambi, tu e Ezio, ai mie occhi non terzi, non avete mai preso in esame, nelle diverse letture e discussioni e pagine su pagine, la principale contestazione, non politica né personale. La contestazione era ed è che questo stato d’israele sia nato “storicamente” non per consegnare una terra , rubandola comunque ad altri che l’avevano in comune con i primi fino quasi a tutto il 1800. L’olocausto non è servito a riscattare l’olocausto stesso, con la consegna di un posto dove stare, dove non ci sarebbe stato più sterminio al mondo e dove fare nazione. Più semlicmente l’olocausto e il post olocausto è stato il sigillare definitivamente l’avamposto mediteranneo-militare-mediorientale dell’impero, tanto come a quello mediterraneo centrale è servito lo stivaletto della nostra liberazione. Sembra peraltro che su quest’ultimo punto anche tu , in precedenza, ti sia trovata d’accordo, tanto da considerare traditori gli pseudo antifascisti.

    Se, quindi, io , ad un certo punto, dopo un secolo di guerre , pseudo pace e terrorismi e strategie “democratiche” della tensioni diverse per ogni colonia, dovessi cancellare d’un tratto la storia di una di queste, ridotte a traffici diversamente legali e soprattutto per primo a basi di lancio, come per il caso in questione della supercolonia d’israele, non sarei onesta intellettualmente appoggiando lo pseudo stato in questione sol perché decide certe alleanze ( guarda caso con l’anti-eroe, antagonista o controimpero, o russia o Putin, che la mia colonia e le colonie europee hanno eletto come maggior nemico, mentre altre convenienze, su tanti lati, per primo quello maledettamente energetico, detterebbero proprio queste alleanze e non quelle atlantiche, nato o gas di scisto che siano, o ttip etc etc)…

    Dunque le connessioni dei cavoli sono storiche, geografiche e geopolitiche, e il nostro cavolo o quello d’israele, sono maledettamente correlati fra loro e con altri simili cavoli.

    Parlare delle modalità per cui è avvnuto lo stesso olocausto, e la conseguente nascita dello stato d’israele significa parlare del mediterraneo, libia o siria compresa, a meno che ci si voglia limitare alla solita recita della difesa degli ebrei da una parte (gia recitata a iosa in lungo e largo, media per primi ogni due per tre) e dei palestinesi dall’altra ( dai media-propaganda- grande fratello un bel po’ meno). C’è stato un recente intervento sul blog di conflitti e strategie , a nome di tale Jean, che a un certo punto, dopo la lettura di un articolo di Laporta proposto anche da Ennio, dice in una parola molto cavolosa,potentemente sintetica, qualcosa che da anni i dissidenti israeliani ( in particolare ad “etnia” non araba, ma “ebrea”) scrivono , dicono, manifestano, praticano etc. Jean dice qusto cavolo: “balle spaziali” .

    Chi vuole raccontare la storia di quelle parti del mediterraneo, non deve puntare il discorso su questa o quella “serra” che i palestinesi in toto avrebbero distrutto. O non deve raccontare come gli israeliani sono stati costretti solo a difendersi, in quanto non avrebbero accerchiato perchè in effetti loro e solo loro lo sarebbero stati . O , non deve raccontare come i palestinesi si sono mangiati tutti i soldi dati loro per le ricostruzioni etc etc. Sarebbe come se noi ci bevessimo il cavolo, o ci bevessimo per il nostro cavolo mediterraneo chiamato ytalya, che la causa di tutti i nostri mali, conflitti, distruzioni, divide et impera, terrorismi e tensioni via via diverse nel tempo e nelle modalità, ma per unico fine, sono solo unicamente generate da questa o quella tangentopoli, da questa o quella corruzione locale, nazionale o europea della nostra classe politica ( noto sistema, peraltro classico storicamente, dal messico alle filippine, adottato dall’impero per asservire i rapprentanti nelle province sparse nel mondo che, però, i cittadini credono di delegare all’aministrazione del loro stato colonia).

    Ti saluto a cavolo 🙂 e dicendoti anche al prossimo cavolo 🙂

    1. “Partesana,dalla sua, e che appoggi, ha una visione della “forza” tale per cui la capacità di aggressione e di difesa è pari sia da una parte che dall’altra, parimenti ne deriva la pari violenza e la pari distruzione scaturita da entrambi, israeliani e palestnesi”.

      Dove mai ho scritto una cosa simile io? Forse il suo terzo occhio, o ortaggio che dir si voglia, ha bisogno di un oculista decente…
      Capisco il riassumere le tesi altrui, ma non mi faccia dire cosa che non mi sogno neanche di pensare, per favore.

      “Entrambi, tu e Ezio, ai mie occhi non terzi, non avete mai preso in esame, nelle diverse letture e discussioni e pagine su pagine, la principale contestazione […] che questo stato d’israele sia nato “storicamente” non per consegnare una terra , rubandola comunque ad altri che l’avevano in comune con i primi fino quasi a tutto il 1800”.

      Se lei volesse leggere un poco di quelle “pagine e pagine” che mi pare disprezzi un poco, scoprirebbe che quella terra ha una storia lunghissima di conquiste e distruzioni, e che gli arabi o i palestinesi non sono affatto gli storici abitatori di quelle terre…

      1. La rinegazione per gli ortaggi..mi servono per concludere,ovviamente provvisoriamente, che non ho capito nulla né di questi né di altri precedenti suoi interventi sulla questione. Cari saluti

  10. @ rò

    carissima Rò,
    col cavolo che io mi sono pronunciata per stare dalla parte di Ezio come tu affermi: *comunque per tua stessa dichiarazione hai scelto anche tu una parte verso la quale stare, quella di E.P., nel caso del dibattito, quella dello stato di Israele, nel caso geopolitico*. Ho solo rilevato e concordato che c’era della tendenziosità in una certa presentazione dei fatti e che la ‘faziosità’ serve solo a scaldare gli animi e non a capire. E, quanto ad Ennio, ho ribadito che ha fatto bene a riportare quei testi su cui poi Partesana ha fatto le sue precisazioni.

    Inoltre non so in che termini io abbia *esposto, [ …..], che in buona sostanza bisogna appoggiare israele *: non mi passerebbe ‘per la capa’ lontano un miglio.
    Dire che Netanyhau sembra essere in difficoltà, sono cavolacci suoi, non significa dire che bisogna appoggiarlo.
    Nello stesso tempo, siccome lo stato delle cose si sta modificando – e non si capisce bene in che modo si evolverà – non me la sento di prendere parte per i palestinesi solo ed esclusivamente perché ‘sono palestinesi’. Dobbiamo vedere ‘ADESSO’ come si stanno muovendo, e non “perché la loro storia – bla, bla, bla – e il furto della terra – bla, bla, bla –“. Perché così legittimiamo tutto in una catena infinita.
    Questo modello giustificazionista non l’ho avuto da piccola nei confronti della Chiesa (solo perché Chiesa), né più avanti nei confronti dell’URSS (solo perché ‘comunista’ (!?), a prescindere), né, successivamente, ho preso parte per le donne, solo e perché sono ‘donne’: ho scoperto che sotto questo modello di prendere parte si può celare un razzismo mascherato. Certo, prendo parte per i bambini e i deboli, ma anche lì senza generalizzazioni.
    Pur sapendo che ‘prendere parte’ ha anche una funzione di ‘comodità’ perché ci toglie dalle ambasce dell’incertezza, tuttavia non inizierò certo adesso, anche se sento come non mai tutta la nausea, la depressione profonda e lo stare male per l’indignazione di fronte a quanto succede, e tutta la difficoltà a far convogliare l’indignazione verso un qualche movimento di senso prima e di cambiamento, poi.

    R.S.

  11. @ Ro
    Signora Ro, le riconosco una certa dose di onestà intellettuale là dove “ confessa “ che il suo intervento è fuori tema. Mi chiedo allora, forse un po’ ingenuamente, perché lo ha fatto. Ma non tirerò fuori la matita blu. Il suo scritto è talmente intricato – sia nella forma che nella sostanza – che sciogliere gli svariati nodi in cui è (dis) articolato è impossibile.Si dovrebbe prima di tutto ordinare il suo discorso, in secondo luogo individuare in esso i problemi specifici che intende affrontare e,infine, invitarla, per ciascuno di essi, a chiarire le sue argomentazioni e a dimostrare quel che vuole sostenere ( che cosa ? ) con tanta foga. Imponendomi questo . cammino vuole forse “ punirmi “ perché sono un avversario suo e del popolo?
    Ecco, credo di aver ritrovato un filo che attraversa tutto il suo discorso e che mi consente una risposta. Lei mi ascrive ai filoamericani, ai filo israeliani, ai filoeuropei , ai filoccidentali.
    Mio dio, sanno ormai tutti, ed io tra questi, quanta responsabilità abbia quel “ luogo politico “ che definiamo per comodità come Occidente sullo stato attuale delle cose ed i suoi più prossimi antecedenti causali. Schiavismo, sfruttamento, eliminazione di popolazioni , cinica contrapposizione per fini imperialistici di divisioni storiche e culturali…..Ho vissuto periodi storici un po’ più ampi dei suoi, mi sono documentato leggendo libri seri ed importanti, ho maturato convincimenti che ho cercato di seguire nella mia vita pubblica e – dunque – le sue parole non possono darmi alcun tipo di lezione. Rilevo che a ciò mi hanno portato non “ libri di avversari “ ma “ i nostri libri “ nei quali abbiamo saputo rispecchiare i nostri errori e le nostre felici invenzioni.Riponga dunque come io ho fatto la sua matita blu. Ribadisco che il mio intervento – che “ rispondeva “ ad alcune sollecitazioni di E.A e che ho cercato di contenere in ristretti limiti ( sono un po’ sospettoso sulla qualità dei lunghi interventi
    on – line ) – conteneva anche un’interrogazione sull’ Isis, argomento che vedo solo sfiorato nelle sua risposta .Come se Isis non esistesse e non utilizzasse il più primitivo,feroce ed orrendo mezzo di “ convincimento” che l’uomo possiede: il terrore. Con esso la mente e i comportamenti dell’uomo vengono portati là dove nessuno pensa – prima – che l’uomo possa arrivare. Conosce La mente prigioniera di C. Milosz ? Se non l’ha letto glielo consiglio. G.M

  12. Scusate per questo incrociarsi di commenti per cui si farà difficoltà a capire l’ordine. Ho letto l’intervento di Partesana, dopo aver postato il mio. Comunque:

    @ E. Partesana (e altri )

    * (1) Il giudizio sull’azione politica di un gruppo, e dunque quantomeno la congruità delle azioni politiche intraprese per raggiungere il proprio fine, è eminentemente una questione politica, non religiosa. (2) Io non ho chiesto se Hamas faccia bene o male a desiderare la scomparsa di Israele, ho domandato se le azioni di Hamas siano o meno utili alla causa palestinese*.

