2 prove e 3 carte

cartapesta lecce

di Antonio Sagredo

 

Prova n.° 1
(ragnatele)

Non puoi andare oltre il sor/riso di una scrittura,
 il segno che ti dono è il diniego del tuo gesto.
 Non attendere che l’orrore quotidiano sia la tua natura:
 il tempo è malato e fuori del suo delirio - io resto.
Qui, io m’ignoro… sono estraneo in questa città mortale,
 il mio corpo è inquietato, Catilina singhiozza ad ogni trivio,
 muraglie di occhiuncini sono tumuli di sale, il mirto è secco,
 tutte le strade hanno numeri sinistri, e un supplizio tesse un ragno.
Se mi confortasse questo secolo d’una trama di memorie
 con cautela potrei imbastire l’azzardo di una gorgiera,
 di ofidici giudizi per assoldare un commiato di miserie
 e stanare dal ricamo dei vangeli un’eretica barriera.
Dov’è dunque la morte del Trionfo? Quel vuoto scozzese
 mentre nel quadrato andava dietro di noi il feretro cortese.
 La Terra non ha mai conosciuto le predizioni dei poeti
 che dalla maschera al trucco fingono una giostra antica.
Quando ti tallona una mestizia devastata - criniera
 e zoccoli di marmo tracciano arabeschi levantini -
 un sanguigno necrologio avanza come una frontiera
 se il delirio dei morti barattiamo coi pianti di bambini!
Ma l’epilogo mi tormenta come una fiumara di tarante,
 la danza isterica scar-nifica il mio cranio… il teschio
 biancolucido rotola… rotola… - urla, ciottolo vagante!
 Gli occhi m’hanno preso per una ragnatela nello specchio!

Vermicino, 4/5/6/7 febbraio 2007

 

 

Prova n.° 2
(estorsione)

Io so come gli addii cantano la mia schiena scudisciata e le palpebre,
 - che i saluti non sono terrestri banderuole cadute in pozze di miserie,
 - che legioni d’ossa premortali avanzano con passi inamidati e gelidi sparati,
 ma cisterne di lacrime votive non cedono liquidi cristalli alle visioni!
Da un tugurio in Via della Distruzione io saprò orgoglioso
 dire alle tortuose trame di un credo perverso e inquisitorio,
 e come il suo nero vuoto è la nemesi di un supplizio intollerante
 che traduce il dolore in vana supplica, o dolce confessione.
Il mio cammino è un mosaico di acrostici ferini tra malati terminali
 che le carità scambiano per pestifere croci numinose risanate dai miracoli.
 Lo sciame dei commiati ripete una terrifica rinascita risorta e consacrata,
 come la minaccia di una infettata fede è l’armonia di una musica abortita!
Saprò ancora disputare - in fiamme! - con l’insensato universo analogico
 di un Torquemada, che a me oppone l’insipida sapienza capovolta
 di una iena riciclata e il suo bavoso rimasticare il mio mistico midollo -
 ma tu, Sant'uomo, resti sempre un boia che fa schifo alla sua stessa merda!

Vermicino, 13 febbraio 2007

cartapesta lecce 2

 

Carta n.° 1
(fedeltà)

Io non so udirmi che con altro canto o altra voce amena
 in una lingua e tempo rivoltati, in un luogo che non sa
 il gesto - è un non dove il gesto della voce e del canto
 in quel tempo che si scardina e si rimette in gioco.
Dal legno che sfascia il suono in una armonia risentita
 non una gola si chiude al primo accenno di una nota,
 l’origine del coro non sa il punto, il numero che ritarda
 l’atto e il suo negarsi al volo… e sono sospeso nel suo frullare.
E il corpo si nega al sangue che lo scorre, a un evento di materia
 che è solo per la carta e non per la voce quell’artificio
 che ti manca dietro - e oltre il tuo restare osceno è quel disprezzo
 perché non sai mentire all’arte stessa che t’ha generato!

