Sei poesie inedite da “Rifugi in ombra”

De-Pisis
di Paolo Clementi

Velluto

Oggi il mio sguardo annega, quasi spento,
in un cielo sottile, rosso cremisi,
come una foglia abbandonata al vento
di scirocco, ed ai suoi languori arresi.
E non trova rifugio che in contorte
radici velenose di passioni, forse
perdute, ormai come dissolte,
in giochi d’ombre e melodie stridenti.
Le scintillanti labbra che blandivano
il corpo nudo e l’anima inebriata
sembrano ormai rade conchiglie morte
tra le sabbie di un mare azzurro cupo.
E spande l’ultimo suo acceso, forte
aroma di selvatico respiro
un lento brivido di desiderio,
come un lacero drappo di velluto.

Clessidra

Devi afferrare il tempo che non muta,
senza paura che il dolore in fuga,
sacro, si nasconda al tuo sguardo.
O resteremo fermi a contemplarci,
per sempre ignari che la luce tracci,
da qui, un nuovo cammino al nostro viaggio.
C’è un tratto sempre nuovo da svelare,
un passo, un segno, l’orma di un indizio,
perché il presente ridiventi strada,
e non un fiore da ingabbiare in serra,
un orpello prezioso di un supplizio:
fionda, frusta, tenaglia del ricordo.
Liberi di varcare nuove soglie,
spalancando l’attesa all’aria nuda,
a un grido scatenato di speranza;
e disperdere al vento vetro e sabbia
di una clessidra, con orgoglio infranta.

Semi dispersi

Tutto quello che ho, sarà perduto
se tu non lo conservi come oro,
se tu non lo difendi come fosse
tuo quanto mio, come seme caduto
in terreno bruciato dall’incuria
di chi lo ha mille volte sconsacrato.
Di chi scambia dolcezza con lussuria,
semplicità, con frutto di avarizia,
fierezza d’essere, con la superbia,
desiderio del bello, con invidia,
serenità del nulla, con accidia,
gusto grato dei doni, con la gola,
coraggio nel difendersi, con ira.
Tutto il mio incanto finirà in rovina
senza l’impronunciabile Parola.

Confine

Ormai i tuoi occhi sembrano ombre inquiete,
come avessero visto in fondo al cuore
e vi avessero letto le parole
che non saprò mai dirti apertamente.
Che non mi accende più la stessa calda
febbre di carne viva e nuda mente;
e quella fede, complice e spavalda,
si è affievolita inesorabilmente.
Non credo più che nulla possa darci
che un angusto rifugio in cui salvarci
dal gelo che da presso ci tallona:
è troppo vasto e forte, non perdona.
Siamo figli di un tempo di sconfitta
su ogni linea, di verità trafitta
dalla paura che sia una minaccia
anche chi ci stringeva tra le braccia.
Ma un’orfana certezza che non cede
all’assedio dei colpi di quel fuoco
incrina l’acquiescenza che non vede,
oltre il confine vinto di quel vuoto,
un domani che nasce, chiaro e ignoto.

Limite ignoto

Ed io che lo credevo il più sicuro
asilo d’ombra in una stella oscura,
fiero d’essere immune alla paura
di ogni giorno cui arridere, incapace
d’invidia, derisione, sufficienza,
di ciò che non sia fuoco inestinguibile,
di ciò che non sia “miele dell’assenza”,
legato alla sua legge indefettibile.
Ed io che lo credevo una risposta,
un credito per troppi anni di vuoto;
invece era soltanto una composta,
smorta celebrazione di un devoto
non volere, non credere a nessuno:
l’ultima festa prima di un digiuno,
prima della rinuncia ad ogni posta,
ad ogni sforzo per variare il gioco
di un sogno arreso al suo limite ignoto.

Viaggio di primavera

Hai cominciato il districato tratto
verso l’ignoto passo, dove i sogni
diventano colori sfatti ed ombre
di luci fioche, come albe remote
e le forme si stemperano in corpi
astratti, elementari e arcani,
come disegni di bambini al colmo
dell’ignara scoperta delle cose.
Forse i tuoi occhi, sempre più socchiusi,
intravedono già, in fondo, la sponda.
Che scorgano le gemme dell’aprile
che non vedranno, e continui più dolce
questa strada in cui sembra si disperda
pian piano il soffio limpido dei sensi,
e si fermi il cammino, già stremato,
che ormai, all’indietro, prosegue arrancando,
come una crescita verso la prima
notte beata, in un rifugio caldo.

