Naissance

migranti deserto

di Alain Rivière

vous nous montrez sans doute un chemin
enfants femmes hommes partis du désert
pour traverser la mer violente et froide
et marcher en foule sur des champs inconnus

n’êtes-vous pas tout compte fait notre destin
avec seuls des sacs en plastiques ou rien
sinon des images au loin de gros visages
sur de petits téléphones serrés dans la nuit

et vous savez déjà bien davantage
après avoir touché parfois le silence
et qui sait si vous n’écrivez pas à présent
le poème d’une naissance plus douce

Nascita

voi ci mostrate forse una strada
bambini donne uomini partiti dal deserto
per attraversare il mare violento e freddo
per camminare in tanti su campi sconosciuti

siete alla fine il nostro destino
con solo buste di plastica o niente
se non immagini da lontano di volti
nei piccoli cellulari stretti nella notte

e voi sapete già tanto di più
dopo aver toccato a volte il silenzio
e chissà se non scrivete adesso
il poema di una nascita più dolce

47 pensieri su “Naissance

  1. Bello vedere che ci sono autori, che riescono ad esprimersi in maniera semplice e senza retorica.

    Raramente sono in grado di prendermi questo rischio, se devo scrivere di questi temi, conoscendo i miei limiti.

  2. …molto bella questa poesia di Alain Rivière che nella sua semplicità e in sole tre strofe ci parla di un incontro “fatale”, di destini che si incrociano nella povertà di “buste di plastica o niente…”, cioè la nostra tecnologia fatta di immagini nei “piccoli cellulari stretti nella notte “. “Naissance” dopo un lungo travaglio , “dopo aver toccato a volte il silenzio…” di vite negate, come spesso tocca alle madri. Ma “chissà se non scrivete adesso/ il poema di una nascita più dolce”…il poeta forse vuole immaginre una comune e più umana (ri)nascita

  3. Gran bella poesia, frutto di un grande, complesso lavoro per poi giungere ad una straziante semplicità che, anche nella tragedia più terribile, può evocare per l’umanità tutta “une naissance plus douce”.
    Buona anche la traduzione, a parte quel “forse” del primo verso che è l’esatto contrario di “sans doute”!!!

  4. Questa immagine “romantica” dell’immigrazione non mi convince per nulla. Gli immigrati sono un problema e un costo, insostenibili, per noi. E questo è solo l’inizio. Vanno fermati con ogni mezzo. Il resto è solo autolesionismo e irresponsabilità. Io non ci sto.

    1. C’è anche questo (la lettura “romantica”, anche se è un aggettivo che qui non mi convince) nell’enorme problema dell’immigrazione. E ovviamente anche i costi e i rischi.

      Rimane il fatto che loro sono qui, perché noi siamo andati là a spogliare i loro Paesi, per permetterci un livello di vita ormai inaccettabile.

      Ovvio che chi ha la coscienza sporca (ma non sto riferendomi ad A.R., ora), si guarda bene dal porsi il problema dell’accoglienza: la loro povertà è la misura della nostra indecente ricchezza. Meglio – per costoro – consolarsi con la fola della libertà e della democrazia che magnanimamente regaliamo loro.

      1. La responsabilità è personale. Io non sono andato a “civilizzare” o sfruttare nessuno. A suo tempo io sono stato un emigrante ma con le carte in regola. Non ho mai preteso, come invece fanno gli attuali migranti, di entrare in casa altrui per forza e di essere mantenuto.

        1. …non riesco a capire,:ma la responsabilità di eventi storici è sempre personale quanto collettiva…noi italiani siano sia andati a sfruttare altre terre come colonizzatori, sia siamo partiti poveri migranti “straccioni”, come i miei nonni in Argentina…e se si fugge da fame e da guerre, e nel paese d’arrivo il lavoro non è disponibile, controvoglia e contro la stessa dignità si è costretti a farsi mantenere…Spesso anche i nostri giovani disoccupati lo fanno, intere famiglie si fanno mantenere dalla pensione dei nonni…Chi si dovrebbe vergognare?

