SCRAP-BOOK DAL WEB – Sull’attentato a Parigi del 7 gennaio 2015

ebdo 1

I fatti si rincorrono, si accavallano, si contraddicono…Perciò lo scrap-book che vi presento, poiché costruito in fretta, incompleto e personale nell’esplorazione e nel montaggio  dei materiali che ho potuto scegliere tra i tanti presenti sul Web, va considerato una semplice raccolta di spunti per riflettere insieme. [E.A.]

1. DALLE PARTI DELLA POESIA

Alessandro Manzoni , Il conte di Carmagnola (Stralci dal coro dell’ atto secondo)

S’ode a destra uno squillo di tromba;
a sinistra risponde uno squillo:
d’ambo i lati calpesto rimbomba
da cavalli e da fanti il terren.
Quinci spunta per l’aria un vessillo;
quindi un altro s’avanza spiegato:
ecco appare un drappello schierato;
ecco un altro che incontro gli vien.
[…]
Oh terror! Del conflitto esecrando
la cagione esecranda qual è?
– Non la sanno: a dar morte, a morire
qui senz’ira ognun d’essi è venuto;
[…]
– Ahi sventura! Ma spose non hanno,
non han madri gli stolti guerrieri?
Perché tutte i lor cari non vanno
dall’ignobile campo a strappar?
E i vegliardi che ai casti pensieri
della tomba già schiudon la mente,
ché non tentan la turba furente
con prudenti parole placar?
[…]
– Ahi sventura! sventura! sventura!
Già la terra è coperta d’uccisi;
tutta è sangue la vasta pianura;
cresce il grido, raddoppia il furor.

2. DALLE PARTI DI MEGACHIP

2. 1.L’uccisione della satira sacrificale
http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=114322&typeb=0&
mercoledì 7 gennaio 2015 22:38 di Piotr.

[…] Oggi l’esecrabile strage alla redazione di Charlie Hebdo a Parigi ha aumentato il livello di allarme.
Ma prima di parlarne, il nostro pensiero va alle vittime dell’attentato di Parigi e ai loro cari.
La situazione è certamente allarmante, molto allarmante. Ma per che cosa dobbiamo lanciare l’allarme?
Per lupi così poco solitari che si uniscono in un branco ben addestrato (da chi?) ad azioni di commando?
Per singoli “lupi solitari”, come quello di Sidney, che poi salta fuori che era controllato 24 ore su 24 dai servizi e dalla polizia australiana? Ci dobbiamo allarmare perché questo controllo non è servito o perché è servito? La domanda è ancora più lecita da quando oltreoceano è pienamente emerso l’insano intreccio fra FBI e terroristi.
O forse ci dobbiamo preoccupare perché non siamo stati a sentire l’allarme vero e fondato di ormai moltissimi anni fa, quando studiosi di rango ci avvisavano che nei paesi musulmani il “faro Occidente” si era già perso nella nebbia, che non guidava più nessuno? E non siamo stati a sentirlo perché non potevamo farci nulla, perché, per dirla con Immanuel Wallerstein, il sistema capitalistico occidentale poteva accomodare gli interessi di alcuni milioni di operai occidentali ma non di centinaia e centinaia di milioni di abitanti di nazioni che uscivano dal colonialismo e cercavano il proprio posto nel mondo. E figuriamoci se è possibile farlo oggi che il sistema occidentale non riesce più ad accomodare nemmeno gli interessi dei propri operai e, anzi, tenta di scannarli assieme alla classe media.

Crisi sistemica significa crisi di un ordine mondiale. Alcuni, molto immaginifici, pensano invece che i nostri guai siano dovuti a un nucleo ristretto e coeso di potenti (framassoni, giudei, rettiliani, illuminati o altro) che stanno tramando un superordine mondiale già scritto nei suoi destini. Il famoso “complotto mondialista”.
Ma la realtà è ben diversa. La crisi sistemica crea il caos sistemico. Punto e basta. E nel caos sistemico i potenti, a seconda di come sono posizionati, possono fare solo due cose: cercare di sfruttare il caos e/o cercare di resistere al caos.[…] Sicuramente la strage di Parigi è stata organizzata in modo puntiglioso. Ciò che ancora non sappiamo, se mai lo sapremo, è il livello dei collegamenti degli organizzatori. È un livello ristretto a una banda? A un quartiere? O è più vasto?
Di sicuro sappiamo che la Superpotenza si è mossa subito. Barack Obama ha convocato il Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Ammesso quindi che non si tratti di un gruppo di killer professionisti, come invece tutti gli esperti francesi hanno commentato, ma che si sia trattata di una addestratissima banda di quartiere, i collegamenti che ha messo in moto sono mondiali. […]

2.2. Charlie. Nota in margine a una strage.
di Francesco De Iulio
http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=114345&typeb=0&Charlie-Nota-in-margine-a-una-strage-

L’atto compiuto dagli assassini nella sede del settimanale satirico Charlie Hebdo a Parigi è infame e va condannato senza esitazione, senza attenuanti. L’unico dato di fatto è questo: sono state assassinate 12 persone e altre 4 sono rimaste ferite. Il resto è un grande blob d’immagini e parole, dove sarebbe più facile trovare il classico ago nel pagliaio che una briciola di verità. Ci vorrà tempo e lavoro prima che si possano avanzare delle ipotesi. […] Intanto? Intanto, Je suis Charlie Hebdo o, declinando in un improvvido plurale maiestatico, Nous sommes tous… Tutto il mondo “informato” dai social networks e dalla grande madre televisione si è attivato in competizione di solidarietà. Sentimento nobile la solidarietà ma estremamente sfuggente e tremendamente “manipolabile”. Non si fraintenda. Non si può mettere in dubbio che la maggior parte delle testimonianze di rifiuto della violenza e di condanna dell’accaduto, succedutesi nel “tempo corto” dell’homo videns già pochi minuti dopo la strage, siano state sincere. Il cittadino di Internet si è mosso veramente a pietà per le vittime. L’ignaro e pigro videoascoltatore, tra una pubblicità e un talk show, ha avuto veramente un sussulto di umanità alla notizia dei morti ammazzati. Ma quanti di loro sapevano prima della strage chi (cosa) fosse veramente Charlie Hebdo? Chi tra questi aveva visto almeno una delle “oltraggiose” vignette (non soltanto per gli islamici) di cui oggi sono pieni i giornali e il web? Quanti sapevano (e sanno adesso) della sua storia e della sua linea editoriale? […] Eppure, in poche ore abbiamo assistito a una vera e propria escalation emozionale, fino agli estremi di una acefala immedesimazione. E perché ciò non è accaduto con la stessa partecipazione, ad esempio, dopo la strage nazista di Odessa in Ucraina? O dopo i tanti raid aerei e bombardamenti israeliani sui territori palestinesi? O per la “sparizione” di decine di studenti in Messico, dopo una manifestazione repressa dalla poliza? Per ogni strage sul lavoro rimasta impunita in questo nostro violentato paese? La conta degli assassinati sarebbe ben più alta, la responsabilità degli assassini non meno deprecabile e finanche più certa. E non si tratta di fare classifiche o graduatorie con il sangue delle vittime. Ma di aprire gli occhi. Se anche l’indignazione diventa un’operazione di marketing, direttamente proporzionale al numero di visualizzazioni che una notizia può avere su facebook o al tempo che resta in prima pagina su giornali e televisioni, che ne sarà della verità?[…]

2.3
Giulietto Chiesa: “Charlie Hebdo, a Parigi attentato alla pace mondiale. Pensato per accendere la miccia”

http://www.ilcambiamento.it/guerre/charliehebdo_giuliettochiesa.html

[…] Giulietto Chiesa parla chiaro, chiarissimo. «Hollande ha detto che il massacro di Parigi è stato un attentato alla nostra libertà, io penso si sia trattato di attentato alla pace mondiale. Io penso sia stato un attentato agli equilibri internazionali, a quel poco che resta dei precari equilibri che ancora esistono, a quel poco che resta della sovranità dell’Europa. Il massacro di Parigi è la strattonata, forse quella finale, che punta a trascinare l’Europa in guerra. L’Isis è una trappola ben congegnata, quasi perfetta, come altre già scattate in passato. Ma molti non hanno ancora capito la lezione. Lo stato islamico è creatura molto inquinata, molto dubbia; le frequentazioni di Al Baghdadi con i servizi segreti americani, con il senatore McCain si sposano con la domanda cui troppi nostri commentatori in questi mesi non hanno neanche nemmeno provato a dare risposta: chi paga? Chi paga un esercito di olte 50mila uomini, le armi, gli stipendi, le comunicazioni? Chi paga non è la Russia, non è l’Iran perché lo Stato islamico è nato proprio contro l’Iran. Allora restano pochi candidati al ruolo di mecenati del terrorismo cosiddetto islamico; e quindi tutto quello che viene da lì è da ritenere inquinato. Pochi capiscono che i servizi segreti innanzi tutto occidentali sono ormai diventati creature potentissime senza nessun controllo, il cui mestiere è quello di sfuggire al controllo persino degli stessi dirigenti politici. Molti dovrebbero riflettere su quali siano i gradi di libertà dei dirigenti politici europei, perennemente sotto controllo e minaccia se non ubbidiscono agli ordini.

Commenti sintomatici in appendice:

–  8 Gennaio 2015 11:22, Pietro Del Zanna ha scritto:

mah, sinceramente questo eterno complottismo, questa eterna dietrologia, mi ha stancato. In qualche modo è rassicurante. E’ sempre colpa dei servizi segreti americani. Si entra in guerra contro chi? C’è una guerra in atto da anni contro la democrazia. Abbiamo imparato che non ci si può difendere con le armi. Proviamo a fare un passo avanti.

– 8 Gennaio 2015 07:31, carlo carlucci ha scritto:

E’vero quello che dice Chiesa. 50 mila uomini, con armi, con scarpe Adidas. Chi paga? E perchè? E riti collettivi come le decapitazioni? E’ vero che qui in Europa (per quanto ci è dato di conoscere) siamo completamente alla deriva. Il punto è: alla deriva verso dove? Il secondo punto è che cosa si può fare per opporsi alla deriva, ovvero per riacquistare nuova, necessaria identità smettendo di avere timore dello spauracchio di quei fantaccini con le scarpe adidas i loro coltelli tagliagole. E’ vera la questione di fondo di Chiesa:Cui prodest? Chi si giova di tutto questo?

2.4.
Ufficiali francesi nella roccaforte dei terroristi a Baba Amr- Siria

http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=114367&typeb=0&Ufficiali-francesi-nella-roccaforte-dei-terroristi-a-Baba-Amr-Siria
di Alessandro Aramu.

Nel 2012 la città di Baba Amr, nel distretto di Homs, venne riconquistata dall’Esercito Arabo Siriano dopo circa un anno di assedio e bombardamenti. Baba Amr era una roccaforte dei ribelli. La sua capitolazione avvenne in poche ore. C’è un fatto che nessuno ha mai potuto raccontare e che oggi, all’indomani dell’attacco terroristico alla redazione di Charlie Hebdo a Parigi, acquista un nuovo significato, anche alla luce delle dichiarazioni del Presidente Hollande che ha ribadito la sua volontà di combattere il terrorismo “in ogni sua forma” e “dovunque”.
Quello che l’Eliseo non può raccontare è che all’interno della roccaforte, assieme ai ribelli, molti dei quali jihadisti, c’erano anche ufficiali della Francia, dell’Arabia Saudita e del Qatar. Quella notizia è stata tenuta nascosta per anni. Una notizia che non poteva essere rivelata all’opinione pubblica per non mettere in imbarazzo il presidente Hollande, responsabile di aver armato in Siria gruppi armati che nulla avevano a che fare con la democrazia. […]

3. DALLE PARTI DI ALDO GIANNULI

3.1.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/07/charlie-hebdo-giannuli-blog-grillo-tesi-complotto-dietro-lattentato/1321425/

• Tesi del complotto e sospetti che dietro agli attentatori che a Parigi hanno colpito la redazione di Charlie Hebdo possa esserci “qualche manina non islamica”. Ad aprire all’ipotesi sul blog di Beppe Grillo è il giurista Aldo Giannuli, vicino al Movimento 5 Stelle. Una pista già avanzata poco prima sul portale del leader M5S da un’attivista che in un post ha scritto: “Sicuramente saranno stati i fanatici islamici a cui le lobbies hanno permesso di spadroneggiare nei paesi occidentali, ma sarebbe molto bello sapere chi ha mosso i fili”.
• Giannuli, però, ci tiene a precisare di non avere “nessun elemento per escludere che quello che è accaduto sia realmente quello che sembra: una azione di terrorismo di gruppi islamisti radicali, punto e basta. Ma – aggiunge – siccome a trarre giovamento da questa strage saranno in diversi (ad esempio il Front National che si appresta a fare vendemmia di voti, di conseguenza anche Putin che proprio sul Fn sta puntando per condizionare l’Europa sulla questione delle sanzioni, in una certa misura anche Israele che rinsalda i vincoli con l’Europa ogni volta che c’è un episodio di questo genere, chiunque voglia destabilizzare la Francia in particolare e l’Europa in generale) vale la pena di dare un’occhiata anche ad altre piste”.
• “Vale la pena di dare un’occhiata ad altre piste” perché “a trarre giovamento da questa strage saranno in diversi”
• Non si scarta l’ipotesi di attorio o registi che non hanno a che fare con gli islamici, ma si sta prudenti

3.2. Strage di Parigi. Complottismo http://www.aldogiannuli.it/strage-di-parigi-complottismo/

Veniamo alla strage parigina. Per i due pezzi scritti mi sono sentito accusare da un lato di essere buonista inventandomi un “islam moderato che non esiste”, ma anche di essere un islamofobo come Borghezio, di essere un cripto alleato degli jihadisti ma anche di essere un guerrafondaio che vuole una guerra di religione e via con lo scemenzaio consueto.
Personalmente ci sono abituato e ne rido. Mi preoccupa quando le accuse sono tutte di un segno, ma quando sono di tipo opposto va bene: siamo sulla via giusta. Per il resto il mio metodo è quello di partire dalle apparenze e cercare di interpretarle via via, in modo logico, sapendo bene che una ipotesi è una ipotesi e non una certazza.
Qui partiamo da queste evidenze:
1. c’è stata una strage nella quale gli esecutori hanno lanciato slogan di tipo jihadista, poi è venuta una rivendicazione di Al Quaeda e l’Is li ha definiti eroi
2. l’episodio presenta aspetti che lasciano perplessi (la debole protezione di un sito prevedibile obiettivo, il comportamento insolito dei terroristi, troppo pieno di errori, la reazione lenta e debole della polizia nell’immediatezza del fatto ecc.)
3. Polizia e servizi segreti francesi ci stanno facendo una figura da chiodi, sia per aver incassato un attentato tutto sommato prevedibile, sia per l’infruttuosa (per ora) caccia ai presunti killer.
Le evidenze sono queste, ora ragioniamoci su in modo sistematico ponendoci le domande in successione logica:
1. I responsabili della strage sono effettivamente jihadisti o si tratta di una montatura operata da altri con fini molto diversi?[…]
2. Se si tratta effettivamente di jihadisti, è una cellula di “lupi solitari” che si sono attivati autonomamente o la cellula di una organizzazione, inserita in una catena di comando, che ha agito dietro un preciso impulso?[…]
3. E’ possibile che, salvo restando l’ipotesi principale di una strage di matrice islamica, ci siano stati inserimenti di altri in una eterogenesi dei fini?…]
4. L’insuccesso della polizia dipende da errori ed incapacità o da non volontà di prendere i responsabili?

3.3. “Charlie Hebdo”, l’intelligence e l’ultimo massacro di una lunga serie.
Written by Lorenzo Adorni.
http://www.aldogiannuli.it/charlie-hebdo-lintelligence-serie-attentati/
08 gen2015

Parigi, Gennaio 2015: dodici morti.
Bruxelles, 24 Maggio 2014: quattro morti.
Tolosa, 11 marzo 2012: un morto.
Montauban, 15 marzo 2012: due morti.
Tolosa, scuola ebraica, 19 marzo 2012: quattro morti.
Cinque attentatori, ventitré morti. Più di quindici feriti, molti gravi. L’elenco dei precedenti la strage odierna nella redazione del giornale “Charlie Hebdo” è piuttosto lungo: Tolosa, Montauban, Bruxelles. Molto lungo, se consideriamo che dal primo assassinio a quelli dello scorso 7 gennaio sono passati poco meno di tre anni.
In questi periodo circa quaranta persone sono state vittime, in vario modo, di attentati terroristici di matrice jihadista o fondamentalista islamica, realizzati da giovani terroristi francesi d’origine algerina.
Mehdi Nemmouche, l’attentatore di Bruxelles, ha 29 anni. Mohammed Merah, l’attentatore di Tolosa e Montauban, aveva 23 anni. I responsabili dell’attentato a “Charlie Hebdo”, sarebbero i due fratelli Said e Cherif Kouachi, anch’essi francesi d’origine algerina, aventi 32 e 34 anni. Il terzo presunto complice dei fratelli Kouachi, sarebbe Amid Mourad, di soli 19 anni.
Tutti si sono addestrati all’estero, in Siria. Tranne Merah, il killer di Tolosa, che si era recato in Pakistan e Afghanistan. Ad esclusione anche di Amid Mourad, di cui non si sa ancora nulla, forse l’unico a non ricevere nessun genere di addestramento all’estero.[…] I casi di Parigi, Tolosa, Montauban e Bruxelles, rappresentano dei gravi fallimenti dell’intelligence francese. In tutti questi casi, nonostante gli attentatori siano personalità più o meno note alla DGSE, quest’ultima non è riuscita a prevenire questi attacchi. […]

4. DALLE PARTI DI FORZA ITALIA E DELLA LEGA

Charlie Hebdo, Salvini: “Il nemico è in casa”. Gasparri: “Serve una guerra”

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/07/charlie-hebdo-gasparri-serve-guerra-salvini-abbiamo-nemico-in-casa/1320897/

L’orrore, la solidarietà, il sostegno, il dolore. Ma anche il pretesto per una dose di campagna politica. La politica italiana non si tradisce e accanto alla condanna per la strage di Parigi c’è chi non resiste a mescolare la difesa della democrazia, la libertà di informazione, le questioni dell’immigrazione, l’integralismo religioso, la necessità di un’offensiva militare, Mare Nostrum, i soldi per i riscatti. Spiega, per esempio, il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri (Forza Italia): “L’Occidente se ne accorge ancora una volta troppo tardi, quando dovremmo essere più implacabili sempre e stroncare sul nascere ogni germe di fanatismo integralista. Basta ai barconi carichi di clandestini ma anche di predicatori dell’odio. Non possiamo rinunciare alla democrazia e alla libertà di espressione come di satira. Sarebbe una resa inaccettabile. Ma bisogna reagire. Sappiamo chi sono e dove sono. Serve un’offensiva militare decisa. Meno soldi per pagare i riscatti. Usiamoli per armare gli aerei e colpire le centrali del terrorismo“. Ribadisce il concetto il segretario della Lega Nord Matteo Salvini: “Se il massacro di Parigi fosse confermato di matrice islamica, sarebbe chiaro che il nemico ormai ce l’abbiamo in casa. Bloccare l’invasione clandestina in corso, subito. Verificare chi, come e perché finanzia moschee e centri islamici”. Daniela Santanchè aggiunge che in Italia si deve smettere “con un atteggiamento buonista e di solidarietà furbetta che tende a sottovalutare un problema che ogni giorno diventa più esplosivo” e “di fare circolare ondate di clandestini e di rifugiati politici sul nostro territorio”. Il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni chiede al presidente del Consiglio Matteo Renzi di sospendere il trattato di Schengen.

5. DALLE PARTI DI CONFLITTI E STRATEGIE

5.1. Parigi val bene una strage

http://www.conflittiestrategie.it/parigi-val-bene-una-strage
di Gianni Petrosillo

La strage di Parigi, al giornale Charlie Hebdo, innalza il livello dello scontro in Europa…non tra fondamentalismo islamico e mondo libero, come qualcuno potrebbe emotivamente pensare, bensì tra movimenti antieuropeisti/sovranisti ed il resto della marmaglia filo-occidentale che ha portato i nostri paesi sull’orlo del baratro finanziario e della disfatta sociale. […]Oggi in Europa avanzano partiti ed organizzazioni che contestano apertamente le scelte di politica estera ed economica (che badate bene sono strettamente collegate tra loro data la fase storica multipolare) dei loro governi e di quello comunitario centrale.
Il consenso popolare verso leader come la Le Pen, la quale parla deliberatamente di mettere fine alla sudditanza della Francia dai burocrati di Bruxelles e dai loro tutori statunitensi, cresce costantemente e mette in pericolo il piano delle caste atlantiche di trasformare l’Europa in un territorio cuscinetto tra Usa e potenze “non allineate” ad Est. L’Europa come campo di battaglia delle disfide geopolitiche del XXI secolo.
Parigi, in particolare, potrebbe rappresentare un esempio per le altre capitali europee perché essa è da sempre il cuore politico dell’Europa. Il FN può diventare il faro che illumina la rotta dei sovranisti di tutto il continente, fino a rompere l’accerchiamento egemonico che Washington ha costruito intorno all’Ue, con il beneplacito dei suoi agenti nelle euroistituzioni e nei vari governi nazionali.[…]

5.2.  Basta mascheramenti!
di Giellegi, 10 gennaio
http://www.conflittiestrategie.it/basta-mascheramenti-di-giellegi-10-gennaio

Oggi si presenta un nuovo mascheramento. L’attacco dell’integralismo islamico. Senza dubbio, nessuna tenerezza né volontà di dialogo; se ti uccidono, uccidi anche tu. Comprensione però di che cosa sta dietro questo “terrorismo”. Non è incisivo perché fanatico e portato alle estreme conseguenze. Lo è perché esso, in questa speciale fase (che può anche mutare, sia chiaro), è sfruttato contro ogni possibilità di unione di paesi vari contro gli Usa. Ci si butta sull’obiettivo più facile da odiare. Anche coloro che sono per la sovranità nazionale di dati paesi credono sia più facile – per conquistare pezzi di opinione pubblica spaventata e pronta all’odio contro chi turba la sua calma pluridecennale, ma che non capisce nulla di ciò che si gioca, di come si gioca, di chi sta giocando approfittando della carta islamica – mettersi alla testa di questa paura e di questo odio. Non si farà nulla così, si forniranno altri “assi di briscola” agli Usa.
E qui debbo ancora augurarmi che vengano picchiati in testa altri bacati. Chi è contro l’imperialismo Usa è anche ossessionato da quello “sionista”; alcuni scemi patocchi pensano anzi che sia “la coda (Israele) a muovere il cane”. Non ci si accorge che la “primavera araba” ha fatto cadere regimi chiaramente filo-occidentali (filo-atlantici, cioè proni passivamente agli Stati Uniti) e morbidi verso Israele. Questo paese non può più essere il privilegiato gendarme degli Usa in Medioriente. Un appoggio troppo smaccato ad esso può spingere, ad es., l’Iran troppo verso “est” (Russia); e anche la Turchia può sentirsi meno appartenente nei fatti alla Nato. E un certo vantaggio per la Russia comporterebbe che quest’ultima avrebbe qualche carta in più per giocare di sponda con alcuni paesi europei, particolarmente importanti nel complesso della UE, che così verrebbe indebolita nella sua funzione di pedina degli Stati Uniti proprio all’approssimarsi di un periodo probabilmente policentrico.[…]
In definitiva, l’estremismo islamico è in questo momento ben utilizzato dagli Usa. Certamente, non è strumento da usare senza pericoli e senza accettare dosi massicce di odî reciproci, con ammazzamenti vari, facili appelli buonisti per farsi seguire da alcuni, incitamenti a risposte sanguinose per farsi seguire da altri. Tutto avviene nell’ambito della via tracciata dagli attuali centri strategici americani. E se tutti continuano, per paura delle loro reazioni, a non dire “pane al pane, ecc.”, è ovvio che le manovre degli Stati Uniti riusciranno a tenere ancora a lungo l’Europa alle loro dipendenze, a ritardare la crescita della potenza russa – e anche di altre potenze concorrenti – con logico rallentamento del processo che condurrà al policentrismo.
Bisogna rompere questo silenzio e attaccare esplicitamente il potere criminale al vertice degli Usa. Ciò comporta che le forze sovraniste in Europa debbano, al più presto, affrontare il problema dei Servizi, nella nostra area (e credo pure in Israele) fortemente “influenzati” (eufemismo) dal paese ancora preminente sul piano mondiale. Sappiamo bene i pericoli – anche in riferimento alla propria vita – che debbono correre eventuali personaggi eminenti capaci di prendere in pugno la situazione, indicando i giusti obiettivi, il reale nemico. Ripeto: abbiamo a che fare con veri criminali, come d’altronde lo sono sempre gli uomini di Stato dotati di potere effettivo e di una certa lungimiranza politica. I quaquaraqua nostrani non possono che soccombere, riducendo a strame i nostri paesi.
Se le forze interessate alla sovranità dei loro paesi (tipo il FN in Francia) vogliono veramente ottenere l’obiettivo agognato devono indirizzarsi nel modo giusto. Senza certamente offrire “l’altra guancia” ad alcun nemico offensore. Nessun dialogo, massima durezza; nel contempo smascheramento del potere criminale americano e dei suoi disegni. Tutto qui.

