Lotta a morte

La Grassa  lotta a morte 1

di Franco Nova

Camminava davanti a lui, goffa. Era piuttosto obesa o comunque grassoccia, il sedere dondolava a destra e a sinistra; ed essendo grosso e pesante, squilibrava l’andatura, la rendeva quasi zoppicante. Anche da dietro si vedeva che non era certo una bella donna, a parte la lunga chioma fluente, nera corvina, che copriva una schiena lasciata nuda dal leggero vestito estivo, assai probabilmente altrettanto ampiamente scollato sul davanti. Colui che la seguiva pensò che le carni dovevano essere ben flaccide, sarebbe stato assai meglio coprirle. Tuttavia, un impulso che non aveva nulla di irresistibile lo obbligava a seguirla. Sarà forse stato perché era di strada per l’ufficio dove si stava recando a svolgere il suo lavoro, che a quel punto gli parve però più noioso del solito; tutto sommato, rallentare l’andatura, per non superare quel grassoccio bambolotto che procedeva nel suo stesso senso, gli parve preferibile, una sorta di rilassamento prima di sedersi al tavolo e affannarsi a pensare a ciò che lo affaticava e lo rendeva torpido ogni giorno di più.
La donna ballonzolante girò per una traversa, la direzione non era più la sua; eppure la seguì passivamente senza esitazioni. Solo dopo un centinaio di passi realizzò che non stava più andando verso il suo “usato travaglio”; fece spallucce e proseguì, evidentemente quel giorno era dedicato allo svago. Forse avrebbe potuto trovarsene uno di più divertente che non seguire una donna, giovane certamente, ma altrettanto certamente assai poco dotata di attrattive. Doveva proprio amare tanto il suo lavoro per lasciarsi distrarre da un simile diversivo! Non importa, ormai è un gioco, vediamo fino a qual punto mi piacerà giocarlo; così pensò l’uomo non più giovane e privo di qualsiasi intenzione di abbordare la giovane. Di fatto, era un modo come un altro per bighellonare.
Non conosceva quella strada; strano perché era nella zona da lui abitata e le cui vie percorreva spesso quando passeggiava nei giorni di riposo, mentre invece, per andare in ufficio, ne seguiva con la tipica scarsa fantasia impiegatizia una sola. Chissà che questa pigra abitudine non facesse parte del peso che gli procurava il lavoro ormai da anni. Si riconcentrò sulla via apparentemente nuova che stava percorrendo, e sulla “preda” che stava inseguendo senza alcuna intenzione di raggiungerla; tanto meno di catturarla, per carità! La strada divenne via via più stretta ed infine si infilò in una scala che scendeva sotto terra. Sembrava l’entrata di un metrò; solo che nella sua cittadina non esisteva ovviamente nulla del genere. Eppure, sceso ad una discreta profondità – calcolò almeno un centinaio di gradini, forse anche più – si trovò proprio su una banchina simile a quella delle stazioni ferroviarie; non c’erano i binari, ma una lunga fossa scavata come fosse pronta ad accoglierli. Guardò meglio, essendosi abituato a quel luogo piuttosto oscuro dove, al posto di lampioni o luci al neon sul soffitto, vi erano solo alcune aperture nella volta, da cui trapelava la luce del Sole. Si accorse, senza un moto di sorpresa quasi l’avesse già saputo, che l’apparente fossato era invece una fila di singole fosse messe l’una dopo l’altra; non sembravano adatte ad accogliere alcun binario, ma tutt’altra “mercanzia”.

