L’acqua dei morti

cipresso ombra

di Donato Salzarulo

 

I

Luci della vetrata
che corteggiate l’ombra…

Posso anche immaginarti
flusso d’energia,
aggregato d’atomi
destinato a sciogliersi,
molecole d’acqua ritornanti
in ciclo, azoto, ferro,
carbonio radioattivo,
per mille e mille anni traccia
d’un corpo che fu vivo,
in equilibrio precario o squilibrio,
stella parlante emersa,
in un piccolo punto
dell’eterno universo
in espansione, una scintilla
di coscienza originatasi
per dire dolori e meraviglie
dell’increato autocreantesi
o autopoietantesi…

 

II

Lo sguardo verso l’alto
gonfi capelli neri…

Da bambino com’era
sconcertante pensare
che l’acqua bevuta alla sorgente
dei Corvi sotto il cimitero
(SPES ILLORUM IMMORTALITATE
PLENA EST) fosse alimentata
dai morti seppelliti a monte.

Era il denso
avvertito sul palato
che suscitava il pensiero
detestato.

Eppure cosa c’è di più certo
del doversi dissetare ogni giorno
con l’acqua di miliardi di morti?

 

 

III

L’anima che ti manca
è tela che disseti…

I morti non stanno al cimitero
ma dentro i nostri corpi.
Resi invisibili dal continuo
sciogliersi e ricomporsi
della materia-energia
(o, se preferiscI, del Dio-Natura),
ci fanno tremare il cuore,
accendono sinapsi impreviste
fra i neuroni.

Mio padre, ad esempio, morto
da un quarto di secolo,
insiste a prendere forme
sempre diverse nella mente.
Come se fosse lui e non più lui,
come se ogni giorno il sole
gli desse una luce nuova,
e la sua filosofia non scritta
diventasse un’opera inesauribile.
E mia madre, curiosa e interrogante,
continua a tormentarmi,
a tenermi in pugno col suo amore
gigantesco per il mondo.

C’è energia che si diffonde,
un circolo perpetuo che si attiva
un mare di vita con le sue
impercettibili onde.

È dolore del grano che muore
e si rinnova, del papavero
che tinge di rosso i campi,
dell’ardente stagione del dente
di leone consumatosi intero
fra prati e lampi.

 

 

IV

Vita formicolata
a puntellare un volto…

M’allieta il disegno
che l’acqua fresca
del mio corpo sciolto
laverà il volto ignoto
d’una fanciulla che accenderà
nella mente i suoi pensieri
mescolati ai miei
e il disaccordo diventerà
un accordo e questo
un nuovo disaccordo,
finché il ricordo
si spegnerà per sempre
nel buco nero del vero.

 

14-21 gennaio 2016

15 pensieri su “L’acqua dei morti

  1. amo molto l’acqua
    e qui c’è tutta la passione e il riconoscimento per questo elemento che noi possiamo apprezzare . un tesoro di cui non tutti possono usufruire.
    il dissetarsi anche di ricordi, di vita che appare in tutta la sua natura.
    Complimenti per tutto e per la dolcezza sempre presente nelle opere di Donato Salzarulo

  2. Questa splendida poesia ha avuto anche il privilegio di un “commentatore” di assoluta eccellenza: Giordano Bruno. Ecco la sua breve nota tratta dalla “Cabala del cavallo pegaseo”, Dialogo secondo.
    “Io privo de l’ergastulo corporeo dovenni vagante spirto senza membra; e venni a considerare come io, secondo la spiritual sostanza, non ero differente in geno né in specie da tutti gli altri spiriti che dalla dissoluzione di altri animali e composti corpi transmigravano; e viddi come la Parca non solamente nel geno della materia corporale fa indifferente il corpo dell’uomo da quel de l’asino, et il corpo de gli animali dal corpo di cose stimate senz’anima, ma […] come tutti gli umori sono un umore in sustanza, tutte le parti aeree son un aere in sustanza, tutti gli spiriti sono dall’Amfritite – [una delle Nereidi, ninfe marine], torna così il tema dell’acqua, già evocato da “tutti gli umori” – et a quello ritornan tutti.”

