Tra le foglie

PENTAX Image
di Cristiana Fischer

La fotografia di una collina boscosa, al centro una casa, il testo di scrittura. Chi è l’artista della figura, chi trasmette la scrittura? Chi ha inquadrato il paesaggio da lontano (saluta e salva) chi articola e modera parole nel testo e sottoscrive un’opera che vive da sé impersonale e collettiva insieme? (Quasi in collegamento con la grafologia che analizza le firme dei dirigenti delle corporations, una sigla sull’operare collettivo.)
A sinistra nella foto la casa ha un cancello che non si vede, perché il bosco copre tutto con rami e foglie. Lí accanto un melo selvatico si è alzato negli anni per raccogliere il sole oltre le macchie di aceri e ornielli e i rami delle querce prepotenti. Per dieci giorni in maggio si offre da contemplare, i fiori biancorosati sono accesi sugli orli di un colore sanguigno. Produce melette acide, le mangiano i cinghiali e altre bestie che arrivano di notte e si riconoscono dal peso dei passi tra le frasche. Ma la martora è un mammifero carnivoro che corre sugli alberi, salta di ramo in ramo veloce come un uccello e vuota i nidi delle uova.
La foto digitale patirà il tempo perché si deteriorerà il supporto magnetico e gli standard diventeranno forse illeggibili. Ma oggi ha un tempo di autunno, i frassini sono spogli, restano verdi le querce e i tre pini a ombrello sulla destra della casa, uno addossato e due poco discosti. Si immagina il silenzio, i piccoli uccelli colorati sono già partiti, le ghiandaie e le gazze intanate nel sottobosco, poiane e nibbi non volano quindi non gridano. Non è giorno di vento, gli alberi sono fermi, l’aria non trema.
L’immagine è un taglio temporale in materia densa e fusa. Tra le macchie a colori tracce umane, una striscia pulita sotto una fila di pali, variazioni d’ombra sono le balze della salita: pianori di campi e abitazioni, gradoni di bosco e separazioni di proprietà. La riga orizzontale piú chiara è una stradella, la usano i cacciatori e i proprietari degli uliveti, verdi nebbiose le dure fogliette plurali, idee di argento opaco, i tronchi vuoti camminano sulle radici. Il terreno argilloso e calcareo è poco fertile ed è stato abbandonato, rovi cespugli e edera avvolgono le pietre delle rovine. Lo spirito gelato della neve scorre sotterraneo tra argille e rocce clastiche, dove affiora è fontana e lavatoio. Nel conglomerato terreno l’acqua i vermi gli insetti trasformano i cumuli di foglie in humus fecondo, stendono narrazioni nutrienti, tra mucchi di sassi i serpenti in letargo nodosi e flessibili pensano i tempi e il fuoco, ritorna domani vento del nord e sconvolgi i libri d’oro.

casa Fischer 3

Alcuni tornano, o sono altri, in coppia. Assestano pietre, raccolgono il sole, scoprono sorgenti, vivono con i granchi di terra, i rospi e i ramarri, i picchi e le volpi, il cuculo sonoro ammonisce e deride da lontano. Nel bosco il continuo vivente freme di collegarsi e aderire, inglobare cooperare prevalere digerire. Tutto cresce si riproduce e si differenzia, varia e diventa altro: funghi erbe radici licheni in nuove forme torsioni espansioni corrosioni ruggini. A ondate si avvicendano insetti artropodi roditori rettili e anfibi, viva materia che divora e trasforma, fiorisce e scompone.
Guardano la gente da lontano: non hanno per sé luoghi cosí aspri né cosí folti le fiere selvagge che pure vivono lontane dai coltivi.

7 pensieri su “Tra le foglie

  1. che immersione vigile “du regard”, che esercizio “commosso” di scrittura come può sollecitare eminentemente una collina boscosa dove sembra permanere Natura!

  2. complimenti, ha scritto un quadro veramente impressionista, è un piacere leggere le sue descrizioni e immergersi nel panorama, e viverlo con i sensi.
    bravissima

    1. Che belle sensazioni ho provato in questa meravigliosa poesia raccontata.
      Ho sentito , visto, ascoltato ,ero bosco nel bosco casa nella casa. Gli animali e tutta questa libertà di vita vera da salvare in ogni istante per ogni istante della nostra stupenda terra.

      Spero , Cristiana che tu voglia gradire questi miei versi che ho scritto mentre mi trovavo a vedere e a sentire qualcosa del passato che mi aveva accompagnato per anni.

      Si era contadini
      Stranieri sulle rotte del vento
      se ne sono andati
      sul carro del tempo riprendono vita
      avevano ancora unghie di terra
      e volti rugati di sole
      La casa spalancata ai ritorni
      copre l’aratro d’ombra pesante
      già la prima ruggine scava il cancello
      Il glicine ha infilato il suo braccio
      nel vecchio fienile il buio lo finirà
      ostinati pampini adornano sbarre
      coprono vetri chiusi da mesi
      pane secco e piume catene granaglie
      Lontano nel lungo sentiero il rumore
      del tempo che muore come un bambino
      lascia sui sassi l’innocente profumo
      della menta operosa che invade il silenzio
      di una panca di legno.

  3. …fotografia…scrittura…grafologia. L’inizio svela il volto umano della narrazione, ma poi è come se la scrittrice (ma questa è poesia!) squarciasse una qualche materia immobile e vi entrasse di forza a penetrare un mondo dove le tracce umane sono quasi invisibili e il ” selvaggio” di radici, di foglie, di alberi, di animali, di erbe vive, parallelamente alla nostra, la vita straordinaria ed appartata del bosco…Molto bella

  4. nella ricchezza del bosco si affina la percezione e nessuna ripetizione diventa rito, così “l’innocente profumo/ della menta operosa che invade il silenzio”
    ringrazio la generosità di chi legge

  5. Cara Cristiana, è molto bello questo tuo racconto/poesia: partire da un fermo-immagine per addentrarsi e scoprire, con sguardo attento, ogni forma che prende vita; lo spazio in cui “Tutto cresce si riproduce e si differenzia, varia e diventa altro…”.

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