PS. Le teste di cuoio li hanno ammazzati, dopo che erano tornati verso Paris e si erano barricati. E l’ostaggio è salvo; proprio un’operazione riuscitissima. E prima, come già si sapeva da tempo, avevano dimenticato la carta d’identità in auto, ecc.
Scusate, so che è questione drammatica. Ma mi viene egualmente da ridere.[…]

6 . DALLE PARTI DEL MANIFESTO

(il manifesto, 9 gennaio 2015)

6.1. La firma dei killer, noti alla polizia e ai servizi segreti

di Manlio Dinucci
http://ilmanifesto.info/la-firma-dei-killer-noti-alla-polizia-e-ai-servizi-segreti/

Veri e propri commandos, da come si muovono, da come sparano. Non a raffica per non sprecare cartucce, ma con uno-due colpi su ogni vittima, come il poliziotto ferito che viene freddato con un solo colpo dal killer che, continuando a camminare, raggiunge la macchina e, prima di salire, raccoglie con calma una scarpa caduta (che avrebbe potuto costituire una prova all’esame del Dna). Ma quando i due, con una preparazione da forze speciali, cambiano macchina, «dimenticano» (secondo la versione della polizia) sulla prima vettura una delle loro carte di identità. Firmano così ufficialmente l’attentato. Poche ore dopo si conoscono in tutto il mondo i loro nomi e le loro biografie: «due piccoli delinquenti radicalizzati, noti alla polizia e ai servizi di intelligence francesi».

Non può non tornare alla mente, in quello che viene definito «l’11 settembre della Francia», l’11 settembre degli Stati uniti: quando, poche ore dopo l’attentato alle Torri Gemelle, già circolavano i nomi e le biografie di quelli che venivano indicati come gli autori membri di Al Qaeda. O l’assassinio di Kennedy, di cui immediatamente si trova il presunto autore. Lo stesso, avvenuto in Italia, con la strage di Piazza Fontana. Legittimo quindi il sospetto che, dietro l’attentato in Francia, ci sia la lunga mano dei servizi segreti.

I due presunti autori (se le loro biografie sono vere) appartengono a quel mondo sotterraneo creato dai servizi segreti occidentali, compresi quelli francesi, che hanno finanziato, armato e addestrato in Libia nel 2011 gruppi islamici fino a poco prima definiti terroristi, tra cui i primi nuclei del futuro Isis; che li hanno riforniti di armi attraverso una rete organizzata dalla Cia (documentata da un’inchiesta del New York Times nel marzo 2013) quando, dopo aver contribuito a rovesciare Gheddafi, sono passati in Siria per rovesciare Assad e attaccare quindi l’Iraq (nel momento in cui il governo al-Maliki si allontanava dall’Occidente, avvicinandosi a Pechino e a Mosca). L’Isis, nato nel 2013, riceve finanziamenti e vie di transito da Arabia Saudita, Qatar, Kuwait, Turchia, Giordania, stretti alleati degli Usa e delle altre potenze occidentali, tra cui la Francia. Ciò non significa che la massa dei militati dei gruppi islamici, provenienti anche da diversi paesi occidentali, ne sia consapevole. Resta però il fatto che dietro alle loro maschere certamente si nascondono agenti segreti occidentali e arabi appositamente formati per tali operazioni. […]

(il manifesto, 9 gennaio 2015)

6.2. Samir Amin: «Un atto odioso, ma la colpa è di Francia e Stati uniti»
http://ilmanifesto.info/samir-amin-un-atto-odioso-ma-la-colpa-e-di-francia-e-stati-uniti/
—  Giuseppe Acconcia, 8.1.2015

Intervista. Gli errori occidentali e i danni neo-liberisti: Saddam Hussein e Gheddafi sapevano contenere la deriva islamista, ma sono stati abbattuti. In Libia Parigi e Washington hanno sbagliato tutto
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Abbiamo rag­giunto al tele­fono a Parigi Samir Amin, filo­sofo ed eco­no­mi­sta, diret­tore del Forum del Terzo mondo, con sede a Dakar, per com­men­tare l’attacco alla reda­zione di Char­lie Hebdo.

Per­ché i ter­ro­ri­sti hanno col­pito così duro al cuore dell’Europa?
È una con­se­guenza diretta della poli­tica occi­den­tale in Libia. In par­ti­co­lare il Sud del paese è diven­tato una base di approv­vi­gio­na­mento gigan­te­sca. Quella regione è stata stra­te­gica per la Fran­cia, senza di essa l’esercito fran­cese non sarebbe potuto inter­ve­nire in Sahel. Dirò di più. Credo anche che la tem­pi­stica degli attac­chi abbia una rela­zione con l’avanzata dell’esercito fran­cese dal Ciad dei giorni scorsi. I jiha­di­sti hanno voluto riaf­fer­mare che il Sud della Libia deve rima­nere la loro base e una terra di nes­suno. Ovvia­mente tutto que­sto è poi con­se­guenza diretta degli attac­chi della Nato con­tro il colon­nello Muam­mar Ghed­dafi del 2011.

Chi è quindi il vero respon­sa­bile di que­ste azioni. È forse il caso di met­tere in discus­sione la poli­tica occi­den­tale in Medio oriente?
Si tratta di un odioso atto di ter­ro­ri­smo di sedi­centi isla­mi­sti che hanno una com­pren­sione del tutto par­ti­co­lare dell’Islam e della reli­gione. Ma la respon­sa­bi­lità di que­sti atten­tati è di Fran­cia e Stati uniti. Le potenze occi­den­tali con­ti­nuano a soste­nere Ara­bia Sau­dita, Qatar e paesi del Golfo. Con­sen­tono tutto a que­sti paesi, che danno un appog­gio gigan­te­sco al ter­ro­ri­smo. Per essere più chiari, le potenze occi­den­tali con­si­de­rano l’alleanza con i paesi del Golfo un fon­da­mento della poli­tica neo-liberale. Il secondo errore occi­den­tale è di aver com­bat­tuto gli auto­crati che hanno cer­cato di porre un freno all’Islam poli­tico, da Sad­dam Hus­sein a Muam­mar Ghed­dafi. Per esem­pio in Iraq Sad­dam Hus­sein seb­bene riu­scisse ad assi­cu­rare la coe­si­stenza tra sciiti e sun­niti è stato bru­tal­mente depo­sto. E Ghed­dafi aveva chia­ra­mente con­te­nuto le derive isla­mi­ste in Libia.

Ci sono delle respon­sa­bi­lità spe­ci­fi­che della Fran­cia?
La Fran­cia ha una respon­sa­bi­lità in più: aver soste­nuto gli isla­mi­sti in Alge­ria, pre­sen­tan­doli come vit­time della dit­ta­tura dell’esercito. Una parte di que­sti isla­mi­sti si è rifu­giata in Ara­bia Sau­dita ma anche in Europa: in Gran Bre­ta­gna ancor più che in Francia.

Per­ché le potenze occi­den­tali hanno inte­resse a con­ti­nuare a fomen­tare il ter­ro­ri­smo inter­na­zio­nale?
Il solo obiet­tivo delle potenze occi­den­tali è por­tare avanti la loro poli­tica neo-liberale. Per que­sto, per loro, il mondo si divide in due: i paesi che appog­giano incon­di­zio­na­ta­mente il neo-liberismo sono i soli amici dell’Occidente, anche se si tratta di odiosi isla­mi­sti; i paesi recal­ci­tranti sono invece nemici della dit­ta­tura del capi­tale inter­na­zio­nale. In altre parole, le potenze occi­den­tali hanno un solo cri­te­rio: il libe­ri­smo asso­luto. A chi lo sostiene gli si per­dona tutto. E la demo­cra­zia non ha niente a che vedere con questo. Alcuni degli atten­ta­tori avreb­bero fatto rife­ri­mento ad Al Qaeda in Yemen durante gli attac­chi.
Non mi stu­pi­sce, in Yemen per anni gli isla­mi­sti sono stati soste­nuti dagli Stati uniti in fun­zione anti-comunista, insieme all’Arabia Sau­dita. In quel caso la bat­ta­glia era con­tro il “peri­colo” nazio­nal popo­lare dell’ex Yemen del Sud. […]

Per­ché è stata scelta pro­prio la stampa come obiet­tivo?
Gli atten­ta­tori hanno scelto un obiet­tivo “intel­li­gente”. Il loro scopo è di dif­fon­dere ter­rore nei media. L’obiettivo, in ultima ana­lisi, è quello di costrin­gere l’Occidente a rinun­ciare alla lai­cità e alla libertà di espressione.

7. DALLE PARTI DI MICROMEGA

Siamo tutti Charlie Hebdo
New York, 11 settembre. Parigi, 7 gennaio
di Angelo d’Orsi
http://temi.repubblica.it/micromega-online/new-york-11-settembre-parigi-7-gennaio/

[…] Eppure occorre sangue freddo e cautela a additare alla pubblica esecrazione, come fatto certo e indubitabile, che gli autori sono “islamisti”, anche con la precisazione “radicali”. Poi il “radicali” si perde per strada e rimane islamisti. Che, nella opinione pubblica è equivalente a “islamici”, che viene addirittura confuso con “arabi”, in una deriva (che non è solo semantica, ma culturale e politica) insopportabile, quanto pericolosa. […] Sicché mentre colpi d’arma da fuoco, già ieri sera e nella giornata odierna, sono stati esplosi contro sedi di culto musulmano, in varie località della Francia, la signora Le Pen gongola, e richiede un referendum per istituire nuovamente la pena di morte, sicura della vittoria dei sì, viatico alla successiva, ormai quasi inevitabile (così sento dire qui) vittoria alle Presidenziali, sebbene non vicinissime. Intanto, mentre si sta riabilitando Oriana Fallaci, con i suoi inviti all’odio, troppi citano Huntington e il suo “clash of civilizations”, in fondo andando vicino alla verità, ma una verità al contrario che mi pare emerga dal 7 gennaio parigino: non un attacco alla democrazia, neppure all’Europa, o alla “nostra civiltà”, ossia l’Occidente e il suo Libero Mercato, bensì alla pace, e agli equilibri mondiali, o meglio quel che di essi resta. Lo ha notato Giulietto Chiesa, mentre un osservatore indipendente, Craig Murray (sul suo sito), invita a evitare di cadere nelle generalizzazioni, vittime della semplificazione, della retorica, e della rinuncia alle necessarie “sfumature”.

Quali sono le certezze che abbiamo davanti all’aggressione e alla strage? E non sarebbe comunque necessario interrogarsi sui mandanti, sui fini, e sui possibili beneficiari di questa azione? Ragionare, insomma, prima di puntare il dito contro gli islamisti, a casaccio, un dito che subito dopo sarà pronto a premere il bottone dei missili teleguidati. […] Odo anche a distanza il latrare dei cani rabbiosi che come sempre si sono scatenati contro “il nemico che è tra di noi”, quel nemico verso il quale siamo stati troppo tolleranti, e contro i cosiddetti “fiancheggiatori” italiani, i “filoterroristi”. I terroristi sono sempre gli altri, anche quando è l’Occidente che li ha allevati, foraggiati e armati, dai Talebani all’ “esercito di liberazione siriano”, fino ai seguaci di Al Baghdadi (intimo di politici statunitensi fino a poco fa, come in passato Bin Laden) e del suo sedicente Califfato. E filoterroristi coloro che, a differenza del senatore Maurizio Gasparri, il quale, senza esitare, invoca una guerra, invitano a ragionare, a conoscere, a distinguere.

Il disprezzo totale per gli assalitori, si associa in me alla preoccupazione per le conseguenze di questo gesto: una nuova ondata di islamofobia, la crescita elettorale dei vari Le Pen e Salvini e i loro osceni compagni di merenda a livello europeo. Ma una riflessione è opportuna: al di là del fanatismo intollerante degli aggressori, dobbiamo chiederci chi abbia seminato tanto odio. Quando i governi delle “democrazie occidentali” hanno giocato alla guerra in Afghanistan, Iraq, Libia, Siria…: quali risultati hanno ottenuto? Sì, forse il controllo di qualche pozzo di petrolio, o di un gasdotto, qualche commessa per imprese multinazionali. Ma a quale prezzo? E, ora, quale sarà la risposta? Chi andremo a bombardare, aspettando poi la successiva vendetta di qualche folle “soldato di Allah” (un incolpevole Allah)? E così via, in questa guerra universale, che non avrà vincitori, ma solamente vinti: tutti noi.

8. DALLE PARTI DI «DOPPIO ZERO».

Distopia
Stefano Chiodi
http://www.doppiozero.com/materiali/commenti/distopia?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+doppiozero00+%28doppiozero%29

[…] Nelle ore convulse in cui in molte città francesi manifestazioni spontanee portavano in piazza migliaia di cittadini dietro lo slogan “Je suis Charlie”, non ha smesso di infittirsi il senso di angoscia per un evento, temuto e in qualche modo anche pronosticato, che segna l’irruzione violenta sulla scena politica europea non tanto di un avversario già noto, ma di una nuova e più sinistra distopia, di fronte alla quale lo scontato richiamo alla difesa della libertà di espressione, e della libertà tout-court, suona retorico e inefficace come le immancabili, “belle” immagini di passanti con cartelli e candele accese che hanno invaso le prime pagine dei giornali.

Non ci troviamo in effetti solo in presenza della triste ripetizione di un copione già visto – l’attentato sanguinario, la strage di vite innocenti –, non della “semplice”, erratica recrudescenza di una logica della vendetta, o di qualsiasi altra motivazione gli assassini abbiano voluto attribuire alla loro impresa. In qualche modo, dobbiamo ammettere che l’uccisione di un gruppo di celebri, irriverenti, radicali e fieri vignettisti nella sede del loro giornale presenta un tratto nuovo e inquietante, qualcosa che le reazioni di solidarietà e l’indignazione civica che si respirano in queste ore nelle strade parigine non riescono a dissipare.

Nell’Europa smarrita e inquieta di questi anni, nel vuoto di pensiero, di iniziativa, di energia si direbbe, conseguenza avvelenata di una crisi sociale ed economica ancora senza sbocchi, e sullo sfondo dell’interminabile tragedia mediorientale, il terrorismo islamista rappresenta molto più di una deriva violenta e intollerante che sembrerebbe facile dismettere come rigurgito di una brutale irrazionalità. Esso manifesta invece l’irruzione di una forza essenzialmente politica, e non religiosa, una forza indecifrabile e nondimeno semplificatrice, magnetica, potenzialmente inarrestabile, capace di imporre un esempio contagioso di risolutezza, ancorché delirante, di distacco feroce rispetto alle ipocrisie, alla decrepitudine, al falso rigore e alla vera immoralità attribuita in toto più che alla “corrotta” democrazia, all’intero mondo occidentale. Ciò che questa forza appare capace di proporre agli individui che attira verso di sé, e ai giovani europei, non solo musulmani, in special modo – e qui sta la sua inquietante, funesta potenza –, è una mobilitazione di energie virtualmente inesauribili, in altre parole uno scopo, per quanto inconsistente, perverso, inaccettabile questo ci possa apparire. […]

Con ragionevolezza, il “Guardian” di ieri invitava a guardare in faccia la realtà: il terrorismo islamista non è in grado di rovesciare i governi, e la sua minaccia si è rivelata, in tre decenni ormai, sostanzialmente improduttiva. La sua forza simbolica, al contrario, è stata accresciuta dalla reazione ispirata alla sola logica della guerra, al culto della potenza dell’epoca Bush. Sconfitto nei fatti, il terrorismo vince, vien detto, perché gli si permette di imporre limitazioni, di violare quelle stesse libertà che detesta e cerca di abbattere. Ma forse oggi, e per la prima volta dall’11 settembre 2001, appare in modo più chiaro come interpretare gli attacchi islamisti solo nei termini di un’aggressione a valori occidentali ipoteticamente compatti e inestirpabili, voglia dire rimuovere il profondo discredito in cui quegli stessi valori versano non fuori, ma dentro l’Occidente, colpiti mortalmente dall’aggressività di un neocapitalismo travolgente e famelico, dall’alleanza di fatto tra il sempre più irresistibile modello economico asiatico, autoritario ed efficiente, e le tecnocrazie al potere nei paesi occidentali.

La distopia islamista non è un nuovo fascismo al modo dei regimi totalitari novecenteschi. Esso è piuttosto il sintomo prepotente del ritorno sulla scena politica di quel terribile amore per la morte che dei fascismi fu il lievito essenziale: il mito dell’azione, la volontà di potenza, lo slancio purificante contro la decadenza della falsa e corrotta democrazia, l’estasi sanguinaria delle armi, il senso di una fratellanza capace di sfidare il destino. Più che al 1939, l’Europa di oggi – l’Europa impoverita e spaventata che si appresta a votare in massa i partiti xenofobi – somiglia a quella di giusto un secolo fa, al continente che entrava nella fornace della guerra al suono dei canti patriottici intonati dalla sua gioventù.[…]

10. DALLE PARTI DI «LE PAROLE E LE COSE»

La democrazia non è l’Occidente
9 gennaio 2015
di Mauro Piras
http://www.leparoleelecose.it/?p=17353

Si sente già il suono che cresce, il brontolio in lontananza, che diventerà sempre più vicino, forte, ossessivo. Già conosciamo queste voci. L’Islam invade l’Europa. La civiltà europea è rammollita dalla ricerca del benessere, si fa sopraffare da chi crede veramente nei propri valori. La democrazia è minacciata. L’Occidente è minacciato. La democrazia è minacciata, ergo l’Occidente è minacciato. L’Islam è incompatibile con la democrazia. Il fanatismo è dentro l’Islam. E così via.
Conosciamo queste voci. Ci hanno frastornato per anni dopo l’undici settembre. Ci hanno fatto perdere la lucidità, e hanno fornito il collante ideologico che ha sostenuto una guerra insensata, che ha solo aggravato e moltiplicato i problemi. Hanno giustificato l’uscita dallo stato di diritto (leggi speciali sulla sicurezza, tortura ecc.). Alimentano quotidianamente la destra (Le Pen, Salvini) che scarica sull’odio per il nemico esterno le inadempienze del sistema sociale. Sono coltivate amorevolmente da intellettuali di sinistra che o vogliono mostrarsi apocalittici (un intellettuale non apocalittico annoia, e non vende) o vogliono cullarsi nel senso della decadenza, guardando il mondo dal loro Grand Hotel Abisso. E così tutto sembra coerente. […] Chiediamo semplicemente a tutti di non massacrarci gli uni con gli altri. Ed è anche il mondo dell’equilibrio macchinoso, instabile, difettoso, della democrazia liberale. Di questa congiunzione difficile tra due parole, democrazia e liberalismo, che hanno chiesto il sacrificio di cinquanta milioni di morti (almeno) per essere unite. La democrazia è dimessa, è poco appetibile, è grigia, e poi è anche sempre inadempiente. Le abbiamo capite queste cose, tutti i raffinati critici della democrazia ce lo hanno ricordato in tutti i modi. E la libertà individuale è atomizzante, favorisce il capitalismo e la ricerca sfrenata del benessere ecc., abbiamo capito anche tutte queste belle cose. Però quando ti confronti con i veri nemici di questo mondo (quello che ho cercato di descrivere), e cioè con i veri nemici della democrazia, cioè della vita vivibile nell’immanenza, nell’aldiquà in attesa di sapere come finirà di là, ti rendi conto che queste critiche o sono chiacchiere o sono fiancheggiatrici. E qui capisco che linguaggio possiamo parlare, finalmente. Se ci sono dei nemici da combattere, con i mezzi che la ragione (accesa dalla pietà per la vita, sì, ma sempre ragione, lucida e analitica) ci consiglia, sono i nemici della democrazia. Cioè i nemici di una società in cui l’istanza ultima sono gli esseri umani dati, in carne e ossa, e non qualche idea generale che si spaccia per qualcos’altro con nomi altisonanti. Questi nemici non sono necessariamente islamici, né necessariamente religiosi. L’intelligenza si vergogna di se stessa, dopo le esperienze storiche del Novecento, a dover ancora ricordare questo.[…]