    Ho diviso in punto (1) e punto (2) l’osservazione di Ezio solo per comodità di esposizione.

    (1) Su questo punto sarei anche d’accordo se viene posto l’accento sulla congruità e non sul valore o sul ‘giusto’.
    MA, nello stesso tempo, la ‘congruenza’ fini/mezzi può essere stabilita dalla valutazione ‘politica’ che viene fatta all’interno della situazione di cui si tratta. La Chiesa che manda al martirio, l’Esercito che manda al sacrificio, ecc. ecc.. Noi, dall’esterno, possiamo ben poco nel cercare di persuadere il martire o il milite a fare diversamente, nella misura in cui loro sono integrati al sistema. Le azioni della Chiesa o dell’Esercito saranno congrue alla loro ‘politica’, ma lo saranno rispetto ai loro fedeli o ai loro soldati?
    Nel contesto di cui trattiamo, ci sono Hamas, i palestinesi e i conflitti interni tra fazioni palestinesi. Oltre che la guerra contro Israele. Quanta autodeterminazione ci può essere rispetto ai fini che chi li ‘governa’ ha stabilito? Possono anche decidere di tirare la corda fino all’ultimo, fino al “muoia Sansone con tutti i filistei?” Oppure sono coartati da Hamas a seguire una strada che loro non vogliono? Allora il problema sarebbe Hamas e non Israele che, a questo punto, figurerebbe solo come rappresentanza del nemico ‘esterno’ per rafforzare la coesione interna. Ma è proprio così? Hamas è proprio così stupido? O invece ci naviga anche a costi umani altissimi? A quale fine? E gli altri? Quali sono gli altri giochi in ballo? Sia chiaro: non sto salvando Israele ma solo ‘isolando’ un settore’.

    In Algeria (1954-1962) il costo della liberazione contro l’occupazione dei coloni francesi (***) fu elevato, oltre un milione e mezzo di morti da parte algerina. Oltretutto c’erano le diverse anime dell’opposizione algerina (FNL = restaurazione dello stato algerino all’interno dei principi dell’Islam) e il MNA di ispirazione socialista. Anche allora veniva criticata la lunga serie di attentati e omicidi politici che, anziché accelerare i tempi della liberazione, portava, come risposta, una inaudita spregiudicatezza nella repressione da parte delle forze armate francesi. Pur essendo queste ultime fortemente criticate dall’opinione pubblica e dalla sinistra francese, le cose non cambiarono. Ciò avvenne solo quando venne richiamato al potere C. De Gaulle, il quale, forte dei nuovi poteri acquisiti, operò al fine di raggiungere l’armistizio di Evian. Le cose poi non finirono lì perché l’OAS, una organizzazione segreta paramilitare, con una serie di attentati in scuole ed ospedali, tentò comunque di sabotare la tregua ottenuta.
    Solo che oggi nella situazione mediorientale non vediamo alcuno che operi seriamente nella direzione di sanare il conflitto. Come mai?

    (2) A buon senso, direi che è come darsi le martellate sui piedi e pertanto, A LIVELLO SOGGETTIVO, ritengo che le azioni di Hamas NON siano utili alla causa palestinese.
    A meno che non ci sia qualche altro disegno che non so (e non verranno certo a dirlo a me). E poi perchè vediamo che, nonostante tutto, continuano a ripetersi eventi drammatici!
    E non posso chiedermi, IO, qual è la (vera ?) “causa palestinese” (non quella propagandata, ovviamente) e quali sono i mezzi e i tempi che LORO hanno in mente!.
    Ma non perché non sono stata interpellata direttamente. Ci mancherebbe!. Certo, se vedo che qualcuno viene malmenato, anche se non vengo chiamata in causa, cerco di intervenire o di far intervenire. E non è che mi voglia tirare indietro. Non l’ho fatto finora. Ma qui siamo di fronte ad una problematica che risente di un nuovo assetto degli equilibri mondiali. Ed è una situazione che aggiunge problema a problema. E l’abbiamo visto nelle cosiddette ‘primavere arabe’: convinto di dare un aiuto all’amico, stai facendo il gioco del nemico. Posso quindi solo cercare di fare ipotesi, e con dolore, perché in questo momento esse macinano ben poco.

    *** I coloni francesi (un milione di francesi a fronte di sette milioni di algerini), praticavano un’effettiva politica di segregazione nei confronti della massa di popolazione araba, costretta a vivere in condizioni di permanente inferiorità politica e sociale, oltreché giuridica.

    R.S.

    1. …penso che abbiamo già acquisito o consolidato,in precedenti dibattiti sul tema,che Hamas potrebbe pure essere una costruzione generata dal Mossad stesso,quindi ininfluente sulla questione storica che tu,Rita, consideri bla bla bla e generalizzazioni….voglio dire che i temi in questione, se impostati su Isis o Hamas, rischiano la riduzione dell intera questione della terra “maledetta” e dell intero medio orisente,a una barzelletta, macabra o letale, ma barzelletta, sia per gli uni sia per gli altri sia per primo per i dissidenti israeliani ,a meno che anche di questi,da Pappe agli ultimi sconosciuti, vogliamo pensare che da anni stanno organizzando il loro dissenso come i ribelli siriani o libici.

        1. Lei, Signor Ezio, ha sicuramente tutti gli attrezzi del mestiere ma io, che di fronte a lei, non ho nemmeno un miliardesimo dei suoi , mai sceglierei di rivolgermi, a lei come ad altri, tanto conosciuti quanto sconosciuti, con la violenza di un frasario quale quello da lei scelto, digitato e scritto, dicendomi “Lei non deve avere la più pallida idea…vero?”..come dicevo per altri argomenti, questa sua scelta non ferisce tanto me ovvero il mio “io”, la mia biografia, il mio pensiero, indagine etc etc, ma tutti coloro che nei millenni dall’inizio dell’uomo, hanno ricevuto questa modalità di azzerramento dell’altro, israeliano o palestinese, bianco o nero o giallo, uomo o donna. Una frase del genere non può offendere me, sarebbe relativa a un solo io, in questo caso il mio già oltre le considerazioni di assoluta relatività . Una frase del genere, in un luogo peraltro come questo di questo spazio, può essere “razionalmente” diciamo “giustificata”, solo in un caso: quello in cui lei abbia scelto di pensarla e scriverla solo per togliermi dai suoi piedi, o mani, o relazione fra me e lei. Se non è così, al di là della mia immedesimazione massima nella sua estrema stizza racchiusa in quella frase, lei ha ferito tutti coloro che in un modo o in un altro, in minutaglie quotidiane o questioni di vitale importanza, si sono sentiti dire lei non sa chi sono io, e quanto niente valga ogni sua idea, perchè nemmeno pallida , spenta, sbiancata, smunta, esangue…smorta.

          1. Gentile RO,
            prima lei scrive una sentenza offensiva nei riguardi degli israeliani, che starebbero combattendo solo se stessi, e nei riguardi dei palestinesi, che sarebbero manovrati una creatura del Mossad, e poi è lei che si sente offesa?
            Cito: “penso che abbiamo già acquisito o consolidato,in precedenti dibattiti sul tema,che Hamas potrebbe pure essere una costruzione generata dal Mossad”. Chi, cosa, dove, come e quando?
            Le basterebbe leggere (sì, lo so che invito sempre a leggere e informarsi, ma cosa devo fare?) quattro righe sulla storia dei Fratelli mussulmani e su Hamas per capire che è impossibile che questa sia una creatura del Mossad. Perché non lo fa prima di scrivere… diciamo “enormità” come questa?

    2. Gentile Rita,
      in confronto, che lei stabilisce, tra l’Algeria e la Palestina è scorretto, o almeno presuppone una simmetria tra Francia e Israele che deve essere ancorché provata almeno esplicitata, a se stessa e agli altri.
      E anche la disdetta data in nome della differenza – abbia pazienza se insisto – mi sembra poco cogente: certo che noi non siamo palestinesi di Ramallah o israeliani di Ein Gedi, e dunque le nostre riflessioni sono, sino a un certo punto, quasi null’altro che un gioco. Però diamo al nostra solidarietà all’uno o all’altro, scegliamo quali notizie o ragionamenti diffondere e quali no, scriviamo poesie, manifestiamo, partecipiamo a raccolte di firme o di fondi. Insomma: scegliamo molto più spesso di quanto non sembri. E scegliendo abbiamo il dovere di rendere i più chiari possibili i motivi della nostra adesione, anche se si tratta di una adesione che poco e nulla modifica nel “campo di battaglia”.

