L’innocenza del tempo

cronos goya
di Giorgio Mannacio

1.
La cosmogonia greca, qual è descritta nell’opera letterariamente più nota in argomento (La Teogonia di Esiodo: VIII secolo A,C. ) si presenta , all’inizio, come estremamente semplice.
La prima entità ( ma non si sa bene se generata come farebbe presumere il verbo utilizzato per indicare il suo apparire sulla scena ovvero esistente da sempre ) viene chiamata Chaos.
Tale termine significa spazio ( cosmico ) vuoto e non già confusione. Ma tale vuoto, che di per sé e quasi per definizione non può essere occupato da altri si popola “ subito dopo “ di figure mitologiche che lo riempiono tutto, quasi saturandolo. Leggendo Esiodo e arrivando, via via,
ai più recenti indagatori del pantheon ellenico ci rendiamo conto come il significato che noi diamo oggi al termine caos sia ampiamente giustificato. Basterà rilevare che da Chaos si distaccarono – ma non si sa come – Gea e Tartaro e poi apparvero Eros e poi Erebo e la Notte e, di seguito, Etra e il Giorno. Ma non è finita. Gea “ produceva “ Urano e Ponto e, successivamente, accoppiandosi sia con il primo che col secondo ( dunque : il primo incesto) generava i Titani, i Ciclopi e i Centimani. Fermiamoci, per non perdere la testa, ai Titani. Su costoro leggiamo che erano dodici ( sei maschi e sei femmine ) e venivano considerati a coppie. Quella che più ci interessa, per quanto si dirà in seguito, è costituita da Cronos e Rea
( originariamente: Urano e Gea ), personificazione del movimento ( si deve pensare: degli
astri ) . Ma tra la coppia Cronos e Rea si manifestano subito dei dissapori. Il mito – in una delle sue più note versioni – racconta che Urano, temendo di essere detronizzato dai Titani e dai Centimani pensò bene di relegarli nel Tartaro suscitando l’ira ( amorevole ) della madre Gea. Amore ed ira tanto intensi da spingere quest’ultima ad istigare i propri figli alla rivolta contro il padre. Uno dei Titani, di nome Cronos, assalì il genitore, lo evirò con un falcetto e lo costrinse a lasciare il trono che così passò al vincitore. Ma anche quest’ultimo non ebbe vita tranquilla. Il nuovo re, nel timore di essere a propria volta detronizzato dai propri figli, non trova altro rimedio che divorarli ad uno ad uno appena nati ( 1 ). Questo evento mitico penetra come immagine/riflessione nella nostra cultura e Crono diventa il simbolo del tempo che tutto crea e tutto distrugge. Di esso non mancano rappresentazioni iconografiche di grande efficacia come il quadro Saturno che divora i propri figli dipinto da Goya sul muro della propria casa di campagna – la “ Quinta del Sordo “ – e poi trasferito al Prado.
Come è noto Saturno è l’equivalente latino del greco Crono.

2.
Ma il caos ( nel nostro senso di confusione ) non si limita a quell’affollamento di figure che ho sin qui descritto. Il “ vecchio “ Felice Ramorino ( 1852 – 1929 ) il cui testo è servito a molti della mia generazione e di quelle precedenti per farsi strada nella mitologia greco- romana avverte in esso ( 2 ) che Cronos viene a volte confuso con Chronos. Il nostro filologo si limita a mettere in guardia da tale errore ma non approfondisce. Egli del resto, definiva il proprio libro, come manuale “ ad uso delle scuole medie “. Tuttavia l’esigenza di distinguere la due figure è altrettanto espressamente e correttamente suggerita.
Va precisato – per necessaria comprensione dei termini – che il c di Cronos è la traslitterazione in lingua italiana della lettera greca k ( nome: kappa ) mentre la lettera ch di Chronos è la traslitterazione nella stessa lingua italiana della lettera greca X ( nome: chi).
Altre ricerche condotte più con intenti speculativi filologici e filosofici che con spirito didattico-divulgativo hanno permesso di stabilire con sicurezza che accanto alla teogonia esiodea esistevano altre teogonie affidate alla trasmissione orale e perciò dette rapsodiche.
In una di queste legata all’orfismo la divinità primigenia o una delle divinità primigenie era identificata con il tempo e chiamata coerentemente Chronos ( 3 ), ben diverso da Cronos le cui vicende mitiche sono raccontate e messe per iscritto da Esiodo.
L’antichità di tale teogonia rapsodica che vede nel tempo ( Chronos ) una delle divinità primordiali, oltre che essere fondata sui testi richiamati, sembra confermata dalla riflessione intuitiva dell’esistenza di una certa simultaneità tra osservazione del moto degli astri e la percezione del movimento e del mutamento. Si pensi al sorgere e al tramontare del Sole che scandisce la coppia luce-oscurità o alle fasi lunari che si manifestano in una diversa configurazione di linee e dimensioni del disco della Luna ( 4 ).

