Quattro poesie

gente popolana banfi

di Emilia Banfi

Dèmone

Lascia credere al poeta che la storia è questa
che nessuno la può cambiare
lasciagli bere ancora alla sua fonte
Non sprecare tempo non interromperlo
scrive per se stesso quel demonio
non ha zoccoli eppure lo senti entrare
dalla porta principale con occhi troppo grandi
scrutare nel mobile della cucina
nell’armadio in camera
nella vecchia credenza fra le tazze rotte
Lì trova qualcosa che lo interessa
se lo prende e rannicchiato fuori di casa
legge le tue ultime righe che chiamavi poesie
sghignazzando s’arrossa il pelo
e lascia sulla soglia uno sputo
che sembra sputo ma è specie di unguento
una forma che si slarga e riprende l’ingresso
e si muove tra le pareti fino ai soffitti
prende e riprende tutto di te
ricomincia ed entra nella testa nel ventre
e ti spinge ti urta ti scuote fino alla fine
dentro la mano.
All’amico

E’ chiaro che il vento
soffi dove vuole
tu sapevi
degli incendi
fra rovi e rami secchi
è stato un attimo
Ora non dirle che
preferisci la neve
per quella c’è tempo
Resta a guardare il fumo
che s’allontana
non sarà per molto.

 

A Dio

Fa’ o Dio che l’albero non cada
dentro la buca dell’uomo
che all’orso non sia tolta la sua pelle
che nel compito del ladro e dell’assassino
ci sia sempre un foglio per rifare
che nel diverso ci sia sempre
uno specchio per sorridere
che nella noia irrompa un colore
una forza per mordere
che nelle madri ancora e ancora
la vita si muova
per tornare a morire.

 

Si era dentro

Era bello ascoltare quelle voci
colpevoli solo di un’ignoranza
intercalata a legami di assoluta fede.

Sembrava tutto semplice come un spiga
di cui non si conosce lo sforzo la paura
eppure cresce utilmente al sole.

Si leggeva una storia di Cuore
un libercolo rosso rigido come il tempo
ramaglia di legna per il camino.

Indelebile lo sguardo
fuori dalla porta a chiedere calore
sacrifici inutili e guaiti di cane.

Impensabile era un romantico tramonto
e le albe sapevano di varichina
su tutto il cortile un bere di ciottoli.

Avvilita la vicina con la foto dell’uomo
sul petto baffi neri occhi fissi
sulla gente che riparava scarpe.

Fuori la politica sembrava scienza
incomprensibile figlia di guerre
il confessionale spiegava tutto.

8 pensieri su “Quattro poesie

  1. Lo sguardo attento e partecipe di Emilia Banfi percorre la realtà del presente e del passato con sincerità, regalandoci emozioni autentiche,in una lingua poetica che rivela l’intenso lavoro da lei operato sulla parola e il suo amore per la poesia.
    Maria Maddalena Monti

  2. …mi piacciono molto queste poesie di Emilia Banfi, per quel suo poetare in maniera corale, la foto di un’antica famiglia contadina rende bene, come in plurisoggettività…La prima poesia soprattutto, dove tra poeta e Dèmone scorre un rapporto molteplice, di timore, di invocazione, di sacralità…e quel suo ritornare al passato con tanta intensità, a chiedere a un mondo più semplice frange di speranza che al presente sbiadisce davanti a noi…

