Il vecchio e il suo “destino”

campanon

di Franco Nova

incontrarsi e passare oltre

Una ragazzina, tutta sola, si divertiva con il campanon, buttando il suo sasso piatto e saltellando su una gamba come da regole del gioco. Non poteva che vincere sempre senza alcun concorrente; e questo le piaceva enormemente. Un vecchio appesantito nel corpo e nell’animo, con uno sdrucito e polveroso pastrano sulle spalle, apparve improvvisamente da non si sa dove: “potresti insegnarmi come fare e lasciarmi giocare con te?”. Lei lo guardò gelida: “sei grande, grosso e…..”; “coglione” terminò l’uomo. “No, sono una ragazzina per bene ed educata; tu non puoi però giocare con me, non ho tempo di insegnarti nulla”.
In realtà, era diffidente; si sarebbe pur sempre dovuta impegnare di più, magari per caso quel tipo poteva vincere. Meglio non rischiare, essere soli dava la certezza del successo. Il vecchio, che aveva già camminato un bel po’, non replicò e si sedette su una panchina lì di fianco, disponendosi ad osservare la ragazzina nel suo gioco solitario. Essa si sentì a disagio, voleva proprio giocare in perfetta solitudine, non essere nemmeno guardata giacché, ogni tanto, barava pure alle regole del gioco, magari non saltellando per qualche secondo in modo da riprendere l’equilibrio perso e portarsi con sicurezza sulla casella dovuta, grossolanamente disegnata al suolo.
Decise di affrontare più decisamente la situazione. Sbirciò l’uomo; in effetti era pesante, non avrebbe fatto un bel nulla, poteva persino cadere a terra e sarebbe stata per lui una bella lezione. Gli si avvicinò dunque: “ci ho ripensato, magari ti insegno e giochi con me”. “Sei molto gentile, ma forse è in effetti più riposante assistere; sei molto graziosa nel muoverti”. “Non vorrei sembrare scortese, ma non mi piace essere osservata”; esitò un attimo e poi mentì: “ho bisogno di concentrazione, è un gioco assai complesso e richiede grande attenzione”.
L’uomo sospirò e anche lui mentì: “beh, in fondo mi sono un po’ riposato, posso togliere il disturbo. Ciao e buona continuazione”. Si alzò con fare pesante e passo malfermo e riprese il suo andare verso chissà dove. La ragazzina, sollevata, riprese a giocare.