3.
Quale atteggiamento dobbiamo tenere – oltre ad una divertita curiosità – di fronte a tali figure mitologiche e ai racconti relativi alla vita degli dei ?
Una prima osservazione da fare è questa. Collegando i movimenti/mutamenti dei corpi celesti al Dio Tempo ( Chronos ) i cosiddetti primitivi hanno dato istintiva consistenza alla speculazione filosofica. Aristotele ( “ maestro di color che sanno “ ) ( 5 ) definisce il tempo
“ come misura del movimento,secondo il prima e il dopo “ ( 6 ). Nel sorgere e nel tramontare del Sole e della Luna e nella scansione delle fasi di quest’ultima non si stabilisce, forse, un prima e un dopo ? Non si possono forse mettere a confronto con il numero ( 7 ) delle fasi di luna piena gli eventi riguardanti una persona? Nella definizione aristotelica – che ritengo veramente di grande acutezza – è implicita, mi pare, la natura convenzionale del tempo e ciò collega quell’antico pensiero con le attualissime riflessioni sul tempo e alle proposte, salutarmente provocatorie , sull’irrilevanza del tempo nella fisica ( 8 )
Il pensiero originario – espresso nell’antichissima immagine del Tempo ( Chronos ) come movimento ( dei corpi celesti ) – non considera affatto il tempo ( con la t minuscola ) come divoratore delle proprie creature. Anche nel più tardo racconto – rispetto al quale si è parzialmente affievolita la relazione tra moto degli astri e Chronos – la nuova figura mitologica di Cronos cerca di eliminare i propri figli non già per una propria originaria e maligna volontà di distruggere ciò che ha creato ma semplicemente perché teme di essere spodestato e privato del proprio potere. Non occorre dunque – facendo violenza e confusione tra figure mitiche e testi – edificare la ( falsa ) teoria del tempo che crea e distrugge ma semplicemente vedere in tale raffigurazione dell’eterna lotta tra dominatori e dominati.
Se così è, dobbiamo concludere che il mito è più vicino di quanto si possa pensare all’esperienza umana che si squaderna nella Storia. Se quest’ultima ci mostra la persistenza di uno schema articolato tra le due categorie di tiranno- sudditi , dal canto suo la speculazione scientifica ci indirizza verso la visione – a tutti i livelli di conoscenza – di una realtà in perenne movimento e trasformazione, movimenti e trasformazioni la cui causa è una forza in parte palese e in parte ancora oscura che “ non è il tempo “. Riallacciando ancora una volta passato e presente si deve ricordare la “ potenza inquieta “ di cui parla Plotino ( 9 ) , potenza che quasi fosse un arciere mette in moto “ la freccia del divenire “ ( 10 ).
E’ questa potenza che modifica continuamente “ lo stato “ di tutti i livelli di esistenze fino alla loro distruzione.
Queste riflessioni ci portano ad affermare che anche nella più recente raffigurazione mitologica del tempo antropofago – che non godrebbe neppure dell’atroce scusante del conte
Ugolino (11 ) – si può rinvenire senza fatica la raffigurazione del contrasto tra autorità dispotica e sottoposti. Che sia il semplice sospetto di essere detronizzati ovvero l’effettiva conoscenza di trame eversive non cambia il quadro.
Una sorta di rovesciamento del mito di Cronos si ha – ancorchè in un campo differente – con Sigmund Freud. Questo intrepido esploratore della psiche umana in una delle sue più famose opere – Totem e Tabù – non solo descrive i figli del dominatore dell’orda come dei
parricidi ( 12 ), ma attribuisce a tale evento le caratteristiche di un fatto storicamente avvenuto ( 13 ). Non ho la competenza per affrontare tale problema ma mi piace osservare – in attesa che un nuovo Goya prenda tale orrendo delitto come oggetto di una realizzazione iconografica – che Freud fonda il misfatto su una precisa “ potenza inquieta “ costituita dal desiderio irrefrenabile dei figli di impossessarsi delle femmine dell’orda sulle quali il padre esercita un potere assoluto.
Anche Freud, dunque, assolve il tempo.