 11. DALLA PARTE DELLE VOCI ISOLATE

11.1. Mi dispiace ma io non sono Charlie
http://karim-metref.over-blog.org/2015/01/mi-dispiace-ma-io-non-sono-charlie.html
8 Gennaio 2015

In questo momento l’uccisione delle undici persone e in modo particolare dei giornalisti/artisti nella sede del periodico satirico Charlie Hebdo, sta prendendo le pieghe di un nuovo, mini 11 settembre. E fioccano ovunque messaggi di sgomento, di cordoglio, di solidarietà, di condanna… Anche io sono sgomento, lo sono per ogni persona che muore nel modo in cui sono morti questi ultimi. Sono solidale e feroce sostenitore della libertà di espressione. Sono triste perché alcuni dei vignettisti di Charlie Hebdo (Wolinski in modo particolare, che ho anche conosciuto ad Algeri un secolo fa) mi appassionavano e hanno accompagnato con loro feroce e dissacrante satira tutta la mia adolescenza e i miei desideri di allora (ma anche di oggi) di mandare tutto il mondo a farsi f…
Ma mi dispiace, io non scriverò che sono Charlie Hebdo. Non metterò una bandiera nera sul mio profilo Facebook e non posterò nessun disegno di Charb e nemmeno di Wolinski che mi piace tanto… E se avete tempo di leggere il mio lungo ragionamento vi spiego il perché.
Charlie Hebdo nasce nel 1992 ma la squadra che lo fonda viene da una lunga storia di giornali di satira libertaria. Quello che si può considerare come l’antenato di Charlie è “Hara-kiri” dove lavoravano già vari membri dell’attuale redazione. Hara-kiri se la prendeva con i potenti, con De Gaulle, con l’esercito, con la chiesa e fu varie volte chiuso e riaperto sotto varie forme e titoli.
Era divertente, dissacrante, feroce qualche volta. Ma sapeva di quella aria di libertà dell’epoca. Oggi il Charlie Hebdo è cambiato. Lo si compra ancora, qualche volta, perché ha un nome. Il suo pubblico non è più l’operaio o lo studente senza una lira, ma la “gauche-caviar” della Parigi bene.
Negli ultimi anni poi ha preso una linea editoriale apertamente islamofoba. Non è il fatto di prendere ogni tanto in giro una religione. Quello l’ha sempre fatto anche con la chiesa cattolica. Il problema non è qui. Se prendesse in giro i musulmani, l’islam, il profeta, dio o qualsiasi altro persona o simbolo sacro non ci vedrei personalmente niente di sbagliato. Ma le numerose campagne di Charlie Hebdo contro i musulmani, l’islam, i simboli sacri di questa religione sapevano di accanimento. Faceva parte di una certa cultura molto diffusa negli ambienti che una volta erano stati di sinistra e che oggi sono solo sinistramente cinici. Ambienti che hanno definitivamente deciso di stare dalla parte dei forti e che non hanno più nessuna bataglia vera da portare avanti. Una ex sinistra che si è arresa mani e piedi legati alla logica di mercato, al dominio delle banche e ultimamente anche alla retorica dello scontro di civiltà. Una ex sinistra che considera che l’integralismo islamico sia l’unico e ultimo pericolo che minaccia l’umanità. Una ex sinistra che non ha più sogni né progetti del resto e che si accontenta di guardare il mondo dall’alto della sua presunta superiorità culturale. […]

11.2. Non in mio nome
di Igiaba Scego
http://www.internazionale.it/opinione/igiaba-scego/2015/01/07/non-in-mio-nome

Oggi mi hanno dichiarato guerra. Decimando militarmente la redazione del giornale satirico Charlie Hebdo mi hanno dichiarato guerra. Hanno usato il nome di dio e del profeta per giustificare l’ingiustificabile. Da afroeuropea e da musulmana io non ci sto.
“Not in my name”, dice un famoso slogan, e oggi questo slogan lo sento mio come non mai. Sono stufa di essere associata a gente che uccide, massacra, stupra, decapita e piscia sui valori democratici in cui credo e lo fa per di più usando il nome della mia religione. Basta! Non dobbiamo più permettere (lo dico a me stessa, ai musulmani e a tutti) che usino il nome dell’islam per i loro loschi e schifosi traffici.
Vorrei che ogni imam in ogni moschea d’Europa lo dicesse forte e chiaro. Sono stufa di veder così sporcato il nome di una religione. […]

11.3. Roberto Prinzi ( su FB)
La vicinanza e la solidarietà alla rivista francese Charlie Hebdo è forse più inquietante del terribile attentato di ieri. Cosa c’è di satirico o di “geniale” nel disegnare il Profeta Maometto (che già di per sé non andrebbe rappresentato) che fa sesso o che, mentre viene sgozzato da miliziani dell’Isis, dichiara: “ma io sono il vostro profeta!”? Prendete la letteratura ottocentesca occidentale e vedrete che la rappresentazione dei musulmani che fa il Charlie è la medesima. Sono gli stessi stereotipi schifosi che ritornano. E’ lo stesso messaggio che viene veicolato: il senso arrogante della civiltà occidentale conquistatrice.
Lo schema è quello tristemente noto: vincere culturalmente il “nemico” prima di invaderne le terre. Sono barbari, primitivi che dobbiamo ridicolizzare prima che le nostre bombe (di cui nessuno parla… alla faccia della libertà di informazione) li squartino senza suscitare sdegno nella nostra opinione pubblica. E’ solo un caso che la Francia è in prima linea nella riconquista del Medio Oriente e del Nord Africa? La derisione che il Charlie fa dell’Islam non è dissimile dalla rappresentazione che fa la destra fascista e nazista. Non è lontana da quella che faceva il regista fascista olandese Van Gogh ucciso da uomini armati musulmani qualche anno fa. E’ la rappresentazione grafica delle parole iniettate di odio che i Salvini di turno usano ogni giorno contro i musulmani e i “diversi”. Quando Calderoli mostrò magliette denigratorie nei confronti del profeta Maometto – simili alle rappresentazioni del Charlie Hebdo – lo faceva per la libertà di informazione?
Mi chiedo: ma se a essere rappresentati sempre in modo così inaccettabile, fossero stati gli ebrei (magari con il nefasto naso lungo), cosa avremmo detto tutti noi? Avremmo parlato di “libertà di informazione” o gridato (giustamente) all’anti-semitismo? Non avremmo forse chiesto la censura per le “vergognose” vignette? Perché ciò non avviene quando si parla degli arabi (a proposito anche loro semiti) e, più in generale, dei musulmani? Forse perché l’Islam ha sempre rappresentato storicamente la “barbarie” contro cui – noi mondo occidentale – dobbiamo lottare? Forse perché ne è il sinonimo? La realtà è che le crociate non sono mai finite. Pertanto, in questa costruzione semantica per cui Islam=barbarie, in questa creazione di “nemico”, tutto è lecito. […]
Viviamo una censura costante delle informazione. Soprattutto quando parliamo dei “primitivi” musulmani, la voce dell’Occidente è unica e grida compatta. E spesso dimentica. Chi, amici di “siamo tutti Charlie Hebdo”, ricorda dei bombardamenti che da agosto facciamo tra i musulmani iracheni e siriani che hanno fatto migliaia di vittime? E chi del casino creato in Libia tre anni fa appoggiato dai tanti “sinceri democratici” che oggi piangono le vittime di Parigi ? Chi, in queste ore drammatiche dopo questo orribile attentato, ha denunciato pubblicamente lo stato terrorista turco che da 4 anni fa passare terroristi jihadisti (come, pare, due di quelli di Parigi) dal suo territorio in Siria? E pensare che poche settimane fa, il premier Renzi era ad Ankara…

11.4. Antonio (commento su “Le parole e le cose”)
http://www.leparoleelecose.it/?p=17353#comment-301475

Sono solo i Mussulmani e l’Islam che stanno creando questi problemi al mondo intero. Si dice che sono gli integralisti, ma da parte dei moderati non mi risultano che nei confronti di Boko Haram e di Al Bagdhadi dell’ISIS siano state emesse delle Fatwa. La Fatwa, guarda caso è stata enmessa nei confronti di Samam Rashdi, ma non nei confronti di chi compie stragi. E’ comodo dire che quello non è ISLAM , allora diomostralo emettendo coerentemente con la dottrina mussulmana nei confronti di chi bestemmia la Fatwa. Allora i moderati saranno credibili. E poi che significa “moderato” ? Uno che non è ancora arrabbiato a sufficienza? Costoro, gli isamisti, e parlo di quelli che vivono in occidente, fino a che non scendono in piazza come noi abbiamo fatto nei confronti dei terroristi comunisti e fascisti, per me, non meritano la totale fiducia. Continuino pure a fare la loro vita, ma chi deve controllare deve controllare fino in fondo.

David (commento su “Le parole e le cose”)
9 gennaio 2015 a 12:02
Antonio, dovresti includere nelle tue fonti qualcosa che non sia Il Foglio o La Padania.
Ti sfuggono alcuni fatti:
– il terrorismo degli integralisti finora ha ucciso molti più musulmani che occidentali;
– i musulmani in Italia hanno organizzato diverse manifestazioni di piazza contro l’Isis;
– sono state emesse diverse Fatwa contro le azioni violente, contro il reclutamento di terroristi, etc.
Di solito questi fatti emergono nei talk show di seconda serata in quei trenta secondi in cui fanno parlare le associazioni culturali musulmane, e si perdono nel mare di retorica dei vari leghisti e degli integralisti cattolici di turno che sproloquiano per il resto della trasmissione (del resto l’audience vive di polemica), quindi se non ne sei a conoscenza sei in parte scusato.

Michele Dr (commento su “Le parole e le cose”)
9 gennaio 2015 a 14:49

Penso non solo a cose come il fatto che la Chiesa Cattolica ancora negli anni ’50 vietava la libertà religiosa e ammetteva al massimo la tolleranza quando i non cattolici erano troppo numerosi o potenti (ad esempio il concordato in Spagna fino agli anni ’60 negava ogni culto e propaganda non cattolico) ma anche a certe affermazioni razziste ed antisemite di Voltaire, allo schiavismo dei padri fondatori americani, o il colonialismo britannico. E si pensi che in Svizzera il voto alle donne è stato ammesso solo nel 1971… Insomma, non si capisce proprio quale sia questa “identità immutabile” dell’ “Occidente”…

Parigi, 7 gennaio 2015: difendiamo il bene di esprimerci liberamentehttp://www.libreriadelledonne.it/parigi-7-gennaio-2015-difendiamo-il-bene-di-esprimerci-liberamente/
di Luisa Muraro

Provo a dire due cose. Se sono scritte qui, vuol dire che sono state discusse nella redazione del sito della Libreria delle donne, come si fa con gli altri testi. Le firmo io perché mia è la responsabilità.

I criminali che il 7 gennaio hanno fatto strage nella pacifica redazione di un settimanale satirico, non sono peggiori dei politici e militari che, cent’anni fa, hanno voluto la prima guerra mondiale. Non ci sono giustificazioni né per quelli né per questi.
La libertà d’espressione è un bene prezioso che va difeso con tutto il coraggio che abbiamo e i mezzi leciti di cui disponiamo. Per la stessa ragione, il bene di esprimerci liberamente va usato senza censure ma con la necessaria saggezza. Offendere i sentimenti profondi di donne e uomini non per una libera trasformazione della cultura ma solo per avere successo, come vendere più copie di un libro o di un film, questo non è saggezza. Peggio ancora è servirsi della libertà d’espressione per fomentare l’odio e la paura tra culture diverse, quale che sia lo scopo.
(www.libreriadelledonne.it. 8 gennaio 2015)

APPENDICE

Carrère e Houellebecq:
Europa e Islam, intesa feconda?
di  Emmanuel Carrère

http://www.corriere.it/cultura/15_gennaio_06/carrere-houellebecq-europa-islam-intesa-feconda-27c10592-9581-11e4-9391-39bd267bd3d5.shtml

Lo scrittore francese interviene nel dibattito sul nuovo libro di Houellebecq e lancia un parallelo con quanto accadde fra cristianesimo e mondo classico

[…]Il libro comincia con l’elezione presidenziale del 2020. Nella precedente, quella del 2017, François Hollande è stato rieletto per sbarrare la strada a Marine Le Pen, ma durante il secondo mandato, catastrofico, del presidente socialista, si manifesta una nuova e potente forza politica: la Fratellanza musulmana. Il suo leader, Mohammed Ben Abbes, è un islamista moderato, dal fisico rassicurante del «vecchio droghiere tunisino di quartiere», che evita l’antisemitismo imbarazzante, sostiene la causa palestinese ma con circospezione, recluta i suoi seguaci ben al di là delle popolazioni musulmane. La situazione è quindi totalmente nuova: i due grandi partiti, di centro-destra e di centro-sinistra, attorno ai quali si strutturava la vita politica del Paese dalla fine della Seconda guerra mondiale, sono del tutto screditati, emarginati. Le forze presenti sono ormai il Front National (Fn) e la Fratellanza musulmana. Entrambi sono partiti democratici, che hanno scelto il ricorso alle urne, e ciascuno di essi ha un bel da fare con i propri estremisti rispettivi: movimenti identitari da un lato, jihadisti dall’altro. Gli editorialisti virtuosi si sgolano a denunciare le «Cassandre» che predicono l’inevitabile guerra civile fra immigrati musulmani e popolazioni autoctone dell’Europa occidentale; Houellebecq ne approfitta per raccontare il mito di Cassandra e meravigliarsi di come viene di solito usato allorché le predizioni pessimistiche di questa profetessa hanno come particolarità di essersi sempre realizzate. Al primo turno, il Fn si ritrova come previsto in testa, ma la Fratellanza è in seconda posizione. Inizia il gioco delle trattative e delle coalizioni: ultima possibilità di avere un piccolo ruolo per i partiti tradizionali guidati da Jean-François Copé e Manuel Valls. Alla fin fine, chi ha la meglio è ancora una volta un’alleanza contro il Fn: un Fronte repubblicano allargato in cui Ump e Ps aderiscono alla candidatura di Ben Abbes. Questi promette che, se verrà eletto, nominerà François Bayrou primo ministro e che, nel formare il governo, esigerà per gli islamisti solo il ministero dell’Educazione. Il fatto è che egli si preoccupa poco dell’economia e anche della geopolitica: per lui, la vera posta in gioco sono i bambini e la loro educazione. Che siano musulmane, ebree o cristiane – spiega – le famiglie desiderano per i loro figli una educazione che non si limiti alla trasmissione di conoscenze, ma integri una formazione spirituale, che corrisponda alla loro tradizione. A questo discorso mellifluo Marine Le Pen replica con toni accesi, e sul terreno dell’intransigenza laica e repubblicana. Tre milioni di elettori nazionalisti sfilano in Place de la Concorde rivendicando, contro l’oscurantismo religioso, l’eredità dei Lumi. Malgrado ciò, Ben Abbes viene eletto. E tutto va bene.
Addirittura benissimo. All’inizio, si è leggermente turbati nel non vedere più, da nessuna parte, donne che indossino la gonna né, ben presto, donne che frequentino i luoghi pubblici, ma la Francia ritrova un ottimismo che aveva perso dalle «Trente glorieuses» (i trenta gloriosi anni di crescita economica dalla fine della Seconda guerra allo choc petrolifero, ndr ). Visto che le donne escono dal mercato del lavoro, la curva della disoccupazione si inverte. La previdenza sociale è sostituita dalla solidarietà familiare. Lo Stato smette di aiutare l’industria, comunque disastrata, a vantaggio dell’artigianato e della piccola impresa individuale. La sharia regola una società ridiventata patriarcale, meno libera ma più sicura e più felice. L’asse della costruzione europea si sposta verso il Sud. Mohammed Ben Abbes vuole diventare, e diventerà, il primo presidente eletto dell’Europa: un’Europa allargata ai Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, e che presto avrà di nuovo un peso nel mondo. Egli soltanto ha un progetto di civiltà, che non è difensivo e nostalgico come quello degli identitari, ma dinamico e visionario. La laicità, il secolarismo, il materialismo ateo hanno fatto il loro tempo: quello dell’islam è giunto, ed è la seconda chance dell’Europa, la prospettiva di una nuova età dell’oro per il vecchio continente. Happy end.

Mi rendo conto che questo riassunto per sommi capi può dare l’impressione di una satira canzonatoria, di una fantapolitica a breve termine e che non guarda molto lontano. Ma parliamo di un libro di Michel Houellebecq, cioè di un libro di straordinaria consistenza romanzesca in cui, insieme all’anticipazione, troviamo pagine magnifiche su Huysmans, sugli scrittori cattolici della fine del XIX secolo, sulla letteratura in generale. Specialità tradizionali della casa, come gli incontri di sesso con escort girls chiamate Nadiabeurette o Babeth la salope. Osservazioni sociologiche di un’acutezza sbalorditiva. Ma lì dove il libro vola alto e raggiunge quella strana posizione sovrastante, quasi extraterrestre, che rende Houellebecq unico, è verso la fine, quando il narratore si converte. Lo fa per ragioni opportunistiche: perché così potrà fare ritorno alla Sorbona, facoltà ormai coranica, con un bell’appartamento di funzione e tre mogli, due giovani per il sesso, una vecchia per la cucina (sono anche loro contente? La questione non viene affrontata).
Tuttavia, non è un cinico, e il punto culminante del libro è la sua conversazione con un seducente personaggio che, anch’esso universitario, autore di una tesi su «René Guénon, lettore di Nietzsche», passato attraverso gli ambienti identitari poi convertitosi all’islam, è diventato un potente apparatchik del nuovo regime. […]
[…] A questo punto della lettura mi sono chiesto cosa pensasse davvero Houellebecq, e quello che io stesso pensavo, di tutto ciò. Comincio da me, non perché sia più semplice – in realtà non so bene cosa penso su questo argomento scivoloso -, ma perché ho comunque trascorso gli ultimi sette anni a scrivere un grosso volume ( Il regno , che uscirà in Italia a marzo per Adelphi) sugli inizi del cristianesimo, e mi ha colpito che il mondo antico, fra il I e il IV secolo, si fosse sentito gravemente minacciato da una religione orientale intollerante, fanatica, i cui valori erano interamente opposti ai suoi. Le menti migliori temevano qualcosa come una «grande sostituzione». Ebbene, questa «grande sostituzione», questa mescolanza contro natura dello spirito della ragione greco-romano e della strana superstizione giudeo-cristiana, c’è stata davvero. Ciò che ne è risultato è quella cosa non così insignificante chiamata civiltà europea. Molti intelletti, di nuovo, credono che oggi questa civiltà sia minacciata, e io ritengo tale minaccia reale, ma non è impossibile che sia anche feconda, che l’islam più o meno a lungo termine non rappresenti il disastro ma l’avvenire dell’Europa, come il giudeo-cristianesimo fu l’avvenire dell’Antichità. Per quanto mi riguarda, mi piacerebbe pensare che ciò implichi un adattamento dell’islam alla libertà di pensiero europea: è qui che mi allontano da Houellebecq, che deve considerare «l’islam dei Lumi» come una contraddizione in termini, una pia fantasticheria da utile idiota o da umanista (parola che, come egli dice, gli dà «leggermente voglia di vomitare»). La grandezza dell’islam, se ho letto bene, non è di essere compatibile con la libertà ma di sbarazzarcene. E appunto, che liberazione! […]«Non avrei avuto niente da rimpiangere»: è l’ultima frase del libro, e la trovo altrettanto memorabile dell’ultima frase di 1984 : «Amava il Grande Fratello». Invece il senso è totalmente diverso: Winston Smith si è arreso, ma Orwell continua a resistere per lui. La resistenza non interessa a Houellebecq. Egli ritiene che l’Occidente sia spacciato, talmente spacciato che non c’è più niente da rimpiangere. Che la libertà, l’autonomia, l’individualismo democratico ci abbiano immersi in uno sconforto assoluto; sconforto che nessuno ha descritto meglio di lui. Se rimane una speranza al di fuori della pura estinzione (alla quale si capisce che Houellebecq non sarebbe ostile) essa scaturirà da quelle che secondo noi rappresentano le peggiori minacce per la nostra civiltà e per l’idea che ci facciamo dell’umanità: la clonazione nelle Particelle elementari e La possibilità di un’isola , e l’islamismo. Quello che temevamo di più è ciò che, una volta passati dall’altra parte, ci sembrerà più desiderabile, al punto che ci stupiremo di non averlo desiderato prima. Tale capovolgimento radicale delle prospettive è quello che in termini religiosi si chiama conversione e, in termini storici, cambiamento di paradigma. E’ di questo che parla Houellebecq, non parla mai di altro, è praticamente l’unico a parlarne, per lo meno a parlarne così, come se potesse accedere ai libri di storia del futuro – supponendo che ci siano ancora libri di storia, e un futuro -, ed è per questo che lo leggiamo tutti, sbigottiti.

44 pensieri su “SCRAP-BOOK DAL WEB – Sull’attentato a Parigi del 7 gennaio 2015

  1. Le popolazioni occidentali sembrano così rimbambite dal perbenismo uniformante che, pur nella magra economia, non riescono a capacitarsi del giudizio barbarico con cui queste frange dell’islam ci guardano. Ma per molta parte degli islamici noi non siamo quel che diciamo di essere. Del resto le falle della nostra democrazia sono rese evidenti dalle politiche espansionistiche, americane in testa.
    L’idea che ne ho è che queste azioni terroristiche abbiano lo scopo di spingere le potenze occidentali a mostrarsi per quel che sono, a scendere in campo mettendo da parte la finzione democratica che copre il totalitarismo di fondo che le contraddistingue.
    Lo spostamento del conflitto verso la guerra reale non è ben visto dalla politica: esempi come quello della sottomissione della Grecia senza colpo ferire, da parte della Germania e dell’Europa, sono traguardi della politica del moderno capitalismo. Ma richiedono forti investimenti e tempi lunghi ( oltre vent’anni di crisi economica a fronte di cinque anni di guerra combattuta sul campo). La disputa quindi è tra modelli espansionistici differenti: quello delle democrazie teso ad assicurare il controllo dei territori conquistati, e quello della conquista militare con i rischi destabilizzanti che comporta. E non è detto che le due cose non si possano fare contemporaneamente, come di fatto si sta facendo. Del resto la storia insegna che le guerre si fanno sempre per “buoni” motivi. Ma la guerra sul campo appartiene al passato, e oggi è diciamo così, contenuta. Obama non è Bush e Hollande non è Le Pen. Il motto francese “à la guerre” presuppone il consenso di popolazioni rappacificate dal consumismo; che oggi è in crisi, e la povertà e le disuguaglianze sociali sono terreno fertile per il consenso allo scontro.
    Più che a fantomatici accordi tra potenze occulte penso a una spaccatura, a un conflitto tra poteri differenti. In definitiva per noi, persone qualsiasi, si tratta di scegliere tra un potere e l’altro, tra democrazia totalitaria e regime assolutista. In altre parole, tanto per non cambiare, ci troviamo a fare scelte obbligate: che questa sarebbe l’idea di libertà oggi imperante.