          1. Non esiste una responsabilità collettiva. La mia è una di quelle famiglie sparse e sperse in diversi paesi ma non uno dei suoi componenti è stato mai assistito da chicchessia. Quell’emigrazione è una storia completamente differente da quella attuale. L’attuale non è una vera immigrazione ma un’invasione attuata con la forza e con la complicità di locali masochisti i quali, a causa delle loro distorte convinzioni religiose ed ideologiche, finiranno per trascinarci tutti nel baratro. Infatti la tv è ormai invasa da rappresentazioni di migranti lamentosi e arroganti che credono di essere gli unici vessati al mondo e perciò pretendono trattamenti di favore. Non c’è alcun nesso fra i nostri disoccupati e i migranti . Anzi, se vogliamo trovarlo un nesso, la disoccupazione aumenterà sempre di più proprio a causa di costoro che finiranno per destabilizzare il nostro già fragile sistema sociale.

  5. La poesia, nella sua essenziale evocatività, ci invita a fare i conti con il nostro presente e con un passato prossimo che qualcuno preferirebbe dimenticare. Saprà ri-nascere solo chi, con il poeta, vedrà nei volti di questi migranti una storia da condividere.

  6. La poesia, anche la più alta e ispirata, è inerme come inermi sono bambini donne e uomini che fuggono i disastri di miseria e guerre. Abbiamo costruito il nostro mondo refrattario alla poesia e a ogni grido di aiuto.

  7. Purtroppo per Angelo Ricotta, siamo tutti presi in mezzo.

    Non è solo che come Nazione siamo andati là a fare i nostri porci comodi, e adesso quanto fatto ci ritorna indietro. E’ chiaro che, presi singolarmente, molti italiani hanno fatto (e fanno) il possibile per comportarsi in maniera corretta. Ma basta andare a prendere qualcosa in un supermercato, per dare una mano a questo sistema. Anche se ci compriamo qualcosa di biologico, o a chilometro zero: il supermercato sfrutta tantissima gente e non solo nel Terzo Mondo, anche in maniera indiretta.

    Quindi da un lato è meglio non colpevolizzarsi troppo e dall’altro continuare a fare il possibile, a fare la nostra parte, perché la situazione non precipiti; o, non potendolo evitare, “attrezzarci” per rimanere a galla. E in questo non ci sono ricette, se non quella di fare rete per sostenersi a vicenda.

    Quello che ipotizza Angelo Ricotta è uno scenario credibile, molto credibile: i gruppi di potere sovranazionali devono fare in modo che Paesi finora ricchi, vengano impoveriti, per prendere il posto di quei Paesi che si stanno sviluppando, con l’ovvia conseguenza di veder lievitare i costi del lavoro e delle materie prime: che sono gli unici costi che tali lobby intendono tagliare.

    Quindi è vero, la presenza di questi immigrati può portare queste conseguenze: sta a noi riuscire ad ammortizzarle in qualche modo; e ciò può avvenire – a mio parere – in primo luogo prendendo coscienza che questo sistema è insostenibile, dal punto di vista pratico prima ancora che morale. In altre parole si deve accettare l’idea che saremmo comunque più poveri. Il punto è se lo diventeremo costretti dalle circostanze, o provando a governare questo cambiamento. La seconda ipotesi apre lo scenario di quella che è conosciuta come “decrescita felice”: teoria che però mi sembra non goda di molto favore fra chi frequenta questo sito.

    Ma la prima porta dritta a un conflitto, che per chi ha fatto dello sfruttamento altrui una ragione di vita, sarebbe una vera manna: come dimostrato in molte regioni del mondo, anche (troppo) vicine a noi.

  8. Viene pubblicata una poesia e, dopo alcuni commenti che non dimenticano che siamo di fronte appunto a una poesia, la discussione, con il primo commento di Ricotta (17 marzo 2016 alle 16:18) si sposta esclusivamente sul suo contenuto.
    Come se la poesia di Alain Rivière fosse semplicemente un manifesto di propaganda a favore dell’immigrazione. Per cui, avendo Ricotta sulla questione reale una diversa opinione, la esprime brutalmente e rozzamente: «Gli immigrati sono un problema e un costo, insostenibili, per noi. E questo è solo l’inizio. Vanno fermati con ogni mezzo. Il resto è solo autolesionismo e irresponsabilità. Io non ci sto».
    Ma dove siamo? Ai tempi in cui, alla nascita del cinema, sullo schermo veniva proiettata l’immagine di una locomotiva sbuffante e gli spettatori si alzavano impauriti dalle sedie e scappavano, confondendo immagine e realtà?
    E cosa c’è di fondamentalmente diverso, in questo atteggiamento di Ricotta che “va al sodo” saltando il discorso sulla poesia, dai tanti vituperati comportamenti dei distruttori dell’Isis che abbattono i monumenti artistici di Palmira?
    Non voglio esagerare, ma è come se un ateo respingesse la «Commedia» di Dante perché tratta di Dio o un ebreo rifiutasse di leggere Céline perché scrittore antisemita o un democratico la filosofia di Heidegger perché compromesso con il nazismo.
    Non distinguere la specificità di un testo poetico mi pare insomma rischioso.