La donna si voltò improvvisamente come avesse sempre avuto sentore di essere seguita. In effetti, era giovane, con un viso grassoccio e piuttosto brutto, meglio sarebbe dire laido. Non fu questo a sorprenderlo. Una luce di follia, pur felice, era su quel volto; gli occhi sfavillavano di ardore da conquista, la bocca semiaperta mostrava due lucide catene di denti, tutti canini, aguzzi, durissimi. “Infine ti ho portato dove volevo, e adesso sei mio” disse la ragazza senza peraltro ancora muovere all’attacco. “Chi mai t’ha conosciuto, che vuoi da me; ti ho seguita per puro caso”. Rise con quella sua bocca sempre più sgradevole, che cominciava a sollecitargli un crescente ribrezzo: “Non mi hai seguita affatto per caso; non te ne sei accorto, ma ti ho attirato io in quella passeggiata apparentemente casuale e diversiva. Sono la Morte; da ore mi aggiravo nella zona, ma tutti erano così indaffarati e interessati, o almeno così sembrava, alle sciocchezze cui attendevano che non riuscivo a trovare un cliente che fosse uno. Finalmente, ti ho visto uscire di casa con aria annoiata e indolente, e ho subito capito che eri il ‘cliente’ giusto”.
La guardò con indifferenza, nemmeno una punta di paura: “Ti sbagli; sono annoiato, ma non della vita, solo del lavoro che faccio, non mi sento poi troppo vecchio, potrei sempre cambiarlo; in ogni caso, non ho affatto intenzione di seguirti dove vorresti tu, provaci se ci riesci”. La Morte capì che era inutile contrattare con un tipo del genere. Si avventò scoprendo ben bene i denti; ma fu sorpresa di ricevere un morso lacerante e profondo proprio sulle labbra. Non sanguinò perché non aveva sangue, ma provò dolore; allora gli afferrò le braccia tentando di spingerlo contro una parete per immobilizzarlo e prendere meglio le misure al fine di azzannarlo nel posto più opportuno a mettere rapidamente fine a quella (per lei) assurda resistenza. Non riuscendo nell’intento, tentò il solito colpo basso all’“inguine”. L’uomo si riparò benissimo, l’attirò a sé con forza e con un morso ancora più feroce le staccò un orecchio. La copertura epidermica del suo scheletro di Morte era evidentemente posticcia, fatta per ingannare i vivi, e tuttavia sentirsi staccare un orecchio non fu per lei esperienza piacevole.
Era stupefatta, non aveva mai incontrato uno così recalcitrante al suo destino, comune ad ogni mortale. Scelse il tentativo di impietosirlo: “Sono semplicemente una delle Morti di secondo livello, e aspetto la promozione al primo; devo però mantenere la quota di almeno dieci persone al giorno. Oggi, ne ho portate via solo due, non farmi fare brutta figura visto che siamo già a fine mattinata”. Per ogni evenienza, lui le cacciò un dito nell’occhio: “Se permetti, questi sono c…. tuoi. Io preferisco rivedere il Sole anche domani. Risali presto in strada e trovati i tuoi altri otto. Lasciami in pace ché non ho la giornata giusta per lasciarmi strapazzare. Ne devo già subire molte dal capufficio; e adesso, con il tempo perso, figurati quali tiritere dovrò sorbirmi!”.
“Mi dispiace, ma tu sei il predestinato, non posso mollarti finché non cedi. Sarò costretta a seguirti mansueta tra la folla di lassù. Guarda però che sono abile nel travestirmi e nascondermi. Ti capiterò addosso all’improvviso. Pensa al tuo stato d’animo: sempre all’erta, con la sensazione del pericolo incombente, uno stress continuo. Cedi subito e ti acquieterai; il viaggio non sarà lungo e poi riposerai con tua piena soddisfazione, te lo garantisco. Non c’è il famoso ‘Al di là’. Si tratta solo di tanti posticini virtuali, nascosti, invisibili, nell’al di qua. L’unico fastidio, del tutto sopportabile, è di non essere visti, di parlare a chi nemmeno ti ode, di provare desideri se vedi delle belle donne in un certo abbigliamento, o senza, e di non poter stendere la mano perché il tatto manca. L’unico senso che ti resterà sarà la vista, ma ti renderai presto conto che non è una situazione troppo torturante. In fondo, mentre sei in vita, hai proprio tutto quello che desideri? Quanti stanno ad ascoltare realmente quello che dici? Non cambierà gran che; avrai anzi il sollievo di un continuo riposo e mai soffrirai la noia”.
La guardò ironico: “bla, bla, bla…. chiacchiera di meno. Sai cosa farò? Non ti perderò d’occhio un minuto, ti seguirò come stupidamente ho fatto prima. Così sarai punita perché non riuscirai a mietere più una sola vittima; appena ti avvicinerai a qualcuno, lo metterò in qualche modo sull’avviso, oppure ti raggiungerò e ti affibbierò qualche altro bel morso dove vedo che sei in fondo sensibile, come fossi viva. Altro che salire al primo livello, scenderai all’ultimo e, alla fine, ti metteranno tra i ‘ferri vecchi’. O magari anche da voi vi è qualche bella discarica per rifiuti? Ti rovinerò l’esistenza visto che tu volevi troncare di brutto la mia”.