  2. Oggi si possono riprendere meglio in considerazione gli argomenti di Partesana su Islam in “decadenza”, è anche dalla debolezza di molti degli stati islamici usciti dalla seconda guerra, e dopo il crollo dell’URSS, che nascono l’isis e al Qaeda.

  3. SEGNALAZIONI
    [Invito anche altri a farne rispettando un ‘unica regola: se brevi, si rporti il testo (o meglio uno stralcio mirato e condiviso); se lunghe, solo uno stralcio e il link o la fonte)]

    1.
    Prendere atto della Terza Guerra Mondiale
    di Lucia Annunziata
    http://www.huffingtonpost.it/lucia-annunziata/siamo-ancora-in-guerra-parigi-e-un-capitolo-dell11-settembre_b_6444624.html

    Ecco il punto dove siamo: l’esercito che iniziò a formarsi nel 2001 è cresciuto, si è ramificato, ha formato una sua piattaforma, ha addestrato le sue truppe – e ora queste truppe sono qui fra noi. Questo succede oggi a Parigi, questo succederà in tutti i nostri paesi. Prendere atto di questa realtà, dirci che la guerra ci ha raggiunti, di nuovo, dopo settanta anni ,non è per nulla semplice . La storia del continente europeo è tale che oggi la opinione pubblica rifugge da ogni discorso di tensione. Spesso la semplice apertura di una discussione sul che fare ti fa apparire come un guerrafondaio.
    Eppure, negare di essere parte di un conflitto è una ipocrisia bella e buona – dal 2001 siamo in guerra permanente. Abbiamo, come Europa, combattuto in Afganistan, e in Iraq, in Siria, in Libano e in Africa. In questo momento l’ Italia porta sulle spalle l’intervento in Libia, altra nazione che ha avuto grande parte in almeno un capitolo della Terza Guerra Mondiale, e quello in Siria. Che questi interventi militari siano stati sempre limitati o seminascosti dalla nostra classe politica non ne ha certo cambiato natura.
    Diciamolo dunque. Ammettiamolo. E cominciamo a pensare a nuove politiche, ad interventi di difesa seri. Chiediamo alla politica di fornirci un piano di preparazione militare, un progetto di messa in sicurezza chiaro, una idea di investimenti in questa stessa sicurezza. Del resto, non affrontare queste questioni in questi ultimi anni ci ha portato solo ad esserne risucchiati, ha portato la nostre società ad essere sempre più dominate dal timore, e attratte da politiche emotive e razziste.
    Non ci illudiamo più: gli attacchi di Parigi hanno chiuso un’epoca per l’Europa , quella della politica degli struzzi, come dimostra la manifestazione di Parigi di domenica. Non si tornerà indietro

    2.
    Quelle sere a Charlie Hebdo, creatività e buon alcool
    —  Mario Dondero, PARIGI, 9.1.2015
    http://ilmanifesto.info/quelle-sere-a-charlie-hebdo-creativita-e-buon-alcool/

    Dal 1969 in poi il suc¬cesso di Char¬lie Hebdo è andato cre¬scendo, soprat¬tutto nel mondo gio¬va¬nile. Rien¬trato in Ita¬lia alla fine degli anni ’90 non ho più avuto modo di fre¬quen¬tare quelle alle¬gre riu¬nioni. Ricor¬dando il clima che vi regnava mi ven¬gono i bri¬vidi a pen¬sare alla spa¬ven¬tosa sor¬presa che hanno avuto i pre¬senti quando hanno fatto irru¬zione tra di loro gli assas¬sini per com¬piere l’inimmaginabile. Sì, per¬ché i redat¬tori di que¬sto gior¬nale erano uomini paci¬fici, com¬bat¬tenti per un’idea liber¬ta¬ria. Redi¬ge¬vano in effetti un gior¬nale auto¬de¬fi-ni¬tosi “stu¬pido e cat¬tivo” che fusti¬gava il mal¬co¬stume e scan¬da¬liz¬zava i ben¬pen¬santi, ma erano ancor sem¬pre uomini sen¬si¬bili e generosi.
    3.
    Io non mi dissocio
    Karim Metref

    Karim Metref, educatore e blogger che vive a Torino, ha scritto una lettera di risposta a questo articolo (http://www.internazionale.it/opinione/igiaba-scego/2015/01/07/non-in-mio-nome) di Igiaba Scego.
    http://www.internazionale.it/opinione/karim-metref-2/2015/01/09/io-non-mi-dissocio

    Cara Igiaba,
    in questi giorni saremo messi sotto torchio e le prossime campagne elettorali saranno fatte sulla nostra schiena. Gli xenofobi di tutta Europa vanno in brodo di giuggiole per la gioia e anche gli establishment europei che non hanno risposte da dare per la crisi saranno contenti di resuscitare il vecchio spauracchio per far rientrare le pecore spaventate nel recinto.
    Da ogni parte ci viene chiesto di dissociarci, di scrivere che noi stiamo con Charlie, di condannare, di provare che siamo bravi immigrati, ben integrati, degni di vivere su questa terra di pace e di libertà.
    Ebbene, anche se ovviamente condanno questo atto come condanno ogni violenza, non mi dissocio da niente. Non sono integrato e non chiedo scusa a nessuno. Io non ho ucciso nessuno e non c’entro niente con questa gente. Altrettanto non possono dire quelli che domani dichiareranno guerra a qualcuno in nome di questo crimine.
    Tu dici: “Oggi mi hanno dichiarato guerra. Decimando militarmente la redazione del giornale satirico Charlie Hebdo mi hanno dichiarato guerra. Hanno usato il nome di dio e del profeta per giustificare l’ingiustificabile. Da afroeuropea e da musulmana io non ci sto”.
    Io con questa gente sono in guerra da trent’anni. Li affrontavo con i pugni all’epoca dell’università e con le parole e con le azioni da allora e fino a oggi. Sono trent’anni che li combatto e sono trent’anni che il sistema della Nato e i suoi alleati li sostengono regolarmente ogni dieci anni per fomentare una guerra di qua o di là.
    Anche io sono afroeuropeo, sono originario di un paese a maggioranza musulmana ma non mi considero un musulmano: non sono praticante, non sono credente. Ma anche io non ci sto. Non ci sto con questi folli, non ci sto quando lo fanno a Parigi ma non ci sto nemmeno quando lo fanno a Tripoli, Malula o a Qaraqush.
    Non sto con loro e non sto con chi li arma un giorno e poi li bombarda il giorno dopo. Non ci sto in questa storia nel suo insieme e non solo quando colpisce il cuore di questa Europa costruita su “valori di convivenza e pace”. Perché dico che questa Europa deve essere costruita su valori di pace e convivenza anche altrove, non solo internamente (ammesso che internamente lo sia).
    Tu dici che questo non è islam. Io dico che anche questo è islam. L’islam è di tutti. Buoni o cattivi che siano. E come succede con ogni religione ognuno ne fa un po’ quello che vuole. La adatta alle proprie convinzioni, paure, speranze e interessi. Nelle prossime ore, i comunicati di moschee e centri islamici arriveranno in massa, non ti preoccupare. Tutti (o quasi) giustamente si dissoceranno da questo atto criminale. Qualche altro Abu Omar sparirà dalla circolazione per non creare imbarazzo a nessuno. La Lega e altri avvoltoi si ciberanno di questa storia per mesi, forse per anni. E noi ci faremo di nuovo piccoli piccoli, in attesa della fine della tempesta. Come stiamo facendo dopo questi attentati (forse) commessi da quella stessa rete che la Nato aveva creato per combattere una sua sporca guerra.
    Loro creano mostri e poi, quando gli si rivoltano contro, noi dobbiamo chiedere scusa, dissociarci e farci piccoli. A me questo giochino non interessa più. Non chiedo scusa a nessuno e non mi dissocio da niente. Io devo pretendere delle scuse. Io devo chiedere a questi signori di dissociarsi, definitivamente, non ad alternanza, da questa gente: amici in Afghanistan e poi nemici, amici in Algeria e poi nemici, amici in Libia e poi… non ancora nemici lì ma nemici nel vicino Mali, amici in Siria poi ora metà amici e metà nemici… Io non ho più pazienza per questi macabri giochini. Mando allo stesso inferno sia questi mostri sia gli stregoni della Nato e dei paesi del Golfo che li hanno creati e li tengono in vita da decenni. Mando tutti all’inferno e vado a farmi una passeggiata in questa notte invernale che sa di primavera… Speriamo non araba.
    • Karim Metref è un educatore e blogger che vive a Torino.

  4. Io sto con Karim Metref

    Fratello

    Non restare a guardare
    non ti meriti il popolo cristiano
    e nemmeno quello islamico
    non ti meriti i morti
    e nemmemo i vivi che imprecano
    Non restare a guardare
    il sangue le ferite la gente i pianti
    spingi i tuoi occhi oltre la cortina
    c’è una giustizia dietro la pubblicità
    si vive dietro questo esistere
    Fermarsi ora non serve
    bruciare il tempo la comprensione
    ci aspettano giorni e anni
    quelli della conoscenza della fratellanza
    Ogni tempo ha ucciso fratelli
    Resta guardingo e se vuoi pregare prega
    Ma se non sai pregare guarda le offese
    come fossero sulla tua pelle
    guarda nelle tue tasche forse c’è
    qualcosa per tutti
    Non fermarti e guarda dietro le spalle
    di tutti.

    Emilia Banfi

    1. Karim Metref educatore e Blogger che vive a Torino. vedi sopra post -Dalla parte delle voci isolate- al punto 11.1

      1. @ Annamaria

        Grazie per la tua poesia che ho molto gradito.

        Poesia per capire , partecipare e in essa molte parole per riuscire a superare e combattere anche momenti così crudeli.

        (Poesia non tanto per passare il tempo….)

        1. @ Annamaria

          Non parliamo di paura , la paura non esiste e se dovesse affacciarsi nascondiamola. Serve molto coraggio e soprattutto tante persone che dovranno perdere la vita per la pace. Forse conosciamo un altro modo per rivoluzionare questi tempi? Proprio questo chiedo ai coraggiosi a coloro che non hanno paura che sono disposti ad andare in prima linea per salvare l’umanità.

          1. …e che sia vero coraggio non artificiale…perché come diceva mia nonna”Perchè inscì in bun tùcc” (perché così tutti son capaci).

          2. ..se intendi , Emy, per coraggio quello di esporsi nel raccontare una storia, beh allora non tutti sono buoni a raccontarla. Infatti della capacità di una controrappresentazione del mondo, rispetto a quella imperiale, dovrebbe farsi carico un insieme di elites , orientate decisamente al ribaltamento delle frottole modaiole di questa o quella libertà o civilta, o delle balle spaziali sul racconto della crisi o del terrorismo etc etc… Il cosiddetto basso, uomo comune come te o me, dovrebbe sapere in anticipo, che è già tanto se salva se stesso non tanto per andare in chissà quale paradiso, ma per non essere sommerso dal macabro carnevale che rende sempre piu difficoltosa la ricerca della irrangiugibile verità Se, pertanto, confondessi il piano conoscitivo con il piano operativo, sarebbe un altro piano di maniche, ma ciò corrisponderebbe alla tua ansia ricorrente di rincorrere ( scusa il gioco di parole) soluzioni concrete . Spesso e volentieri ti/ ci chiedi chi si sta organizzando praticamente diciamo per una via d’uscita o addirittura chi ci salverà e nientepopodimenoche chi sia disposto a morire come l’ultimo dei mohicani ( che farebbe rima anche con la stessa metrica operativa dei fanatici kamikaze giapponesi o talebani). Non c’è nulla di tutto questo, e si saltano i passaggi logici proprio per il desiderio ricorrente che esprimi, se prima non si è studiato e non si ha chiaro quali siano le formazioni necessariamente d’elite che potrebbero ribaltare queste condizioni così ridotti da schiavi, molti pure felici di esserlo, credendo che nella dimensione reale di una vita plurale , di una comunita o di un stato o di un insieme di stati sia possibile la libertà o addirittura la democrazia. I regimi, compreso quello democratico, sono tutti , non uno escluso, forme di tirannia, la libertà è solo quella dentro il cuore o dentro un sogno o davanti a un tramonto o ascoltando il colore di un fiore. Tutto il resto è crimine, più o meno feroce. Noi siamo alla ferocia di un certo livello, ormai molto ben organizzata e sempre piu veloce. Non esiste via d’uscita, tranne quella , se cosi si può chiamare, di voler conoscere per filo e per segno, ogni giorno di più, la fenomenologia comparata di ogni ferocia politica-geopolitica, anche per poter scegliere, grazie a qualche elites piu luminosa di altre, la ferocia minore che non è il male minore del turarsi il naso, alla uolter e votare il primo scemo, opppure peggio “democratico”, purchè “democratico”.

            ti saluto con quest’altro racconto della stessa storia e della stessa non libertà (di stampa e non solo).
            ciao

            Liberté, Égalité, Dieudonné
            L’attentato di Parigi rischia di scoperchiare finalmente un oceano di questioni che finora venivano mantenute nel più profondo silenzio mediatico. Una di questa è la celeberrima “libertà di stampa”, applicata non tanto a Charlie Hebdo al quale nessuno, specie oggi, si sogna di rimproverare nulla, quanto a chi veramente va a toccare corde sensibili.

            Oggi chi tocca queste corde è Dieudonné, comico satirico francese (fondatore con Alain Soral di Réconciliation nationale, una sorta di Front national antirazzista ed antisionista) che più volte ha osato scherzare sugli ebrei e – ancor più grave – sui crimini di Israele. Censurato e osteggiato in vari modi, oggi è stato addirittura arrestato con l’accusa di “apologia del terrorismo”, per aver detto sulla sua pagina Facebook di sentirsi uno “Charlie Coulibaly”, vittima della violenza statale e del terrorismo mediatico. Ed è proprio questo arresto dai presupposti ridicoli a rischiare di portare il caso Dieudò all’attenzione della stampa internazionale. L’efficientissima “industria dell’Olocausto” (cfr. Finkelstein) rischia stavolta di far vedere al mondo alcuni ingranaggi.
            Come prevedibile, già in molti stanno correndo ai ripari rispolverando il vecchio trucco delle tre carte: antisionismo è uguale ad antisemitismo, antisemitismo è uguale a odio razziale (talmente odioso che neanche il campione di libertà Charlie Hebdo poté fare a meno di licenziare un suo vignettista accusato di antisemitismo), ma odio razziale è diverso dalla libertà di offendere musulmani e cristiani.

            Ciò che di interessante può nascere da questa vicenda non saranno i milioni di hashtag e magliette che chiederanno “libertà assoluta” e “giustizia per tutti”, semplicemente perché la libertà assoluta è una contraddizione in termini e la giustizia dipende sempre da chi la stabilisce. Piuttosto, alla luce di questi eventi, sarebbe utile che qualcuno si iniziasse a chiedere chi sta stabilendo, in Francia come in tutta l’Europa, ciò che è giusto, ciò che è libero e ciò che invece è da censurare. È probabile che rimanga delusissimo quando, invece del nobile profilo di Voltaire, scorgerà la manina insanguinata di Benjamin Netanyahu.

            Renato Rallo
            14 gennaio 2015
            http://www.lintellettualedissidente.it/inevidenza/liberte-egalite-dieudonne/

          3. A proposito di Libertà anch’io mi permetto di fare scrapbooking.

            1. Il concetto.

            A) dal discorso di J. F. Kennedy (da me citato in un commento precedente):
            “La libertà è indivisibile e quando un solo uomo è reso schiavo, nessuno è libero”

            B) da un vignettista satirico italiano di cui non ricordo il nome, ma la frase sì:
            “la satira deve godere di una libertà assoluta, altrimenti che satira è”.

            C) da una canzone di Gaber “la libertà è partecipazione”.

            Se scartiamo la stupida retorica del punto “A” e l’onnipotenza perversa del punto “B” (parlare di ‘libertà assoluta’ è un ossimoro: la libertà contempla sempre un vincolo, ‘libertà da’, oppure, ‘libertà di’, mentre l’assoluto non contempla nulla di tutto ciò), non ci rimane che il punto “C” sul quale sarebbero comunque da fare dei lunghi discorsi su che cosa si intenda per ‘partecipazione’, di chi e con chi.

            2. Exempla

            A) da Poliscritture (Contrappunto tra Ennio ed Emy)

            Ennio: “Che ciascuno di noi ne prenda uno a sua scelta, lo analizzi riga per riga e dica cosa ne pensa e perché. Senza divagare o generalizzare”.

            Emy: “La libertà della quale si è molto parlato ultimamente serve anche per chi ha paura, lo dice e cerca di fare il possibile per non dimenticare i valori che servono per continuare a lottare.
            Il fatto che tu non condivida il mio pensiero come ho detto non mi sorprende ma…viva la libertà”

            Sembra trattarsi di un conflitto sulla libertà, mentre invece è solo un malinteso su quelli che possono essere gli intendimenti relativi allo scrapbook in questione e all’utilizzo del sito. Come a dire: un conto è il conflitto vero e proprio rispetto alla libertà, altra cosa è il ‘vissuto’ di essere o non essere ‘liberi’. Tant’è che Ennio scrive: *I professori non invitano, bocciano*.

            B) da Dagospia – http://www.dagospia.com del … (non trovo la data)

            1 sub B) Delfeil de Ton: «Ce l’ho veramente con te, Charb – ha scritto uno dei padri fondatori in una sorta di lettera al direttore e disegnatore assassinato -. Che bisogno c’era di trascinare tutti in questa escalation?».
            ………………..
            Ma, quel che è più doloroso, Delfeil de Ton testimonia nel suo articolo che Wolinski, il celebre caricaturista ucciso a 80 anni con il resto dei collaboratori, non condivideva la pervicacia di Charb….[nel suo anti islamismo].

            2 sub B) Immediata la reazione indignata dell’avvocato di Charlie Hebdo, Richard Malka, che se l’è presa col pessimo tempismo dei commenti di uno dei fondatori, proprio alla vigilia dei funerali delle vittime.

            Qui abbiamo un conflitto tra la libertà di poter dire e la libertà di tacere. E’ solo una questione di opportunità o di stile (come parrebbe dall’intervento dell’avvocato) o invece ciò che non si poteva dire prima, perché c’era da difendere il legame del gruppo, è importante adesso rivelare?

            C) da Poliscritture – Tommaso di Francesco – 17.01.2015

            * E nel 2005 in Iraq venne rapita Giu¬liana Sgrena, la nostra inviata non «di guerra» ma «con¬tro la guerra». …. * due ragazze ita¬liane [Greta e Vanessa] alla fine libere pro¬ba¬bil¬mente anche per¬ché sta¬volta, sul campo, non c’era un marine come Lozano «dimen¬ti¬cato» ad un posto di blocco mici¬diale che alla fine uccise il sal¬va¬tore Nicola Cali¬pari*.
            * Bene abbiamo fatto a pagare per libe¬rare le due ragazze che, è giu¬sto ricor¬darlo, sono andate in Siria — un po’ irre¬spon¬sa¬bil¬mente — ma a soc¬cor¬rere con aiuti uma¬ni¬tari l’opposizione mode¬rata siriana, anch’essa in armi e ormai azze¬rata dal pro¬ta¬go¬ni¬smo della nume¬ro¬sis¬sima galas¬sia jiha¬di¬sta che, con il Calif¬fato, è dila¬gata dal fronte siriano in Iraq e ora in Libano. Loro sono corse in Siria come tanto gior¬na¬li¬smo «di guerra»*
            Questo ‘noi’ che viene chiamato in campo quando ci devono rassicurare che ciò che è stato fatto risponde all’etica del bene comune (non abbiamo la memoria corta, ricordiamo le guerre umanitarie!), quando poi coloro che sanno – perché lo sanno – come è andata la VERA storia della Sgrena e del povero Calipari a noi non la raccontano?
            Questa ‘libertà’ di omissione, di non dire, è come quella di Delfeil de Ton oppure nasconde altro, una omertà pericolosa? O un dire e non dire?
            Che cosa significa quel *UN PO’ irresponsabilmente* e, soprattutto quel *soccorrere con AIUTI UMANITARI l’opposizione moderata siriana, ANCH’ESSA IN ARMI* e infine, equiparare il loro andare all’esporsi al pericolo al “GIORNALISMO DI GUERRA”?
            In queste espressioni, dove ci si prende la libertà di parola, ci sono contraddizioni a non finire! Però, a quanto pare, “si può fare!”.
            Già il 7 gennaio, voci di ‘intelligence’ indicavano che le due ragazze sarebbero state liberate dietro un congruo riscatto, cosa che è stata dichiarata pubblica due giorni dopo.
            Perché la irresponsabilità deve essere presa come un ‘vezzo’ e nulla più?
            Perché, come si chiede G. Mannacio, *L’asimmetria delle pratiche terroristiche nasce da una debolezza politica dei popoli islamici incapaci di elaborare politiche comuni tra loro anzichè ammazzarsi a vicenda….
            è ragionevole farsi carico anche delle loro “colpe” ?*

            D) da http://www.oltrelanotizia di Piero Laporta del 7.01.15

            *Strage Charlie Hebdo: calma! Pietà per i morti, condanna per gli assassini islamici, ma nessun pregiudizio sui mandanti della strage di Parigi. Soprattutto smettiamola di sottovalutare l’importanza dell’Italia, la nazione chiave del Mediterraneo e dell’Europa. Roma può valer bene una bomba, a Parigi. Non bastasse, in questa confusione le due giulive torneranno dalla Siria. Lo smargiasso di Firenze le mostrerà come un trofeo e tutti tireremo un sospiro di sollievo, anche quanti si spartiranno trenta milioni di riscatto. Come non essere soddisfatti se qualcosa va per il verso giusto e meglio che a Parigi? Hanno messo la bomba per le due giulive? Ma no, però qualcuno può approfittarne. Ma questa è un’altra storia.*

            Il commento, come si può evincere, non viene da ‘sinistra’, ammesso che ci si possa ancora attestare su queste etichette, ma ci fa capire alcune cose, alcuni ‘fatti’ che non sono né di destra né di sinistra ma che possono essere manipolati da una parte o dall’altra. Sta a noi capire come, non rifiutando a priori in virtù della provenienza.

