Come vite nuove

Klimt-Musica-I

 

di Arnaldo Éderle

 

Dar voce alla musica
ecco cosa si propone la mia mano
per la seconda volta in questa
volata tra le note strambe e diritte
dei bravi compositori dei bravi cantanti
dei cari strumenti, gli assidui
scrittori di puntini con l’asta,
quegli strani amatori dei magici
disegnetti vergati con tutta la cura
sulle cinque righe come fiori
su di un prato bianco.

Ma che forza, che forza hanno certi
mazzi orizzontali opachi o lucidi nelle
serie di infiorescenze tenute in file
corte o più lunghe e sormontate da archi
e archetti come fulgide corone su molti capi
coronati.

E’ una festa di profumi, a volte
simboli di felicità o di malinconie
di proposte accorate di gioia e baci e di
stretti abbracci, a volte grappoli di lacrime
tenuti stretti dalla mestizia e dalla
voglia di abbandoni e di canti di dolore,
grappoli di abbracci disperati su questa terra
di fatiche e di abbandoni crucciati e
ineffabili. I maghi dei disegni che tracciano
sentimenti senza consolazione
li stringono a sé e se li abbracciano.
Una festa di pianti che sfociano su labbra
raggrumate in fiocchi di dolore come canti
senz’armonie e lisci e disturbati da
singhiozzi.
Chi li costringe li rende inaffrontabili nelle
loro giravolte, nei loro cerchi continui
ossessivi e cocciuti; chi li disturba
sono folletti acidi e astiosi pieni di odio
contro la pace degli spiriti.
Chissà la ragione per cui alla fine si cade
nella stessa bagarre e nello stesso imbroglio!

Buona fata, aiutaci a lenire questi rossori
dacci la forza di sopportare senza lacrime
le nostre piaghe rigate di sangue
la pazienza di stirare i nostri lamenti
dentro i margini della sofferenza senza
pianti, magari rubando da qualche punto
astato il suo piccolo magma di crudele bontà,
quella che ci fa forti e consapevoli della nostra
antica gagliardia, dei nostri muscoli torti
nei loro coraggiosi sforzi nella loro
prestanza senza trucchi, viva
e pronta a suffragarci ad emulare
i giganti della nostra montagna e i pesci
dei nostri mari.

Care amabili note, oh cari suoni,
penetrate, sì, nelle nostre fibre
nei nostri spazi cerebrali
come vite nuove.

13 pensieri su “Come vite nuove

  1. Dar voce alla musica -scritta! questo si propone la mia mano -scrivendo! (quello che non c’è è il suono, e corrispondentemente la voce).
    Compositori cantanti e strumenti sono anche scrittori, di puntini con l’asta, e il poeta esplora l’immaginario (senza denotato oggettivo, come… i profumi) della musica scritta, anzi rintraccia in grappoli, corone, abbandoni i “sentimenti senza consolazione”, la “festa di pianti”
    come canti/ senz’armonie e lisci e disturbati da/ singhiozzi.
    A questo punto la poesia sulla scrittura della musica arriva a un limite in cui tocca il significato, che ricomprende suono e scrittura, come si torce lo scritto così manca la pace degli spiriti e si cade in bagarre e imbroglio.
    La buona fata della musica, quella madrina, augurale, musica ora di suoni, trofici e rinvigorenti, ci sani, dia forza e sapienza, “magari rubando da qualche punto/ astato il suo piccolo magma di crudele bontà”, per ricollocarci tra le altre creature naturali.

  2. …mi sembra questa di Ederle una poesia straripante, debordante come del resto l’animo umano, quasi un vaso di Pandora “…per cui alla fine si cade/ nella stessa bagarre e nello stesso imbroglio”…la musica è in grado di esprimerne ogni piega e riesce, grazie ai “maghi dei disegni”, a riportare il tutto all’interno di uno spazio di armonie e disarmonie, rintracciabili attraverso simboli curiosi che esprimono suoni e canti… Forse il nostro solo modo di esprimerci ai primordi, quando la voce si modulava in suoni e in canti ed eravamo per intero forze della natura come “…i giganti della nostra montagna e i pesci/dei nostri mari” ed eravamo più felici… Un poesia che si conclude con una invocazione, una preghiera e diventa una musica struggente…

  3. è bellissima
    è vera
    la parola che implora di farsi musica
    la vita che implora di farsi poesia
    la poesia che entra timida e prepotente nella vita ed esplode grazie a una chitarra che piange tutto il dolore del figlio, tutto il dolore del mondo.
    e poi la gioia e la pienezza e lo stupore che si confondono e si acciorciliano e la parola si concede alla musica e la musica si concede alla parola in un amplesso senza fine, senza confine, in un amplesso divino
    sarei felicissima se me la lasciassi emigrare in una stanza dell’amore
    grazie, comunque
    la funambola

  4. Cara Funambola, ti ringrazio del bel commento. Nessuno ti vieta di portarti nella stanza dell’amore questo poemetto. E’ tuo come di tutti. E’ tuo. Arnaldo Ederle

  5. carissimo arnaldo, non capisco 🙂
    è una licenza poetica, è una metafora? che voi poeti siete anche un po’ strambi nè a volte e anche ermetici cosìche così si possa dire…anvedi questo che capoccione ci ha!
    la stanza poi la conoscerai a menadito
    la mia è rosa come la tua
    che foto desidereresti ricevere in particolare?
    intanto ti mando questa

    https://www.youtube.com/watch?v=U74yps9oeKs

    ops…………..armando, no arnaldo :))))))))))))))))))))))))
    e vabbè dai è quasi uguale
    bacionissimi

    la funambola
    curiosissima, attendo

    1. Esplodono parole dentro una musica che ci accompagna a capire il mondo della poesia e dei suoi effetti sul nostro animo.
      Vivere ,vivere sentendo, ammirando , soffrendo anche della “crudele bontà”.
      Poche volte ho trovato tanta cura e perfezione in una poesia.
      Grazie

  6. Cara Emilia, grazie del bel commento. La perfezione in poesia, come in tutte le altre
    arti, è una condizione irrinunciabile, altrimenti…..così è logico che ci sia anche in un
    poemetto. Non ti sembra? Grazie ancora. Arnaldo Ederle

    1. @ Ederle

      Hai ragione, una grande ragione.
      Sempre più spesso mi capita di volermi arrendere e smettere di scrivere…
      ma poi sento i passi della perfezione che mi inseguono…ma…ma…non mi raggiungono mai. Ciao è sempre importante leggerti

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