Vermicino, 24 giugno 2008

 

 

Carta n.° 2
(epifania)

Protetto da non so chi
 da non so quale parola
 mi unisce al trionfo
 un gioco che svela
 prima di un principio
 un dubbioso scioglimento
 e non m’avverto che mancante
 non sono io ma la carta
 che ostinata ha scelto
 non il Fato o il Caso
 ma il pegno di una sconfitta
 che del Male celebra un atto
 che non si dà - se c’è… Memoria!
Non voglio nemmeno più – essere? –
 la Nostalgia del Nulla!
Vermicino, 25 giugno 2008

 

Carta n.° 3
(rancore)

Il Potere e il Vuoto non cancellano uno specchio affatturato,
 lo sguardo che non sai se tuo o dell’occhio che perseguita
 una visione… ma questo è ciò che appare, e non ha valore!
 L’oscillare di un’armilla disturba l’asse ottico e il suo vaneggiare.
Chi sono io prima di un soggetto che mi reclama un volto,
 che con un trucco si ostina a celebrare una legnosa colpa?
 Il patibolo della parola è approntato - il sonetto di una corda
 è teso - il carnefice ha scuoiato la rima, la figura, e la sua maschera!
Perché era di carta la mia voce, e la mia parola, e il canto…
 invano orfani lungo un fraseggiare di elogi e di epitaffi,
 e non mi ritorno più in me stesso, non mi so ascoltare più il mio
 silenzio… ma quel rancore m’inquieta più del mio congedo!

Vermicino, 25/26 giugno 2008

Nota sull’autore tratta da L’OMBRA DELLE PAROLE

 

 

foto sagredo
Antonio Sagredo è nato a Brindisi il 29 novembre 1945 (pseudonimo Alberto Di Paola) e ha vissuto a Lecce, e dal 1968 a Roma dove risiede. Ha pubblicato le sue poesie in Spagna: Testuggini (Tortugas) Lola editorial 1992, Zaragoza; e Poemas, Lola editorial 2001, Zaragoza; e inoltre in diverse riviste: «Malvis» (n.1) e «Turia» (n.17), 1995, Zaragoza.

La Prima Legione (da Legioni, 1989) in Gradiva, ed.Yale Italia Poetry, USA, 2002; e in Il Teatro delle idee, Roma, 2008, la poesia Omaggio al pittore Turi Sottile. Come articoli o saggi in La Zagaglia: Recensione critica ad un poeta salentino, 1968, Lecce (A. Di Paola); in Rivista di Psicologia Analitica, 1984,(pseud. Baio della Porta): Leone Tolstoj – le memorie di un folle. (una provocazione ai benpensanti di allora, russi e non); in «Il caffè illustrato», n. 11, marzo-aprile 2003: A. M. Ripellino e il Teatro degli Skomorochi, 1971-74. (A. Di Paola) (una carrellata di quella stupenda stagione teatrale). Ha curato (con diversi pseudonimi) traduzioni di poesie e poemi di poeti slavi: la tragedia omonima Vladimir Majakovskij nel 1970-71, Il poema Tumuli di Josef Kostohryz, pubblicato in «L’ozio», ed. Amadeus, 1990; trad. Alberto Di Paola e Kateřina Zoufalová; i poemi: Edison (in L’ozio,…., 1987, trad. Alberto Di Paola), e Il becchino assoluto (in «L’ozio», 1988) di Vitězlav Nezval; (trad. Alberto Di Paola e Katerina Zoufalová).

Traduzioni di poesie scelte di Katerina Rudčenkova, di Zbyněk Hejda, Ladislav Novák, di Jiří Kolař, e altri in varie riviste italiane e ceche. Su «Poesia» (settembre 2013, n. 285), per la prima volta in Italia a un vasto pubblico di lettori: Otokar Březina- La vittoriosa solitudine del canto (lettera di Ot. Brezina a Antonio Sagredo), trad. Alberto Di Paola e Katerina Zoufalová. Nel 2015 pubblica Poems Chelsea Editions, New York.

*Nota di E. A.
Avverto che, pur avendo ridotto la dimensione dei caratteri, Word Press non permette di mantenere integri alcuni versi della "Prova n. 2 (estorsione)" e  la quartina prevista dall'autore appare deformata.