            *E poi non dimen¬ti¬chiamo che [le vignette dell’ultima edizione insanguinata di Charlie Hbdo non sono proprio bellissime] sono state copiate ed impor¬tate dal gior¬nale danese Posten, di destra e xeno¬fobo. Non basta appli¬care lo sti¬lema del dise¬gno anti¬se¬mita all’Islam e alla reli¬gione cri¬stiana per avere un punto di vista laico o ateo che sia*. (Tommaso di Francesco).
            Come a dire che la visione ‘di destra’ è limitata e pertanto anche esteticamente non accettabile?.

            R.S.

  5. SEGNALAZIONE: Una riflessione dello storico Franco Cardini dopo la strage di Peschawar (Pakistan, 16 dicembre 2014. Attacco a una scuola gestita dall’esercito: oltre 150 morti)

    Minima cardiniana, 53
    Domenica 21 dicembre. Quarta domenica di Avvento
    – L’INDIGNAZIONE A CORRENTE ALTERNATA E IL TRABOCCHETTO DELL’ORRORE

    http://www.francocardini.net/

    […] Insomma, in concreto, non è che si debba demonizzare lo jihadismo pakistano in particolare. Il fatto è che tutto il mondo musulmano si trova, ormai da alcuni decenni, al centro di una fortissima tensione dinamica tra istanze di rinnovamento, tentazioni rivoluzionarie e richiami a formule religioso-culturali che a noi appaiono come arcaiche e barbariche ma che sono vissute, da molti che le vivono dal di dentro, con un forte anelito verso un futuro diverso dall’attuale. Va tenuto presente che oggi i paesi musulmani sono spesso i più arretrati e i più poveri del mondo del benessere, oppure i più avanzati dell’universo della miseria e della fame: ciò fa di essi la drammatica “cerniera” in una popolazione del globo sempre più drammaticamente divisa tra l’opulenza e la crescente concentrazione della ricchezza da una parte, l’impoverimento di massa dall’altra. In una situazione di questo genere, il reclutamento di soggetti sconvolti dall’odio o abbruttiti dalla miseria e dall’ignoranza e che sentono di non aver più nulla da perdere diventa facile per i predicatori di odio e di violenza travestiti da guerra santa nel nome di Dio.
    Ma a un assalto di questo tipo si dovrebbe reagire, da parte del mondo più ricco, libero e colto, con le armi della lotta al malessere e alle sue cause profonde anziché con quelle della repressione e della rappresaglia. Il grande pericolo che l’Occidente sta correndo in questo momento – e lo vediamo specialmente nell’opinione pubblica italiana – è invece l’illusione che l’unica risposta possibile alla cieca violenza sia quella dettata da una violenza altrettanto cieca e per giunta più dura.
    Attenzione: i tagliatori di teste, i massacratori di bambini, gli oppressori e violentatori di donne, stanno inviandoci un messaggio preciso: e c’è purtroppo un metodo lucido e spietato nella loro follìa. Del resto, sono essi stessi a confessarlo: essi vogliono essere a loro volta colpiti, vogliono essere martirizzati nella certezza che il loro sangue sarà seme di nuove conversioni al loro verbo.
    A questo punto, il pericolo è che da noi aumenti a dismisura il numero di quelli disposti a fare il loro gioco nell’illusione che ciò basterebbe a neutralizzarli. Alle vecchie e fino a ieri residuali voci che invocavano la crociata per la “difesa dei valori occidentali”, e che oggi sembrano aver ripreso lena, si aggiunge “da sinistra” – cioè dall’area dalla quale fino a ieri giungevano esortazioni alla comprensione e al dialogo – uno spirito nuovo di “crociata laica e democratica”. Destra e sinistra si stanno saldando nell’individuazione di un nemico comune: che è anzitutto antioccidentale per le prime, antilibertario per le seconde. Contro l’Islam jihadista (ma aumenta il numero di coloro che affermano, senza sentire il bisogno di verificare la loro affermazione, che il jihadismo coincide con il vero e profondo spirito musulmano) da destra e da sinistra ci si schiera a difesa delle caratteristiche più profondamente sentite come “nostre”: il benessere certo, ma anche la tolleranza, la razionalità, i diritti dell’uomo.
    Senonché, è qui che qualcosa ci sfugge. Un qualcosa di enorme. Noi continuiamo a considerare i valori delle conquiste della nostra civiltà come universali: e non vogliamo renderci conto del fatto che essi sono stati fondati proprio sull’ineguaglianza e sull’ingiustizia. Il cammino di ascesa civile della modernità, dal Cinquecento in poi, è stato compiuto sulle teste, sulle spalle e – diciamolo pure – sui cadaveri delle popolazioni degli altri continenti. E ciò vale anche “da sinistra”: quando Marx ed Engels esortavano i “lavoratori di tutto il mondo” a unirsi, il loro mondo era quello degli operai e dei contadini del triangolo europeo tra Parigi, Berlino e Londra; teneva ai margini i lavoratori slavi, italiani, spagnoli, greci; e non considerava nemmeno i diritti dei pastori afghani, dei contadini del delta del Nilo, degli schiavi che raccoglievano il cotone e il caffè.
    Può non piacere: ma la globalizzazione, oggi, ha portato in superficie questa contraddizione profonda; ha palesato che la nostra uguaglianza e il nostro benessere hanno poggiato per lunghi secoli sulla miseria delle genti degli altri continenti e sullo sfruttamento cui erano sottoposti. E tutto ancor oggi continua, in un mondo nel quale milioni di africani non possono saziare la loro sete e curarsi l’AIDS in quanto le nostre lobbies gestiscono a caro prezzo le risorse idriche e tengono alti i costi dei brevetti di fabbricazione dei medicinali.
    Questa violenza non è meno sanguinosa, non è meno crudele di quella dei talebani: è solo meno visibile, meno plateale. Al punto che la consideriamo “naturale”. Far saltare una scuola, magari nel nome di Dio, è criminale fanatismo; distruggere con i droni i “santuari” dei guerriglieri, senza badare al fatto che essi coincidano con pacifici villaggi pieni di donne, di vecchi e di bambini, è una normale misura di polizia internazionale; affamare e ridurre alla disperazione continenti interi nel nome della logica del profitto e delle leggi del mercato, invece, è civiltà e libertà. Finché non avremo distrutto alle radici questa logica aberrante continueremo a correre il rischio che, alla lunga, sia il “metodo della follìa fanatica” a finir con l’aver la meglio.
    D’altronde, l’aberrazione di un giudizio fondato in ultima analisi sulla vecchia balla del “conflitto di civiltà” è uguale e contraria a quella di apparente segno opposto, che consiste nel grande male denunziato da papa Bergoglio: l’indifferenza. Essa consente una condanna generica, superficiale, sbrigativa di chi “ammazza i bambini” senza alcuna riflessione responsabile sulle cause che possono determinare questa degenerazione, quest’orrore, in gente che non è plausibile considerare a priori degenerata e mostruosa. L’indifferenza produce il fenomeno denunziato proprio il 17 dicembre scorso, sul “Corriere della Sera”, da Claudio Magris. Noi c’indigniamo a comando ma anche a intermittenza: e abbiamo memoria cortissima perché scarse sono le nostre cognizioni e debole la nostra etica. Il 17 sembrava che tutto il mondo gridasse in coro il suo “Mai più!” in faccia agli assassini di Peshawar: per quanto restassero poi in ombra i mezzi, gli strumenti, le misure concrete da adottare affinché quell’orrore non si ripeta. Abbiamo poi visto, fino dal giorno dopo, che un tornar alla ribalta della questione dell’incidente italo-indiano sui due “marò”, quindi la prospettiva della fine della tensione tra USA e Cuba e infine la condanna di un giovane alla fine di un processo per omicidio abbiano immediatamente strappato alla strage di Peshawar il proscenio. E i bambini sono già stati dimenticati. Così, di scoop in scoop, ci lasciamo menare per il naso dagli happy fews che dominano finanza ed economia mondiali e dei quali i politici sono “comitato d’affari”, gli opinion makers personale esecutivo.

  6. Pare che la chiesa cattolica
    abbia intentato ben 60 sessanta processi contro Charlie Hebdo
    e che per ora li abbia persi tutti.

  7. SEGNALAZIONI: TRA I COMMENTI SU “LE PAROLE E LE COSE”

    Non essendosi ancora avviato un vero dialogo tra noi su questo tema, ritengo lo stesso importante insistere con le segnalazioni, che ne mostrino la complessità e la vastità delle reazioni suscitate dagli eventi di questi giorni in Francia. Anche se c’è il rischio di disorientare i lettori per i troppi materiali proposti.
    Mi pare in particolare opportuno segnalare che su “Le parole e le cose” ferve già intensa la discussione sul post di Mauro Piras “La democrazia non è l’Occidente” (http://www.leparoleelecose.it/?p=17353), di cui ho segnalato uno stralcio nello scrap-book.[E.A.]

    Tra i commenti critici segnalo questi due per me interessanti:

    Vincenzo Cucinotta
    10 gennaio 2015 a 23:20 (http://www.leparoleelecose.it/?p=17353#comment-301732)

    Grazie, Piras, della cortese risposta.
    Mi permetta dopo un primo intervento provocatorio, di essere un po’ più esplicito.
    A me pare che lei con la consueta abilità separi il destino dei principi della democrazia liberale dalla sorte dell’occidente. Ciò le serve per riconfermare la superiorità del nostro sistema politico con il vantaggio di non legarlo alla concreta politica condotta dai nostri cari paesi occidentali.
    Con questa separazione, lei ottiene due risultati, l’uno è quello di far diventare la superiorità del nostro sistema politico non falsificabile, perchè lei potrà sempre dire che i principi sono giusti, sono le concrete realizzazioni, sempre suscettibili di correzioni e perfezionamenti, ad essere sbagliate.
    L’altra è la simmetrica, che anche la concreta politica statale viene sottratta ad ogni possibile giudizio perchè, pur in mezzo a mille errori, trae la sua legittimazione dal fatto di essere basata su principi giusti.
    Credo alla fine che era quello che molti che qui la leggono volevano sentirsi dire, finalmente possiamo dire di essere superiori negandolo, perchè, è vano fingere di ignorarlo, il sistema politico che lei così strenuamente difende, ci appartiene fino al midollo, e le critiche che si possono sollevare al suo interno non possono che limitarsi ad aspetti marginali e contingenti, le altre, con una lettura di comodo, vengono classificate come eversive dell’ordine democratico, ed il cerchio così si chiude.

    Io darei una lettura del tutto differente che posso soltanto riassumere senza poterla adeguatamente argomentare nell’angusto spazio di un commento.
    Ebbene, il problema che abbiamo di fronte non è a carico dell’islam, il problema è proprio la crisi profonda in cui versa il nostro innominabile occidente. Non si doveva aspettare questo attentato per rendersene conto, la crisi è lì di fronte ai nostri occhi, nei suoi molteplici aspetti di crisi economica, di crisi geopolitica con gli USA che vanno inseguendo quegli stessi paesi che una volta egemonizzavano, di crisi di valori e di crisi esistenziali dei singoli individui.
    Cosa ci dice di nuovo allora questo attentato, se lo mettiamo assieme al fenomeno dei cosiddetti “foreign fighters”, i figli di immigrati di origini arabe che corrono a combattere per l’ISIS?
    Ci dicono che la nostra società non appare a loro attraente, che abbiamo fallito non tanto nell’integrazione concetto che ci porterebbe ad ulteriori complicazioni, ma nella semplice accettazione, nel sentirsi ragionevolmente felici nelle società occidentali. Si potrebbe discutere se i giovani autoctoni non siano altrettanto fuori posto qui e se il differente loro comportamento non sia correlato alla differenza nel punto di partenza, così che i discendenti da arabi hanno una cultura aggiuntiva a cui possono aggrapparsi per disperazione, mentre quelli italiani da sempre non hanno sfogo collettivo per la loro disperazione.
    L’errore più grande che potremmo fare è duplice, o intraprendere una stupida battaglia contro l’Islam, oppure anche soltanto nei confronti della fascia fanatico-militare, ed in questo senso sarebbe pericoloso proprio farlo in quanto paladini del nostro sistema politico, assunto non come da noi preferito, ma come superiore in assoluto.
    Se come io penso, il problema è dell’occidente, allora non è che dobbiamo continuare sulla stessa strada, che poi si sostanzia principalmente nell’andare in gior per il mondo a razziare tutto ciò che è razziabile , ed ogni volta che qualcuno resiste sparargli contro pretendendo di essere missionari della democrazia, ma dobbiamo mettere ordine a casa nostra, cosa che non significa naturalmente essere contro la democrazia, ma intendere la democrazia in modo differente. Ma qui sono costretto a fermarmi per ovvie ragioni.

    Eleonora
    11 gennaio 2015 a 00:03 (http://www.leparoleelecose.it/?p=17353#comment-301735)

    Caro Piras,
    Lei ha delineato marcatamente quello che considera democrazia, condannando platealmente tutto ciò che ne esuli. Per quanto io sia contraria a qualunque forma di distizione così forte (l’antitesi “noi-loro” viene a ricrearsi automaticamente, anche se sotto altre spoglie), potrei essere d’accordo con lei nell’affermare che sia giusto difendere tutto ciò che pone la vita al centro: vita intesa come vita naturale (ergo non uccidere) e vita intesa come vita sociale (ovvero convivenza, comunità). Il suo discorso, a mio avviso, pecca però di eccessivo ottimismo. Lei parla della democrazia odierna come di un paradiso, un aldiquà dove le identità possono finalmente svanire per lasciare spazio a relazioni spoglie di qualunque pregiudizio, dove l’unico obiettivo è la libertà, di espressione, di vita, di benessere. Parla di questa democrazia come di un orizzonte senza religioni, senza ideologie, senza roccaforti in cui rinchiudersi e da cui muovere guerra agli altri. Ma questa democrazia, questo paese non sono altro che un’”Isola che non c’è”, un’altra ideologia dietro la quale ci piace nasconderci. Un’altra ideologia da difendere nell’infinita battaglia tra ideologie, tra persone.
    La situazione delle democrazie odierne, in qualunque parte del mondo, è una situazione catastrofica, oserei dire distopica, che fa acqua da tutte le parti (sì, anche le vagheggiate democrazie nordiche si sono lasciate indietro la loro parte di vergogna, se si pensa al tasso di suicidi, il più alto di Europa) e invece di difenderle a spada tratta, bisognerebbe guardarsi bene attorno e rimboccarsi le maniche, a partire dalle forme di democrazia più basse, a partire dai “collettivi” di giovani, a partire dai condomini, a partire dalla famiglia.
    Questi discorsi sono pericolosi, poichè solidificano convinzioni ottuse su quello che è “giusto” e “libero” rispetto a ciò che è “sbagliato” e “opprimente” (ancora “noi-loro”), alimentano conflitti.
    Detto questo, ovviamente, non voglio schierarmi contro nessuno, nè contro di lei (lungi da me) nè contro le democrazie, ma nemmeno contro i paesi non democratici. La forma di governo perfetta non esiste, non ne abbiamo mai avuto nemmeno un assaggio, non possiamo immaginare un mondo in cui tutto funzioni, per questo non possiamo condannare le altre forme di governo a priori. Faccio discorsi generali per mantenere il tono del suo articolo, perchè, com’è ovvio che sia, io sono contraria alla violenza, alla dittatura, al totalitarismo, alla religione all’interno dello stato (e qui verrebbe da fare un altro paragone tra “noi” e “loro”, ma me li sono mangiati finora, quindi continuo a tacere), ma non posso essere contraria a forme di governo che abbiano obiettivi diversi dalla democrazia che stiamo sperimentando concretamente, molto diversa dalla democrazia da lei vagheggiata.
    Il mondo della satira è il mondo della democrazia; il mondo reale, al contrario, non lo è.

  8. SEGNALAZIONE

    L’AMBIGUITA’ DELLE PIAZZE FRANCESI
    di Rossana Rossanda – 9 gennaio 2015
    http://fondazionepintor.net/islam/rossanda/piazze_francesi/

    Non si possono portare avanti due politiche opposte – l’accarezzare vecchie e ingiustificabili tendenze coloniali e la difesa dei valori repubblicani – come ha fatto il governo socialista francese, nel tentativo di mettere in campo un diversivo allo scontento popolare in tema di diritti dei lavoratori e di politica economica
    Le sole parole equilibrate nel diluvio di dichiarazioni di orrore e di angoscia anche della stampa italiana per l’assassinio dei disegnatori e del direttore di “Charlie Hebdo” le ha scritte Massimo Cacciari, riportando la questione alla sua dimensione temporale e politica. La grande emozione e protesta che ha subito riempito in modo spontaneo le piazze francesi non è mancata infatti di qualche ambiguità. Si è potuto manifestare legittimamente, e quasi accogliendo l’invito del presidente Hollande, il rifiuto del fondamentalismo e la difesa della repubblica e il “no” ai problemi posti dalla grande immigrazione musulmana in Europa.
    Facilitata in Francia dal troppo coltivato richiamo alla colonizzazione francese in Africa del Nord e nel Medio Oriente. Da molti decenni si è dimenticato che un accordo fra un alto funzionario inglese, Sykes, e uno francese, Picot, disegnò la spartizione dell’impero ottomano fra Francia e Gran Bretagna. La Gran Bretagna poi ha prevalso e ancora più recentemente hanno prevalso le politiche degli Stati Uniti. Ma le recenti scelte di Holland di intervento nel corno d’Africa e nell’Africa centrale hanno, senza volerlo, ripristinato l’immagine di una gloria coloniale che dà fiato a Marine Le Pen. Ugualmente le parole del presidente Holland subito dopo l’attentato, richiamando tutto il paese all’unità contro il terrorismo, sono parse legittimare la richiesta del Fronte nazionale di partecipare alla grande manifestazione ufficiale antifondamentalista di domenica prossima, che lo ha messo non poco in imbarazzo davanti allo slancio con il quale Marine Le Pen ha annunciato la sua partecipazione. Non si possono infatti portare avanti due politiche opposte – l’accarezzare vecchie e ingiustificabili tendenze coloniali e la difesa dei valori repubblicani – come ha fatto il governo socialista, nel tentativo di mettere in campo un diversivo allo scontento popolare in tema di diritti dei lavoratori e di politica economica.
    Lo slogan “Je suis Charlie” manifestava efficacemente un appoggio a un giornale niente affatto di grandissima diffusione, che in generale non fa complimenti al Fronte Nazionale. Si può del resto discutere di un tema già volgarizzato in Italia come l’immunità politica della satira, oggi difesa apparentemente da tutti. Le famose vignette danesi contro Maometto sono state amplificate da Charlie Hebdo in un’accentuazione dell’ateismo fin troppo augurabile ma da non identificare col disprezzo di tutti i credenti: “Nel cesso tutte le religioni”, aveva scritto e pubblicato in prima pagina quel giornale. Alla incapacità della sinistra di portare argomenti laici alla ribalta dell’opinione pubblica, e di rispondere al richiamo oggi esercitato specie da alcuni monoteismi e dal buddismo, sia pure assai diversi, ha corrisposto l’indulgenza a forme facili di caricatura, che sicuramente hanno offeso i milioni di musulmani in Europa. Basti pensare a quale accoglienza avrebbero avuto se quelle vignette si fossero nominativamente applicate a Gesù Cristo. Non penso che sia utile lasciare ai caricaturisti un compito che per loro natura, volendo irridere a tutte le fedi, non possono esercitare: è come se gettassero un fiammifero in un barile di benzina. È proprio la debolezza della sinistra del dopo il 1989 a produrre questa rinascita in forza delle religioni.
    Per quanto riguarda quella musulmana, come non chiedersi perché il suo fondamentalismo – che pareva essere escluso da una organizzazione non piramidale delle sue chiese – sia scoppiato in queste forme mortifere, particolarmente oggi. Maometto esiste dal Settimo secolo e da allora in poi l’atteggiamento dell’impero ottomano, per esempio nei confronti degli ebrei, è stato di gran lunga più tollerante e tendente all’assimilazione di quello della chiesa cattolica, che ha voluto le crociate e lo ha investito di maledizioni e improperi, senza che questi portassero a nessuna Jihad, anzi, il famoso “feroce Saladino” era un interessante pacifista. L’estremismo dell’ammazzare tutti i non fedeli al profeta appartiene ai nostri giorni, ed è molto più serio cercarne le origini nelle forme coloniali e non coloniali adottate dall’Occidente che in un passo o l’altro del Corano.
    Un fenomeno non meno importante riguarda il fascino che forme estreme di milizia, che arrivano fino al mettere in conto la propria morte per “martirio”, abbiano sui giovanissimi occidentali che raggiungono la Siria o altri luoghi dove possono arruolarsi con i maestri del fondamentalismo. La tanto conclamata fine delle ideologie sembra aver lasciato in piedi soltanto l’assolutismo di alcune minoranze musulmane, come appunto la Jihad e in modo particolare il recente Daesh, cioè lo Stato islamico rappresentato dal cosiddetto Califfato di al Baghdadi.
    Da noi già appare la voglia di condannare i rappers che sembrano ispirarsene: errore dal quale bisognerà guardarsi. Insomma, il fascino dell’islamismo radicale corrisponde alla stupidità con la quale la cultura predominante in Occidente sembra trattare il bisogno di un “senso” non riducibile ai soldi che gli aspetti ideologici della globalizzazione hanno tentato di offuscare dalle parti nostre. Grande problema del nostro tempo che è inutile esorcizzare.

