L’alba

 ninfeo 2

di Eugenio Grandinetti

Questa è la seconda parte de “Lo scorrere della sabbia” (pubblicata qui). [E.A.]

L’alba

L‘alba ha gli occhi di sonno: un velo lieve
ricopre le pupille e tutto pare
non avere confini. Eppure
occorre andar oltre, attraversare
orizzonti d’abbaglio, non fermarsi
alle prime apparenze ed aspettare
la luce senza palpiti del giorno.

In cerca d’avventure

Porto nel cuore un sogno d’ali: l’aria
è una piana senz’argini al richiamo
di orizzonti cedevoli. Gli sguardi
in cerca di avventure si distaccano
dagli occhi, ma non reggono
il peso della solitudine e ritornano
delusi e pieni di rancore a chiudersi
nei limiti delle abitudini.

 

Specchiarsi

Caduta è la mia immagine nel fondo
d’acque stagnanti e agli occhi non ritorna
come se fosse ormai fuori dal mondo.
E a me non restano altro che parole
come queste acque: estranee, ambigue e torbide.
Gli occhi che non s’illudono non hanno
specchi in cui possano vedersi
magari solo per riflesso. Ma specchiarsi
senza veli frapposti è abbacinarsi
e non poter vedere più altre immagini
che quelle rinsecchite dei ricordi.

 

Le parole di dentro

Le parole di dentro che per lunga
noncuranza si fanno evanescenti
ci lasciano ora soli e si rifugiano
oltre la linea estrema ove declina
la forza dell’ascolto. Non sappiamo
se ci siano oltre queste altre parole
che l’attesa ora affioca
mentre il giorno s’oscura e si dilata
lo spazio oscuro del silenzio.

 

Lume tra la nebbia

Tu spunti opaca alla mia mente come
lume di luna tra la nebbia e porti
non luce viva ma un riflesso vago
racchiuso in un alone, come un bruco
che giunto il suo tempo si ravvolge
dentro un bozzolo rigido, sperando
di farsi farfalla e veleggiare
lieve nel cielo senza limiti.

 

Ancora

Andranno
ora i nostri pensieri per le strade
dove sperano forse d’incontrare
parole di speranza che li aiutino
a continuare ancora.

 

Foglie

Cadono
foglie dagli alberi in autunno,
tornano
a farsi umore della terra, materia
di altri accrescimenti, di ritorni
d’altre fronde, di accumuli
di giorni, di stagioni, di generazioni
che muoiono di continuo e si rigenerano.

 

In qualche posto (frammento)

…e forse troveremo in qualche posto
indeterminato, in qualche data
incerta, in qualche
occorrenza ultima l’occasione
che pure da una vita aspettavamo.
Ma sarà tardi ormai e non avremo
più la luce che basti per vedere
né la forza che occorre per tentare.

 

La festa disertata

Siamo come a una festa disertata
tra il compianto reciproco e l’attesa
che giunga alfine l’ospite promesso
che con gesti amichevoli e sorrisi
ravvivi la serata:
Ma l’ospite non giunge. Giunge invece
la fine della festa ed il momento
di tornarsene ognuno alla sua casa.

 

Specchiati

Specchiati nei miei occhi per vederti
bella più di ogni dire:
Le parole s’arrestano alla soglia
dei nostri sentimenti ma non riescono
o forse non osano varcarla.
Abbiamo voci mutile che non possono
dire tutto quello che la nostra
mente sa concepire, mentre restano
celati in fondo dell’anima i pensieri
che non abbiamo parole per esprimere.

 

Nascondendosi

Tra i veli della sera si nascondono
i miei pensieri per te. Ma ti so effimera
più d’ogni altra esistenza che nascondendosi
in recessi segreti si sottrae
ai miei sguardi che invano
tentano di raggiungerla.

 

Giorni migratori

Passano a volo giorni migratori
e attraversano un cielo senza eventi
volando dal futuro ad un presente
che ha il tempo di uno sguardo
e si disperdono
di là da un orizzonte che chiamiamo
passato e non ritornano
se non come un frullio che sembra quello
di un battito d’ali e invece è forse
solo un soffio di vento che svanisce
lasciando solamente un lieve fremito
di nuvole e di fronde.

 

Orizzonti fuggitivi

Si posa su una nuvola uno sguardo
erratico : è stanco
di andare alla deriva
per l’aria senza approdi.
Fermarsi è il desiderio, riposare
magari ad occhi spenti, non dovere
inseguire orizzonti fuggitivi.

 

Viatico

Quello che ci portiamo appresso è un viatico
minimo, per non morire
d’inedia lungo il viaggio. E il viaggio invece
è lungo tutto il corso di una vita
e si attorciglia in ghirigori e incroci
come in un labirinto, dove occorre
scegliere di volta in volta col timore
continuo di sbagliare. Ma qualunque
strada si scelga è indifferente, tanto
si arriverà comunque ad una meta
prestabilita prima che iniziassimo,
senza poterlo scegliere, il cammino.