La Morte si fece pallida, gelò per quanto è possibile che geli una Morte. Ebbe paura d’essere in trappola. In effetti, aveva udito parlare di discariche per le Morti ormai stanche, arrugginite, con la lama della falce senza più filo per tagliare. Prese in considerazione un nuovo attacco, valutò ben bene le possibilità. Ormai non poteva più puntare sulla sorpresa e avvertiva che la sua forza non era in grado di sopraffare un individuo così ostinato e irragionevolmente attaccato al suo mondo effimero. Pensò con un’improvvisa punta di nostalgia alla Vita, che non aveva mai conosciuto se non nel momento del suo trapasso all’altro “stato”. Chissà: se uno ci teneva tanto, forse non era proprio tanto brutta come sostenevano i suoi superiori per vincere i suoi iniziali sensi di colpa. Le dicevano che tutti i viventi l’attendevano a braccia aperte. Finora era sempre giunta improvvisa poiché il periodo della malattia preparatoria è affidato ad un’altra schiera di impiegati di più basso ordine. Quella mattina aveva voluto sollazzarsi, condurre in giro l’uomo per un po’ di tempo, godersi la sua ultima ora; e guarda un po’ cosa doveva capitarle! Adesso, in “Quel Posto”, l’avrebbero ritenuta responsabile del fallimento, nemmeno riusciva ad immaginare la punizione.
Guardò ancora il “predestinato” recalcitrante, tirò un sospiro e si rassegnò alla malasorte; si girò e riprese il cammino sentendo i passi dell’uomo dietro di sé. Risalì i cento e passa gradini e si avviò lungo una nuova strada che conduceva lontano dall’ufficio del testardo. Non sarà mica tanto sciocco da perdere il posto e lo stipendio? Come farà a mantenersi? Così andava rimuginando la Morte. I suoi superiori non le avevano spiegato un particolare, anche perché fatti del genere non accadevano spesso; solo Morti sciocche come lei potevano incappare in un errore tanto grossolano. Se una qualsiasi Morte si presenta al malcapitato prima che i “manovali” della malattia abbiano compiuto il loro mestiere, assai simile a quello dei picadores e banderilleros che sfiniscono il toro, rischia di subire i torti che le erano stati inflitti quella mattina. Viene presa a morsi, magari a calci, da colui che era destinato a morire; costui, a questo punto, non ha più bisogno per vivere di ciò che occorre agli altri mortali. Non diventa proprio immortale, ma non ha più bisogno di lavorare, di guadagnare, di mangiare, ecc. Resta solo il maledetto desiderio sessuale; un fastidio certo da gestire alla bell’e meglio.

