Insegnamento canino

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di Franco Nova

Nane el g’era un fià mona (era un poco scemo). Tutti lo sapevano e non facevano caso alle sciocchezze che diceva o faceva. Un giorno, uscì con il suo cane “Puah” che era acconciato in un modo assurdo. In effetti, Nane gli aveva messo la museruola nel sedere, e in modo tale che la coda era tutta raccolta, arrotolata e pressata dentro tale specie di cuffia. Il cane soffriva in tutta evidenza e guaiva sommessamente, volgendo al padrone sguardi che avrebbero commosso chiunque. Tutti osservavano sbalorditi questo strano personaggio che d’altra parte aveva una faccia gonfia con occhi spenti, immersi nella ciccia delle guance che facevano tutt’uno con una fronte bassa e arrotondata come una parentesi chiusa [)] .
Alla fine, uno che lo conosceva bene lo fermò e gli disse: “Ma Nane, non vedi che il tuo cane soffre. Hai messo la museruola alla rovescia, possibile che tu non te ne sia accorto?”. Nane fu sorpreso, anche se i suoi occhi rimasero spenti e inespressivi: “Accidenti, hai ragione, ma questo cane mi confonde sempre le idee. Adesso rimedio”. Ed infatti cosa fece? Tolse il collare del cane (con guinzaglio) dalla sua giusta collocazione, e provò ad infilarglielo per il dietro; e senza nemmeno rimuovere la museruola, solo tentando di superarla. Operazione impossibile se non altro perché le zampe del cane impedivano che gli si potesse infilare un collare ….. e dove poi? E’ evidente che Nane pensava di metterglielo nella parte finale dell’addome. Secondo lui questo era rimettere per dritto quello che aveva messo a rovescio.
L’amico rimase di sasso; sapeva della stupidità di quel baule ambulante, ma non poteva immaginare che arrivasse a simile livello. Il cane stavolta non guaì, abbaiò forte e rabbioso, dette uno strattone e si liberò, correndo via a più non posso. Nane commentò con voce atona, del tutto aderente alla piattezza del suo cervello: “Beh, meglio lasciarlo andare, mi ha sempre dato problemi, sempre a lamentarsi di ogni mia attenzione per lui”. L’amico non rispose, ma pensò con sollievo che il cane si era liberato di un padrone talmente scemo da torturarlo anche senza volerlo. Poi però, come un lampo, un pensiero lo trafisse e lo portò a profonda depressione. Quel padrone era scemo, non cattivo, e tuttavia il cane aveva infine manifestato di non più sopportarlo ed era scappato. Un popolo invece, troppo spesso, trova padroni che lo torturano facendo appunto il rovescio di quanto si deve fare. Ma lo fanno consapevolmente e non per congenita stupidità. Sì, sono anche un po’ stupidi, ma soprattutto cattivi, perfino perversi. Eppure a volte il popolo è peggiore di un cane. Si fa mettere tutto a rovescio e se ne sta tranquillo a sopportare. Che tristezza!

8 pensieri su “Insegnamento canino

  1. “Eppure a volte il popolo è peggiore di un cane. Si fa mettere tutto a rovescio e se ne sta tranquillo a sopportare. Che tristezza!” (Nova)

    E chi ha le prove che il “popolo” ( cos’è oggi il popolo?) se ne stia tranquillo?
    E poi perché prendersela soltanto con il “popolo”? Fanno meglio o di più altri (politici, intellettuali, potenziali o reali élites)?
    E infine *sopportare*, in certe situazioni senza vie d’uscita, può essere persino un atteggiamento valido. Chissà, persino una maschera! La pazienza non è dei forti?

    P.s.