 

Arsura

Sembravano giardini d’incantesimo
ricchi d’acqua e frescura
ma mano a mano che ci avvicinavamo
pareva si ritraessero
come per ritrosia oppure forse
per un qualche altro allettamento.
Si stancavano i passi, ma gli sguardi
andavano lontano per cercare
un posto in cui fermarsi:
non potevamo riposare all’ombra
della nostra ombra, ci occorreva
trovare un’oasi di palmeti
e pozze d’acqua dove dissetare
le labbra inaridite
e gli occhi prosciugati dall’arsura.

 

Il gomitolo

Ci turba
l’incessanza delle ore che si srotolano
come, lungo una china dissestata,
il filo di lana di un gomitolo
che per quanto si smagri non arriva
fino a toccare il fondo. Resta
lungo il pendio il vestigio labile,
del disfarsi del filo a fibra a fibra
e il disperdersi infine d’ogni traccia
lungo le vie insondabili del vento.

 

La nebbia del Savuto

Dalla vallata del Savuto sale
un fiato di calura, un’aria torbida
che ingromma il cielo e inghiotte
il mondo intorno: Gli occhi
si fanno opachi e fanno flettere
lo sguardo dentro un mondo di riflessi
che in uno spazio concavo percuotono
pareti immaginarie e si ripetono
sempre più fiochi fino a che ogni immagine
si perde e resta solo
in uno spazio vuoto un mondo fatto
d’assenze e di silenzi.

 

Abbagli

Si è riempito d’abbagli questo stagno
segreto, di riflessi d’immagini e di suoni
che pare che ci parlino ed ingannano
gli occhi e l’ascolto.
Siamo sempre legati ai nostri sogni
per quanto inconsistenti ed affidiamo
ad essi i nostri giorni ché li portino
in altri mondi. Ma cadono sul fondo
dove oscuro e banale li sommerge
un vero senza rilucenze, mentre
vani restano gli echi e inascoltati
e il sole si ritrae e da dietro gli alberi
manda illusori e frammentari abbagli.

 

Presagio

Morire all’improvviso oppure spegnersi
a poco a poco consapevolmente:
sentir fermarsi il sangue ed il respiro
farsi rantolo, spegnersi ed intanto
chiedersi se valeva
la pena di vivere e se valga
adesso la pena di morire.

2 pensieri su “L’alba

  1. …”caduta è la mia immagine nel fondo / d’acqua stagnante e agli occhi non ritorna/ come se fosse ormai fuori dal mondo…” (“Specchiarsi”) e “Specchiati nei miei occhi per vederti/bella più di ogni dire…” (“Specchiati”) sono due poesie di Eugenio Grandinetti che per la loro somiglianza e diversità mi hanno colpito molto…Lo sguardo del poeta sembra accogliere la femminilità, la bellezza, la speranza, rende loro omaggio, ma non può o non riesce ad interagire forse perché i suoi occhi vedono, ma si nascondono alla vista propria e altrui, non accolti, estranei…Perché?
    Euridice si profila nella nebbia”…come lume di luna…”, evanescente, e non è trattenuta. In molte poesie si susseguono immagini che aprono l’animo alla speranza, ma poi il ferma-immagine fissa quella del disincanto, del ripiegamento…Eppure resta presente la speranza di fondo, quasi un istinto, per quanto carico di dubbi, come nella poesia “Ancora”, inoltre credo che il poeta nel continuo morire e rigenerarsi della natura (“Foglie”) veda una profonda giustificazione della vita…Tutte molto belle e coraggiose

  2. Metafisica degli occhi: vedono una superficie “eppure/occorre andar oltre, attraversare” ma se la stessa aria “è una piana senz’argini” gli sguardi “si distaccano /dagli occhi” l’immagine-oggetto si distacca e “cade nel fondo” restano solo parole per collegare.
    Anche le parole però “si rifugiano/oltre la linea estrema”, un rapporto “si ravvolge/dentro un bozzolo” quindi le strade: “andranno/ora i nostri pensieri” dove “cadono … a farsi umore della terra”, a sperare, ma “l’ospite non giunge. Giunge invece/la fine della festa”.
    In due ci si specchia negli occhi, dove “le parole si arrestano alla soglia” e l’altra “più di ogni altra esistenza” si sottrae. Il presente “un lieve fremito/di nuvole e di fronde” “orizzonti fuggitivi” “mentre il viaggio attorciglia in ghirigori e incroci” ma “mano a mano che ci avvicinavamo … non potevamo riposare all’ombra/della nostra ombra”.
    “Per quanto si smagri non arriva/fino a toccare il fondo” il nostro gomitolo “gli occhi/si fanno opachi … fino a che ogni immagine/si perde” e lo stagno segreto, pieno di abbagli “li sommerge/un vero senza rilucenze mentre … il sole … da dietro gli alberi/manda illusori e frammentari abbagli”.
    Chiedendosi se alla fine “valga/adesso la pena di morire”, la storia si completa.
    Molto interessante, mi è sembrato che le 19 poesie compongano una “generica” narrazione, cioè non una storia con trame e morale, tuttavia un percorso necessario mentale. Attraverso poesie staccate tra loro, che invece sono collegate esistenzialmente, ognuna aggiunge infatti una tappa in un disegno di vita.

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