La seguì di nuovo con lo sguardo sempre fisso su quel caratteristico sedere ballonzolante, su quell’andatura dondolante e squilibrata, su quella chioma nera che imbelliva la sagoma di una testa poco piacente se vista di faccia. Passarono ore, passò qualche giorno. La Morte apprese a sue spese che il mortale non aveva a quel punto più bisogno di recarsi in ufficio, di prendere un salario, di riposarsi, di ritirarsi a casa e di dormire. Nemmeno si accorgeva del tempo, buono o piovoso che fosse. Ogni tanto incontrava un bel tipino di donna, giovane e fresco; tirava avanti, tanto era ormai attempato e le donne nemmeno lo guardavano, non mostravano certo interesse per lui. La Morte, quando incontravano gruppi di persone più folti, nelle ore di punta, tentava di confondersi tra loro; la sua andatura era però troppo caratteristica, lui la seguiva in ogni dove, non perdeva le tracce. Non poteva nemmeno pensare a cercare qualche cliente da convincere a seguirla. Si sentiva umiliata, una vera Morte di second’ordine; anzi era sicuramente ormai scesa di livello, immaginava le chiacchiere sul suo conto, la punizione che le stavano preparando, la degradazione e forse la destinazione alla discarica.
Nel luogo da cui proveniva, i suoi superiori non l’avevano resa edotta di un altro problema che la riguardava da vicino. Erano proprio come tutti i superiori: parlano e complottano tra loro, e ai sottoposti destinano solo compiti ingrati e senza precise istruzioni, avvertimenti, messe in guardia. Se una Morte non svolge i suoi compiti, invecchia rapidamente e si deve, essa stessa, preparare alla morte. Era passata una settimana o poco più e lui si accorse che la folta chioma della “ragazza” davanti a lui era ormai grigia. Altri due, forse tre, giorni e fu bianca. Il sedere dondolava ancora, ma l’andatura era stanca, incerta; lei incespicava e traballava sempre più spesso. Infine si arrestò, si accucciò e reclinò la testa in avanti. Egli si avvicinò guardingo, temendo un tranello, udì un respirare rauco e sibilante. Con molta titubanza s’inginocchiò per vederla meglio; lei alzò appena il viso, completamente devastato dalle rughe, una vecchia di quasi cent’anni.
L’espressione folle era però scomparsa dal suo viso, che sembrava singolarmente mite; i denti dovevano esserle caduti senza che lui nemmeno se ne fosse accorto. “Non mi avevano avvertita di questa trasmutazione in cui sarei incorsa se non avessi svolto il mio compito. Non posso esserne sicura, dato che mi hanno lasciata all’oscuro di molte parti del contratto che regola il nostro lavoro; ho però ormai la certezza che, a questo punto, tu sei destinato a sostituirmi”. “Ma io ti ho seguita solo per non perderti d’occhio, per impedirti di aggredirmi a tradimento, non certo per prendere il tuo posto, non sono quel tipo di opportunista che tu stai adesso pensando”.
“Non penso proprio nulla del genere, ma so che tu non mi hai seguito per i motivi che credi, così come all’inizio non ti sei messo dietro a me per bighellonare un po’ prima di recarti al lavoro. Non lo sapevi, ma eri guidato da ‘loro’ che ti spingevano verso di me. Non dovevo tuttavia mettermi davanti a te, ho disobbedito per l’irresponsabile impulso ad un modesto diversivo; anche il nostro lavoro è decisamente noioso. L’ordine era di aggredirti appena uscito di casa, quando hai avvertito un certo peso al braccio sinistro; in quel momento i ‘manovali’ della malattia ti avevano già preparato e cotto a puntino per un bell’infarto. Ho voluto strafare, come certi toreri presuntuosi. E così sono stata punita. Nulla di quel che è avvenuto in seguito è dipeso da te; questa è ancora la tua convinzione, era invece tutto programmato per la mia punizione, adesso lo capisco. E te lo ripeto: sono sicura che hanno deciso di sostituirmi con te”.