    Chiarito questo limite, passiamo pure a discutere ( anche se sarebbe meglio farlo in un post specifico sull’immigrazione e non in questo…) della questione dell’arrivo degli immigrati, ma sapendo che si tratta, appunto, di un altro discorso: sociale, politico, geopolitico, antropologico.
    Ma anche nel trattare l’argomento in sé, la posizione di Ricotta mi pare irrazionale e viscerale. E un po’ mi sorprende in un fisico abituato a ragionare scientificamente.
    Quando infatti scrive: «Io non sono andato a “civilizzare” o sfruttare nessuno. A suo tempo io sono stato un emigrante ma con le carte in regola. Non ho mai preteso, come invece fanno gli attuali migranti, di entrare in casa altrui per forza e di essere mantenuto», non considera, come gli ha fatto notare giustamente Annamaria, la storia collettiva, la storia del colonialismo (europeo e occidentale). E aggiungerei le condizioni storiche specifiche dell’emigrazione di una volta e di quelle di oggi. Per cui i suoi parenti, sì, poterono spargersi e sperdersi in diversi paesi trovando per fortuna lavoro e non dovettero farsi assistere da nessuno (anche se non a tutti andò così liscia), ma, se vivessero oggi e provenissero da certi paesi in guerra, sarebbero *costretti* a fuggire, a implorare o a “minacciare” proprio come quelli di oggi.
    Ragionare sulle diverse condizioni storiche e cercare delle soluzioni ragionevoli sia per i migrati che per le popolazioni che devono sostenere l’urto materiale e culturale del complesso fenomeno è una cosa. Definire le attuali migrazioni «un’invasione attuata con la forza» a me pare solo una semplificazione o una deformazione della realtà. La maggior parte dei migranti ha solo la *forza della disperazione*, che è ben altra cosa della forza militare. Queste non sono *invasioni barbariche* guidate da guerrieri. Anche se i rischi ci sono. E anche quando dovesse essere certa, in singoli scacchieri, la strumentalizzazione dei flussi migratori da parte di organizzazioni malavitose o influenzate da formazioni che praticano il terrorismo.
    Se poi ci si trovasse di fronte ad un uso geopolitico dei flussi migranti da parte degli USA (come alcuni hanno ipotizzato) intenzionati a fiaccare gli Stati europei, i veri *destabilizzatori* andrebbero cercati altrove: tra chi può manovrare e non tra i manovrati.
    Infine, mi pare contraddittorio nel ragionamento di Ricotta proclamare prima che «non esiste una responsabilità collettiva» e quattro righe dopo parlare invece della «complicità di locali masochisti i quali, a causa delle loro distorte convinzioni religiose ed ideologiche, finiranno per trascinarci tutti nel baratro». Allora ci sono o no le “responsabilità collettive”?

  9. @ Ennio Abate, Annamaria Locatelli e Alberto Rizzi

    “Come se la poesia di Alain Rivière fosse semplicemente un manifesto di propaganda a favore dell’immigrazione.
    Non distinguere la specificità di un testo poetico mi pare insomma rischioso.”

    Non mi sfugge il fatto che una poesia (e qualsiasi opera d’arte) si possa commentare analizzandone la struttura formale: il lessico, la metrica, le rime, le assonanze, le figure retoriche. Però non si può ignorare il contenuto. E infine si deve esprimere un giudizio. In questo caso ho ritenuto prevalente il contenuto e trascurabile l’aspetto formale.

    “La maggior parte dei migranti ha solo la *forza della disperazione*, che è ben altra cosa della forza militare.”