8 pensieri su “2 prove e 3 carte

  1. …le due serie di composizioni di Antonio Sagredo (Prova 1-2 e Carta 1-2-3) si presentano per stile e contenuto molto diverse, ma come in continuità e successione…E’ presente in entrambe una ricerca spasmodica di se stesso ( il pronome personale “io” è ripetuto in ogni poesia, anche inizialmente), dietro ad una maschera che si è andata costruendo nel tempo per quel forte impegno del poeta a farsi interprete nella condanna degli inganni (“Reagnatele) dei crimini e dei ricatti (” Estorsione” ) della Storia…Una maschera che è anche una “buona rovina”, ma può diventare una prigione per l’io…Ora però il poeta sente il bisogno di abbandonarla (non significa ripudiarla) per guardarsi nello specchio: “…perchè era di carta la mia voce, e la mia parola, e il canto…/ invano orfani lungo un fraseggiare di di elogi e di epitaffi,/ e non mi ritorno più in me stesso, non mi so ascoltare più il mio/ silenzio…ma quel rancore m’inquieta più del mio congedo!”
    Gli ultimi testi mi sembrano particolarmente belli, anche se l’andamento barocco e “folle” dei versi precedenti è molto suggestivo, come “la danza isterica” della taranta che richiama…

  2. Ringrazio Annamaria…. temo che sia andato a velocità elevata… come si dice: chi mi ama mi segua, e io seguirò a mia volta
    a.s.

    1. @ Antonio Sagredo

      Ti seguo e come al solito mi perdo fermandomi troppo su ciò che non comprendo.
      Resto affascinata dal tuo modo di far poesia. Sono certa che un giorno , fra una fermata e l’altra ti incontrerò.
      Per quanto riguarda questi versi:
      “Dal legno che sfascia il suono in una armonia risentita
      non una gola si chiude al primo accenno di una nota,
      l’origine del coro non sa il punto, il numero che ritarda
      l’atto e il suo negarsi al volo… e sono sospeso nel suo frullare.”

      FERMATA…
      Questi versi sono per me , li sento arrivare a me come la mia vita.
      Grazie.

  3. Cara Emilia,
    non tutte le stazioni hanno le fermate, ma non si può mai sapere
    a.s.
    n.b. : la poesia del nuovo anno è già approntata, credo si chiameranno “POESIE BEATE”… Ti invio un esempio tratto dalla prima composizione.
    ——————————————————
    E voltai lo sguardo mio verso me stesso – sarebbe stato meglio non vedersi, dentro!
    per non giocare più coi loro spiriti di cartapesta
    e ricordai i miei versi che su Saturno trovarono un rifugio… amato,
    e mi insegnarono loro di non mirare più la Terra,
    di scordare la sua storia che da tempo non era più la mia,
    di scordare infine – e qui io piansi – la mia progenie
    Padre mio! Madre mia!
    e i fiori tutti da cui oramai non attendevo nulla…
    le lagrime mie non erano più cose umane!
    Quel che ero stato prima, lo ero ancora!
    I tradimenti non si addicono ai condannati della parola!
    E nemmeno la mia identità abbandonai come fosse un truciolo!
    Tutti i cari affetti mi si fecero intorno – i miei solitari idoli!
    Tutti gli anelli mi circondarono teneramente…
    ero un agnello di zucchero che non sapeva lo scioglimento
    del Tempo e che pure la Morte lo adorava risentita,
    come se avesse la mia sostanza sottratta a lei l’immortalità!

  4. #M’inchino a sagredo#, dovrebbe essere una nuova forma grammaticale, idonea ad indicare un movimento a carezza più che a(v)volta da soffitto a pavimento in un abbraccio a colonna, del tempio di un bell”Antonio che ogni volta che ti entra dentro, t’ingravida, potente e fertile, di tutta la sua memoria in canzoni a signorina poesia.

  5. Poesie del ‘no’ e poesie del ‘sì’, dove la negazione regola e ridistribuisce a suo modo ciò che si afferma (…la nemesi di un supplizio intollerante / che traduce il dolore in vana supplica, o dolce confessione…) E’ un lavoro interessante, Antonio, per quella significazione della maschera che si attesta ben oltre l'”artificio”.
    Piaciuta, e molto, anche la “veste grafica”, con quei caratteri che fanno parte di una (ormai lontana) serialità scelta, e che onestamente rimpiango.
    GDL

  6. “ero un agnello di zucchero che non sapeva lo scioglimento
    del Tempo e che pure la Morte lo adorava risentita,
    come se avesse la mia sostanza sottratta a lei l’immortalità!”

    non appartiene a 2 prove e 3 carte, ma quanta tenerezza verso sé, quello zucchero azzurro come un agnello del tempo, un freddo agnello che resiste a ogni scioglimento!(a quegli animaletti di vetro zuccheroso che segnano i cambiamenti del tempo è corsa la fantasia…)

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