      1. Gentile Partesana,

        rispondo.
        Ha fatto bene a spingermi a chiarire (con la speranza che non accada, come di solito, che più si cerca di chiarire e più ci si impasticcia).
        Non intendevo fare alcuna simmetria – e ci mancherebbe, ci sono più differenze che somiglianze – fra Israele e Francia e, soprattutto, fra chi è legato IN UN CERTO MODO al carro Statunitense e chi ne è legato in un altro (oltretutto se pensiamo alla Francia di De Gaulle, uno statista che non se le faceva certo mandare a dire!).
        Ero partita ‘isolando funzionalmente’ il discorso sulla congruità – su cui poi si esercita la valutazione politica – fra le azioni intraprese (anche violente) e il raggiungimento del proprio fine. E in risposta, quindi, alla domanda se *le azioni di Hamas siano o meno utili alla causa palestinese*.
        Apparentemente sembra di sì, che siano utili, visto che continuano e che questo movimento di resistenza ottiene molte risposte politiche positive.
        Dal punto di vista ‘soggettivo’, di pancia, avevo già dato la mia risposta, così come la diedi quando vidi il film “Algeri” di G. Pontecorvo: “E’ solo questo il modo?”.
        So benissimo che vedere un film non è la stessa cosa che essere ‘là’, in Algeria, così come trovarsi nella striscia di Gaza. Ma abbiamo bisogno di far lavorare non solo la pancia ma un pensiero che analizza, metaforizza altrimenti saremmo costretti a mangiare tutte le mele del mondo per conoscere il ‘vero sapore della mela’.
        Ed è per questo che prediligo un altro punto di vista. Pur sempre soggettivo, ma di testa.
        E l’analogia con l’Algeria mi serviva a questo.
        Ci volle una situazione ‘esterna’ (in quel caso un cambiamento drastico istituzionale in Francia, il passaggio dalla IV alla V Repubblica) che permise una svolta alla situazione algerina.
        Ch. De Gaulle approfittò della crisi algerina sia per risolvere il problema di quella colonia ma, soprattutto, per modificare un assetto politico interno di potere all’interno della Repubblica Francese. Non fu mosso né da comprensione per i poveri arabi che erano stati espropriati della loro terra e né da preoccupazioni nei confronti dei pieds noirs, i coloni francesi che quelle terre avevano occupate. Usò tutto il suo potere per dirimere la questione, potere di cui certo Israele non può certo disporre.
        Ripeto: non sto dicendo “Povera Israele!”:
        Forse Israele ha fatto male i suoi conti, così come, forse, li sta facendo male Hamas.
        Lo scacchiere geopolitico sta cambiando: in che modo loro lo sanno e cercano di cavalcarlo?
        Sappiamo che la “rivoluzione non è un pranzo di gala”: ma ‘oggi’ (non sto parlando di anni fa) nella lotta palestinese non ci vedo nulla di rivoluzionario (chiarisco cosa intendo, a grandi linee, per ‘rivoluzionario’: non stai facendo solo la rivoluzione per i cavoli tuoi – più che giusta e legittima – ma la stai facendo anche per me, porti avanti una causa anche per me. Trascendi dal tuo particolare anche se quella risoluzione è imprescindibilmente necessaria. Che era quello che aveva informato la nostra esperienza e che contrassegnava le lotte di resistenza, poi annacquate miseramente in lotte di liberazione dal nemico e non certo per istituire un mondo diverso!).
        Sono d’accordo con la sua affermazione che * insomma scegliamo molto più spesso di quanto non sembri*. Io scelgo di non scegliere, ma non perché ‘disgustata’ o ‘snob’ (mi è stato detto anche questo), ma perché è un mio diritto: le cose non mi sono chiare e non ho più bisogno di ‘slogan’.
        Ciò non mi vieta, in ogni caso, di ascoltare tutte le voci che potrebbero aiutarmi a fare una scelta consapevole.

        R.S.

  13. Per ragioni di tempo disponibile, mi devo limitare per ora a un intervento di”commento ai commenti”.
    Parto dalla convinzione che ci sia molta stanchezza in giro. E anche una potente tentazione di chiudersi nei propri convincimenti più profondi senza più indagarli o sottoporli al confronto con gli altri. Se non soltanto una voglia di tacere.
    Le tremende notizie che ci arrivano su eventi da noi comunque lontani e difficili da capire, anche se le collocassimo nei nostri vecchi e logori schemi (liberali o marxisti che siano) non si chiariscono.
    Anche questa ripresa della discussione sul conflitto israelo-palestinese tende a ripetere le prese di posizione che erano emerse nella precedente. E allora, se agire non ci è possibile, e solo possiamo discutere tra noi, che ormai ci conosciamo un po’ e conosciamo pure le opzioni o le “fedi” di fondo dell’altro/a, a quale scopo accettabile la discussione può mirare?
    Io direi: a costruire un piccolo gruppo che non smetta di ragionare, anche se le posizioni che si confrontano fossero del tutto opposte o divergenti al massimo.
    Possiamo cioè correggere l’altro/a e essere disposti a correggerci. Evitare di colpevolizzarci o colpevolizzare l’altro/a. Portare nuovi dati di riflessione (se ne abbiamo più degli altri) o fare domande ( come quella sull’ISIS di Mannacio) senza pretendere risposte esaurienti. Valutare e criticare i dati proposti dagli altri (come ha fatto Ezio con gli spunti da me proposti). Evitare inutili cortocircuiti: la discussione su Israele e i palestinesi è su un altro pianeta rispetto a quello della famiglia in cui i due genitori hanno perso lavoro (tema sollevato da Emy). Non c’è per ora nesso possibile tra i due fatti. E la povera poesia proprio non riesce a far qualcosa né nel primo né nel secondo caso (anche perché non ha funzione consolatoria che Emy le attribuisce. Meglio la religione: consola di più).
    Siamo – per fortuna (?) – ancora fuori dalle mischie dirette e sanguinose, dove i ragionamenti non sono più possibili nella forma “non belligerante” a noi ancora concessa.
    Nessuno di noi – e l’abbiamo dimostrato con la precedente discussione su Gaza – è piattamente filo israeliano (o filo Netanyahu) o filo palestinese (o filo Hamas o, ora, filo Isis). Al massimo ci eravamo divisi sul firmare o non firmare l’appello dello storico d’Orsi e sulla sua efficacia politica o etica.
    Cosa riusciamo a vedere e capire da questa nostra collocazione?
    Sempre per mancanza di tempo mi pronuncio per ora solo sugli interventi di Rita (Simonitto) e Giorgio (Mannacio), che mi pare evidenzino in pieno la difficoltà anche del tentativo di pensare e ragionare su questa realtà che si va modificando sotto i nostri occhi.
    Rita, prendendo spunto dalle accuse fatte (pare?) da Netanyhau ai servizi segreti statunitensi rispetto all’attacco alla Sinagoga, mette in primo piano la necessità dell’analisi dei «nuovi rapporti di forza» che si stanno costruendo a livello globale; e che avrebbero del tutto cancellato o messa in mora l’analisi marxiana di « quello che finora abbiamo chiamato capitalismo e che adesso non sappiamo più come chiamare».
    Quindi sarebbe «importante, più che dare risposte, fare delle domande, *istituire nessi* (A. Bergonzoni)». Queste interrogazioni dovremmo riuscire a farle in una situazione resa sempre più angosciosa dall’arrivo di altre brutte notizie («L’allarme di Standard & Poor’s: è vicina la terza recessione. Un’interpellanza parlamentare rivela: in caso di emergenza la Bce potrà bloccare i conti correnti e prelevare denaro per salvare Banche e Stati. Un’«euro-rapina» sui conti correnti? Potrebbe accadere e i poveri risparmiatori subirebbero una mazzata con pochi precedenti (tra i quali il prelievo forzoso notturno del 1992 effettuato dal governo Amato)»).
    Viene da chiedersi realisticamente: ma «siamo noi che dobbiamo farci carico di un pensiero che loro [ quelli che devono far fronte ai morsi materiali della crisi, come la famiglia coi due genitori che perdono il posto di lavoro, di cui parlava Emy] non possono avere»? Siamo ancora in tempo e capaci di elaborare questo pensiero e «salvare noi, e in fretta, per salvare loro»? E anche se riuscissimo ad evitare di porre le domande o le questioni in termini morali e non politici, aggrappandoci ancora alla lezione di Machiavelli e accettassimo che «la Politica non si occupa di queste cose [morali] ma di interessi altri, di strategie, che uno lo voglia o no», in quali «gangli» della lotta politica «bisogna entrare e cercare di capire come disinnescarli»?
    Specie se si danno per obsoleti sia il concetto di ‘polis’, « che andrebbe ripensato e demitizzato», sia il concetto di ‘democrazia’(« Abbiamo visto che fine hanno fatto le ‘elezioni democratiche’! e la nostra Costituzione, la più bella del mondo!»)?
    Sia la memoria storica («La Chiesa che manda al martirio, l’Esercito che manda al sacrificio, ecc. ecc.. Noi, dall’esterno, possiamo ben poco nel cercare di persuadere il martire o il milite a fare diversamente, nella misura in cui loro sono integrati al sistema») sia l’analisi di un qualsiasi aspetto del presente, in questo caso la situazione del conflitto israelo-palestinesi («Allora il problema sarebbe Hamas e non Israele che, a questo punto, figurerebbe solo come rappresentanza del nemico ‘esterno’ per rafforzare la coesione interna. Ma è proprio così? Hamas è proprio così stupido? O invece ci naviga anche a costi umani altissimi? A quale fine? E gli altri? Quali sono gli altri giochi in ballo?») non ci permettono di uscire dall’incertezza e dal soggettivismo («A LIVELLO SOGGETTIVO, ritengo che le azioni di Hamas NON siano utili alla causa palestinese. A meno che non ci sia qualche altro disegno che non so (e non verranno certo a dirlo a me).
    E allora? Pur volendo sfuggire al « modello di prendere parte», perché contiene il rischio di «un razzismo mascherato» o svolge « una funzione di ‘comodità’ perché ci toglie dalle ambasce dell’incertezza», è come se dovessimo prendere atto che il nostro tentativo di capire e sfuggire alla manipolazione dei mass media non tocca qualcosa di solido, di “vero”. Restiamo al buio.
    Anche il cosiddetto « ‘occhio terzo’», che magari evita il tifo o lo schieramento “a priori” a favore dei palestinesi o degli israeliani, riconferma in effetti la nostra impotenza di intellettuali ( o di gente comune che tenta di pensare la realtà in cui è immersa o che subisce) di fronte a « una situazione che aggiunge problema a problema». Tanto che possiamo solo « cercare di fare ipotesi, e con dolore, perché in questo momento esse macinano ben poco».
    In che cosa, dunque – verrebbe da chiedersi – ci distinguiamo ancora da quelli che le ipotesi nemmeno le fanno più e sono travolti o aspettano ignari di essere travolti?
    Anche Mannacio mi pare giunge allo stesso vicolo cieco ed è costretto a riconoscere che tutto è bloccato: «Credo che si possa condividere il rilievo che v’è da una parte e dall’altra una sorta di impotenza politica che si esprime in Israele in una carenza di opposizione efficace contro Netanyahu e da parte palestinese in una debolezza strutturale di Abu Mazen ( che genera di riflesso una difficoltà estrema di rapporto con la controparte )».
    Possiamo, dunque, insistere ad analizzare la manipolazione dell’informazione ( contenuta negli stessi spunti che ho proposto alla discussione e indagati da Ezio Partesana). Ma ci possiamo stupire «per l’assordante silenzio che ha circondato le atroci esecuzioni dell’Isis, movimento che usa il più antico ed efficace strumento di convinzione: il terrore»?
    Non è che qualcuno di noi sa dell’Isis qualcosa di più di quel che ci viene mostrato alla TV. «Si tratta di un movimento “ contro di noi”»? Così pare. A patto che capiamo che il ‘noi’ che ha imparato dalla «nostra storia […]a rifiutare il fanatismo religioso, la monocultura che nasce dal credersi portatori di verità indiscutibili» non può essere identificato coi governi occidentali. Che non mi paiono meno fanatici (anche se più potenti ed “eleganti” nelle forme di repressione) di quelli dell’Isis che li contrastano. (O come, dicono alcuni analisti, sono invece foraggiati per svolgere un’azione di apparente contrasto).
    Non è che si vuol far finta che l’Isis non esista o non utilizzi «il più primitivo,feroce ed orrendo mezzo di “ convincimento” che l’uomo possiede: il terrore». È che quel terrore ( in apparenza meno primitivo, ma non certo meno feroce e orrendo) viene esercitato anche dagli eserciti “democratici” delle potenze occidentali. E ne vediamo gli effetti in Libia, come ha fatto notare giustamente ro, sia pur con la sua “prosa poetica” che un po’ sconcerta i pensatori più razionalisti (me compreso) di questo blog.