“Tu sei completamente andata di testa, sono qui vivo, in piena forma ed energia, ma certo sempre mortale; e dovrei addirittura trasformarmi in una Morte. Può darsi che dia la morte a qualcuno, ma da vivo contro vivo e probabilmente per puro caso, poiché non mi sento l’animo di un assassino”. “Indubbiamente, sei ancora sciocco come tutti i mortali, questa è l’unica caratteristica che ti è rimasta di quella fuggevole condizione. Credi che una Morte di secondo livello circoli da sola? Siamo seguite da una più esperta che ci valuta e invia il suo giudizio ai vertici per l’eventuale promozione. Quando sono stata così sciocca da non aggredirti all’uscita di casa e mi sono messa a camminare davanti a te, evidentemente è subito intervenuto il mio supervisore e ti ha stecchito. Non me n’ero accorta in un primo tempo, lo ammetto, sono decisamente distratta. L’ho capito soltanto nel sotterraneo quando hai resistito sprezzante al mio assalto. I viventi sono colti dal terrore nel momento definitivo e restano paralizzati. Anche perché pensano a La Morte. Non sanno che le ‘lavoranti’ sono molte e non tutte esperte; qualcuna si fa prendere da scrupoli, altre dalla smania di strafare per accelerare la propria carriera. Io sono la dimostrazione di questa seconda specie. Tu hai agito come ormai fossi a conoscenza, sebbene inconsapevole, di questa realtà ignota a chi è ancora in vita, fosse pure per un attimo ancora”.
“Tutto molto ben congegnato, ma non mi farai credere che, appena trapassato, si possa divenire immediatamente una delle lavoranti di cui parli; mentre tu, che dovresti avere essenza immortale, cesserai di esistere”. “Certo che non lo diventerai subito; verranno a prenderti e ti porteranno nel luogo dell’apprendistato, che sarà però assai veloce. Negli ultimi due secoli la maledetta umanità si è moltiplicata a dismisura. Si è cercato di organizzare meglio il lavoro, di standardizzarlo per accrescerne la produttività come avete fatto voi nel vostro mondo fasullo. Non è facile, perché vi è un insopprimibile carattere artigianale. Hanno dovuto assumere molte nuove Morti e hanno accorciato i tempi della loro preparazione; questo ha provocato uno scadimento della qualità del nostro operare. Nessuna di noi, comunque, è insostituibile, tu pensi ancora come un umano alla presenza de La Morte; una Morte cessa di esistere quando è soppressa perché ha svolto male il suo lavoro. Deve però essere subito sostituita, non è accettabile una diminuzione nemmeno momentanea del nostro numero”.
“E cosa dovrei fare allora, secondo la tua opinabile certezza? Non credo affatto a quello che dici, ma mettiamo il caso…..”. “Adesso lasciami in pace, non voglio tu assista al mio dissolvimento, me ne vergogno, mantengo un minimo di dignità di fronte alla fine, non nutro le vostre devastanti paure. Gira l’angolo laggiù in fondo alla via; ne imboccherai una del tutto deserta. Appena svoltato, siediti al bordo e aspetta”. “Ti saluto allora; mi hai raccontato un gran bel mazzo di frottole, ma non mi costa nulla, arrivati a questo punto, perdere altro tempo. Tanto, il mio lavoro l’ho già sicuramente perso”. Così dicendo, si alzò in piedi e si avviò nel punto indicato senza mai voltarsi indietro. Era tranquillo come lo era stato durante l’intera strana vicenda, nemmeno era particolarmente curioso, aveva tutto il tempo necessario a vedere la fine di quella tragicommedia.