Ripensarci e tornare indietro

Il vecchio si era allontanato e ormai aveva percorso poco meno di un km. Con il suo passo, malgrado tutto, non pesante e piuttosto spedito. Si arrestò però di colpo e un pensiero fastidioso gli attraversò il cervello ancora confuso dalla vista della bambina. In effetti, aveva abbandonato il campo frettolosamente, dopo averla per un bel po’ di tempo osservata mentre giocava e averle chiesto di poter partecipare pure lui. Se n’era andato proprio quando quest’ultima, gentilmente, si era mostrata disponibile ad accettarlo. Non aveva affatto capito lo scopo recondito della fanciullina, quindi è chiaro che altri dovevano essere i reali motivi della sua partenza, decisa all’ultimo momento, proprio nello stesso istante in cui gli era stato rivolto l’invito a entrare in gara.
Era veramente meravigliato del suo inopinato rifiuto; e si accorse d’un subito che in realtà desiderava molto essere a fianco della bambina saltando nei riquadri del campanon. Aveva rifiutato proprio per un qualche disagio nato in seguito a quel desiderio così forte. Era del tutto certo di non avere alcuna predisposizione alla pedofilia. Tuttavia, quel desiderio, seguito dallo strano disagio, non era dovuto a questioni intrinseche al gioco, che anzi non gli era mai sembrato entusiasmante; semmai piuttosto noioso per i suoi gusti. E allora? Perché sentirsi imbarazzato e fuggire in quel modo? Perché ormai l’aveva capito: era stata una fuga. Insomma, doveva tornare indietro, è ovvio che una spiegazione s’imponeva, quel dubbio non poteva portarselo appresso; lo avrebbe intrigato. Non per sempre magari ma troppo a lungo per sopportarlo. Invertì il cammino con decisione e camminò anche più velocemente di prima poiché temeva di non trovare più la bambina intenta al suo gioco.
No, era ancora là, ma restò di stucco. Non era affatto soltanto una bambina; pure il vestito era cambiato. Sembrava comunque giovanissima, ma con una faccia dall’espressione quasi sofferta di un’adulta. Inoltre era assorta come di solito non sono i bambini; aveva la pietruzza in mano, ma non la gettava in un riquadro, era immobile e pensosa. E le spalle erano piegate come sotto un peso troppo grave da reggere. Il vecchio si fermò ad osservarla; era davanti a lei, sorpreso, emozionato, anche un po’ smarrito. La ragazzina (non più una bambina) sembrava però non vederlo. Non era così, perché dopo qualche minuto di quasi tenebroso silenzio, la sua voce non più sottile bensì abbastanza fonda e un po’ metallica si fece udire: “temevo tu tornassi, ne ero quasi sicura. Prima, mi sono presentata a te come bambina; e anche capricciosa e un po’ insolente, affinché ti allontanassi. Poi, ho voluto far finta di invitarti ma proprio con un atteggiamento di sufficienza e odiosetto che speravo ti scoraggiasse dal tornare. Ma non c’è nulla da fare: quando il Destino ha deciso, non lo si inganna mai, ti ha messo un rovello in testa e sei di nuovo qui. E ora, che faccio?”.
Il vecchio l’osservò fortemente incuriosito: “Cosa mai ci sarà di male nel fatto che sono tornato? Ho solo scoperto che non sei bambina, e ne sono tuttora incredulo perché sono certo del tuo essere molto infantile poc’anzi”. La ragazza lo guardò cupa: “Certo che ero bambina, avevo chiesto a Loro che mi risparmiassero la pena d’esserti Vate in questo tornante della tua vita”. Il vecchio fu ancora più sorpreso e tuttavia pure divertito: “E che cosa mai dovresti vaticinarmi?”. “Non vorrei dirtelo, forse non dovrei, ma vi sono obbligata. Nel momento stesso in cui tu hai girato i tacchi per ritornare qui, hai messo in moto la nuda verità; nulla di diverso può esserti detto, e non si possono usare giri di parole, esitazioni, abbellimenti. No, tu, con quell’inversione così brusca, hai chiesto di sapere la tua sorte, nel modo più diretto e immediato possibile. Fra dieci minuti, un quarto d’ora al massimo, tu svolterai in una strada e immediatamente l’autobus n. 23 ti investirà. Non soffrirai però, morirai all’istante, non passerà nemmeno un secondo”.
Il vecchio la guardò come fosse matta, si lasciò andare ad un sorriso, ma senz’altro la guardò con maggiore attenzione e qualche inquietudine; perché quell’improvviso mutamento da bambina ad adolescente faceva propendere per qualche avvenimento in effetti fuori dell’ordinario. L’osservò abbastanza a lungo: qualcosa nello sguardo, come una nota scherzosa ed ironica, sembrava contraddire la gravità delle affermazioni che aveva appena udite. Era molto perplesso. “Dato che non ti rivedrò, posso abbracciarti e salutarti come si conviene ad un morituro?” “Tu scherzi, non mi credi, eppure la tua sorte è segnata, dovresti essere terrorizzato.” Lui allargò le braccia: “Non è così terribile alla mia età; e poi se la sorte è segnata, se il Destino non fallisce i suoi colpi, cosa posso fare se non salutarti come quando ci si lascia senza alcun fastidio, tanto meno rancore o senso di insofferente sopportazione?”. Si avvicinò e, senza più dire una parola, l’abbracciò e gli piacque sentire quel tenerume che avviluppava senza però alcuna malizia. Lei manifestò una qualche irritazione per la sua tranquillità di fondo, ma fu egualmente gentile nel non irrigidirsi di fronte a quella manifestazione di amicizia piuttosto inattesa.