  9. CHARLIE EBDO

    Gli eventi francesi relativi all’attentato nella redazione di C.H mi hanno indotto a riaccendere la T.V non tanto per seguire l’evento quanto per ascoltare le opinioni altrui su di esso, nella speranza , che non nascondo, di avere qualche lume in più.Avendo l’attentato una “ carica emotiva “ che spinge per così dire “ a destra “ ho aperto il canale La /7 per ascoltare da
    “ Servizio pubblico “ qualche cosa di “ sinistra “. Comportamento dettato – lo confesso – da una notevole dose di ingenuità come se attraverso pesi e contrappesi la “ mia bilancia “ potesse equilibrarsi in un modo migliore se non ottimale. Sono rimasto sconcertato dagli interventi: dalla verbosa ed ambigua concione di Santoro/Vauro, dalla irresponsabile bellicosità di Ferrara ed infine dall’algida tiritera cronachistica di Travaglio più che mai incapace di una visione d’assieme ( quale che sia ). In realtà volevo indicazioni su un metodo di indagine dei fatti che mi aiutasse a rimanere più lontano possibile dai pregiudizi.
    Ho affidato a questo intervento la mia riflessione.
    1.
    L’attentato – a parte tutti i “ nobili sentimenti “ espressi da ( quasi ) tutti apre a problemi di grande complessità. Quest’ultima è “ un pericolo “ perché in essa ci si sperde e la via di uscita sembra imporsi con l’adozione di soluzioni estreme e trancianti.
    Mi sono detto che è utile – almeno – da un lato selezionare – nella vicenda – alcuni aspetti soltanto e dall’altro approfondire gli stessi cogliendone alcune caratteristiche essenziali.
    2.
    Penso – e lo dico subito – che la vicenda di C.H non possa definirsi, tecnicamente, “ come strage di Stato “ . Credo che a giustificare tale mia opinione bastino: a ) la precisa rivendicazione; b ) la coerenza dell’azione terroristica rispetto a tale rivendicazione e alle ragioni in essa espresse; c ) la “ genuinità “ delle reazioni della Nazione francese.
    Questa affermazione non contiene un giudizio assolutorio della politica occidentale in Medio oriente e verso i popoli islamici in particolare. Il giudizio negativo su tale politica ( giudizio negativo comune a molti commentatori occidentale ) non significa automaticamente che gli attentatori siano stati assoldati,istruiti e guidati all’azione da una sorta di Spectre occidentale al fine di “ addossare sugli islamici “ gli attentati stessi e giustificare per questa via una guerra di annientamento degli stessi.
    3.
    Il giudizio negativo sulle politiche occidentali ( i “ loro errori “ ) se da parte nostra può essere oggetto di studi di teoria politica, da parte degli islamici può spiegare la “ razionalità “ di certe reazioni violente. Il quadro può essere così riassunto: gli islamici visti come “ inferiori “; gli islamici perseguitati ingiustamente da Israele; gli islamici ghettizzati senza speranza di futuro nelle periferie delle opulente città francesi,inglesi, tedesche e italiane ricorrono ad una
    “ guerra asimmetrica “ che – date la loro presunta minor capacità bellica e la loro minor coesione politica – si esprime nelle pratiche terroristiche. Per dare un definitivo sigillo di razionalità ad un quadro siffatto – del tutto concepibile – si dovrebbe dare ad esso una cornice : attraverso la guerra asimmetrica gli islamici riconquistano la loro piena dignità, libertà ed indipendenza. Anche questo è un esito possibile ma che implica una azione non solo militare ( ancorchè asimmetrica ) ma anche di una“politica islamica “ sufficientemente organica. Si dice che la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi ma non si dice che non vi sono guerre eterne e che ad esse segue sempre un’azione di tipo diverso.
    Ma questo è un discorso che non posso neppure iniziare.
    L’analisi sin qui condotta implica ovviamente – da parte di un osservatore “ neutrale “ cioè non interessato – una certa cautela nell’uso della condanna “ senza se e senza
    ma “ e – nello stesso tempo – apre su scenari inquietanti.

    4.
    Rende debole la formula di condanna perché chi mai potrebbe condannare una “ guerra ancorchè asimmetrica “ condotta da una popolazione cui sono negati i fondamentali diritti riconosciuti universalmente a tutti gli altri popoli ? La domanda così formulata – isolata dallo specifico contesto di C.H in cui si denuncia il disconoscimento della libertà laica ( vd oltre ) di espressione – può condurre ad assimilare l’assassinio dei giornalisti all’uccisione di innocenti bombardati dall’alto o uccisi da un’azione militare cui non partecipano durante una guerra da loro non voluta.
    Ma tale conclusione è solo provvisoria e va incontro ad altre difficoltà ( gli scenari inquietanti cui accennavo in precedenza )
    Comincio con l’osservazione che parlare di “ errori politici “ ( di livello internazionale ) significa rilevare nella condotta di uno stato “ una scelta sbagliata “ dei mezzi rispetto al fine che tale azione vorrebbe conseguire. Non si tratta di un’affermazione di cinismo ma di attribuire al termine un significato reale al di fuori del giudizio sugli interessi perseguiti.
    Ora ammesso che gli USA ( e i loro alleati ) avessero voluto restaurare in Medio oriente un certo status a loro favorevole ( schematizzo ) come non affermare che la loro linea politica è stata sbagliata ? Non mi dilungo sul perché,come e in che misura ciò sia avvenuto.
    A questo punto, quali sono gli scenari che si presentano ai nostri occhi date le conclusioni ?
    5.
    Nei rapporti personali tra singoli, neppure al provocatore aggredito dal provocato si nega la difesa. Comunque in tali rapporti l’ eventuale resa del provocatore aggredito e risultato soccombente non comporta conseguenze negative se non per il provocatore. La lite individuale si esaurisce così, più o meno drammaticamente, uno actu.
    Nelle relazione tra Stati e popolazioni comunque assimilabili a Stati avviene normalmente il contrario. L’esperienza storica ci mostra che il provocatore aggredito reagisce “ difendendosi “ e si istituisce così una serie di azioni e reazioni ( di difesa e di attacco ) che costituisce il contenuto della guerra : è guerra e non è affatto detto che per essere “ colpevole di provocazione “ il provocatore la perda. C’è il c.d giudizio della Storia la cui fallacia è inverificabile mentre nei fatti è sangue,morte,distruzione, povertà.
    Il primo scenario inquietante è dunque questo: uno scenario di guerra.
    Ma è uno scenario che finisce per coinvolgere tutti ( provocatore e provocato ) in eguale misura perché “ a la guèrre comme a la guèrre “ e tutti in essa perdono la loro innocenza.
    Si devono aggiungere alcune osservazioni laterali ma non marginali. La sconfitta militare di uno Stato non determina l’estinzione di essa ( Germania insegni ) e la sua permanenza nel tempo è tanto più probabile quanto può essa possiede una storia passata che si traduca in una forte identità nazionale.Non so quanto corrisponda alla realtà storica la situazione descritta nel detto latino Graecia capta ferum victorem cepit. Esso comunque individua la sopravvivenza di elementi di “ cultura “ alla sconfitta militare . Il recentissimo romanzo Sottomissione di Houllebecq ,poi, descrive l’ascesa al potere in Francia di un regime sostanzialmente islamico ottenuta attraverso i meccanismi della “ democrazia parlamentare “ e i più attenti e disincantati osservatori oltre a rilevare la forza espressiva di tale romanzo sottolineano che tale evento è possibile.
    Se a tali scenari – che comportano sempre una distruzione di identità – si sostituisce un progetto di “ conservazione “ la risposta sembra essere solo politica. Se, come personalmente credo, l’etica non deve essere espunta dalla politica la verifica degli “ errori “ deve essere condotta in una duplice direzione cioè deve investire la “ giusta direzione “ e la “ giusta scelta degli strumenti finalizzati ad essa “. Operazioni che permettono alla fine di dare un ragionevole giudizio anche alle condanne o alle assoluzioni senza se e senza ma.
    6.
    La risposta politica più razionale si può esprimere banalmente così: ognuno stia a casa propria e non esporti o importi alcune bene o alcun valore verso o da altri popoli. Se mai ci fu una situazione del genere ,questa non è praticabile in alcun modo nel tempo attuale. L’ultimo esempio che la nostra esperienza ha registrato è quello della Cortina di ferro,ma mi accorgo subito quanto sia “ egoistico “ tale rilievo se assunto come dato positivo.
    Non desidero abusare della pazienza degli eventuali lettori di P., lettori dei quali ho avuto modo di verificare la perspicacia e dunque non mi lancerò in una dimostrazione della predicata impraticabilità della soluzione cui accennavo.
    Ma è ora di tornare all’azione terroristica versus C.H. Isoliamo tale episodio e dimentichiamo – per necessità di discorso – la pretesa dell’Occidente di “ esportare la democrazia
    occidentale “ nei Paesi islamici. Osserviamo – invece – le peculiarità degli eventi francesi.
    Essi hanno alcune caratteristiche peculiari. Gi attentatori ( non si sa se affiliati a qualche particolare comunità islamica ,ma ciò non ha alcuna importanza perché essi hanno agito dichiaratamente in nome di Allah…Proprio ora si ha notizie che uno dei tre ha dichiarato di appartenere all’Isis ) hanno assassinato i redattori perchè costoro hanno profanato la figura del profeta Maometto. Costoro si proclamano non assassini ma giustizieri in senso proprio e cioè soggetti che hanno applicato i precetti di una comandamento islamico. Questo dato è indiscutibile e su di esso occorre ragionare. Questa condanna ed esecuzione sono aspetti totalmente estranei al nostro orizzonte culturale e vengono coerentemente giudicati nel modo più negativo possibile. Anche la valutazione dell’azione di costoro si fonda su una visione totalmente diversa dalla nostra. Secondo la visione cristiana martire è colui che muore perché non vuole rinnegare la fede,mentre gli attentatori sono eroi che uccidono per vendicate Allah, il suo profeta o qualunque simbolo della religione islamica. La morte rappresenta in un certo senso un premio e una gloriosa fuga altrove. Vi può essere differenza più grande tra noi e loro?
    Avverto subito – perché ogni equivoco è possibile per chi legge con occhi non innocenti – che “ noi “ e “ loro “ non sono termini utilizzati in funzione della “ diversità “ ( che attiene alla antropologia ) ma in funzione delle “ differenza “ ( che attiene alla cultura )
    Come sviluppare il discorso in termini corretti ?
    Bisogna osservare che nella figura degli attentatori convergono due diversi aspetti. Costoro sono a tutti gli effetti cittadini francesi ma – quanto meno nel punto nevralgico che ha determinato il loro comportamento omicida – si dichiarano islamici, si richiamano a regole islamiche e si ritagliano una collocazione all’interno di alcune delle sigle che si possono ritagliare nella galassia dell’islamismo attuale. ( Evito di proposito l’utilizzo di categorie valutative come “ moderati “, “ estremisti” etc che se non esattamente analizzate si prestano ad equivoci ) . I principi cui i terroristi si richiamano sono estranei alla “ cultura “ francese ed anzi ad essa antitetici ( si pensi alla estensione del concetto di libertà di pensiero e stampa che non risparmia alcun aspetto della vita dei francesi e non rispetta alcun tabù ) . Si può dire – utilizzando un linguaggio metaforico ma efficace – che è come se i tre attentatori si fossero trascinati dietro e in terra di Francia “ una parte del loro territorio o spazio vitale “,almeno di quello in cui vigono i principi da loro applicati in Francia ( La metafora diventa ancor più efficace se si pensa alla costituzione del Califfato, dotato di un territorio e se si ritiene reale la dichiarazione di almeno uno dei tre di appartenere all’Isis ) .Ma – metafora a parte – è certo che l’Islam – inteso come aggregazione di uomini/cultura – non ammette la dissacrazione dei suoi simboli religiosi e li punisce con sanzioni efficaci sul piano “ civile “.
    I tre terroristi rappresentano – conclusivamente – un esempio chiaro di un percorso di non integrazione nella “ cultura “ francese ed occidentale in genere posto che “ integrazione “ come sembra suggerire il termine o è totale o non è.
    Debbo dire – in via più generale – che l’integrazione nel senso secondo cui la intendiamo appare sempre meno praticabile e concepibile. Essa comporta la perdita della propria identità culturale e storica che – nell’Islam è presente come retaggio culturale e storico di tempi passati ( opportuna la notazione di Rossana Rossanda ). Rispetto al tempo pregresso e accanto, dunque, alla valenza oggettiva di tale tradizione come ostacolo all’” integrazione “ si pone anche il problema storico-politico delle ragioni di una radicalizzazione della cultura islamica, problema complesso e che addito soltanto all’attenzione di chi ha strumenti per approfondirlo a dovere.
    Di fronte a inarrestabili fenomeni di “ migrazioni reali “ e di “ globalizzazione delle comunicazioni “ che rendono sempre meno praticabile un “ isolamento “ secondo le logiche dei “ muri “ e delle “ cortine “ sembra concettualmente più corretto invocare la categoria della “ tolleranza “ che postula reciprocità e – quindi – assunzione di responsabilità reciproche.
    Ne siamo consapevoli? Siamo pronti a ciò ? Il resto è uno scenario quasi apocalittico reso ancor più pressante dalla costituzione di “ spazi territoriali “ e non meramente virtuali di bellicismo e di violenza.

    G.M , gennaio 2015.

  10. …dopo una strage come questa, seguita a molte altre, mi chiedo: come non cadere nel “trabocchetto dell’orrore”? Cercare di capire le cause vicine e remote che vanno determinando un crescendo di attentati e quindi una guerra globale già in corso mi sembra il primo passo, giusto per non cadere in forme di panico collettivo, in scelte sconsiderate…che sarebbe proprio quello che vogliono “loro” da noi…La finzione di provocare i danni e poi “cercarne i rimedi”, come fosse per proteggere noi indifesi, in realtà spaccandoci in mille modi, come se non fossimo già abbastanza frantumati…Possiamo, anzi dobbiamo, indagare sulle trame dei potenti, e sto leggendo delle lucidissime riflessioni, ma alla fine mi chiedo se sia possibile modificarle e in che margine. In breve: che fare?…In tal senso mi è sembrato molto opportuno il discorso di Eleonora -leparoleelecose- quando dice “La situazione delle democrazie…è catastofica…e invece di difenderle a spada tratta, bisognerebbe guardarsi bene attorno, rimboccarsi le maniche, a partire dalle forme di democrazie più basse, a partire dai “collettivi” dei giovani, a partire dai condomini, a partire dalla famiglia…” Forse varrebbe la pena, “navigando a vista”, non perdere la barra in quella direzione, cioè impegnandosi in tutti quei luoghi e situazioni dove avviene un incontro spontaneo o, diciamo, vitale (a volte scontro, ma secondo me, più costruttivo) di persone e culture: la scuola, i mercati, i negozi multietnici, i luoghi di ritrovo. So che tra i giovani si vanno affermando coppie tra persone di aree culturali differenti, i loro figli avranno meno motivi di odio razziale e diffidenza. Potrebbe essere un processo lento ma andrebbe verso la pacificazione e non necessariamente verso una qualsiasi forma di sottomissione culturale. Insomma se lasciassimo fare alla vita, la vita troverebbe dei rimedi…Speriamo che lo consentano, perché i giochi al massacro sono davvero avanzati

  11. Partire sì da forme di democrazia più basse, come scrive A. Locatelli, ma anche farsi idee chiare sulla situazione politica in cui ci troviamo come europei, per poter agire con i soliti strumenti generali del voto.
    Metto giù alcuni punti:
    1 i terroristi: la religione offre una weltanschauung più completa della rivoluzione, quindi i volontari della jihad sono più radicali e pericolosi dei terroristi degli anni 70-80
    2 la strategia mondiale è: i “nemici dei miei nemici sono miei amici” (la Turchia è contro i curdi e quindi pro Isis; Stati Uniti sono alleati di Arabia saudita e Qatar, che però finanziano Isis; la Russia è pro Iran e Assad, perchè sciiti contro i sunniti)
    3 geostrategicamente l’europa è terra di contesa tra USA e Russia
    4 in europa: se lo scontro tra euristi e antieuro è ormai fondamentale, tra gli antieuro ci sono una destra e una sinistra; e poi: che legami ci sono tra la BCE e la FED?
    5 residui di politica coloniale riguardano GB e Francia
    6 l’ideologia dei diritti in occidente è anche “qui lo dico e qui (coi fatti) lo nego”, razionalismo e libertà arrivano fino a un certo punto, quasi come la democrazia nella antica Atene.
    Se questi punti disegnano il territorio, per prendere posizione occorre fare delle scelte: economiche, di alleanze, di cultura. Pro euro o no? Pro TTIP o no? superare l’opposizione ottocentesca al cristianesimo (consapevoli della guerra dentro le chiese)? bearsi nell’imbelle pacifismo di comodo?
    E’ un delineare un po’ il quadro per potermi fare delle idee chiare nelle prossime scelte politiche.

  12. Marciano e ridono ridono di noi senza farsi veder marciando lacrimano in nero lutto nazista in nome della democrazia e ridono ridono ridono ridono a crepapelle(nostra) ridono e non ce la fanno più e ridono e hanno appena iniziato di nuovo e ancora e ancora a uccidere i propri stessi fratelli andando in cerimonia ai funerali di stato e ridono ridono ridono dello stato e del nostro stato da poveri babbei tutti sterminati compresi quelli che ancora non ci credono insieme agli altri che non avrebbero proprio creduto di essere vissuti e morti sotto un super nazismo peggiore dell’indifendibile capostipite della razza pura di cent’anni fa

    1. La politica oggi è solo scandali e compromessi, falsità e scambio di sporchi interessi. Se parli di pace, ti ridono in faccia, se parli di guerra ti dicono che sei disfattista, se parli d’amore e fratellanza ti guardano come se fossi un extra terrestre. Allora avanti con le lamentele e le paure, che ci resta dopo questo tutto? Aspettare qualcuno che si metta in prima linea a far ragionare (a modo suo) tutti? O forse è meglio lasciar perdere ed aspettare che tutto finisca , nel peggiore dei modi logicamente. La mancanza di umanità e di giustizia è la vera unica rovina del nostro tempo. E’ tardi troppo tardi.

  13. SU QUESTO SCRAP-BOOK

    Mi pare che la discussione sull’attentato di Parigi stenti a partire, malgrado i due interventi abbastanza significativi di Mayoor e di Mannacio.
    Mi sono chiesto se non ho sbagliato a proporre uno scrap-book troppo vario e corposo (e ad aggiungervi successivamente altri interventi). Credo di no. Penso, invece, che l’avvenimento sia tanto traumatico e trascini con sé conseguenze non certo rassicuranti per il nostro futuro che spiegano un certo blocco del pensiero e ci rendono incerti, guardinghi se non rassegnati.

    Tantissime sono le domande che non trovano risposte convincenti. Andiamo verso nuove guerre ( e nuovi attentati)? Non ci rendiamo conto di come ci vedono i terroristi islamici radicali o il mondo islamico in genere? Abbiamo sottovalutato la minaccia dell’Isis? Tra una democrazia divenuta totalitaria e un regime assolutista (Mayoor), spauracchio evocato sia dai mass media che dal romanziere Houellembeq, siamo ormai rassegnati e “privi di identità”? Dobbiamo, come suggeriva Cristiana Fischer in un commento dare più peso agli argomenti di Partesana, che nel suo post (https://www.poliscritture.it/2014/12/16/islam-in-decadenza/) ci metteva in guardia e ricordava «le contrapposizioni violente tra sunniti, sciiti», i tratti antimoderni o antipostmoderni dell’Islam, la sua crescente radicalizzazione anche in Turchia, ecc.?
    Ce ne sono di punti su cui riflettere e mi pare importante farlo da subito, proprio ora che la paura o la prudenza potrebbero indurci al silenzio.

    Tra le proposte fatte in questo scrap-book due almeno mi parevano dovessero interessare:

    1. Il coro di Manzoni che non casualmente ho scelto di mettere al primo posto. Mi sono venuti in mente i primi versi del «Conte di Carmagnola». Riletti da vecchio, risentendo l’eco “galoppante” del ritmo manzoniano, mi pare esprimano ancora bene il sentimento di sgomento dei disarmati di fronte alla contrapposizione di bande agguerrite o di eserciti. Nei versi che ho stralciato, Manzoni allude in modi semplici e senza “privatizzarli” proprio ai sentimenti di paura, sconcerto e impotenza («– Ahi sventura! sventura! sventura!») di quanti – e noi ci siamo dentro – le grandi manovre “guerresche” in atto “lontano, lontano” (ed ora improvvisamente in luoghi emotivamente a noi “vicini”) può solo subirle. Oggi questi versi potrebbero servirci per rimarcare somiglianze e distanze. Ad es. anche per fronteggiare la guerra psicologica tramite massmedia (specie quando incappiamo in certi commenti “fondamentalisti”; e non mi riferisco solo a Salvini o a Giuliano Ferrara). O per riflettere sull’afasia in cui cade la poesia d’oggi in momenti particolarmente tragici come questi.

    2. Il mio tentativo di dare un ampio spettro delle posizioni. Non per par condicio, ma perché convinto che, in una discussione aperta ad un pubblico vario, si debbano esaminare tutte le posizioni, anche quelle “scandalose” o per alcuni “superate”. Ho voluto perciò provocatoriamente mettere un po’ di “diavoli” accanto all’ “acqua santa…
    Speravo che la ex corrente “calda” (movimentista, spontaneista, luxemburghiana) e la ex corrente “fredda” (partitica, leninista o stalinista) della tradizione, da cui parecchi di noi provengono, potessero entrare almeno in contatto; e non scorrere in canali separati come avviene da tempo in seguito alla sconfitta del fu “movimento operaio”.
    In certi momenti passati esse hanno convissuto ,in altri hanno *dovuto* persino tragicamente contrapporsi e dilaniarsi. Oggi si tratterebbe di capire a fondo se sono completamente prosciugate o no. E , se sì, come sostiene La Grassa, quanto sia possibile (e con quali rischi) quel “navigare a vista” da lui proposto. ( E che mi pare praticato un po’ da tutti per costrizione più che per scelta…).

    Ecco perché ho inserito nello scrap book una posizione come quella dei redattori di “Conflitti e Strategie” o di Megachip che sostengono una tesi precisa, troppo facilemnte liquidata come “complottista”: quanto accaduto a Parigi va letto politicamente ( più che sociologicamente o antropologicamente) e rientra in un’operazione geostrategica mossa principalmente dagli USA di Obama, che si servono dell’islamismo “fanatico” per tener sotto scacco l’Europa. O quelle ancora più “eretiche”: che siano gli USA più che i “fanatici islamisti” il nemico principale a cui guardare ; o che l’attentato a Parigi abbia avuto come principale obiettivo quello di fermare il FN di Marine Le Pen, unica forza oggi capace di rivendicare con coerenza la “sovranità nazionale” e aprirsi ad una collaborazione, giudicata positivamente, con la Russia di Putin (Petrosillo).

    Posso capire che di fronte a tali posizioni cali il silenzio in buona parte dei lettori “comuni” meno propensi ad abbandonare il terreno dei fatti immediatamente visibili (sempre attraverso l’informazione che ne danno i mass media). O che il silenzio nasconda diffidenza o rifiuto presso quanti, più o meno vagamente eredi di una tradizione anticapitalistica, si attestano con convinzione su posizioni “di sinistra” . Ma sarebbe bene discuterne e ragionarci su.