Percorse la strada, dove il traffico notturno era molto contenuto, e girò a destra in una via completamente dritta a perdita d’occhio, ed effettivamente deserta. Si sedette sul bordo destro e attese. Passarono forse ore, ma poteva trattarsi anche di poche decine di minuti, non riusciva ad avere più la benché minima cognizione del tempo trascorso; questo, soltanto, gli insinuò il vago sospetto che l’insolita viandante gli avesse detto almeno qualcosa di vero. In realtà, non pensò per nulla al ben più straordinario svolgimento degli avvenimenti durante il suo ultrasettimanale inseguimento. Non aveva fatto un minuto di sosta, non aveva mangiato né dormito, la ragazza si era rapidamente trasformata in una centenaria. Aveva, sì, visto passare molte persone, ma nessuna l’aveva guardato, era come non lo vedessero. E nessuno si era nemmeno accorto della scena da poco svoltasi nell’altra strada; per quanto fosse notte, il traffico non era assente eppure nessuno si era fermato almeno per domandare quel che stava accadendo. Si era allontanato, lasciando una vecchia coricata in terra, ma nessuno aveva avuto qualcosa da ridire. Era evidente che non apparteneva più al suo usuale mondo di umano; non aveva però avuto ancora modo di convincersene compiutamente, data anche l’improntitudine della Morte che aveva cercato di carpirlo.
Ad un certo punto, era ormai quasi l’alba, udì un frastuono che era rumore di auto mescolato a schiamazzanti voci stentoree. Guardò lontano nella via proprio dalla lunghissima parte dritta e deserta; vide infatti due fari che si avvicinavano rapidamente. Distinse infine la vettura e chi era a bordo: due ragazzi e due ragazze evidentemente ubriachi o drogati, in piena eccitazione e scalmanati, bercianti come scimmiette. Pensò che fosse quello il travestimento di chi stava attendendo, nel caso che la presunta Morte avesse raccontato la verità. Si alzò quindi in piedi e fece chiara mostra che li stava aspettando. La macchina si fermò; una delle ragazze, con particolare volgarità, estrasse la mammella destra da una guaina che sarebbe stato il vestito: “Vuoi succhiarlo, vecchietto bavoso?”. Gli altri risero e il ragazzo alla guida sghignazzò agitando il pugno nella sua direzione: “Approfittane, vecchiaccio, sarà la tua ultima occasione; dopo ti darò un bel cazzottone su quel grugno da maiale che ti ritrovi”. E giù un altro sguaiato riso, del tutto incomprensibile se non per l’evidente bassa estrazione sociale dei giovinastri e il loro stato anormale.
Accennò egualmente un sorriso per non eccitare ancor di più gli animi di quei bestioni. Il loro riso cessò, sembrarono rinsavire. La ragazza ringuainò il seno, il ragazzo che voleva improvvisarsi pugile si rimise in assetto di guida. L’espressione di tutti mostrava un’evidente improvvisa paura. Reinnestarono la marcia e si allontanarono sgommando. Restò assai sorpreso, si risedette e continuò per un pezzo a pensare a quale poteva essere stato il motivo del repentino cambiamento nel modo di comportarsi dei giovani. Non si rese conto che era già iniziata in lui la trasformazione in una di quelle “lavoranti” di cui la vecchia gli aveva parlato. Il suo sorriso aveva illuminato il viso della vena di follia che inconsciamente lo pervadeva, e rivelato il nuovo ardore di fronte a ben quattro prede da ghermire; la sua dentatura era quella della ragazza grassoccia e bruttina, che si era voltata verso di lui all’improvviso appena scesi nella galleria.

Non sapeva ancora tutto questo né pensava quasi più a quanto gli era stato rivelato. Ogni tanto, prolungandosi fin troppo l’attesa, decideva di andarsene; era sempre trattenuto da qualcosa di indefinito, quasi una nuova consapevolezza che stentava a farsi strada nella sua mente, tuttora pigra per il lungo lavoro impiegatizio non certamente “di concetto”. In fondo, non rendendosene conto, era ormai in una zona di mezzo: svogliato, incapace di concentrare il pensiero su qualche tema o di dirigere lo sguardo su qualche preciso oggetto. Pian piano svaniva persino il ricordo della sua recente avventura. Non era però stato un sogno, era sicuramente sveglio; soltanto privo di desideri, di progetti, di ricordi, in pratica svuotato. Chissà quanto sarebbe durato il suo apprendistato e senza nemmeno che fossero presenti gli incaricati di prelevarlo e istruirlo. Non si rendeva conto che questi erano già lì, all’opera, non visibili perché il lavoro di preparazione di una Morte si compie meglio nella discrezione e silenzio.
Era necessario che il paesaggio non mutasse più per tutto il tempo dell’insegnamento di quel mestiere così rilevante; meglio che il deserto fosse tutt’intorno al principiante, che non lo si distraesse nel mentre imparava i metodi adatti a procurare terrore nel prescelto morituro. Il passaggio dei giovani in macchina era stato un’altra svista di istruttori poco preparati e soprattutto stressati per il troppo lavoro svolto; e di grande responsabilità. C’era solo da sperare che la maledetta umanità la smettesse di crescere così velocemente, imparasse a rallentare il progresso demografico e ad accelerare quello dei mezzi di annientamento; altrimenti sarebbe passato poco tempo e le Morti non sarebbero state più in grado di svolgere una simile quantità di lavoro. Lasciare arretrati è altamente dannoso, gli errori si fanno ancora più frequenti. Già era immaginabile il caos che ne sarebbe derivato.
Intanto, l’uomo stava seduto tranquillo, ignaro di tutte le difficoltà dei suoi superiori; in fondo nemmeno gli interessavano. Tanto, quello della Morte sarebbe stato un altro lavoro noioso, ripetitivo, peggiore del suo tran tran di impiegato in vita, che comunque non rimpiangeva perché non se ne ricordava più. Era però avvezzo a eseguire gli ordini; o questi o quelli, che differenza faceva? Basta un’opportuna pigrizia mentale, la serena abitudine a servire. Qualunque campo d’attività, o di vita o di morte, è eguale ad un altro qualsiasi; ci si deve fissare su quel compito e non pensare ad altro che a svolgerlo secondo quanto deciso da chi conosce meglio il problema. E se poi nemmeno questi lo conosce, superfluo farsene un cruccio; l’importante è schivare la responsabilità. In tutta la sua vita, aveva avuto un solo scatto di ribellione: contro la Morte poco abile che non aveva saputo coglierlo al momento giusto. Non era stato però in realtà uno scatto di ribellione; solo l’obbedienza ai nuovi padroni che, a sua insaputa e anche di quella della Morte inetta, l’avevano già sottoposto al loro imperio.