  3. Le 4 poesie sono una lode della forza, e non solo perché è invocata “Fa’ o Dio … che nella noia irrompa un colore/ una forza per mordere”, ma perché è la forza il poeta-demonio che entra, prende, sghignazza, e il suo sputo “prende e riprende tutto di te”, e scombina i ruoli tra poeta-demonio e poeta della casa, e quei ruoli sono la forza naturale dell’ispirazione:
    “Lascia credere al poeta che la storia è questa
    che nessuno la può cambiare
    lasciagli bere ancora alla sua fonte
    Non sprecare tempo non interromperlo
    scrive per se stesso quel demonio”
    Forze del fuoco “degli incendi/fra rovi e rami secchi/ è stato un attimo”, e la forza naturale che fa convivere insieme le contraddizioni di una vita contadina “un’ignoranza/ intercalata a legami di assoluta fede” “Avvilita la vicina con la foto dell’uomo/ sul petto baffi neri occhi fissi/ sulla gente che riparava scarpe”.
    La lingua è fatta di atti, di cose, e di giudizi: molte parole definitive, assoluto, semplice, fisso, rigido, tutto, inutile.
    Le poesie mi sono piaciute, soprattutto la prima e l’ultima, perchè l’energia comunicata le rende originali, per niente conformate al gusto diffuso per uno stile liscio e lucidato.

  4. Quattro poesie quasi totalmente prive di punteggiatura (nell’ultima lirica il punto ha la sola funzione – forse pleonastica – di ribadire la chiusura delle terzine). Anche con questo piccolo accorgimento tecnico si infonde forza vitale e continuità alla storia di una civiltà tramontata che però protrae la sua esistenza in virtù dell’arte e della poesia. Il mio abbraccio riconoscente a Emilia Banfi.

  5. Fuori la politica sembrava scienza
    incomprensibile figlia di guerre
    il confessionale spiegava tutto.

    Nell’ultima poesia i tre versi finali valgono molto di più di tanti libri, nella loro perfetta sintesi dicono tutto ciò che c’è da capire per chi quella storia l’ha subita e vorrebbe ancora capirla.
    Complimenti Emilia.

  6. Il poetare di Emilia si contraddistingue per il coniugare contenuti di lirica speranza – segnale colto anche da Annamaria – (*che all’orso non sia tolta la sua pelle/che nel compito del ladro e dell’assassino/ci sia sempre un foglio per rifare/che nel diverso ci sia sempre/uno specchio per sorridere/che nella noia irrompa un colore/una forza per mordere*), o di tradimenti che travolgono l’intimo (*Indelebile lo sguardo/fuori dalla porta a chiedere calore/sacrifici inutili e guaiti di cane*), nonchè di uno stare in un conflitto sofferto dentro le cose (*Era bello ascoltare quelle voci/colpevoli solo di un’ignoranza/intercalata a legami di assoluta fede*) con una forma che, come osservano i commenti prima del mio, lavora sulla parola (Maria Maddalena Monti), o, così come segnala Cristiana, *La lingua è fatta di atti, di cose, e di giudizi*, e anche su certi accorgimenti tecnici per sottolineare il passaggio tra il desiderio di continuità e la rottura, come acutamente nota Paolo Ottaviani.
    Anche la descrizione della lotta tra il poeta e il Démone che (*prende e riprende tutto di te/ricomincia ed entra nella testa nel ventre/e ti spinge ti urta ti scuote fino alla fine/dentro la mano*) non si limita al contrasto puramente interiore ma si estende anche allo storico (*Fuori la politica sembrava scienza/ incomprensibile figlia di guerre/il confessionale spiegava tutto*) – come ha raccolto il commento di Giuseppina -, oppure * Lascia credere al poeta che la storia è questa/che nessuno la può cambiare*.
    Non posso che fare i complimenti a Emy.

    R.S.
    .

  7. In queste poesie, Emilia sembra cambiare strada; leggermente, rispetto ad altre sue che ho letto, ma sembra un passo decisivo: non racconta aneddoti, non si limita al registro minuzioso di percorsi di umana saggezza, ma si lascia abitare dalle immagini e dalle parole, e a queste risponde con prontezza, agilmente. C’è più sicurezza in questo ‘gioco’, così come c’è coscienza di diverse visioni, della storia e di chi l’osserva. Sembra crescere lo spessore di un pensiero forte, insieme alla capacità di mostrare sentimenti che l’ha sempre contraddistinta. Mi complimento anch’io.

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