  3. In due punti l’energia “che si diffonde,/ un circolo perpetuo che si attiva/ un mare di vita con le sue/ impercettibili onde” sfiora l’emergere della coscienza, nella prima e nell’ultima strofa, senza però farci immaginare come si possa originare. E’ bello il passaggio di sé acqua fresca che in una fanciulla “accenderà/nella mente i suoi pensieri/ mescolati ai miei”: ma è pura “magia”!
    Mentre è accettabile che si trasmetta attraverso il ricordo la “sostanza mentale” (per chiamarla in qualche modo) della madre e del padre che “insiste a prendere forme/ sempre diverse nella mente./ Come se fosse lui e non più lui”.
    L’acqua è il mediatore, ma per quanto mercuriale e solvente, come può accendere una scintilla di coscienza? Ci vorrebbe il miracolo di Cana!
    Lascio da parte gli scherzi, la poesia è bella perché la vera mediazione, attraverso l’acqua, sono i morti, cioè il nostro mondo del pensato. E come si origini dalla materia è ancora, nonostante tutto, un “impensato”.

  4. …l’acqua, in queste poesie, diventa l’elemento vivente per eccellenza, le trait d’union dei corpi, senza distinzione tra vivi o morti…essa costituisce, mormorante e fluida, la simbiosi sempre rimodellata dei corpi e, come un rivo sotteraneo, attraversa materia e spirito, trasferendo ricordi, rinascite in accordi e disaccordi…” C’è energia che si diffonde,/ un circolo perpetuo che si attiva/ un mare di vita con le sue/impercettibili onde” Queste poesie di Donato Salzarulo sono davvero molto belle, ma attraversate dal dolore, la stessa acqua lo trasporta, insieme alla vita…
    Ora che poi scarseggia, temo meno vita e più dolore…

  5. La poesia, di grande musicalità, crea un effetto armonico notevole, c’è da imparare. Tutti gli elementi della poetica, quelli simbolici, degli esergo, quelli materiali a partire, dall’acqua creano una scenografia molto dinamica, una magia polifonica. L’effetto comunicativo è immediato. Un flusso narrativo quasi teatrale. Il mistero della morte come giustamente scrive Emilia è addolcito. Complimenti a Salzarulo.
    L’immagine mi incuriosisce Abate è bravissimo a combinarle con i testi.
    Da dove è tratta?
    Cari saluti
    Angela

  6. Una poesia bellissima quasi magica direi. Non sono in grado di fare un’analisi letteraria ma sento molta forza in questi versi. E pace . Grazie
    Giulia

  7. L’acqua di Donato Salzarulo” flusso di energia”, ” scintilla di coscienza”, consapevolezza di un dolore ineluttabile sgorga alla sorgete dei Corvi ed è ,nell’immaginario dell’autore bambino,” forse alimentata dai morti seppelliti a monte”.Quest’acqua ha sul palato quasi la viscosità del sangue,i morti dunque ritornano nei corpi dei vivi.
    Il padre con la sua filosofia non scritta, la madre con l’amore” gigantesco come il mondo” e la fanciulla che”accenderà nella mente i suoi pensieri mescolati ai miei e il disaccordo diventerà accordo e questo di nuovo disaccordo..”
    Il moto dell’acqua che scorre,ma anche crea forme sempre diverse, si riflette simbolicamente su queste figure a celare una verità sfuggente che non si può imprigionare.
    Grazie per questa bella poesia in cui ritrovo l’animo attento e sensibile del poeta e la sua limpida scrittura.
    Maria Maddalena Monti.