    1. Caro Ennio,
      io invece credo che l’ottimo Giorgio Mannacio abbia profondamente ragione: se eliminiamo ogni determinazione e lasciamo solo le quantità (vi rimando ad Aristotele dai, così ci facciamo una risata…) è ovvio che l’unica differenza che resta è quella quantitativa, quante armi, quanti morti, quanta distruzione et cetera. È la logica dell’equivalente universale del capitalismo, può essere anche la nostra, ma solo a volte e con cura e misura direi.
      Qualunque conflitto armato posta con sé morti civili, ma c’è una differenza cruciale tra un artigliere che lancia un proiettile e un militante che taglia la gola. In occidente abbiamo almeno questo, che il primo se ne vergogna, cerca di nascondere le tracce, mente, accampa scuse, farfuglia di “effetti collaterali”, a volte viene addirittura processato, la legge è contro di lui, in pubblico almeno nessuno oserebbe approvarlo o difenderlo e il potere costituito, in fine, stabilisce che uccidere civili non è consentito. Tutta ipocrisia mi dirai… può darsi ce ne sia molta, sì. Ma come non vedere che invece qualcun altro rivendica e chiede a gran voce il terrore e le vittime innocenti e se ne vanta? Ricordo un vecchio, e in parte buffo, saggio di Freud dove l’ebreo viennese sosteneva che l’invenzione delle armi da guerra fosse dovuta sopra tutto alla necessità, tutta interna all’economia lipidica dell’individuo, di allontanare il più possibile l’atto dell’uccisione di un simile dalle proprie mani… Ecco, mi pare che in questo caso la regressione sia lampante, e grave.

      1. a) non capisco se la frase * invece qualcun altro rivendica e chiede a gran voce il terrore e le vittime innocenti e se ne vanta* si riferisca a persone del Blog, a qualche politico in particolare oppure ad Hamas, all’ISI o all’ISIs.
        b) quanto alla *differenza cruciale tra un artigliere che lancia un proiettile e un militante che taglia la gola*, beh, qui siamo alla leggenda metropolitana che vede l’occidente buono contro l’Islam cattivo. Battuta che decido di trovare spiritosa (non posso ridere su Aristotele!) tanto quanto la gaffe – sempre di leggenda metropolitana si tratta – di Mike Bongiorno alla concorrente di Rischiatutto: “Ahi, ahi, Signora Longari, mi è caduta sull’uccello!”. Che cosa vuol dire che il *primo [l’artigliere] se ne vergogna* perché *uccidere civili non è consentito*?
        Dalla miriade delle nostre guerre ‘occidentali’ dovremmo allora vedere che tutti i civili sono vispi e floridi e invece poveri militari che si torcono le mani dicendo, appunto, che – se hanno beccato qualche civile – si è trattato solo di ‘effetti collaterali’!?
        Allora come si può titolare la motivazione con cui il parlamento americano votò la distruzione di Hiroshima e Nagasaki, perché solo attraverso l’annientamento di una grande città la popolazione giapponese, attraverso il terrore (sì, il terrore) avrebbe capito chi era il più forte? Ma che c’entrava la popolazione giapponese?
        Il discorso di Harry Truman: “Abbiamo vinto la gara per la scoperta dell’atomica contro i tedeschi. L’abbiamo usata per abbreviare l’agonia della guerra, per risparmiare la vita di migliaia e migliaia di giovani americani, e continueremo a usarla fino alla completa distruzione del potenziale bellico giapponese”, può essere definito solo ipocrisia o non è invece criminalità mascherata? Nell’agosto del ’45 la guerra era già al termine! E chi aveva mandato i giovani americani in guerra?
        E il bombardamento di Dresda da parte della Royal Air Force britannica e della United States Army Air Force nel febbraio del ’45? Con ingente strage di civili? Motivazione: “bombardamento strategico”, era legittimo farlo.
        Si vergognò forse qualcuno? Fu forse processato qualcuno?
        Oltretutto è allo studio – e fors’anche ci sono già degli esperimenti effettuati – la possibilità di resettare dalla mente dei soldati mandati nelle zone di combattimento i ricordi di eventi traumatici sia difensivi che offensivi. Questa non è regressione ma attacco contro l’umanità!

        Freud : *…. l’invenzione delle armi da guerra fosse dovuta sopra tutto alla necessità, tutta interna all’economia libidica dell’individuo, di allontanare il più possibile l’atto dell’uccisione di un simile dalle proprie mani… Ecco, mi pare che in questo caso la regressione sia lampante, e grave*.
        Ma la regressione da parte di chi? Per il militante ‘credente, il ‘non credente’ non è un proprio simile. Il suo corpo non ha lo stesso valore che gli viene dato da noi.
        Ma noi invece sappiamo chi è il nostro simile. O dovremmo sapere. Sapere che cosa? Che usiamo due pesi e due misure?
        Il meccanismo di deresponsabilizzazione ha origini antiche, bibliche, direi:
        Adamo: “non sono stato io ma Eva”;
        Eva: “non sono stata io, ma il serpente”;
        Caino:“non sono mica io il custode di mio fratello”;
        sistema che si è sviluppato alla grande soprattutto nel sistema occidentale, la cui struttura ha potuto mantenersi ed espandersi proprio in virtù del velare quali sono i veri rapporti di sfruttamento istituiti tra uomini.
        Non mi piacciono i sistemi dell’ISIs: loro se ne possono lavare le mani perché è Allah che lo vuole. Ma nemmeno noi abbiamo le mani pulite. E chi pulirà le nostre?

        R.S.

  14. @ Ennio Abate
    Caro Ennio, grazie del riscontro. Si,è difficile parlare ancora di questo eterno conflitto.E dunque per il momento elaboro quanto vedo e leggo. Voglio però dirti – a proposito dell’Isis ( davvero si può credere che sia armata dal Mossad ? ) – che c’è una profonda differenza tra avere una mannaia sul collo e essere condizionati da altre difficoltà o inganni. Il diavolo si nasconde nei particolari. Insisto sul punto: sono ” i nostri libri ” ad averci portato ad una capacità di libera critica quale si mostra – anche – in Poliscritture. Dici: i governi occidentali etc…Ne conosci altri meno peggio ? Un cordialissimo saluto. Giorgio.