    Sì, oggi il mondo è rovesciato a favore di quelli che « sono anche un po’ stupidi, ma soprattutto cattivi, perfino perversi», ma noi sappiamo che qualche volta ci sono stati altri tipi di rovesciamenti.
    A me poi è venuto in mente il famoso ( per me) libro di Christopher Hill, «Il mondo alla rovescia» (la “rovesciata” che continua a piacermi…). Letto a suo tempo, quasi dimenticato, ne ho trovato senza girare troppo sul Web, qualche cenno qui:

    «Christopher Hill (scomparso nel 2003 a novantuno anni di età) nel suo dettagliatissimo saggio «Il mondo alla rovescia – Idee e movimenti rivoluzionari nell’Inghilterra del Seicento» (pubblicato in Italia da Einaudi). Studioso di eccezionale valore, Hill in questo lavoro, uno dei più significativi della sua produzione, narra con entusiasmo da romanziere e rigorosa puntualità critica la sfrenata follia di un sogno prossimo a divenire realtà, a tramutarsi in fatto. Attraverso una scrittura densa ed essenziale, allo stesso tempo ricca di spunti e carica di suggestioni, Christopher Hill riesce a restituire in tutta la sua complessità la singolarità affascinante e terribile di un contesto sociale, economico e politico i cui attori principali (i ceti più bassi, gli strati più umili della popolazione), condotte fino alle estreme conseguenze le proprie rivendicazioni di giustizia e superato di slancio il confine che separa essere e dover essere, hanno finito per proclamarsi cittadini di un mondo altro e si sono assunti la responsabilità di divenire legislatori di diritti e libertà universali, promotori di una concezione condivisa della proprietà, padri fondatori di un socialismo ancora senza nome ma non per questo privo di contenuto o di idealità.
    Nelle splendide pagine del saggio di Hill risuona con forza l’eco dell’eresia dei poveri, degli ultimi, che come un’improvvisa scossa di terremoto ha attraversato l’instabile Inghilterra del Protettorato Repubblicano di Cromwell; livellatori, zappatori (il cui disegno sociale è tratteggiato nei particolari in un altro saggio fondamentale: «Il piano della legge della libertà» di Gerrard Winstanley), contadini, artigiani, un popolo nuovo, ribattezzato e risorto, fa sentire la propria voce, e a quella voce dà concretezza realizzando esperimenti di convivenza, costruendo ardite teorie economiche, cercando con ostinazione un modello di vita capace di rifiutare una volta per tutte e per sempre il sistema fino ad allora ritenuto intoccabile: un consesso umano basato sulle distinzioni di rango, sui privilegi, sul censo, e come se tutto questo non fosse sufficiente, gravato anche dal peso insopportabile del peccato, maligna eredità che una volta di più ferisce e umilia gli ultimi, condannati per i loro errori a un’eternità di pene e tormenti che non può non essere percepita e giudicata come grottesco specchio di un’atroce quotidianità».

    (da http://ilconsigliereletterario.com/tag/il-mondo-alla-rovescia/)

  2. …un racconto un po’ sconcertante perchè sembra la narrazione di una serie di forzature: l’assurda tortura al cane, l’idiozia del padrone.,ma anche le riflessioni del “saggio” amico che non sembrano calzare con i i fatti narrati…Se deve essere tutto alla rovescia ogni pretesto è buono?

  3. È il concetto di “popolo” che trovo problematico. Che definizione se ne può dare? Nella mia vita io ho incontrato solo individui che cercavano di ottenere il massimo, il meglio, dalle loro vite. Però gli individui possono sbagliare, non essere sufficientemente intelligenti, o non essere nelle condizioni, per conseguire i propri scopi, essere cattivi, perversi, a causa delle loro esperienze e, perché no, di natura. In un sistema di relazioni umane c’è chi si trova ad essere avvantaggiato dall’organizzazione che si è creata ed altri, i più, ad esserne sfavoriti, però non tutti allo stesso modo e per le stesse ragioni. Perciò il numero di scontenti di per sé non può provocare automaticamente un riequilibrio. Interviene l’eterogeneità dei fini di ciascuno, il fatto che il potere costituito ha dei mezzi efficaci di repressione. Ciascuno di noi ha sperimentato quanto sia difficile condividere davvero idee con altri, per non dire delle azioni che ne dovrebbero seguire. Un certo numero di persone, ingoiando qualche rospo, riescono comunque ad organizzarsi in partiti, gruppi religiosi, associazioni, movimenti d’opinione, che riconoscono la guida di leader, ma lo fanno perché ritengono di ottenerne un vantaggio. Insomma non è possibile semplificare questo quadro complesso e quindi problematica è qualsiasi strategia.

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