    Ho scelto pure interventi che, pur accennando alle responsabilità degli Usa e della Francia ( Amin, d’Orsi, Giannuli) sono più vaghi nell’indicare la prospettiva politica da assumere in campo internazionale. O sono del tutto ostili a considerare, fuoriuscendo dalle categorie destra/sinistra, l’ipotesi di un appoggio, fosse pure “tattico”, al FN di Marine Le Pen (si veda come ne parla d’Orsi).
    Ho documentato anche altre posizioni politicamente meno esplicite e più “culturali”. Che si muovono su un piano antropologico (Chiodi su Doppio Zero) o mettono l’accento sul piano etico del “declino dell’Occidente”, guardando con apprensione alla «forza simbolica» dell’islamismo fondamentalista, capace di indicare « uno scopo, per quanto inconsistente, perverso, inaccettabile questo ci possa apparire». Posizioni molto prossime all’atteggiamento che Hoellembeq ha sviluppato fantapoliticamente nel suo romanzo «Sottomissione», di cui si parla in “Appendice”. E persino quelle che, con un tono accattivante e limpido, si attestano su un liberalismo etico e ideale che difende la democrazia come “male minore” (è il caso di Mauro Piras e di parte dei redattori di “Le parole e le cose”). O quelle infine che ho classificato come “voci isolate”. Che anch’esse non si “sporcano” o non si pronunciano sui nodi politici e strategici. E persino quella dell’Annunziata che mette già l’elmetto come gli editorialisti del Corriere della sera…

  14. ..Ennio caro, credo che le tue intenzioni e l’impegno evidente che hai messo, cucinando ogni portata per l’assaggio di vegani, carnivori o vegeteriani, stenti a trovare corrispondenze, poiché nel passato recentissimo o piu remoto, i partecipanti e chissa quanti lettori tuttora invisibili, hanno visto per temi più “palesi” come le guerre d’occidente o quelle di terra santa, come va a finire ogni volta. Lo scontro con qualcuno che si attorciglia con una ciglia, dimenticando l’intera trave;l’intellettualizione di fenomeni concreti che imporrebbero al contrario facili decodifiche di predatori e prede e organizzazione di queste ultime un po’ più compatte come lo sono , eccome se lo sono, i predatori; oppure la poetizzazione con autosublimazione della capacità di cogliere l’essenza di questo o quell’atto antiuomo….in pratica la riduzione di analisi, su temi pratici , come a quattro chiacchiere al bar, o tanto per passare il tempo. Per carità è strano che su un tema che ci tocca così da vicino, rispetto ad altri che alcuni sentono lontano come le questioni della terra santa figuriamoci l’iraq, ma credo manchi l’interesse ad domandarsi, chiedersi cosa torna e cosa non torna per lulla, l’apprendere e lo sviscerare…faccio un esempio, se siamo ancora a dover precisare che questa o quella germania o quest’europa sono così non motu proprio, ma motu usa, e così via per ogni passo già affrontato, c’è solo da accettare che questo non è l’ambiente che ha determinate caratteristiche richieste per voler sapere questa storia a quale punto della storia appartiene. Ha altre notevoli caratteristiche e fra queste altrettante qualità, ma non quel clima che fa crescere lanterne per illuminare meglio queste scene di questi delitti. Inoltre, permettimi un suggerimento “didattico”, se “il pubblico” a cui ti rivolgi, ha cerde corde e non altre, sarà estremamente improbabile che per costruire quelle che non ha, possa crearle mettendo a loro disposizione ogni materiale dal più scadente al più eccellente, dal più “propagandistico” al più” elitario”. Occorre una linea editoriale, anche in nome del tanto decantato pluralismo, fregatura totale della sedicente “democrazia”. E per condurre per mano chi ha ancora deve studiare per poter apprendere ogni strumento dei criminali della Storia pre-mediatica, mediatica e post-mediatica, dopodiché affrontare questa storia in cui anche Goebbels fa la figura di un dilettante alla corrida, occorre porre loro (ergo i tuoi ascoltatori, o commentatori, o lettori o “pubblico”) strumenti che per gradi, scalino su scalino, nella loro molteplicità, escludano i trabocchetti spacciati per cultura , informazione e sensiblizzazione ai temi. Un indirizzo chiaro senza verità in tasca, ma con la ricerca della stessa, più forte di qualsiasi altra cosa del mondo, in primis il proprio ego, è necessario per non imbarcarsi in questioni che distolgono ulteriormente dall’obiettivo, con somma gioia e risate dei marciatori in testa al corteo dell’altro ieri, telecomandati da vicino vicino da Netanyahu e non tanto distante ma ancor più vicino dall’impero in persona, di volta in volta bianco o pseudonero, chiamato Ford o Carter, Clinton o Bush, senior o junior o Obama.

  15. Sempre dalla parte di karim Metref

    Sorella

    Non sono una occidentale integralista
    non sono una terrorista
    non sono strettamente cristiana
    e neppure mussulmana…
    Se mi vuoi prendere per mano
    e con gli amici del quartiere
    correre all’impazzata lungo il fiume
    e poi sul prato di un inverno ancora mite
    saziarci di pane
    d’Altamura o arabo che sia
    e nuovamente correre a perdifiato
    le voci squillanti
    sino a spintonarci di abbracci
    a risvegliare negli ampi sorrisi circolari
    il sangue uguale
    e infine precipitare a terra
    stanchi
    uguale

    E per pregare?
    Perché non innalzare
    un Tetto della Preghiera
    dove tutti i riti religiosi mescolare
    così che col tempo
    emerga il Sacro che accomuna?
    …stendervi tappetini
    innalzare croci
    salmodiare sotto i teli
    sostare immobili in meditazione…
    Ci starei anch’io da non credente

  16. Alcune brevi precisazioni (e non solo a ‘ro’)+ l’invito a non distrarsi dal tema in questione:

    1. questo sito non è una scuola (non c’è un rapporto tra uno o più docenti e dei discepoli) né un gruppo che condivide un unico progetto;
    2. è un luogo (plurale, non pluralistico) di confronto e di ricerca tra chi sui temi trattati ha opinioni diverse o addirittura contrastanti;
    3. lo spettro delle posizioni presentate dev’essere ampio, perché chi cerca (e non ha già trovato) di solito è interessato ad ascoltare varie campane;
    4. ciascuno lettore o commentatore stabilisce quali dei materiali proposti giudicare scadenti o eccellenti o di semplice propaganda;
    5. la selezione fatta in questo scrap-book è *di servizio* e di *documentazione* (parziale e personale).

    1. Carissimo Ennio, non so se tu abbia da un certo momento in avanti, intuito che alcune volte i miei interventi sono , diciamo, d’assalto, orientati cioè a provocare /smuovere il ristagno, l’immobilità, il silenzio vuoto, la ripetizione di situazioni senza sbocco et similia. Ovviamente non ho i tuoi strumenti raffinati, lo faccio in modo primitivo, ma tu è come se lo avessi capito e anche questa volta non potevi trovare intervento migliore per catturare il mio assalto e potenziarlo fino a dare il doppio e anche più del valore del materiale qui proposto e del successivo documento su identico tema a cura di Riolo.
      Detto questo ti dico quale la mia linea curva editoriale “plurale”; ovviamente ognuno deve avere la sua e tu sai quale la tua . Sono per l’esame criminologico dei fatti della Storia, solo in questo approccio posso dire che il mio punta di vista è partigianamente ideologico, non ho però altri fondamentalismi partitici, religiosi etc etc…Un tempo, ormai lontano, la tragedia della storia era evidente in ogni suo flagello, stratagemma, trappola, congiura etc etc e il “cui prodest” che emergeva da questo o quel delitto politico, di corte, imperiale, di signoria etc era immediato. Ovviamente era identico a ora, il livello d’ignoranza dei più sulle trame locali o meno, feudali o imperiali ma se avessero avuto i mezzi, che ora abbiamo, escluso il fornetto catodico e poi digitale, forse il livello del medio abitante del pianeta sarebbe stato meno primitivo dell’uomo del duemila dopo cristo. Oggi come oggi, dalle crociate/guerre “civili” più lontane del Pakistan o in Afghanistan, si è passati a quelle piu vicine, dalla Siria all’Europa il passo è stato brevissimo. Afganistare l’europa è stato un scherzetto da niente per i signori della Cia/Nato e servizi collegati;da bin Laden all’Isis mediorientale europeo le operazioni di assestamento pubblicitario e di penetrazione/radicamento nell’opinione pubblica sono progredite parallelamente alla organizzazione del caos ( ossimoro ), fino alla parabola di parigi, vero expo per il sigillo definitivo del programma “crisi” del vecchio continente così utile ai veri padroni della nostra stantia liberazione. In un modo arancione nazista , nelle terre di confine di ucraina, in una altro rosso ma sempre nazista a un centro dell’europa simbolo di altre rivoluzioni,l’afganizzazione d’europa ha raggiunto il punto del piano industriale programmato , nel caos, per l’abbuffata multipartisan dell’ultima crociata che mancava all’appello . Come per altre forme antropologiche criminali – di cui tutto dovremmo ornai aver studiato se non ci fossimo limitati alle operazioni buoniste sulla lotta alla mafia e sulle sue becere spiegazioni alla Saviano e altri esempi che potremmo fare per altri fenomeni delittuosi di terrore come le brigate nere o rosse, anche questa volta è utile un determinato braccio armato, addirittura pure bambino ( vedi ultimo video, apoteosi della certificazione perfetta per fidelizzare al prodotto ” crociato” il cliente europeo a tal punto cotto e terrorizzato), tanto come a chi, sempre immune di primo livello, muoveva i fili della manovalanza mafiosa o brigatista, che uccideva questo o quel Mattei o Moro per quanto ci riguarda ( altri esempi e stratgemmi possiamo fare per altre terre d’europa). La sto facendo troppo lunga quindi mi fermo qui anche perché l’analisi criminologica richiede una tale mole di dettagli per ogni scena di questi delitti perfetti, che non basterebbero tutti i vecchi e nuovi testi di antropologia criminale aggiornati a questi serial killer culturali, economici , politici

  17. C’è proprio da perdersi in tutta la quantità di commenti che Ennio, faticando non poco – e di questo lo ringrazio – ci ha messo a disposizione onde poter riflettere in merito allo scellerato episodio che ha insanguinato la Francia in questi primi giorni del 2015.
    Al di là delle *testimonianze di rifiuto della violenza e di condanna dell’accaduto, succedutesi nel “tempo corto” dell’homo videns già pochi minuti dopo la strage*, e
    onde evitare che * l’indignazione divent[i] un’operazione di marketing* (Francesco De Iulio), ma anche senza cadere nel tranello, a suo volta terroristico, espresso da Giulietto Chiesa quando afferma *io penso si sia trattato di attentato alla pace mondiale*, che spinge tutti indistintamente a raccogliersi e a far fronte comune contro l’attacco alla “civiltà” (ovviamente quella occidentale. Per inciso in questi stessi giorni Boko Ha-ram ha ucciso 2000 persone in Nigeria, ma ciò fa parte dell’ordinaria amministrazione e quindi non c’è bisogno di indignarsi o di fare cortei), ciò che mi è sembrato utile è raccogliere le informazioni buttate sul tavolo, come una specie di ‘brainstorming’, utilizzando il criterio:
    a) di quanto si sa sui ‘fatti’;
    b) delle reazioni politiche a questi fatti;
    c) come tutto ciò si inscrive nel sistema di crisi geopolitica attuale.

    a) Sui fatti ci sono molti elementi che non convincono
    Subito l’azione è stata definita come un attacco terrorista islamico-Jihadista, anzi *l’assalto a Charlie Hebdo presuppone l’esercito jihadista* è stato scritto su di un quotidiano.
    Ma perché “terrorista”? Solo perché ci incute terrore (certo che non fa piacere a nessuno essere sparacchiato in casa propria!)? Oppure solo perché loro lo hanno gridato?
    Ma se un commando di squilibrati entra in un centro commerciale e si mette a sparare e a uccidere sostenendo di essere in missione per conto di Dio contro un sistema che mercifica tutto, non li prendiamo subito per una cellula eversiva agli ordini deviati della Chiesa. Cerchiamo di capire un po’ di più e di non farci trascinare dal bisogno di trovare un colpevole ad ogni costo. E, soprattutto, tentiamo di non cadere nel tranello che richiama l’incubo del terrorismo ad ogni passo. E che modifica le nostre percezioni perché condizionate dalla paura.

    *… e poi perché due seguaci del braccio yemenita di al-Qaeda, come si sono dichiarati loro stessi, dovrebbero tenere in auto bandiere dello Stato Islamico? E poi perché al-Qaeda non ha rivendicato subito l’attentato ma, solo dopo la loro uccisione, si è limitata a diffidare la Francia minacciando nuove incursioni?*
    E, quanto alla loro uccisione, troppe zone grigie in questa storia.
    *Da Parigi urgerebbero chiarimenti che forse gli stessi terroristi avrebbero potuto fornire se non fossero stati abbattuti quando sono usciti sparando all’impazzata dal capannone di Dammartin. In quel momento non c’erano più ostaggi in pericolo e i tiratori scelti dei reparti speciali Raid (Police Nationale) e GIGN (Gendarmeria) avrebbero potuto ferirli in modo non letale. Se avessero voluto davvero prenderli vivi* (da http://www.analisidifesa.it).
    Ergo: sappiamo soltanto ciò che serve (a chi?) farci sapere.

    b) le reazioni politiche si sono immediatamente coagulate attorno allo slogan “Je suis Charlie”. Espressione di grande effetto emotivo che, nell’intenzione farlocca di creare solidarietà, annega di fatto ogni individualità e con essa la responsabilità personale di ognuno. Perché la solidarietà non significa ‘gregge’, ma presuppone un accostamento al problema da parte di un soggetto-assieme-agli-altri confrontandosi con somiglianze e differenze. Per queste ragioni io NON SONO Charlie, anche se mi può toccare ed essere dispiaciuta per quanto è successo.
    Con questa forma di retorica incominciò Kennedy che nel giugno del 1963, davanti al Muro di Berlino, disse: “io sono berlinese”. (vedi Nota in calce)
    E continuò nel “siamo tutti americani”, dopo l’attacco del 2001 alle Torri Gemelle dando così il placet a tutte le aggressioni belliche sotto l’insegna che bisognava combattere il terrorismo. E non occorre stare qui a ripetere quanto già noto.

    Si creano così, e si fronteggiano due fondamentalismi, quello del male (i cattivi mussulmani) e quello del bene, l’occidente con i suoi vessilli di democrazia (che abbiamo visto come funziona), libertà (a senso unico) e progresso (sulla pelle altrui), in una visione illusoria che le istanze buone l’avranno vinta su quelle cattive (lo ha dichiarato anche Renzi, e quindi possiamo dormire i nostri sonni tranquilli!).
    Se quindi siamo tutti Charlie, siamo tutti parimenti vulnerabili e offesi e pertanto accetteremo ogni controllo, ogni restrizione (incominciano già ad essere sottoposte a controllo testate non allineate) che i nostri governanti metteranno in atto per il nostro bene.
    Un po’ quello che dice Mayoor *che queste azioni terroristiche abbiano lo scopo di spingere le potenze occidentali a mostrarsi per quel che sono, a scendere in campo mettendo da parte la finzione democratica che copre il totalitarismo di fondo che le contraddistingue*. Solo che questo svelamento non è lo ‘scopo’ delle azioni terroristiche, quasi a ‘stanare’ il lupo che si nasconde nel vestito dell’agnello!
    E’ spostare l’attenzione su altri supposti lupi. La finzione continua.
    Finzione che, come scrive F. Cardini, fa considerare il *distruggere con i droni i “santuari” dei guerriglieri, senza badare al fatto che essi coincidano con pacifici villaggi pieni di donne, di vecchi e di bambini, come una normale misura di polizia internazionale*.

    c) Nel contempo, ovvero in totale assenza di un apparato critico da parte della popolazione in tutt’altre faccende emozionali affaccendata, si portano avanti delle operazioni di smantellamento circa temute alleanze antiatlantiche che in questo momento vedono proprio in Francia germi di crescita.
    Per lo meno come ipotesi su cui poter riflettere, mi sembra che pensare alla strage al Charlie Hebdo come un luogo di scontro tra *movimenti antieuropeisti/sovranisti* (G. Petrosillo) e un potere *filo-occidentale che ha portato i nostri paesi sull’orlo del baratro finanziario e della disfatta sociale* ci permetta di vedere come *una grossa partita si stia giocando proprio in Europa di cui Parigi ne rappresenta il cuore politico.* (Conflitti e strategie)

    d) Per ultimo, ma non ultimo quanto ad importanza, il discorso di G. Mannacio in merito al problema della tanto osannata integrazione.
    Mannacio si pone delle domande a partire da una pertinente osservazione sulla diversa concezione di ‘martirio’: *Secondo la visione cristiana martire è colui che muore perché non vuole rinnegare la fede, mentre gli attentatori sono eroi che uccidono per vendicare Allah, il suo profeta o qualunque simbolo della religione islamica. La morte rappresenta in un certo senso un premio e una gloriosa fuga altrove*.
    *Si può dire – utilizzando un linguaggio metaforico ma efficace – che è come se i tre attentatori si fossero trascinati dietro e in terra di Francia “ una parte del loro territorio o spazio vitale “*, il quale ‘spazio vitale’, non ammettendo la dissacrazione dei suoi simboli religiosi la punisce con sanzioni efficaci sul piano “ civile “.
    Ma in questo rapporto tra “ noi “ e “ loro “ – e che non sono termini utilizzati in funzione della “ diversità “ ( che attiene alla antropologia ) ma in funzione delle “ differenza “ ( che attiene alla cultura ) – come possiamo pensare all’integrazione?
    Domanda non da poco!

    Nota
    Sapendo come poi andarono molte cose, prego di leggere questo stralcio del discorso di J. Kennedy, il 26 giugno 1963 davanti al Muro di Berlino:
    ** La libertà è indivisibile e quando un solo uomo è reso schiavo, nessuno è libero. Quando tutti saranno liberi, allora immaginiamo — possiamo vedere quel giorno quando questa città come una sola e questo paese, come il grande continente europeo, sarà in un mondo in pace e pieno di speranza. Quando quel giorno finalmente arriverà, e arriverà, la gente di Berlino Ovest sarà orgogliosa del fatto di essere stata al fronte per quasi due decadi.
    Ogni uomo libero, ovunque viva, è cittadino di Berlino. E, dunque, come uomo libero, sono orgoglioso di dire “Ich bin ein Berliner”.**

    R.S.

  18. …cara Emy. e cari tutti, grazie. Tuttavia mi capita che quando scrivo in maniera, diciamo un po’ “utopistica”, mi trovi nel picco dello sconforto e della paura…Una via di fuga?
    In realtà sono colpita da molte riflessioni, in particolare di quanto dice Rita…Come sia facile cadere nei “trabocchetti della speranza” lanciati da persone che parlano di libertà e di amicizia tra i popoli(J. Kennedy) per poi passare a progetti di sottomissione dei popoli…Vedi la strategia di Tom Sayer, che sempre Rita ci ha ricordato, verso “gli amici”…Ma è anche difficile vivere in un clima (realistico!!) di intrighi, di passi guardinghi e di navigazione a vista in cui anche la propria ombra sembra cospirare e tu non sai più di chi fidarti (la spia che venne dal freddo…), allora si entra nel labirinto…Nella mia paura più segreta sta il giorno in cui, con o senza microchip, saremo tutti irrimediabilmente incattiviti…un maledetto giorno, del nostro essere stati donne e uomini, non rimarrà che una smorfia…
    vale ancora un sassolino il nostro sperare?

  19. A Ro

    Già bisogna conoscere la storia e la storia è fatta di guerre ed oggi ci sono tutti i presupposti per una nuova guerra. Che importa della paura della gente, che importa delle offese, della povertà , delle ingiustizie. L’importante e fare guerre ovunque dove ci siano poveri cristi indifesi. Nasceranno nuovi eroi e nuovi capi di governo. In alternativa esiste la ragione, l’incontro, la saggezza la solidarietà….dopo.
    Ciao Ro e grazie .

    1. La storia , compresa questa in questa pagina, non é fatta di guerre, la storia é guerra! É guerra di varie intensità e modalità ma guerra é e sarà. Solo partendo da questa premessa si possono smascherare quelli che dopo grandi conflitti, come i due mondiali del secolo scorso, hanno parlato di pace in quei territori e colonie che al posto delle bombe in senso stretto, ne hanno vissute altre per ridursi alle macerie attuali. Bisogna rimuovere le memorie aliene dei falsi arcobaleni e bandiere della pace, altrimenti il terzo conflitto che temi finirà in “pace ” peggio della precedente, visto che siamo già nella fantascienza.

  20. …riguardo alla paura, vorrei condividere con voi qualche riflessione di un pensiero, il mio, che si perde nella nebbia…Intanto mi sembra di assistere ad un fuggi fuggi planetario, e se questa non è paura! Ce ne sono di case in fiamme (e come diceva l'”Illuminato”, se ti avvisano che la tua casa brucia, tu scappi senza fare troppe domande…): di alcune vedi le fiamme arrivare al cielo e da lì si fugge per barconi e si salvi chi può…da noi, in Occidente, si brucia sul fuoco a graticola lenta da tanto tempo e spesso l’ordigno esplosivo viene incartato e, con nastrino dorato, messo sotto l’albero di natale o donato per l’anniversario…fantascienza-horror ormai non è più fantascienza…E noi come si fugge da mostri che ormai sono penetrati nelle nostre case, nei nostri cervelli? Le due risposte che mi vengono da voi sono: chiarezza e coraggio…”la controrappresentazione del mondo” di cui parli tu Ro sarebbe già un punto di partenza, poi c’è l’uomo videns di oggi, l’uomo alienato, che dovrebbe recuperare lo sguardo dell’uomo preistorico e coltivare la libertà “dentro il cuore o dentro a un sogno o davanti a un tramonto o ascoltando il colore di un fiore…”. Insomma difenderci dall’inferno senza smettere di “ricercare ciò che inferno non è…”. Poi mi chiedo: come i mondi in fiamme possono darsi una mano tra loro, scoprendo i dinamitardi comuni?