    1. @ Ennio

      Il mio commento o riflessione, non voleva certo essere consolatorio. Volevo solo mettere in risalto la situazione italiana ed anche europea , dove la crisi sta colpendo milioni di famiglie e l’Europa dovrà per questo, sottomettersi alle decisioni di alcune potenze occidentali ? La sottomissione porterà da una parte aiuti e dall’altra terribile coinvolgimenti? Il nesso si riferiva a questo (visto che di connessione si parlava con Rita Simonitto) . Gli italiani potranno pensare con le loro teste visto che le stesse sono già tristemente prese da problemi quasi da sopravvivenza? Forse sono andato troppo oltre, ma non intendevo ,ripeto,assolutamente essere consolatoria, anzi…

      1. Per quanto riguarda la religione non ho mai trovato consolazione. Il mio credo in Dio mi dà solo coraggio, caso mai. Ma questo sì che è un altro discorso.

  15. …Anche se sono poco preparata e molto sconcertata, vorrei esprimere qualche riflessione, giusto per rimanere nel gruppo dei pensanti di cui parla Ennio…
    Sugli stessi territori dove un tempo si svolsero le crociate,oggi ciclicamente si assiste ad un conflitto di apparente ispirazione fanatica-religiosa…entrambi i popoli invocano, appellandosi ai loro testi sacri, il diritto ad esistere: il popolo ebreo nella sua crescente aggressività che lo porta ad estendere colonie e a impiegare armi “asettiche” che nel tempo hanno causato migliaia di vittime, il popolo palestinese rivuole le sue terre e si affida all’intifada, ad azioni di provocazione estremi e al “terrore”…nella versione “religiosa” più fanatica, i primi vorrebbero spianare le moschee e cancellare un popolo dalla carta geografica, i secondi eliminare gli ebrei dalla faccia della terra…
    ( Passato e presente mi forniscono le ragioni per essere assolutamente laica). Ma a loro volta gli estremismi, sia all’interno che all’esterno, sono manovrati dal “grande fratello”, per sua natura cinico e senza valori, che aspira al dominio sul mondo e non solo su quell’area del mondo, con noi come pedine consapevoli o inconsapevoli…E facendo una connessione, che non mi sembra affatto azzardata, giustamente dice Emy, ” Gli Italiani non potranno pensare con le loro teste visto che le stesse sono già tristemente prese da problemi quasi di sopravvivenza”…Essere giunti a questo punto non é un caso…ma vogliono che noi pensiamo?

    1. @ Annamaria Locatelli

      ….pensiamo carissima Annamaria e penseremo, con il coraggio individuale che con l’unione porterà ad una coscienza collettiva . Per Israele o per i palestinesi, dovremmo e dovremo pensarci con grande serietà, ma vedi, io, per esempio, leggo giornali o vedo i TG e spesso le notizie arrivano frammentate, false a volte frutto di chissà quale fantasia. I fatti sono di una atrocità che spinge a chiederci quale sarà il nostro ruolo in tutto questo? Quale sarà mi chiedo e poi ancora e ancora sono anni ormai che sto a pensarci e mi sembra che il nostro governo non faccia proprio nulla per sensibilizzare gli italiani , ci penseremo noi , ecco sì ci penseremo…

    2. Gentile Annamaria,
      leggo il suo commento e penso che qualche cosa si possa davvero fare, se non per il popolo palestinesi e gli ebrei di Israele, almeno per le nostre teste.
      Per esempio lei scrive: “Sugli stessi territori dove un tempo si svolsero le crociate”, il che è perfettamente corretto. E però bisognerebbe che lei chiarisse anche perché ha scelto proprio le crociate come indice storico; perché non la provincia romana? o il Regno di Giuda? O la Gerusalemme conquistata dagli arabi? Vede, ogni scelta, persino lessicale, e anche la più banale, porta con sé una gran quantità di assunti: meno sono specificati, peggio ragioniamo, e peggio ragioniamo, più difficile è intendersi.
      E ancora: “Ma a loro volta gli estremismi, sia all’interno che all’esterno, sono manovrati dal “grande fratello”, per sua natura cinico e senza valori, che aspira al dominio sul mondo e non solo su quell’area del mondo”. Se lei giudica così, perché non ci dice chi sia questo Grande fratello? Perché non fa i nomi? E come fa questo “potere ascesso” a “manovrare” tutti? Con i soldi? Con le armi? Con le televisioni? Chi sono i suoi alleati prossimi e lontani e quali sono invece i suoi avversari? E i suoi nemici?

      1. Gentile Ezio Partesana,
        temo che nelle mie risposte rimarrò comunque nel vago, per la motivazione dichiarata prima…Penso di aver nominato le crociate perchè sono state guerre di conquista, ma con una connotazione religiosa, e ciò le accomuna a molti conflitti di oggi…Per quanto riguarda il Grande fratello, secondo me si identifica con tutte quei governi che, nel passato come nel presente, basandosi su un’economia capitalistica o marxista degenerate hanno provocato forti squilibri all’interno della loro società e-o a scapito di altre società…e per poter appoggiare gli interessi di pochi a scapito dei molti, si avvale di sistemi di controllo collettivi, come la propaganda, le guerre, ecc., abolisce gli istituti democratici, li riduce al silenzio oppure li mantiene per svuotarli di ogni significato reale…Le povertà di oggi, non solo quella materiale, ne sono le conseguenze…Non sto tracciando una linea di demarcazione tra buoni e cattivi, ormai ci siamo dentro tutti…
        Volevo inoltre riprendere il suo discorso sul militante che taglia la gola e l’artigliere che lancia il missile per uccidere vittime civili, non mi sembra di ravvisare quella differenza abissale e neanche un’evoluzione nel senso di una maggiore umanità. La seconda tipologia di uomo protegge la sua azione, che spesso é molto ma molto più cruenta, dietro a innumerevoli maschere: il buon soldato che obbedisce agli ordini( sembra che non siano sempre errori), non vede lo spargimento di sangue e perciò può “iimmaginarsi innocente”, in seguito potrà scrivere poesie, comporre musica…La civiltà é salva

        1. Gentile Annamaria,
          non riesco a capire come si possa non vedere la differenza. Non dico che una cosa sia etica e l’altra non lo sia o che una cosa sia giusta e l’altra ingiusta. E nemmeno mi passa per la testa di affermare che una sia politicamente efficace e l’altra inefficace, una bella e l’altra brutta. Semplicemente sono diverse, vogliono dire cose diverse e rappresentano problemi (o soluzioni, in un certo senso, a problemi diversi.
          Vediamo se riesco a spiegarmi con un esempio. L’esercito israeliano non farebbe mai un filmato di un militare che spara a un ragazzino per diffonderlo e dire: “Questo è quello che capiterà a tutti i nostri nemici”. L’Isis riprende la decapitazione di ostaggi civili che non c’entrano nulla e la diffonde più che può. Israele non lo fa perché si vergogna, può anche darsi che la cosa sia accaduta (è stata denunciata e c’è un processo in corso), ma una tale azione sarebbe ritenuta inaccettabile dalla società israeliana, e anche dalla nostra voglio sperare. L’Isis invece si vanta di quel che fa perché il suo contesto ritiene perfettamente accettabile quel gesto, e anzi lo trova, diciamo così, “stimolante” in massimo grado. Poiché è una scelta quella dell’Isis, io credo che si debba prenderla come tale, e cioè sul serio e quindi cercare di capire che cosa vuol dire. O no?

          1. …certo la spettacolarizzazione del versamento di sangue delle povere vittime che l’Isis propone é sconvolgente per noi, ma anche perchè abbiamo poca immaginazione per “vedere” come scorra a fiumi il sangue innocente sotto alle macerie, dopo i bombardamenti…Siamo stati diseducati a pensare come ad immaginare concretamente i termini e le conseguenze di una guerra che magari viene definita asetticamente “chirurgica”, con tanto di “semplici effetti collaterali”, però se toccasse a noi perdere una gamba o un figlio saremmo meno disposti a “comprendere” e a definire “più civili ” certi comportamenti. Esempi terribili di inciviltà assoluta da parte del mondo occidentale nella storia recente sono stati presentati da Rita Simonitto nel suo intervento… come lei non riesco a scandalizzarmi…

          2. Come ho già ripetuto più volte, non si tratta di trovare più etica e civile l’una cosa o l’altra, ma di coglierne la specificità, capire quali azioni una società trova accettabili e quali no e perché un’altra società invece ha idee diverse. Ragionare solo con l’arto perso o il figlio ucciso sarà anche molto umano, non ne discuto, ma non aiuta a capire né come ci comportiamo noi né come si comportano altri.

  16. Innanzitutto grazie a Ennio (e anche agli altri) per l’attenzione.
    Di fronte al suo riportare: * Viene da chiedersi realisticamente: ma «siamo noi che dobbiamo farci carico di un pensiero che loro……..»? Siamo ancora in tempo e capaci di elaborare questo pensiero e «salvare noi, e in fretta, per salvare loro»? [….]
    credo che la proposta di:
    * costruire un piccolo gruppo che non smetta di ragionare, anche se le posizioni che si confrontano fossero del tutto opposte o divergenti al massimo. Possiamo cioè correggere l’altro/a e essere disposti a correggerci. Evitare di colpevolizzarci o colpevolizzare l’altro/a. Portare nuovi dati di riflessione (se ne abbiamo più degli altri) o fare domande ( come quella sull’ISIS di Mannacio) senza pretendere risposte esaurienti*
    sia già un buon passo. Affinchè (o, finchè) il terrore non ci travolga.
    E il terrore viaggia a stretto contatto con la confusione, con la nebbia mentale che la confusione provoca. A chi credere? Dove starà la verità?
    Consiglio, a chi non l’ha già visto perché è un film del 2007, The Mist, di F. Darabont tratto da un racconto di S. King. E’ un film horror dove l’horror e funzionale a mostrare come le pressioni esterne, i mostri esterni, possano esaltare le mostruosità interne. E’ anche ‘politico’ perché, anche se velatamente, c’è una accusa alla scissione tra le scelte della Politica e il benessere dei cittadini. Il finale drammatico e senza sconti ci dà molto da pensare.