  8. Ringrazio tutti per gli apprezzamenti. Le letture fatte contengono spunti quanto mai preziosi. Molto onorato d’aver avuto un commentatore eccellente come Giordano Bruno. Grazie Ottaviani!…
    Confesso che l’avvio di questa poesia mi è stato regalato non dal nolano ma dal post di Gianfranco La Grassa «Sempre in coda al flusso “reale” inconoscibile». La differenza decisiva è che per lui il flusso è esterno e inconoscibile al soggetto, per me il soggetto è dentro il flusso, ne fa parte: «Posso anche immaginarti / flusso d’energia». In questo sono stato forse un bruniano?…Veramente io avevo in testa uno Spinoza dinamizzato, aggiornato alla “realtà che non è come appare”. Comunque, avviatasi, la poesia si è bagnata nell’acqua emotiva del mio amico recentemente morto e, distanziandosene silenziosamente, senza citarlo, ha recuperato con i quattro esergo otto settenari delle “stanzette dell’ombra” (inedite), scritte una ventina d’anni fa, e dentro l’ombra il volto mutevole e costante di mio padre e di mia madre. La particolare musicalità del testo (dolcezza, armonia, ecc., come dicevano alcuni commenti), pur nella sostanziale irregolarità dei suoi versi, credo sia dovuta, oltre che alla presenza più o meno discreta di rime ed allitterazioni, alla prevalenza del settenario e alla funzione-cerniera svolta propria dai versi di esergo. Il settenario è un verso che merita attenzione: riesce a sostenere argomenti come la morte di Napoleone (cfr. “Il 5 maggio” di Manzoni ) o “la nebbia agli irti colli” di Carducci. La mia “acqua dei morti” si è infiltrata fra molti settenari, ottonari e decasillabi; non ha scordato, però, di lambire diversi senari, novenari ed endecasillabi fino a portare un po’ di vita (si sa, “l’acqua è vita” ) a qualche quinario e quadrisillabo. L’ottonario finale “nel buco nero del vero” porta con sé un’eco leopardiana (“all’apparir del vero”). In realtà, più che a Leopardi, pensavo a come Fortini chiude la sua definizione di comunismo: «Fino al punto di saper leggere e interpretare nel libro del nostro medesimo corpo tutto quel che gli uomini fecero e furono sotto la sovranità del tempo, le tracce del passaggio della specie umana sopra una terra che non lascerà traccia.»

  9. Ecco il mio commento, tardivo perché ho preferito una lettura lenta e ripetuta.
    Si tratta – a mio giudizio – di un testo davvero notevole. Esso presenta un equilibrio perfetto tra “ pensiero “ ( come meditazione su qualcosa o qualcuno ) e la struttura formale.
    Il fuoco centrale – o motivo ispiratore – è , con bella invenzione, un rapporto suggestivo tra l’acqua dei morti e l’acqua dei vivi. Leggenda, favola infantile ? Non è l’ultimo pregio del testo, ma forse proprio quello fondante l’accostamento tra la vita ( aqua vivimus ) e la morte ( il corpo, si sa si scioglie ), accostamento che ci rimette tragicamente nel circuito universale
    ( l’economia della terra ). Ma questo pensiero che sembrerebbe lugubre si riscatta sia nella visione di fondo degli innocenti che giocano con l’acqua e ad essa attingono nella loro multiforme sete sia nel monito morale ( non moralistico ) che “ i morti non stanno nel cimitero ma nei nostri corpi “. Con questo distico semplice e solenne e vero viene recuperata la storia di ciascuno di noi e ci si sposta – con suggestioni ricche di contenuto – al mito di Mnemosine. Nella Lamella aurea di origine orfica trovata a Ipponion ( odierna Vibo Valentia ) Mnemosine sta accanto ad una gelida fonte. Memoria che non “ funghisce su di se “ come diceva lo scettico Montale ma partecipazione, nel passato, al futuro che sempre fluisce.
    I versi,coerentemente, sono brevi, di ritmo incalzante e quasi ansioso: fluire continuo della vita e sete di conquistare un nuovo tempo, nuove forme.
    Questa è poesia autentica. Giorgio Mannacio

  10. Sembra di sentire in bocca il sapore metallico del sangue e quello salato delle lacrime,sembra di sentire scorrere le vite che non ci sono più,come acqua vera che ogni minuto ci disseta..ci fa compagnia..e i nostri cari tornano a vivere,con forza..forte,impetuosa e commovente,complimenti davvero..