Il vecchio strinse anche il naso della fanciulla come si trattasse ancora di una bambina e si avviò verso il suo Destino che doveva compiersi di lì a pochi minuti. Una decina al massimo e poi avrebbe dovuto, stando alla ragazza, scoprire la sensazione della morte. Sarebbe avvenuta in un istante, gli era stato assicurato; l’istante sarebbe stato lungo quanto la sua vita. Tuttavia, non avvertiva alcuna sensazione di distacco da quanto vedeva intorno a lui. Si incamminò con passo spedito in una strada piena di luminosi negozi; poi svoltò in una strada più larga e divisa in due corsie da una lunga serie di alberi frondosi. Era molto lunga, ma svoltò in una laterale più stretta e breve che lo condusse davanti al negozio di barbiere dove soleva servirsi. Salutò l’amico che stava lì entrando e che gli gridò: “Ricordati di venire a casa mia stasera”. “Non ti preoccupare, sarò puntuale”. E si sentiva sicuro che sarebbe stato a quella festicciola per il compleanno del bambinetto dell’amico.
Prese strade su strade, svoltò in molte altre. Passò mezzora, un’ora, due ore; ed era ancora lì a girare in tondo, continuando a svoltare, e senza nemmeno grande attenzione e precauzione, da una strada in un’altra. Sorrideva sempre più divertito: “che burlona, chissà cosa voleva significarmi con questa presa in giro. Non so perché ma sento che quella briccona è ancora lì ad aspettarmi per ridere di me”. Si mise dunque in cammino verso il solito luogo…..del Destino. La trovò infatti; e ancora più sorprendente fu vederla divenuta giovane donna, almeno sui venticinque anni. Stava vanitosamente facendosi corteggiare da un bambolotto dagli occhi bovini, muscoloso e con una espressione così ottusa da far risaltare come geniale quella di una statua mal scolpita e singolarmente immota, che era nel prato appena più in là di dov’era disegnato il campanon. Lo guardò con irriverente ironia: “Ti è piaciuto lo scherzo? Hai preso un bel po’ di fifa?”. “Nemmeno un po’, perché avrei dovuto?”. “Ti sarai accorto che non sono proprio di questo mondo; nel giro di quelle che a te sono sembrate alcune ore sono passata da bambina a giovane donna”.
La guardò con simpatia ma un po’ ironico: “in effetti, devo ammettere che almeno per un verso sembri l’immagine riflessa di un’entità che tenta di materializzarsi in questa misera realtà terrena. Per un altro, sembra che tu abbia impulsi terreni e perfino un po’ facili, proprio come quando i bambini fanno i capricci. Non si capisce però bene il perché dello scherzo”. Rimase pensierosa e la faccia si rifece seria: “non era voluto da me, era in fondo imposto; anche se è vero che mi si danno questi incarichi perché so prenderli con leggerezza e qualche divertimento”. “Anch’io, tutto sommato, mi diverto, perché so che Loro non possono tutto. Madre Natura è bizzosa, anche bisbetica e comunque un po’ ‘bastian contrario’; se può intralciare il cammino di chi si sente troppo possente, lo fa volentieri e si allea con i condannati”. La giovane donna era sempre più scura e sembrava inseguire un pensiero fastidioso, comunque non decifrabile: “Buon per te allora, perché insisteranno. Spero solo che non intendano più coinvolgere me. Ci sono molte altre ‘immagini’ realistiche ai loro ordini, non hanno difficoltà di scelta”.
Il vecchio si sentiva abbastanza triste, un po’ oppresso, ma era bene buttare fuori tutto ciò che gravava restando sempre incapsulato nel cervello: “So bene che ci sono potenze enormemente superiori alla mia. E tuttavia, vi sono forti determinazioni che resistono ad esse e non si piegano alle loro decisioni. Per quanto riguarda la mia vita, so che sceglierò io quando dovrà terminare e come. E anche il perché. Adesso, chiarito qual è il mio vero Destino, non manterresti l’invito a giocare con te?”. Apparve piuttosto sollevata: “Benissimo, solo che adesso non sono più una bambina e non saprò giocare con la scioltezza d’allora”. Il vecchio rise: “E allora io, chissà come salterò in modo ridicolo; per fortuna qui non c’è nessuno che ci guarda. Anche quel fesso che stava prima qui con te se n’è andato. Lascia solo che mi levi almeno il pastrano, altrimenti sembro più che altro un vampiro che volteggia in cerca di sangue giovane”. Si tolse il cappotto, lo gettò su una panchina tutta rotta ed entrò in campo con andamento non proprio eroico e baldanzoso. Passarono le ore, il Sole fu così gentile da non calare mai; e i due continuarono a giocare. Solo che progressivamente divennero uno sfondo lontano e ormai fisso. Non c’era più movimento, soltanto l’immagine sbiadita e rimpicciolita di quello che fu un incontro assai strano.

