Una nota sulle sculture di Teresa Citro

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di Lucio Mayoor Tosi

L’arte è punto d’arrivo e partenze. Dove sono arrivati artisti come Moore, come Brancusi e Melotti, scultori che mi sembra abbiano insegnato qualcosa a Teresa Citro, dallo stesso luogo lei, come tanti altri, riparte: destinazione se stessa. Viaggio lungo e difficile, impossibile sapere quando si arriverà. Questa è la Ricerca, e accomuna gli artisti di ogni genere. Eppure l’artista sa che ogni sua opera contiene qualcosa di quel che dovrà accadere. Mentre Teresa Citro interroga la forma (se con geometrie universali o scavandola col chiaroscuro della plasticità, se essere figurativa, pop, o intraprendere vie più spirituali e filosofiche), la risposta è già lì, in ogni sua opera. Le mani degli scultori hanno memoria. Le mani sceglieranno.

Moore lavorava con la materia organica, Brancusi con simboli e bellezza, Melotti con l’equilibrio e la musica; per le geometrie, come non pensare ad A.Pomodoro che scavava in forme primarie (sfera, cilindro ecc. ); e poi le forme nell’antichità e nelle tradizioni di tutti i paesi del mondo. Tutto è stato fatto? E’ con questa domanda che si è chiuso il Novecento.

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Basandomi solo sulle fotografie ( le sculture andrebbero sempre guardate dal vero, e possibilmente toccate), quel che mi sento di dire è che noto una predominanza della sfera, del cerchio, che mi fa pensare al sole; e le linee all’orizzonte. L’artista è salernitana, il mare è sempre lì, a un passo. Non mancano le vele delle imbarcazioni. Mi viene in mente Calder, che per tutta la vita raccontò l’incredibile equilibrio degli astri nel cielo (la luna e il sole che vide contemporaneamente durante una traversata sull’oceano). Davvero, a volte basta un niente; a volte ci rompiamo la testa per un segreto che tanto segreto non è. Ma una volta trovato ci basterà per tutta la vita.

Sono tra quelli che cercano di dimenticare anche quel poco che sanno, perché quel poco è principalmente la modernità. Ma anche il voler dimenticare appartiene alla modernità. Tutto il Novecento è stato così: in qualche modo bisognerà venirne a capo. Quindi, se posso permettermi un consiglio, io tenterei l’azzeramento ( come dice Linguaglossa riferendosi alla poesia). Per cominciare basterebbe un ritorno al primario: tre mesi a guardare sole e orizzonte, a guardarsi mentre lo si guarda, e a guardarsi dentro, a sentire. Diamo per scontato che molte cose ormai le sappiamo ( in fondo ognuno di noi è il risultato di milioni d’anni di civiltà).

Con i miei più sinceri auguri, e l’apprezzamento; particolarmente per la scelta del legno: materiale nobile, caldo e duttile. Invulnerabile al tempo e alle mode.

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*Altre immagini e note critiche si leggono qui: http://www.teresacitro.altervista.org/

 

2 pensieri su “Una nota sulle sculture di Teresa Citro

  1. …grazie Mayoor per il commento all’arte scultorea di Teresa Citro, che lavora sul legno…Un materiale che mi piace molto perchè, tra l’altro, si scolpisce anche da solo. Basta entrare in un bosco…Comunque molto belle queste sculture di T. C. per quel loro allungarsi lineari, ma soprattutto serpeggianti, come protese in una evoluzione verso l’infinito, per qualcosa che le (ri)chiama fuori…Tra le opere, la figura che invece esprime una sua armonia o perfezione raggiunta è la sfera (che sia il sole o l’universo o una sfera interiore…) e spesso la scultrice provvede come a circondarla di un abbraccio protettivo

  2. Guardare e guardarci guardare, Mayoor, essere quel pieno consistente e luminoso, solitario e calmo, di quelle sculture. Ma abbiamo gambe e braccia e stomachi e occhi stanchi, e quel pieno calmo ci contiene solo in rari momenti, quando l’astrazione è assenza e completezza.

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