4 pensieri su “Lotta a morte

  1. Apotropaico! le morti di vari livelli, come si muore a rate in vita, una morte rigorosamente femmina (matriarcato mediterraneo, ma in tedesco der Tod) e carnalmente repellente, come è il rapporto di ciascuno -almeno ogni tanto- col proprio corpo, meglio se proiettato sul femminile
    poi queste morti che si sostituiscono su “una via completamente dritta a perdita d’occhio, ed effettivamente deserta” (come l’ISIS deve sostituire continuamente i suoi militanti man mano che muoiono) e nessuno che si accorge di nulla
    alla fine, tra le varie paure di morire che si sperimentano in vita, ognuno diventa solo il memento mori per gli altri – ma non diventa la propria morte, per quella evidentemente c’è ancora tempo!
    stupendo, esilarante!

    1. Davvero molto bello questo racconto che mi ricorda i romanzi di Jose Saramago(La caverna) o quelli di Ismail Kadare (il palazzo dei sogni).
      Una vita vissuta da morti per arrivare a morire per forse sperare in una nova vita e avere la delusione di esserci cascati fino in fondo tra le sgrinfie di chi sempre sta lì ad aspettare di organizzarci la vita.

      Franco Nova è un mago!
      Ennio ce lo propone e noi lo ringraziamo!!!!

  2. Racconto interessante e allegoria di problemi e situazioni tra metafisica ed esistenza quotidiana. Scritto bene, ma con qualche lungaggine qua e là che ne rallenta il ritmo. Il tema della morte presenta ormai (fra letteratura, cinema e fumetti) centinaia di varianti, ma qui c’è la novità di una “morte” che diventa quasi un’azienda in cui il lavoro è distribuito fra molto personale con varie mansioni e diverse aspettative e possibilità di carriera. Questo spunto, se lavorato bene, potrebbe svilupparsi in altri racconti concatenati fra loro o in un romanzo.

  3. …davvero inquietante quella donna laida ed attraente, con quella andatura zoppicante che la assimila alla figura del demonio…Molto medioevale. La Morte, le morti, “i lavoranti” nemici della vita e dell’umanità e nello stesso tempo statistici contabili di un equilibrio da mantenere a tutti i costi…Due soli tentativi di sfuggirne il determinismo: quello della morte che vuole “giocare” con il vivente e l’atto di “ribellione” del vivente al suo destino di morte…A colpirmi nel racconto è “il limbo” vissuto dai personaggi ovvero le incursioni attraverso la frontiera vita-morte(ma esiste?)…l’ultimo spazio al libero arbitrio? Ai “mezzi di annientamento” si possano sostituire gli anticoncezionali? Magari avessimo potuto evitare così la guerra in Libia, in Ucraina e in altre parti del mondo…Ma credo che lo squilibrio sia in qualche misura soprattutto nel cuore dei vivi (guidati da impulsi di morte? Un determinismo da cui non si sfugge?)…e la battaglia vada prima giocata lì

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