    Certo ben altra cosa un’invasione militare. Ma i movimenti di massa dei popoli non sono meno nocivi, qualsiasi siano le loro motivazioni. Non vedo alcun motivo razionale per cui dovremmo subire tali fenomeni senza reagire per difendere i nostri interessi. Non sono cristiano, non devo onorare nessuna prescrizione di un dio e neanche altri tipi di ideologie. Comunque, per inciso, in vita mia non ho mai visto chi si professava ardente cristiano porgere davvero l’altra guancia.

    “Infine, mi pare contraddittorio nel ragionamento di Ricotta proclamare prima che «non esiste una responsabilità collettiva» e quattro righe dopo parlare invece della «complicità di locali masochisti i quali, a causa delle loro distorte convinzioni religiose ed ideologiche, finiranno per trascinarci tutti nel baratro». Allora ci sono o no le “responsabilità collettive”?”

    Nessuna contraddizione. Non nel senso che intendo io. Io intendevo che per me non ha alcun senso dire “noi italiani siamo sia andati a
    sfruttare altre terre come colonizzatori…” (Annamaria Locatelli) oppure “”Ma basta andare a prendere qualcosa in un supermercato, per
    dare una mano a questo sistema…” (Alberto Rizzi) nell’intento di attribuire colpe a ciascuno di noi. Per vivere io devo andare in un supermercato e “noi italiani” non mi coinvolge minimamente.
    Ovviamente esistono poi le mafie, le camarille, le bande di gangster e costoro possono avere delle responsabilità collettive. Ma è un’altra cosa.

    Capisco che nell’intervento di Annamaria, Alberto ed Ennio ci sono tanti altri aspetti interessanti e anche sottili sottintesi che andrebbero esplicitati e commentati. Ma io sono uno scrittore di poche parole o forse proprio per questo non sono uno scrittore. Spero che lo faccia qualcun altro. A me la penna pesa e perciò cerco sempre la sintesi estrema. Questo però può far apparire la mia scrittura rozza e brutale ma io, naturalmente, non la sento così. Qualcuno, in passato, mi ha dato anche del razzista a cagione di ciò. E pensare che quando ero in Venezuela il mio migliore amico si chiamava Fidel, uno zambo!

  10. @ Ricotta

    1.
    Non volevo fare il professore o spostare il discorso sulla forma della poesia di Rivière a scapito del contenuto. È che i due aspetti non dovrebbero essere separati. Invece proprio questo è avvenuto. E avviene anche adesso che scrivi: « In questo caso ho ritenuto prevalente il contenuto e trascurabile l’aspetto formale». Così il testo di Rivière è ridotto a spot propagandistico e trattato da te come tale. Non tieni conto che egli ha spostato *in zona poetica* un tema che sui giornali o alla TV è trattato *in zona di cronaca* o di *propaganda*. Rivière prende alcuni dati di cronaca (bambini donne uomini partiti dal deserto /per attraversare il mare violento e freddo) per leggerci dei simboli (siete alla fine il nostro destino), per idealizzare quelle figure (e voi sapete già tanto di più) per farli diventare “poeti di futuro migliore” (e chissà se non scrivete adesso / il poema di una nascita più dolce).
    Sono certamente tutte affermazioni o intuizioni da approfondire e valutare anche *pragmaticamente*. Ma non riducibili appunto al messaggio ( siate buoni, accogliete gli immigrati…) che tu ci hai visto.

    2.
    « Non vedo alcun motivo razionale per cui dovremmo subire tali fenomeni senza reagire per difendere i nostri interessi». Sta bene. Ma come si difendono in modi razionali i “nostri” interessi? È su questo che non c’è chiarezza e si è sballottati tra buonismi e cattivismi entrambi ben poco razionali. Manca la politica, una buona politica “abbastanza razionale”.

    3.
    Responsabilità individuali/collettive.
    Semplificando: se c’è un *noi* che discute e agisce ( e in cui ci si identifica totalmente o in parte), si hanno delle responsabilità collettive; se i vari *noi* che discutono o agiscono sul teatro pubblico sono degli *io* travestiti da *noi* ( dunque falsi *noi*), le responsabilità appaiono sempre e solo individuali. ( E non è che sia un bene, perché anche i falsi *noi* producono scelte, orientamenti, distruzioni, tragedie).