 

* Paolo Clementi è nato a Roma nel 1970. Ha pubblicato, finora, un’unica silloge poetica: “Cuore pallido”(Elan – Locarno, 1996) – Premio Lucomagno 1997 – . Le sue poesie sono state ospitate da numerosi blog letterari, tra i quali: “La dimora del tempo sospeso”, “Filosofi per caso” e “Via delle Belle Donne”. Ha in preparazione una raccolta, che includerà anche le poesie qui presentate, dal titolo: “Rifugi in ombra”.

5 pensieri su “Sei poesie inedite da “Rifugi in ombra”

  1. Tra i tanti stili che il poeta può assumere (e ciò varia a seconda della sua personalità e delle sue esperienze) mi intriga anche questo modello poetico in cui il lettore viene accompagnato nel susseguirsi dei vari movimenti dell’anima che l’artista propone.
    E’ un camminare affiancati, quieto. Chi legge non deve fare eccessivi equilibrismi con le parole né si sente preso per il bavero in un tu-a-tu con l’autore per trovare il senso dell’arcano.
    E’ appunto un “tranquillo” (?) “Rifugio in ombra”.
    Mi piace.

    R.S.

  2. ….piacciono anche a me molto queste poesie, dove “…figli di un tempo di sconfitta…” (Confine) si mettono in cammino…Il viaggio intrapreso è umbratile, quasi d’oltretomba “…Hai cominciato il tratto /verso l’ignoto passo…”( Viaggio di primavera) e il paesaggio che si va delineando è disseminato di progressivi segni di sparizione di un mondo: “…una foglia abbandonata al vento di scirocco…”, “…rade conchiglie morte/ tra le nebbie di un mare azzurro cupo…” Eppure nel territorio desolato appaiono i rifugi, da difendere con tenacia e un desiderio grande di strappare i veli della mistificazione e di ritornare a pronunciare (o invocare) …”l’impronunciabile Parola”…Gli ultimi versi della poesia Clessidra sono, secondo me, i più dirompenti “…un grido scatenato di speranza;/ e disperdere al vento vetro e sabbia/ di una clessidra, con orgoglio infranta”
    Riflettevo che forse è più difficile infrangere un vetro che abbattere un muro…il primo ci tiene ancorati alla convinzione che vedere significhi conoscere e vivere…

  3. Poesia in chiave narrativa, con buoni inizi, come in Velluto, la prima:

    Oggi il mio sguardo annega, quasi spento,
    in un cielo sottile, rosso cremisi,
    come una foglia abbandonata al vento
    di scirocco, ed ai suoi languori arresi.

    anche se qualche dubbio mi viene per l’uso della metafora semplice ( come questo come quello), e anche per l’uso frequente degli indeterminativi ( qualcuno disse che è una prerogativa maschile quella di non indicare con precisione. Mi viene in mente un episodio di La strada – Fellini – quando l’amico di Gelsomina, per incoraggiarla ad avere più stima di sé, le dice: tutti siamo importanti, anche un sasso…, e lei risponde: quale? ).
    E qualche nota positiva, come qui:

    Devi afferrare il tempo che non muta,
    senza paura che il dolore in fuga,
    sacro, si nasconda al tuo sguardo.

    lo segnalo per via delle U, non per altro, perché sono versi che indicano qualità di scrittura; che essendo prosastica, per me, abbisognerebbe di maggiore e migliore contenuto.
    Se i testi qui selezionati sono tra i suoi più rappresentativi, allora non capisco per quale motivo si debba cedere alla fretta di voler pubblicare; un libro, intendo ( però premiato). Ma nei vari blog di poesia, sì, perché sono luoghi di battaglia e ci si dà una mano. Comunque bene, piaciuti un po’.

    1. Queste poesie direi confessionali mi sono piaciute. Oggi i miei gusti si orientano alla ricerca di altri stili, ma spesso ritorno a guardare (perché ne sento il bisogno), questo tipo di poesia che in fondo non mi ha mai abbandonato. Grazie!
      Devo anche aggiungere che dopo la lettura , ho pensato che l’autore fosse di età avanzata , scopro poi che è nato nel 1970!

  4. Sono davvero onorato che le mie poesie siano ospitate in un blog letterario così rigoroso e di così alta qualità. Grazie infinite a “Poliscritture”. E grazie a tutti coloro che hanno letto i miei testi, commentandoli con tanta competenza ed onestà.

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