    R.S.

  17. Ezio Partesana 24 novembre 2014 alle 11:20..le rispondo qui in fondo perché al suo intervento manca pulsante “rispondi”. Le dico che preso dalla sua assoluta interpretazione, oppure preso dalla scienza o tecnica del suo approccio ( che potrei definire ideologico, ma sarebbe impreciso termine visto come riveste ogni suo passaggio di aurea scientifica ), cade di conseguenza le comportano ogni volta di andare oltre il senso delle mie parole del mio pensiero e delle mie parole. Lei non vuole cadere nel ruolo di coloro che continuamente si scusano per essere tenutari o custodi di letture vivamente consigliate, ma così come non può autoconsigliarsi di leggere l’altro, sebbene ultimo degli ultimi, come la sottoscritta cazzona e così come può consigliare di leggere attentamente ogni testo che rafforza (ovviamente le sue posizioni), può saltare a piè pari il condizionale(potrebbe) e l’estremo ( financo o pure) che c’era in quella mia frase su Hamas , peraltro incompleta…incompleta volutamente per non darmi importanza sul fatto che avevo già più volte ripetuto in pagine precedenti quanto per me i termini della questione mediorientale, e specificatamente della terra “maledetta”, non trovino assolutamente il mio appoggio ad Hamas, ma anzi tutto il contrario ( non è il caso che io ripeta come si sia dimostrato filoimperiale il suo atteggiamento nei confronti dei ribelli da questa o quella libia, o sulle rivoluzioni scolorate). Inoltre, signor Ezio, per concludere, sempre provvisoriamente, lei ha così colorata idea, rispetto alle mie smunte, sciupate, esangui , smorte, in una parola pallide, che ha tanto, tanto bisogno di averne ..la capisco; seguendo il suo discorso, la violenza accomunerebbe in pari modo le due parti , quindi per coerenza al mio pallore la lascio alla sua scienza perché delle mie parole di ieri e del precedente intervento, che non lo erano, ha potuto farne carne da macello, peraltro riportandole su un piano personale, sul quale non mi sono affatto offesa, mentre ora sì, visto che così (non)leggendole, le ha del tutto sterminate.

    1. Allora… rispondo ancora a questo suo ultimo intervento per cercare di ridurre al minimo possibile i fraintendimenti, e poi direi che potremmo anche smettere questo scambio che sta diventando stucchevole…
      Io non ho offeso alcuno, né volevo farlo. Mi dispiace che le sue parole si sentano così poco bene, ma il problema è che un condizionale non salva un bel niente.
      Se io scrivessi una castroneria, per esempio: “Hanno violentato quella ragazza, ma penso che abbiamo già acquisito il fatto che potrebbe anche essere stata colpa sua” o “In Africa muoiono un sacco di bambini, ma penso che abbiamo già acquisito il fatto che potrebbe anche essere che i genitori non si preoccupano troppo di dar loro da mangiare” o ancora “In Americani c’erano gli schiavi, è vero, ma penso che abbiamo già acquisito il fatto che potrebbe anche essere che fossero gli schiavi a voler andare in America”, lei si arrabbierebbe con me, e ne avrebbe ben donde. Perché mai io non dovrei allora criticarla se lei scrive che “penso che abbiamo già acquisito o consolidato,in precedenti dibattiti sul tema,che Hamas potrebbe pure essere una costruzione generata dal Mossad stesso”? E dove sono questi dibattiti dove avete convenuto su una cosa simile? Chi era d’accordo? Quali fatti sono stati portati a supporto di una simile folle tesi? Ripeto: si può chiudere tutto in cinque minuti leggendo su Internet la storia dei Fratelli musulmani e di Hamas, perché tirarla tanto in lungo?

      1. Se non la voleva stucchevole, così come lei dice di essere , non avrebbe dovuto giocare (con le parole dell altro) a un braccio di ferro violento e ,per questo,senza senso. Avrà ora la saggezza di deporre le sue armi? Voglio augurarcelo, da parte mia non sentirà più alcun fiato rivolto a lei o su questo specifico tema, che del resto é emblematico si svolga negli stessi termini di forza e violenza di chi vuole “vincere” anche di fronte a chi non lo vuole, meglio perdenti come i dissidenti ebrei…

  18. SEGNALAZIONE

    Palestina…Origine…Realtà e Mistificazione
    http://www.udap.it/blog/2014/09/12/palestina-origine-realta-e-mistificazione/

    Si tratta di una lunga ma dettagliata ed equilibrata ricostruzione storica della questione palestinese.
    Propongo alcuni stralci che ho trovato particolarmente significativi:

    La ricerca orientalistica su basi scientifiche, il revival del mito delle Crociate e l’interesse romantico per l’Oriente costituiscono le premesse ideologiche dell’operazione coloniale.
    IL mito delle Crociate, rivissuto attraverso la sensibilità romantica, offre ampio materiale all’operazione. Da Chateaubriand con il suo Itinerario da Parigi a Gerusalemme ( 1821 ) a Lamartine con le sue Corrispondenze o ancora le sue Note di un viaggiatore: ricordi, impressione, pensieri e paesaggi durante un viaggio in Oriente ( 1832-1833 ), per non citare altri nomi famosi, tutta la prima metà del XIX secolo è attraversata dalla curiosità per l’Oriente, e in modo particolare per la Terrasanta. All’inizio del secolo queste ricerche sono affidate all’iniziativa personale. Ben presto però questa viene sostituita da grandi organizzazioni, come il Palestine Exploration Fund, creato a Londra nel 1804, ma veramente attivo solo a partire dal 1865. Tali organizzazioni mettono a disposizione di ricercatori ed esploratori ragguardevoli finanziamenti.
    […]
    In questo contesto vanno collocati i primi episodi di stanziamento ebraico, di ebrei non palestinesi, di molto anteriori alla nascita ufficiale del Sionismo. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di progetti agricoli, alcuni modesti e sporadici, ma interessanti. Gli stanziamenti ebraici sono documentati, insieme a Gerusalemme, nell’area di Safed, preferita dall’immigrazione ebraica proveniente dall’Europa orientale. Altre iniziative, invece, almeno per gli ideatori, sono già consistenti e soprattutto strutturate in maniera più funzionale e moderna, con previsione di banche, di formazione di personale specializzato, ecc. L’esempio più significativo è fornito da Moses Montefiore che prevedeva, tra il 1838 e il 1839, la fondazione di duecento villaggi ebraici in Galilea, con capitale iniziale a finanziare il progetto di un milione di sterline.
    L’attenzione per la comunità ebraica locale, che va cambiando fisionomia a causa dell’afflusso di immigranti ebrei provenienti dall’impero zarista, e il cui potenziamento costituisce una delle richieste europee alla Sublime Porta, cioè, Medio Oriento. Sul piano politico essa rientra nel più ampio programma europeo di liquidare l’impero ottomano sulla base di un’ipotesi di assetto che tuteli gli interessi delle diverse potenze coinvolte. Invece, sebbene la prima immigrazione ebraica muova soprattutto dall’Europa orientale, le pressioni operate dalla Russia sul governo ottomano vanno in tutt’altra direzione. Esse riguardano soprattutto lo statuto dei Cristiani d’Oriente, e in particolare degli ortodossi, attraverso i quali la Russia può immaginare una sua presenza politica nella regione. Ciò significa che saranno Francia e Inghilterra a gestire, nella quasi totalità, la questione dell’immigrazione ebraica e , in definitiva, il destino della Palestina. IL quadro del rinnovato interesse europeo per la Palestina non sarebbe completo se non si affrontasse anche la questione dei Luoghi Santi. Questa vede coinvolte in prima persona Francia e Russia, in misura minore la Santa Sede e per riflesso l’Italia. La Gran Britannia, pur avendovi una parte attiva, rimane piuttosto sullo sfondo, tanto da potersi proporre come intermediaria e agire da paciere nel momento delicato della definizione dell’assetto della regione dopo la prima guerra mondiale. Storicamente la questione dei Luoghi Santi consiste nel contrasto tra le varie comunità cristiane circa la gestione della basilica della Natività a Betlemme e la chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Nel XIX secolo la questione ha caratteri tutti politici, tant’è vero che la Santa Sede non viene considerata tra le istanze preposte a cercare una soluzione, che rimane di esclusiva competenza delle grandi potenze, nella loro contrattazione con la corte ottomana. Ma il significato politico della questione non riguarda esclusivamente l’Europa da un lato, l’Impero Ottomano dall’altro. Ci sono implicazioni locali, ancora attuali, che emergono quando entra in gioco, con la spartizione coloniale della regione, il futuro stesso della Palestina. Dare al problema una soluzione piuttosto che un’altra significherà a un certo momento favorire o impedire il sentimento nazionale arabo-palestinese che vuole esprimersi al di fuori degli schemi confessionali ereditati dall’impero ottomano e strumentalizzati dalle forze coloniali.