    4.
    « Ma io sono uno scrittore di poche parole… A me la penna pesa e perciò cerco sempre la sintesi estrema».

    C’è chi è portato più alla brevità e alla sintesi e chi più al discorso disteso e all’analisi. Conta alla fine la qualità del pensiero che viene fuori. Se cioè è un pensiero che s’accosta di più alla “realtà”, alla “verità” a quel “qualcosa” che non ci è chiaro o se rimastica il risaputo, conferma i pregiudizi, ecc.

  11. Per Ricotta, che scrive:

    “Certo ben altra cosa un’invasione militare. Ma i movimenti di massa dei popoli non sono meno nocivi, qualsiasi siano le loro motivazioni. Non vedo alcun motivo razionale per cui dovremmo subire tali fenomeni senza reagire per difendere i nostri interessi. Non sono cristiano, non devo onorare nessuna prescrizione di un dio e neanche altri tipi di ideologie. Comunque, per inciso, in vita mia non ho mai visto chi si professava ardente cristiano porgere davvero l’altra guancia.”

    Nemmeno io sono cristiano, né mi riconosco in ideologie: ma se devo scegliere fra lo stare con chi sfrutta questi accadimenti (per i fini intesi da Ricotta), chi si pone in posizione opposta e vorrebbe mandare le cannoniere a sparare sui gommoni, e sforzarmi di salvare delle vite, cercando di conciliare il loro e il nostro modo di vivere, scelgo questa terza via. Almeno finché sarà possibile: poi, se dovrò difendermi, mi sforzerò in questo senso. Ma allora non è detto che scelga di “combattere” gli immigrati: bisognerà vedere che piega prenderà la cosa.

    I movimenti di massa dei popoli non sono di per sé nocivi: sono movimenti spesso inevitabili, che hanno prodotto spesso ottimi risultati: un popolo è come un essere vivente (tutto è come un essere vivente): nasce, si evolve, vive e muore. Magari cammin facendo, si accoppia con altri esseri viventi… Mi fanno ridere i leghisti razzisti e ignoranti che agitano lo spettro della contaminazione culturale ed etnica: i Veneti vengono dalla Turchia…

    Il problema è come certi gruppi di potere stanno sfruttando e pilotando tutto ciò: ma se le mafie ci sono sempre state, è anche colpa di chi le tollera o fa finta che non siano un problema; basta vedere chi votano gli italiani (anche se altrove non è che vada molto meglio): responsabilità collettiva, appunto.

    E che poi aggiunge: “Per vivere io devo andare in un supermercato e “noi italiani” non mi coinvolge minimamente. ”

    Figurati quanto coinvolge me, che se mi sento dare dell’italiano, m’incazzo… Però, supermercato o no, è il nostro stile di vita che è sbagliato e ciascuno può fare la sua parte per cambiarlo: tante scelte (responsabilità) singole fanno una responsabilità collettiva.

    Infine, per Ennio, dal mio punto di vista è un gran bene che un testo (come qualunque altra espressione artistica) scateni un dibattito sul tema che tocca, oltre che sulle sue caratteristiche tecniche, estetiche, ecc. Proprio perché quanto scritto da Riviere non è una sorta di manifesto ideologico, va a toccare le corde più diverse di chi lo legge, aprendo appunto questo versante del dibattere. E questo è un altro pregio.

    1. “I movimenti di massa dei popoli non sono di per sé nocivi: sono movimenti spesso inevitabili, che hanno prodotto spesso ottimi risultati:… Alberto Rizzi”

      Dipende dalla scala temporale e dall’intensità. Sui tempi lunghi e diluiti può essere vero ma su quelli brevi e intensi sono devastanti. Ed è quest’ultimo fenomeno che voglio evitare, e si può.

      1. @ Ricotta

        Per ragionare in concreto, ti chiedo di chiarire come pensi che gli aspetti “devastanti” (nei tempi brevi) delle migrazioni possano essere evitati.

        1. Ci dobbiamo chiedere quanti immigrati ci servono, se ci servono. Io rispondo che in questo momento non ci servono. Pertanto si controllano le frontiere e gli indesiderati vanno respinti.