  11. Prendendo lo spunto da quell’imprinting da cui molti di noi sono stati costituiti, volenti oppure no, l’acqua del battesimo e l’acqua lustrale – che l’officiante asperge sulle nostre membra ormai non più vitali – sembrano rappresentare i confini entro i quali si contiene il nostro ciclo terreno. Ma anche nel mito cosmogonico le acque primigenie rappresentavano l’origine di tutte le cose e il loro contenimento (Omero che cantava le acque del fiume Oceano che avviluppava il mondo ed era l’origine degli Dei e degli uomini): solo che là vi era esclusa quella connotazione di peccato che l’acqua deve purificare.
    Rimanere dentro ad un ciclo pseudo riparativo, che sembra autorigenerarsi in un lavoro di ‘autopoiesi’, significherebbe rimanere avviluppati in una ripetizione sterile, senza soluzione di continuità e quindi in assenza di spinte trasformative (*È dolore del grano che muore/e si rinnova, del papavero/che tinge di rosso i campi*).

    Sarebbe invece importante entrare in un circolo ermeneutico, come ben espresso dai versi d’incipit del 3° canto (*L’anima che ti manca/è tela che disseti…*), dove quel ‘dissetare’ è anche espressione di mettere e togliere nuovi fili alla tela/seta delle memorie, così come Salzarulo fa con la figura paterna (*Come se fosse lui e non più lui,/come se ogni giorno il sole/gli desse una luce nuova/*), perché i morti non sono morti, ma per strane alchimie emotive *non stanno al cimitero/ma dentro i nostri corpi.* Sono loro che *ci fanno tremare il cuore,/accendono sinapsi impreviste/fra i neuroni.* Introducono altro. Relazioni altre.
    In questo diverso procedere, l’acqua diventa non solo un purificatore simbolico attraverso il quale il poeta fa il lutto per la perdita del caro amico (*la poesia si è bagnata nell’acqua emotiva del mio amico recentemente morto e, distanziandosene silenziosamente*), ma è anche un trasmettitore di esperienze, non più solo *molecole d’acqua ritornanti/in ciclo, azoto, ferro,/carbonio radioattivo,*. E’ un connettere il passato con quello che potrà accadere e può diventare una *filosofia non [ancora] scritta*, un’opera inesauribile*.
    D. Salzarulo scrive, quasi in un sospiro: * M’allieta il disegno/che l’acqua fresca/del mio corpo sciolto/laverà il volto ignoto/d’una fanciulla che accenderà/nella mente i suoi pensieri/mescolati ai miei*. Anche se teme che l’articolarsi degli accordi e disaccordi, alla fine possa precipitare e spegnersi *per sempre/nel buco nero del vero.* Così come scriveva Fortini, *saper leggere e interpretare nel libro del nostro medesimo corpo tutto quel che gli uomini fecero e furono sotto la sovranità del tempo, le tracce del passaggio della specie umana sopra una terra che non lascerà traccia.*
    Ma ci rimane sempre la creatività della poesia che, pur nella sua storicità, va oltre i confini spaziotemporali. Infatti ci porta a sentire i sapori di sangue e lacrime (come scrive la commentatrice Elisa) anche in assenza di una controprova sensoriale. E a identificarci con la sofferenza del poeta anche se, nella lettura dei versi, i nostri sensi (oltre che il ‘buco nero dei vero’) non ci confermano nulla di tutto questo. La poesia ci rapisce in un certo qual modo dalla dimensione sensoriale (così come accade nel sogno) e ci porta in una realtà ambigua che gode del doppio registro del “qui e ora” e del “là e allora”.
    L’acqua come simbolo, deve farsi però parola, inscriversi in un discorso per renderlo significativo allargandone il senso.

    R.S.

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