NOTE.
( 1 ) Esiodo: Teogonia – Oscar Mondadori 2013 con testo greco a fronte
( 2 ) F. Ramorino: Mitologia classica illustrata – XV ed. – Hoepli pagg. 11-13
( 3 ) G. Colli. La sapienza greca. – vol. I – ed Adelphi 1981- pagg. 40-41; 279,281423,239,414,255,417,283,285 e vol. II- ed Adelphi pagg. 79,275,91,268.
Per l’orfismo vd G. Calogero: vd voce Orfismo in Enc. Treccani 1935
( 4 ) per la connessione tra movimento dei corpi celesti e il tempo vd . M. Vegetti : Pensare il tempo in Plotino: L’eternità e il tempo ( Enneadi III, 7 ) .ed. Egea 1961,pagg. 4-5
( 5 ) Inferno: IV,131-132
( 6 ) Aristotele. Fisica a cura di R. Radice, testo greco a fronte ed. Bompiani 2011,pagg. 396-397 e nota 211 a pag. 846.
( 7 ) Aristotele. Op. cit. a nota 6, pag. 289: “ Il tempo è il numero del movimento “
( 8 ) M. Dorato: Che cos’è il tempo ? Einstein, Godel e l’esperienza comune, ed Carocci, 2013
( 9 ) Plotino: Enneadi,III,7,11 ed Egea citata a nota 4
( 10 ) per questa espressione vd M .Dorato cit. a nota 8, pagg. 113-117
( 11 ) Inferno. XXXIII,75
( 12 ) S.Freud. Totem e tabù , ed Laterza 1953,pag 156
( 13 ) secondo l’interpretazione di E.Bonaventura in La psicanalisi – ed Mondadori 1954, pag 276.

6 pensieri su “L’innocenza del tempo

  1. Ho lasciato la lettura al primo rigo, vedendo “qual” scritto con l’apostrofo. Vi prego: l’ortografia e la correzione di bozza sono importanti.

  2. “L’antichità di tale teogonia rapsodica che vede nel tempo ( Chronos ) una delle divinità primordiali, oltre che essere fondata sui testi richiamati, sembra confermata dalla riflessione intuitiva dell’esistenza di una certa simultaneità tra osservazione del moto degli astri e la percezione del movimento e del mutamento”.
    Grazie, proprio in questi giorni riflettevo sul tempo collegandolo all’evento; non considerando cioè la misura numerica, la durata, ma lo svolgersi di un’azione. Questa sarebbe, mi dicevo, la vera sostanza, il corpo del tempo. Il tempo non sarebbe dato da quanto impiego per muovermi da A a B ma da quel che accade durante il tragitto.
    Ne consegue che Cronos è l’azione umana e concreta dell’esperire, qualunque essa sia (in questo caso tanto ben raffigurata da Goya), e Chronos, il tempo, l’entità astratta dell’unità di misura. L’ho scritto in un verso:
    Il tempo è la somma dei gesti compiuti.
    Solo i soprammobili non invecchiano.
    che a ben vedere potrebbe essere interpretato come definizione della Storia, che è memoria degli eventi, sennonché l’evento è azione vissuta ( non astrattamente e non solo movimento – della luna e dei pianeti – che è visione esteriore, quindi scientifica – ) …

  3. …ma allora a logorarci se non è il tempo è forse lo spazio? Nei movimenti vitali che continuamente compiamo (impercettibilmente persino le pietre e i soprammobili, in tutti i modi è maometto che arriva alla montagna, cioè a loro) anche nel sonno veniamo a contatto con altri esseri anche loro in movimento come noi e di infiniti agenti, diremmo esterni, ma che alla fine invece ci inglobano…Il tempo sarebbe l’imputato innocente che dice soltanto la nostra esigenza di esserci come individualità nel “reale”?

  4. Nel tempo nulla è fermo tutto si divora con quell’innocenza che solo il tempo conosce. Orbene , proprio nel movimento daremo senso alla nostra vita, fino all’ultimo respiro.
    Il movimento produce cambiamento, il cambiamento costruisce lo scopo della vita.

    Grazie per la bellissima lezione.

  5. Bravo Mannacio a porre l’argomento. Il “tempo antropofago” e l’identificazione di Chronos con Cronos (anche per Giovanni Semerano: Chronos è il cammino celeste, e lo riporta a un accadico “harranu”; mentre Cronos sarebbe affine a kara -testa- e kraino -comando-) è un’invenzione moderna, non so a quando risale, ma certo per Goya viene dopo Hobbes e la ghigliottina.
    Ci sarà forse anche la “eterna lotta tra dominatori e dominati”… ma, i piedi ben radicati in terra, credo che il tema riguardi l’Occidente, de nobis fabula narratur.

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