    1. A Annamaria
      Carissima ti rispondo così con la mia “fantascienza”:

      AUGURIO

      La natura riuscirà a capire
      la fonte del nostro malessere
      le piante allargheranno le fronde
      come l’abbraccio di una madre
      i fiori all’intensità dei colori
      stupiranno la nostra vita.

      Ho chiesto agli uccelli che faranno
      -Voleremo su ogni casa e faremo
      i nostri nidi nei giardini e voi
      ci lascerete fare-
      Anche le ossa stanche del tempo
      sapranno comprendere la storia.

      Tutti apriranno un libro un racconto
      un colore una poesia e ripeteranno.
      Qualcuno risponderà al desiderio di pace
      magari con un sorriso con la forza
      del conducente di un carro
      pieno di speranza.

      Emy

  21. @ ro, Annamaria, Emy

    Care amiche,
    mi spiace che altri non intervengano, ma in tutta sincerità devo dire che non mi ritrovo per nulla in questi ultimi vostri scambi di emozioni e opinioni generalissime.
    Posso capire la paura, gli incubi, i dubbi personali, ma lo scrap book voleva offrire spunti su cui ragionare, opinioni pubbliche (di governi, di oppositori, di studiosi, giornalisti) da meditare per contestarle o approvarle, per indurre almeno a dire cosa ne pensiamo.
    Non mi ritrovo in questo vostro linguaggio sempre ultrametaforico e in questa fuga – mi scuserete se ve lo dico – nelle poesie d’occasione che trovo di un utopismo consolatorio insopportabile.
    Da qui verrà fuori la «chiarezza» invocata o il «coraggio»?
    Il mio invito è a ragionare. e a poetare *dopo aver ragionato*. Ad esempio misurandosi sui fatti trattati nei vari articoli proposti nello scrap-book o su altri.
    Che ciascuno di noi ne prenda uno a sua scelta, lo analizzi riga per riga e dica cosa ne pensa e perché. Senza divagare o generalizzare. (Non faccio esempi per non avvitarci in polemiche sterili).
    Altri – e il confronto è per me frustrante – questo sforzo di ragionamento (condivisibile o meno nelle premsse o nelle conclusioni) lo fanno.
    Come potete vedere affacciandovi a questi link:
    http://www.leparoleelecose.it/?p=17420
    http://www.leparoleelecose.it/?p=17394

    1. Caro Ennio,
      non avevo nessun dubbio sulla tua non condivisione del mio pensiero (che non è stato solo tentativo di poetare l’ho espresso anche in altro modo) comunque al mondo ci sono anche persone come me e non pensare che io no legga tutti gli articoli che ci hai proposto. Questa strage mi ha fatto molto pensare e cercare una via di uscita o se vuoi un modo per capire senza farmi troppo coinvolgere da pareri esterni, ebbene ciò che ho scritto lo riconfermo con molto orgoglio e passione. Per quando riguarda le emozioni, mi sembra che ce ne siano ovunque in questi giorni anche in tutto ciò che tu hai riportato, ci sono per fortuna e servono anche per ragionare! La libertà della quale si è molto parlato ultimamente serve anche per chi ha paura, lo dice e cerca di fare il possibile per non dimenticare i valori che servono per continuare a lottare.
      Il fatto che tu non condivida il mio pensiero come ho detto non mi sorprende ma…viva la libertà!

      1. ….e poi Ennio tu spesso ripeti che questo Blog non è una scuola da come esprimi il tuo “invito” a ragionare o a poetare dopo aver ragionato, scusa, ma mi sembra tanto un consiglio da professore che parla ad alunni che dovrebbero dare ciò che lui richiede altrimenti ….

  22. NOTAZIONI ATRABILIARI.

    Tempo piovoso,
    tempo di sole morto.
    Solamente la bile
    mi dà conforto.

    1.
    E’ pericoloso l’uso di termini impropri-
    Micidiale l’uso delle metafore.
    Francesco I (Papa) dice: Se una persona offende mia madre a questa persona mollo un pugno.
    Sostituzioni: una persona – UN POPOLO ; Una madre – UN DIO; un pugno – UNA RAFFICA DI MITRA. Vediamo cosa succede.

    2.
    Interessante la consonanza tra i legittimi eredi di chi ha bruciato Giordano Bruno e coloro che giustificano il massacro di Parigi-
    I Fedeli uccidono; gli eretici comprendono.

    3.
    L’eresia appartiene a Dio o a Cesare ?

    4.
    Gli eventi luttuosi che fanno la Storia (migrazioni forzate, malattie,carestie,guerre) derivano dal Peccato originale?

    5. Il pensiero occidentale – tanto vilipeso in alcuni interventi un po’ troppo estemporanei, nei suoi esiti più responsabili e profondi, ha cercato di spiegare i processi storici che hanno caricato di “colpe” l’occidente. Usare questo termine è una scorciatoia e non aiuta a cogliere i nessi complessi che regolano le relazioni tra e gli scontri tra popoli.

    6.
    Ogni popolo dotato di una certa storia e di una certa identità tende a “farsi potenza” cioè ad assicurarsi una vita duratura e a tale scopo elabora strategie di alleanze cui corrispondono – necessariamente – reazioni ostili. Indicatemi un popolo che non ha cerrcato di conquistarsi un suo ” spazio vitale ” ( a spese più o meno di altri).

    7.
    La fondazione del Califfato di cui si parla (o anche questa è una invenzione malefica dell’Occidente?) è “coerente” alle premesse di cui sopra e “coerente” è la risposta ad esso.

    8.
    L’asimmetria delle pratiche terroristiche nasce da una debolezza politica dei popoli islamici incapaci di elaborare politiche comuni tra loro anzichè ammazzarsi a vicenda.
    E’ ragionevole farsi carico anche delle loro “colpe” ?

    9.
    L’integrazione è un mito. L’integrazione comporta la “morte” dell’integrato e dunque è illogico pretenderla e imporla. All’interno dello Stato integrante è solo “convenienza” ragionevole.

    10.
    L’unica pratica civile è la tolleranza, ma questa non può essere che reciproca. La Storia insegna che in certe “età beate” è stata praticata.

    11.
    Il resto non è silenzio, come diceva Shakespeare, ma tuono di guerra.

    1. Grazie Giorgio! Chiarissimo! Attenzione alle metafore! Ma senza metafore la satira e la Poesia reggeranno? Io credo di no. Oggi più che mai sembra che le metafore sina indispensabile per comunicare , sarà la paura di dire le cose come stanno e ci si spaccia per coraggiosi. Facciamo finta che tutti siano impavidi che tutti abbiano la forza del combattente e poi vediamo…
      imparare a difendersi con intelligenza è molto molto più difficile.

  23. Quel che accade in Fran­cia, in Siria e ora, in Ita­lia, con la libe­ra­zione di Greta Ramelli e Vanessa Mar­zullo, le due ragazze ita­liane rapite sei mesi fa, ci chiama diret­ta­mente in causa. Per­ché porta in super­fi­cie le vene appena sot­to­pelle della nostra sto­ria. Noi siamo osti­na­ta­mente, radi­cal­mente con­trari all’uso della guerra come mezzo d’offesa, d’imperio e di riso­lu­zione delle crisi inter­na­zio­nali, e restiamo con­vinti che chi fa la guerra inne­sca comun­que e dovun­que un effetto boo­me­rang, almeno di ritorno. Che Hol­lande non vede.

    Diviso tra fune­rali e invio di por­tae­rei, pro­clami ai milioni di fran­cesi musul­mani su «liberté, ega­lité e fra­ter­nité» e per­pe­tua­zione degli inter­venti colo­niali. Siamo altresì il gior­nale che per primo in Ita­lia ha subìto, nel 2000, in aper­tura del nuovo mil­len­nio, un atten­tato inte­gra­li­sta (l’attentatore era cat­to­lico di destra – lo soc­cor­remmo ferito). E nel 2005 in Iraq venne rapita Giu­liana Sgrena, la nostra inviata non «di guerra» ma «con­tro la guerra».

    Dun­que riven­di­chiamo non a spro­po­sito lo spi­rito che ci anima — forse «ripren­dia­moci il mani­fe­sto» vuol dire anche que­sto — di fronte allo sca­te­narsi di una ver­go­gnosa cam­pa­gna con­tro il paga­mento del riscatto che sarebbe stato ver­sato ai car­ce­rieri jiha­di­sti delle due ragazze ita­liane alla fine libere pro­ba­bil­mente anche per­ché sta­volta, sul campo, non c’era un marine come Lozano «dimen­ti­cato» ad un posto di blocco mici­diale che alla fine uccise il sal­va­tore Nicola Cali­pari. Una cam­pa­gna stampa ver­go­gnosa che sem­bra fare il paio con il fatto che Greta e Vanessa sono subito diven­tate il fiore all’occhiello del governo Renzi che, al con­tra­rio, dovrebbe spie­gare per­ché è coin­volto in quella guerra.

    Riba­dia­molo invece. Se si tratta di difen­dere la vita umana e la pace, allora biso­gna sem­pre trat­tare e sem­pre con­trat­tare. Se è vero che, secondo i dati uffi­ciali della Nato la spesa mili­tare ita­liana ammonta in media a 52milioni di euro al giorno e per il Sipri equi­vale invece a oltre 70milioni di euro al giorno, meglio impe­gnare soldi per libe­rare vite umane che negli armamenti.

    Ma dicono i fogliacci di destra al ser­vi­zio dello scon­tro di civiltà, così «si danno soldi ai jiha­di­sti». Il fatto è che pro­prio que­sto chiama in causa, con i media, il ruolo dei governi euro­pei e dell’Italia — Renzi in que­sti giorni sta pen­sando ad un nuovo inter­vento mili­tare «uma­ni­ta­rio» in Libia – e rende evi­dente la natura delle inter­fe­renze occi­den­tali nella deriva delle «pri­ma­vere arabe». Diciamo que­sto per­ché, non con­tenti del disa­stro pro­vo­cato il Libia diven­tata ormai il san­tua­rio dello jiha­di­smo medio­rien­tale, nella scel­le­rata coa­li­zione degli «Amici della Siria», l’Europa e gli Stati uniti insieme alle «demo­cra­ti­che» quanto inte­gra­li­ste petro­mo­nar­chie sun­nite ha atti­vato ingenti finan­zia­menti finiti sia all’opposizione mode­rata ear­mata siriana, ma anche al gruppo qae­di­sta Al Nusra. Un’ambiguità moti­vata per abbat­tere il regime di Assad, e per la quale ora «rime­diamo», con pochi fatti, soste­nendo l’opposizione armata dei «ter­ro­ri­sti» kurdi il cui lea­der Oca­lan abbiamo con­se­gnato alle galere dell’atlantica e isla­mi­sta Turchia.

    Bene abbiamo fatto a pagare per libe­rare le due ragazze che, è giu­sto ricor­darlo, sono andate in Siria — un po’ irre­spon­sa­bil­mente — ma a soc­cor­rere con aiuti uma­ni­tari l’opposizione mode­rata siriana, anch’essa in armi e ormai azze­rata dal pro­ta­go­ni­smo della nume­ro­sis­sima galas­sia jiha­di­sta che, con il Calif­fato, è dila­gata dal fronte siriano in Iraq e ora in Libano. Loro sono corse in Siria come tanto gior­na­li­smo «di guerra» che baciava la ban­diera dei com­bat­tenti anti-Assad per poi sco­prire, dopo avere subito anghe­rie e ricatti, fino al seque­stro vio­lento, che si trat­tava invece di «demoni dell’inferno».

    È lo stesso gior­na­li­smo che vanta la supe­rio­rità del mondo occi­den­tale ma dimen­tica che appare ancora ai musul­mani delle peri­fe­rie medio­rien­tali ed occi­den­tali come quello di Abu Ghraib, della strage di Bagram, dei raid Nato sui civili afghani, di Guan­ta­namo, dei mas­sa­cri a catena del governo israe­liano a Gaza. L’unico simu­la­cro resi­duo sem­bra rap­pre­sen­tato da quel che resta della Chiesa e della reli­gione cat­to­lica, che con le altre mono­tei­ste ha non poche respon­sa­bi­lità «cro­ciate». Con un nuovo papa dal pas­sato non chia­ris­simo, ma che unico si è oppo­sto alla guerra a tutti i costi che voleva sca­te­nare l’Occidente a guida Usa in Siria. E che comun­que rin­corre le impro­ba­bili ragioni delle reli­gioni — ieri Ber­go­glio ha attac­cato le «ideo­lo­gie che distrug­gono la fami­glia» — difen­den­dole tutte dalle «offese» di vignette sati­ri­che che gior­nali lai­cis­simi come quelli sta­tu­ni­tensi si sono rifiu­tati di pub­bli­care. Fino all’affermazione poco cri­stiana, che «se insul­tano mia madre io gli dò un pugno». Altro che «por­gere l’altra guancia».

    Difen­dere la libertà di quelle vignette e la memo­ria dei 10 redat­tori uccisi e delle altre vit­time di Parigi, deve voler dire essere oltre le reli­gioni per rispon­dere alle domande di senso che emer­gono dalla crisi dell’Occidente; e fino in fondo con­tro la guerra e con­tro il ter­ro­ri­smo asim­me­trico che ne deriva. Que­sto è il vero inse­gna­mento. Non quello auto­re­fe­ren­ziale che «la satira non ha limiti». Siamo al fon­da­men­ta­li­smo sati­rico? Per­ché il limite c’è: è la forma, cioè il con­te­nuto dello spa­zio umile della vignetta. L’ultima edi­zione insan­guinta di Char­lie Hebdo, tirata e ven­duta in 5 milioni di copie, aveva vignette non pro­prio bel­lis­sime. A noi Plantu piace di più. E poi non dimen­ti­chiamo che sono state copiate ed impor­tate dal gior­nale danese Posten, di destra e xeno­fobo. Non basta appli­care lo sti­lema del dise­gno anti­se­mita all’Islam e alla reli­gione cri­stiana per avere un punto di vista laico o ateo che sia.

    Il limite è lo stile. E fa la differenza.
    Tommaso Di Francesco
    17 gennaio 2015
    I simulacri dell’occidente

  24. Ciao Rita, le obiezioni su questo e altri articoli di Di Francesco, sono , “generalizzando”, tutte quelle che si possono e devono fare di fronte a chi, politico o giornalista, calca la mano su un concetto di “noi” molto molto relativo a un senso di appartenenza iper-ideologizzata , riscontrabile in qualsiasi parrocchia/partito/organo di stampa tanto di destra che di sinistra, che sotto che sopra. Basta, come hai sottolineato, la storia molto oscura della vita di Sgrena per la morte di Calipari, che anche il buon Di Francesco per ora, ha scelto di non dire o almeno domandarsi pubblicamente. Oppure ancora, ciò che non viene detto, neppure in questo articolo, è sullo spartiacqua di certe scelte della pseudo-diplomazia in tema di ostaggi; “pseudo” in quanto condizionata dai voleri usa/nato e i suoi satelitti , in cui orbitano spesso e volentieri pseudo organizzazioni umanitarie, a totale insaputa dei piccioni e delle piccione che ci cascano, come le due rapite in questione. Ci sono ostaggi e ostaggi. E, se per il truman show “terrorismo” alcuni sono utili in certi momenti topici, tanto morti, quanto altre volte vivi o vive come il caso in questione, ce ne sono altri per i quali occorre fare un altro can can senza muovere un dito o quasi, o facendo scene da peracottari, vedi caso dei due marò. In questo esempio, peraltro, non a caso, conviene demonizzare un altro tipo di terrorista, terrorista in senso lato, del mercato globale, poiché dell’asse brics. L’india per ora viene colonizzata solo culturalmente con le note operazioni Cia di un altro tipo di femen, aggiornato alle terre d’oriente in questione. Fatta questa premessa però, l’articolo di De Francesco, adottata una certa taratura, è più onesto intellettualmente rispetto alla maggioranza di giornalisti mainstream che si leggono a destra e a manca , sotto e sopra, e per la sua conclusione , non la vedo così incoerente o faziosa o manipolatoria, anzi! La mia analisi politica – grammaticale sulle intenzioni dell’articolista è la seguente: laddove ci ricorda che ” il limite c’è: è la forma, cioè il con­te­nuto dello spa­zio umile della vignetta.” , ci dice nè più né meno che una regola di minimo buon senso, perché se la casa sta bruciando, troverei alquanto criminale che qualcuno, per la sua libertà di amare il fuoco, me la incedi ancor più, per giunta facendoci un mucchio di soldi, proprio identici a quelli che in questo spazio mettiamo in discussione, perché animano il commercio di poesie , editoria diversa e” cultura” del mitico ceto medio orwelliano mediadipendente . Inoltre , dire che la cosiddetta destra, di centro ( es italiano Fiamma Nirenstein o Santanché) o di ala estrema( forza nuova, casa pound etc), si avvale di certi strumenti di (un solo certo tipo) di sinistra, che è di fatto destra, e fare tutto ciò con l’esempio danese adottato da Di Francesco, è addirittura per me, riduttivo..avrebbe dovuto rafforzare meglio il concetto; citando il caso di M’bala M’bala Dieudonné, sarebbe stato molto piu efficace aggiungendo la storia di razzismo allo stato puro , a vantaggio della propaganda nazisionista (così definita dagli stessi dissidenti ebrei, che in modo anche più lungimirante non vogliono mettersi un’altra volta nelle mani dei loro carnefici, tanto come i dissidenti arabi rispetto ai loro)

    1. non so perché questo mio commento sia finito qui…mi ero posizionata sul pulsante rispondi sotto il commento di RS delle ore 14 – 17 gennaio 2015

  25. @ A tutti
    Negli ambienti eccelsiali cattolici circola questo ammonimento . il laicismo è peccato
    ( udito con le mie orecchie ). Ma esiste anche ” l’ecclesia islamica “- Meditate.

  26. SEGNALAZIONE: ALDO GIANNULI A PROPOSITO DELLA DIFFICOLTA’ DI RAPPORTARCI A QUELLI CHE PENSANO I FATTI AL DI FUORI DALLE NOSTRE CATEGORIE CULTURALI

    Sarebbe indispensabile che i nostri lavoratori della cultura (storici, sociologi, politologi, psicologi in primo luogo, ma poi anche giuristi, economisti, letterati e via via medici ecce cc) assumessero come loro principale compito la mediazione culturale, indispensabile se vogliamo evitare davvero il conflitto fra le diverse civiltà, che la globalizzazione mette ogni giorno a contatto.
    Vice versa, gli intellettuali, chiusi nelle proprie carriere, seguitano imperterriti a lavorare come se il mondo fosse sempre e solo l’Europa e gli Stati uniti, calzando addosso a tutto il resto del mondo le solite intramontabili categorie europee. Un esempio? E’ il caso della categoria di “Islamo-fascismo” coniata ai tempi della guerra dell’Afghanistan e disinvoltamente usata da intellettuali come Cristopher Hitchens, Oriana Fallaci, Giuliano Ferrara. Una delle più colossali fesserie che siano mai state dette. E non perché manchino settori di Islam (settori, non tutto l’Islam) profondamente autoritari ed anche totalitari.
    Qui il problema è capire le caratteristiche proprie dei fenomeni culturali, politici, sociali ecc. che stanno avvenendo nell’Islam, non dobbiamo stabilire la graduatoria dei peggiori criminali della storia. Forse quelli di Boko Haram o del Califfato sono anche peggiori dei nazisti, ma hanno caratteristiche proprie e parlare di fascismo serve solo a confondere le idee. Le categorie di fascismo ed antifascismo non sono universali, ma europee.
    Una volta, la frase di una mia studentessa di colore mi rivelò di colpo quanto poco questo approccio eurocentrico parli al Mondo. Avevo appena finito di parlare del massacro degli ebrei perpetrato dai nazisti e, nella discussione seguente, una ragazza zairese, per nulla impressionata dal racconto dello sterminio ebraico, disse “Va bene, voi bianchi siete macellai e vi siete massacrati fra voi”. In Congo i belgi trucidarono circa 10 milioni di nativi, ma nessuno ricorda Leopoldo I come uno dei grandi criminali della storia. Teorizzare che quello del genocidio ebraico sia un “unicum” storico, oltre che essere una bestialità storiografica, suona alle orecchie dei popoli non europei come un espediente per rimuovere i crimini del colonialismo, dissimulandoli dietro le malefatte di un regime sconfitto, come quello nazista, per restaurare l’onore di francesi, inglesi, olandesi, belgi eccetera.
    Si badi che nella frase di quella studentessa non traspariva alcuna pietà per le vittime del furore nazista: per gran parte dei popolo afro-asiatici gli israeliani sono solo europei che hanno occupato un territorio dei palestinesi, cui vanno le loro simpatie. Certo: le cose stanno diversamente, lo sappiamo, ma non è possibile ignorare il punto di vista degli altri che, per quanto erroneo, parziale o impreciso non è irrilevante. Tutto questo corrisponde a stati d’animo che sarebbe sbagliato ignorare e che segnalano quanto poco dica, fuori d’Europa, questa storia che continuiamo a raccontarci, con i suoi giudizi di valore, con i suoi topoi, con le sue figure e categorie di riferimento.
    L’antifascismo è una categoria culturale importantissima ed ancora vitale, per l’Europa, ma dice molto poco al di fuori, a meno di non far rientrare a calci nella categoria di fascismo il regime nazionalista del Mikado, il peronismo, il regime Kemalista, il Kuomintang, i regimi castrensi di Asia ed America Latina, ed, appunto, il fondamentalismo islamico, che sono fenomeni peculiari dotati ciascuno di propria definizione. Usare la categoria di fascismo come “generalizzante” non è altro che il solito peccato eurocentrico.
    Il problema è che gli intellettuali europei (di quelli americani non è il caso di dire) in gran parte sono stati assolutamente acritici di fronte al processo di globalizzazione o ne hanno criticato solo singoli aspetti (società dei rischio, liquidità…). Ma non ne hanno colto il contenuto aggressivo e potenzialmente bellicista. Raramente ne hanno criticato la prospettiva di puro e semplice adeguamento delle “periferie del Mondo” alla modernità occidentale e non ne hanno criticato il carattere fortemente ideologico. Solo pochi ne hanno colto la carica oligarchica legato al predominio finanziario. Tutto questo oggi li condanna all’afasia di fronte alla crisi che si apre e che non è solo finanziaria, ma insieme finanziaria, politica, sociale, culturale. E’ la “paralisi del linguaggio nell’epoca della comunicazione globale” cui Alessandro Colombo dedica le conclusioni del suo più recente libro (che consiglio vivamente di leggere). E di questa paralisi, gli intellettuali europei portano la massima responsabilità.

    (DA http://www.aldogiannuli.it/afasia-degli-intellettuali-europei/)

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