    […]
    La sconfitta russa in Crimea stabilisce la supremazia francese. La Francia chiede il mantenimento dei privilegi nella gestione dei Luoghi Santi. Tale formula viene espressamente menzionata in un articolo ( il 62 ) del trattato di Berlino ( 1878 ), che esclude completamente come controparte l’impero ottomano e porta la questione sul terreno esclusivo della diplomazia europea. A tale clausola si riferirà Allenby quando entrerà a Gerusalemme nel dicembre del 1917. La discussione in merito riprenderà nella conferenza di pace di San Remo prima, di Parigi poi, dove l’Italia, in nome della presenza del papato sul suo territorio, presenta, in relazione ai Luoghi Santi, sue autonome proposte e rivendicazioni, che vengono sostanzialmente rifiutate. Rimane che, nel progetto di mandato sottoposto nel febbraio del 1921 al Consiglio della Società delle Nazioni, si dichiareranno abolite le Capitolazioni e con esse la fine del protettorato francese sui Luoghi Santi.

    […]
    Nonostante le sue peculiarità la Palestina non fu oggetto di un organico piano coloniale fino alla nascita del sionismo politico. Abbiamo già accennato all’interesse della Francia e dell’Inghilterra. Per l’Inghilterra la Palestina rappresentava un punto strategico per la difesa della rotta per l’India, dominio coloniale fondamentale per lo sviluppo industriale inglese in piena crescita. Tale importanza aumentò ancora dopo l’apertura del canale di Suez(1869), tenendo conto che la Gran Britania aveva acquistato la maggioranza di azioni della società di gestione del canale. La Francia, a parte la questione dei Luoghi Santi, era preoccupata di contrastare la supremazia inglese in tutto il Vicino e Medio Oriento. La Palestina rientrava nelle varie ipotesi di smembramento dell’impero ottomano a cui le potenze europee erano estremamente interessate. In questa già complessa situazione intervengono però alcuni fattori che creano una situazione anomala, quali per esempio la prima spinta migratoria ebraica. L’ondata migratoria proveniva soprattutto dalle regioni orientali dell’Europa e in modo particolare dall’impero Zarista. A partire dal 1881, dopo l’assassinio di Alessandro II, il regime zarista fece uso sistematico di quello che stato definito “l’ antisemitismo politico”.
    La massiccia emigrazione ebraica dall’impero Zarista non ebbe certo come unico obiettivo la Palestina, alcuni si diressero oltreoceano, negli Usa, altri a Costantinopoli, non diversamente da come era avvenuto secoli prima agli ebrei di Spagna, cacciati dai re cattolici dopo la “riconquista”. Come allora un certo numero di ebrei si stanziò in Palestina. Data l’esiguità del numero di ebrei palestinesi da sempre residenti sul territorio, i quali parlavano arabo, l’aumento della comunità ebraica non passò inosservato, specie agli occhi dei viaggiatori ed esploratori europei.

    […]
    a questo punto che entra in scena il sionismo che teorizza la nascita di uno Stato ebraico. Da un lato gli interessi coloniali britannici trovano nel sionismo lo strumento adatto per la loro realizzazione. Dall’altro, gli elementi mitici cui abbiamo spesso fatto riferimento e la riscoperta ottocentesca della Palestina spingono naturalmente in questa direzione. Così Herzl, il fondatore del sionismo, può tranquillamente affermare che “ la Palestina è la nostra indimenticabile patria storica”, quando presenta al sultano Abd al-Hamid la richiesta di costruire uno Stato ebraico “in rapporti costanti con l’Europa”, in cambio del risanamento delle finanze dell’impero ottomano naturalmente rifiutata dal sultano.

    […]
    Eppure un’esplicita rivendicazione della Palestina per fondarvi il proprio Stato non è neanche per i sionisti cosa ovvia e automatica. Terra di nessuno, terra biblica, terra promessa, ecc., ma ciò non basta ad accreditare diritti che verranno avvallati solo in un più globale progetto coloniale. IL programma del primo congresso sionista mondiale ( Basilea, 26-31 agosto 1897 ) afferma che “ il sionismo si sforza di ottenere per il popolo ebraico un focolare garantito dal diritto pubblico in Palestina”. Per raggiungere tale obiettivo si deve incoraggiare l’immigrazione ebraica in Palestina, così come si deve rafforzare la coscienza ebraica individuale e nazionale e lavorare all’unificazione di tutte le comunità ebraiche. Quando questo focolare verrà annunciato, nella dichiarazione Balfour ( 1917 ), in piena ostilità bellica e con intenti precisi, nonostante la mancanza di qualsivoglia validità giuridica del documento, si è ben più avanti di quanto i sionisti stessi si ponevano come aspirazione a Basilea. è già chiara la decisione inglese di non concedere agli Arabi lo Stato indipendente che si era loro promesso in cambio del loro intervento contro l’impero ottomano. Su queste premesse la Gran Britannia ottiene al tavolo delle trattative di pace, alla fine della prima guerra mondiale, cui gli Arabi non sono ammessi se non per ratificare le decisioni da altri definite, l’affidamento del mandato sulla Palestina. Questa formula indica nei fatti un dominio coloniale, mentre formalmente sancisce solo la temporanea immaturità politica del paese e del popolo su cui il mandato si esplica. Tutti gli Arabi, e non solo i palestinesi, chiamano il 1920 anno in cui fu stabilita la spartizione del Medio Oriente tra Francia ( mandato sul Libano e la Siria ) e Gran Britannia ( mandato sulla Palestina e l’Iraq ) l’anno della catastrofe.
    Sarebbe un errore sostenere che l’amministrazione britannica si sia comportata sempre con perfetta coerenza di fronte alla situazione palestinese. L’interesse per la Palestina, nel quadro generale della politica imperiale britannica, è chiaro e indiscusso. Ma all’interno di questo quadro la Gran Britannia poteva puntare o sul sionismo o sulla popolazione autoctona. Puntò sul sionismo, e questa iniziativa si è rivelata vincente, anche se fallimentare a lungo termine, visto che, dopo la seconda guerra mondiale, la Gran Britannia si è trovata costretta a cedere il suo posto a gli Stati Uniti ( ma questo non solo in Palestina )

    […]
    Bisogna notare però che l’appoggio inglese al sionismo non fu solo politico. Le modificazioni economiche derivanti dalla presenza coloniale resero in qualche modo irreversibile il processo. Da un lato l’Organizzazione sionista, dall’altro l’Agenzia ebraica, fondata nel 1929 a seguito del congresso sionista di Zurigo e comprendenti anche gli ebrei non sionisti, facilitarono le misure economiche britanniche. Un fatto estremamente importante, come l’acquisto da parte sionista di terre arabe, venne solo in apparenza boicottato o controllato. In realtà tale fenomeno fu favorito, anche in vista di uno sfruttamento moderno e tecnologicamente avanzato delle potenzialità del paese, nei confronti del quale, peraltro, diversamente da quanto avvenne in india o in certe zone africane, la Gran Britannia non vantò mai un suo piano economico specifico.

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    Un secondo libro bianco, pubblicato dalle autorità inglesi nel 1939, imponeva più rigide restrizioni all’immigrazione ebraica e all’acquisto di terre arabe. Ma la persecuzione nazista in Europa cambiò i termine della questione, specie in seno all’opinione pubblica occidentale. Ciò significa che l’immigrazione continuò e si accrebbe. Nel 1939, comunque, gli ebrei in Palestina rappresentavano solo il 28 % della popolazione. Ma si era ormai incominciato a parlare di uno stato in Palestina, non più arabo, ma arabo-ebraico. Nello stesso tempo si era andata strutturando l’organizzazione sionista nel paese; si era formato l’embrione della struttura di uno Stato ebraico, ivi compreso un corpo militare, l’Haganà, formalmente clandestino e illegale, in realtà tollerato dalle autorità britanniche. l’Haganà costituì il nucleo dell’esercito israeliano all’indomani della proclamazione di Israele.

    […]
    IL 29-11-1947, l’ONU votò un piano di spartizione tra uno Stato arabo e uno ebraico proponendo uno statuto internazionale speciale per Gerusalemme. IL 14 -5 1948 l’Alto commissario inglese lascia la Palestina e Ben Gurion proclama la nascita dello Stato di Israele immediatamente. Le truppe arabe dei paesi confinanti organizzano un’avanzata militare in territorio palestinese, ottenendo alcuni parziali successi. Sennonché da un lato Israele sistematicamente inizia un’attività terroristica (del genere Deir Yasin) per terrorizzare la popolazione appropriandosi delle loro terre, dall’altro gli eserciti arabi accettano un armistizio, durante il quale Israele riesce ad occupare alcuni punti importanti e ad integrarli, così come i villaggi abbandonati dalla popolazione in preda al terrore conseguente dei massacri. I nuovi confini verranno accettati come un fatto compiuto. IL nuovo stato di cose facilita un’atra operazione contraria agli interessi dei palestinesi: la parte di territorio palestinese rimasta in mano araba viene annessa alla Transgiordania, che prende il nome di Regno di Giordania, e la fascia di Gaza viene affidata all’Egitto. L’esodo palestinese è incominciato e la parola Palestina esce dal vocabolario politico e storico della regione. Se si segue il corso ufficiale degli eventi, la Palestina appare in questo scorcio di secolo come la grande assente: il suo destino sembra compiersi senza l’intervento dei suoi abitanti o/e dei suoi dirigenti. è questa l’immagine che è stata a lungo, e in parte lo è ancora dominante in Europa, e solo poco prima della guerra dei sei giorni ( 1967 ) la resistenza palestinese appare sulla scena internazionale, grazie alla fondazione dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina ( OLP ) nel 1964.