la solita conclusione

Si mise in moto una motosega proprio sotto la sua finestra. Il vecchio si svegliò di soprassalto. Si guardò attorno: era solo in una stanza disadorna ma illuminata dal Sole ormai alto. Era tardi, ma rimase a letto a stiracchiarsi. Sentiva i muscoli delle gambe dolergli un po’; forse aveva saltellato veramente nel campanon. Si alzò infine e si guardò allo specchio: sì, era proprio il vecchio del sogno. Era sparito solo il suo Destino. Chissà che fine aveva fatto. Si toccò la faccia; non la sentì sotto le dita intorpidite. Il suo piede nudo calpestò qualcosa, guardò e restò imbambolato: era quella pietruzza usata dalla bambina, e poi da loro due insieme, per giocare. Era abbastanza grossa, non l’aveva certo portata con le scarpe. Tuttavia, non voleva credere a nulla di straordinario, quindi la prese e fece per buttarla dalla finestra; con la segreta speranza, inoltre, che cascasse in testa a quel disgraziato che l’aveva svegliato con l’arnese infernale. No, si trattenne; era meglio approfondire da dove venisse. Non si sa mai. In ogni caso, quel giorno avrebbe camminato con attenzione, anche perché nella sua strada passava proprio l’autobus n. 23. Non si sa mai; non ci si crede, ma è sempre meglio stare attenti. Ridacchiò di gusto e cominciò a vestirsi.

4 pensieri su “Il vecchio e il suo “destino”

  1. ..ma diciamolo una volta per tutte, questo signor Nova non può essere certamente la reincarnazione di Tom Tykwer perché costui non è ancora trapassato, direi però neppure del fu Kieślowski, nè dell’altro fu Kubrick, ma ….ma, allora, fosse che fosse ‘sto signor Supernova la reincarnazione paro paro del mitico signorino Franz, altrimenti noto come Kappa A Effe Kappa A? Non è che qualcuno, amante di questo tipo di fattore K, possa darmi a tal proposito qualche notizia kappa o karmica in più? “Forza Nova”, a questo punto, è inutile che lo esclami prima o dopo il mio saluto, che sia una forza della natura o del destino, dei sassi o del cielo, è un dato ormai più che scientifico, o no?

  2. …questo di Franco Nova è un genere di racconto che mi intriga e mi fa impazzire, il filo di Arianna insegue le stanze del labirinto a cercare una via d’uscita, tallonato, a tempo, dal Destino. Ce la faranno i nostri eroi? Il vecchio protagonista sembra cadere sempre in nuove trappole, trappole d’immagini (“tutto è falso, è falso tutto…” E’ la voce di Gaber?) Scatole cinesi ne aprono altre sempre diverse a determinare scelte sulle quali si ritorna, per fortuna. A ritroso : il sogno, la donna prima fanciulla, la fanciulla prima bambina…Un bisogno di gioco e di tenerezza frainteso. Infine una sola certezza per il vecchio finalmente sveglio: la volontà di non farsi fuorviare da nessuna di quelle costruzioni fantasiose ma temibilissime, che pretenderebbero di determinare il suo destino. Una pietra lanciata resta come unica testimone che “loro” esistono, ma a volte non possono del tutto distruggere Madre Natura…Quel desiderio di libertà, in fondo, che ci chiama tutti…

  3. Bel racconto, intrigante dall’inizio alla fine, pedofilia a parte, anche se il pensiero viene com’è venuto all’autore ( da mezzo prete qual sono, non sono riuscito nemmeno a leggere Lolita per intero tanto m’infastidiva). Ho molto apprezzato la naturalezza con cui sono narrati gli episodi fantastici, e ancor più l’inversione: l’aver lasciato il surrealismo a un sasso, a un oggetto reale e concreto. Lo faceva anche Dalì.

  4. @ Mayoor

    Il surreale affascina sempre, come diceva il maestro Luis Bunuel, proprio per la indefinitezza dei confini tra realtà, sogni e ricordi. L’arte, proprio per questi motivi, è surreale. Solo che poi ha bisogno di un ‘reale’ per potersi raccontare.

    Questo racconto mi ha fatto venire alla mente un film molto amato dalla nouvelle vague, è del 1948, “Il ritratto di Jennie” del regista William Dieterle, in cui si narra di un pittore in crisi che scopre che la ragazza, incontrata in un parco una sera e verso cui si sente irresistibilmente attratto, in realtà è morta molti anni prima (ma lui sulle prime non lo sa, e in parte non ne vuole sapere). Attraverso l’uso di ellissi temporali il regista fa incontrare il pittore con la ragazza ora diventata fanciulla e poi donna ma sempre irraggiungibile. Fino all’incontro finale nel luogo della disgrazia dove Jennie era perita tragicamente e dove il pittore rischia di fare la stessa fine, travolto dalla tempesta vicino ad un faro. Verrà salvato da alcuni pescatori. Gli rimarrà solo il quadro (riconosciuto come un capolavoro) che ritrae Jennie a riprova della realtà della storia.

    R.S.

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