    […]
    Nel 1891 viene inviata al governo ottomano una petizione firmata da cinquecento notabili di Gerusalemme, in segno d’opposizione all’acquisto di terre, alla concorrenza nel settore commerciale e all’introduzione clandestina di armi nel paese. Nel 1899, il sindaco di Gerusalemme, scrive una lettera al gran rabbino di Francia, chiedendogli, “ per un sacro dovere di coscienza”, “di lasciare in pace la Palestina”, dove incomincia a serpeggiare un sentimento di ostilità tra le varie comunità religiose da sempre esistenti nel paese. Tornando alla questione delle terre, in genere la terra venduta appartiene a proprietari assenteisti, non sempre palestinesi. Provocò una forte reazione, nel 1911, la vendita di un consistente lotto di terre da parte di un ricco banchiere libanese; con il risultato che 1.746 famiglie palestinesi vennero espulsi dai loro villaggi, e comunque, al momento della spartizione(1947),le terre in mano ebraica sono meno del 6 % del territorio palestinese. Incidenti gravi si verificano nel 1921 a Giaffa, dove più intenso e appariscente è l’intervento ebraico volto ad impiantare una struttura industriale nel paese a esclusivo beneficio della componente ebraica. Uno degli scontri più sanguinosi e densi di conseguenze avviene nell’estate del 1929 per una faccenda apparentemente religiosa, e cioè le modalità d’accesso ebraico al Muro del Pianto, che è inserito nell’area musulmana della Rocca di al-Aqsa. Da Gerusalemme i disordini si diffondono nel paese e prendono l’aspetto di una contrapposizione giudaica-musulmmana, e non, come era stato per lo più fino ad allora, arabo-sionista, tant’è vero che il congresso islamico mondiale che si tiene a Gerusalemme nel dicembre del 1931 fa propria la causa palestinese.

    […]
    Con lo scoppio della seconda guerra mondiale, quando più imminente si fa il rischio che la Palestina perda la sua identità araba, i paesi arabi impegnati anch’essi a conquistare la loro indipendenza si appropriano per così dire della questione. Un discorso a sé merita, comunque, un’organizzazione rivolta soprattutto ai contadini, che vede in un arabo siriano trasferitosi in Palestina nel 1921,(Izz al-din Qassam), il suo capo e il suo ispiratore, l’organizzazione di Qassam esce allo scoperto con alcune azioni nel 1932, nella regione tra Gianin e Haifa, alla fine del 1935 Qassam lancia un appello a tutte le istituzioni palestinesi, comprese quelle politiche summenzionate, chiamando alla rivolta tutto il paese. IL capo riconosciuto dell’esecutivo arabo, il muftì di Gerusalemme, risponde negativamente all’appello, dicendosi disponibile e favorevole solo a una soluzione politica negoziata. Qassam viene ucciso lo stesso anno in uno scontro armato con le truppe inglesi, incaricate di reprimere i focolai di resistenza. Comunque l’attività dell’organizzazione continua tra il 1936 e il 1939 con altre organizzazioni e personaggi carismatici(ad esempio Abd al-Kader Husainy e tanti altri), costituendo la trama di quella che viene definita la prima rivoluzione palestinese. Questo periodo di resistenza si conclude con la proclamazione di uno sciopero generale che ha il suo centro di propulsione a Giaffa. IL successo è consistente, tanto che rivendicano il patronato dell’iniziativa tutte le istanze politiche, compreso l’Alto comitato arabo, ulteriore espressione dei sei partiti di cui si è detto. Se la cosa ha un grande valore sul piano simbolico, si tramuta però nei fatti in una sconfitta. La potenza mandataria e l’imprenditoria ebraica ne approfittano per ridurre notevolmente la presenza di manovalanza araba nelle fabbriche e per legittimare la costruzione di un porto alternativo a quello di Giaffa, a Tel Aviv, il quartiere ebraico costituitosi alla periferia di Giaffa stessa. Lo sciopero si conclude dopo 174 giorni, per intervento dei paesi arabi (Iraq, Arabia Saudita, Giordania e Yemen) che promettono di farsi mediatori nei confronti della Gran Britannia, al fine di trovare una soluzione che soddisfi le richieste arabe. Sul piano politico nulla, o quasi, si ottiene, se non l’istituzionalizzazione dell’ingerenza araba, con i risultati cui si è accennato.

    1. “Si tratta di una lunga ma dettagliata ed equilibrata ricostruzione storica della questione palestinese”.
      Caro Ennio, mi permetto di commentare, visto che ti ho segnalato io il pezzo, che si tratta di una ricostruzione seria sì, ma decisamente di parte e con varie importanti omissioni. Il che non diminuisce il suo interesse però, perché è la prima volta che leggo un tentativo di ragionare storicamente e politicamente a difesa dei palestinesi, senza fare solo appello a emozioni e facili slogan.
      Un saluto a tutti.
      Ezio.

      1. Allora diciamo solo ‘dettagliata’.
        Io comunque la trovavo ‘equilibrata’ almeno rispetto a questa:

        “Voi non siete per il popolo palestinese, voi siete contro Israele”
        Il “j’accuse” pronunciato dall’ambasciatore israeliano davanti all’Assemblea dell’Onu nella “Giornata di solidarietà internazionale per il popolo palestinese”
        di Ron Prosor

        http://www.israele.net/voi-non-siete-per-il-popolo-palestinese-voi-siete-contro-israele

        1. Io trovo molto interessante anche l’altra…
          Comunque non facciamo la gara a chi trova le ricostruzioni meno imparziali, se no mi sa che vinco… 😉
          E poi insomma, te l’ho segnalata io no?

  19. SEGNALAZIONE

    Precisazioni di Joseph Halevi su FB a proposito delle discussioni sulla questione palestienese.

    Precisazione. C’e’ chi – per altro non nella mia lista di contatti ma la mia pagina fb e’ pubblica – ha commentato sulle mie motivazioni circa la scelta di restringere al massimo la lista di contatti (‘amici”) come se volessi conversare solo con persone della mia idea.

    (1) Cio’ e’ assolutamente vero per quel che riguarda i diritti del popolo palestinese ed il suo sacrosanto diritto di organizzare una resistenza sia pacifica che armata, secondo le condizioni. Non transigo nemmeno con coloro che non riconoscono il carattere di stato apartheid di Israele e blaterano sulla democrazia israeliana, che c’e’ ma per gli ebrei (e nel senso del porcellum italiano; se volete posso spiegare), poi decresce per gli altri fino ad annullarsi del tutto quando si arriva al regime di occupazione. Dall’estate del 2014 ho sviluppato un profondo disprezzo per quei non ebrei che, dicendosi di sinistra, si mettono a piangere sulla crescita dell’antisemitismo in Europa proprio quando Israele da’ un ulteriore impulso all’etnocidio a Gaza, come e’ successo in seguito al vergognoso – Elie Wiesel style – articolo di Sofri su la repubblica in cui la resistenza palestinese veniva abbinata all’antisemitismo. Proprio come va facendo da decenni lo squalificato Premio Nobel Wiesel. Il risultato e’ che sono diventato estremamente sospettoso verso chi parla di antisemitismo senza prima mettere in chiaro la sua posizione verso il popolo palestinese senza mezzi termini. Ho anche notato che questi stessi circoli e queste stesse persone appena si cheta, in superficie, il tuono della guerra che Israele regolarmente scatena sulla popolazione civile palestinese NON DIRIGONO il loro richiamo d’allarme sull’antisemitismo laddove esso prospera a livelli ufficiali come oggi accade in Ucraina. Su questo terreno essi seguono passo passo Israele che non denuncia mai l’ideologia antisemita dei regimi appoggiati dagli USA e dalla Nato. Vedere in proposito ottimo pezzo di Chossudovsky dell’Universita’ di Ottawa. Non applico invece questo totale sbarramento all’esercito israeliano, ossia ai suoi servizi di analisi. La natura assolutamente cinica e puramente strategica di queste analisi mostra, quando trapelano attraverso organi come Ha-aretz, una perfetta comprensione delle dinamiche europee in materia.

    (2) E’ invece sbagliato sostenere che le spiegazioni che ho fornito riguardo gli approcci in materia economica denotino una volonta’ di comunicare solo con chi e’ d’accordo con me. NO. Dal 2008 al 2012 ho scritto molto sul manifesto riguardo la crisi e la sua dimensione finanziaria entrando fin nei particolari di cio’ che allora costituivano i prodotti derivati e le loro ulteriori ramificazioni in prodotti strutturati. Senza il Financial Times avrei parlato a vanvera, e non c’e’ analisi nel FT che non sia improntata all’accettazione fondamentale dell’ortodossia economica: la validita’ immanente del mercato. Certo il FT non e’ stupido e non ha mai dato credito all’austerita’ espansiva dei Giavazzi e degli Alesina. Analogamente, cerco di non essere uno stupido e mentre do’ credito al FT, a Summers, a Draghi ed anche al Fondo Monetario, non posso perder tempo dietro gruppuscoli autoriferiti in cerca di notorieta’ e legittimizzazione ufficiale come la maggioranza degli sraffisto-keynesiani. Ne’ posso perder tempo dietro coloro che sono fissati su cadute di saggi di profitto e scempiaggini simili. Time is short, specialmente alla mia eta’.

    (3) Appena scoppiata la guerra in Ucraina ho scritto su fb che (a) la Russia aveva ragione, (b) che pero’ Putin non lottava contro la destra ucraina e non poteva essere preso come riferimento antifascista. Questo e’ invece quello che hanno fatto i comunisto-nostalgici stile Giacche’ e, ancor peggio, Giulietto Chiesa, in verita’ piu’ nazionalista russo che altro. Cio’ e’ dovuto al non superamento del trauma sovietico che si ripercuote anche sul medioriente riguardo la Siria. Ho quindi suggerito che si cerchino dei buoni psicanalisti.

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