          1. @ Ricotta

            1. Quanti immigrati servono a chi?
            2. Ci (sempre a chi?) servono ( nel senso che devono venire esclusivamente nel ruolo di *servi*?) o non ci servono?
            3. Non ci servono (sempre nel senso di “) perché?
            4. Quanto si dovrà spendere per controllare le frontiere o per respingere (come? si devono usare o no le armi?) gli “indesiderati” ( e come si stabiliscono questi “indesiderati”)?

            P.s.
            Molte risposte a queste domande sono già state date. Possibilmente tenerne conto e valutarne – come tu chiedevi – la razionalità (almeno relativa)…

    1. ….Per il cuore tutto è possibile.

      Il filo spinato
      Dietro lasciò un sogno
      ora dall’altra terra
      scambia la favola
      con fango e neve
      Di cuore cammina

      Lontano la sua rosa
      resta nella sabbia
      tra un rudere di casa.
      Cammina e chiede
      ancora un sogno
      a quel nessuno
      che gli riempie il cuore.

      Emilia

  12. …riguardo al modo di pensare, così settoriale ed escludente, di G. Ricotta, “…un po’ mi sorprende in un fisico abituato a ragionare scientificamente” (Ennio Abate), infatti penso anch’io che la Fisica, interessandosi di materia e di energia, non può escludere gli insegnamenti di altre scienze, come la biologia, l’antropologia, l’etologia che ci parlano di vita umana e, più generalmente, animale. Sembra che l’istinto di sopravvivenza sia presente in ogni forma di vita, e da questo muovono le recenti migrazioni di popoli, cioè dalla necessità di scampare alla morte. Quando il pericolo è grande, le condizioni diventano disumane, tutti diventiamo sconposti e certo non “belli” a vedersi…Offendono forse i nostri schermi televisivi, con le loro immagini spesso luccicanti? Non riusciamo neanche a guardarli? E se tra qualche tempo toccasse a noi fuggire? Penso che, fisicamente parlando, siamo fatti della stessa materia e quindi spirito. Anche il gattone che la ragazza in fuga tiene ben stretto al petto, avvolto nello scialle chiaro, è fatto della stessa nostra materia, se lo spirito si differenzia non lo so ma potrebbe essere anche migliore, perchè non ci coinvolge nelle sue guerre, mentre noi, in pace come in guerra, coinvolgiamo gli animali nelle nostre pazzie…Portarlo in salvo per la ragazza, ma anche per noi, potrebbe significare la speranza in un futuro più equlibrato e più giusto tra esseri viventi, ma anche semplicemente la possibilità di riprendere una vita normale, con una casa, un focolare…e un gatto

  13. Non volevo intervenire anche se, nonostante gli inviti di Ennio a riflettere sul fatto che

    *Sono certamente tutte affermazioni o intuizioni da approfondire e valutare anche *pragmaticamente*. Ma non riducibili appunto al messaggio ( siate buoni, accogliete gli immigrati…) che tu [A. Ricotta] ci hai visto*,

    avevo avuto l’impressione che l’equivocità del rapporto forma-contenuto – che Ricotta stesso segnalava, ovvero:* Questa immagine “romantica” dell’immigrazione non mi convince per nulla* -, continuasse a ripetersi da Ennio (19.03.16 alle 10.26).

    E infatti Ennio risponde a Ricotta: *Non tieni conto che egli [Rivière] ha spostato *in zona poetica* un tema che sui giornali o alla TV è trattato *in zona di cronaca* o di *propaganda*. Rivière prende alcuni dati di cronaca (bambini donne uomini partiti dal deserto /per attraversare il mare violento e freddo) per leggerci dei simboli (siete alla fine il nostro destino), per idealizzare quelle figure (e voi sapete già tanto di più) per farli diventare “poeti di futuro migliore” (e chissà se non scrivete adesso / il poema di una nascita più dolce).*

    Diverranno essi dunque i portatori destinali di una investitura speciale?
    Questa è la domanda/manifesto di fronte alla quale pare, dico ‘pare’, i commenti non hanno sollevato obiezioni. Salvo A. Ricotta, a modo suo e con una certa veemenza.
    Tenendo conto dell’impatto che comunque il messaggio poetico ha sul lettore, in quanto tocca corde ‘profonde’ (soprattutto se orientate verso un futuro migliore – ma non le avevamo già sofferte le ‘magnifiche sorti e progressive ? -) , non è irrilevante e senza effetto spostare in ‘zona poetica’ un tema di propaganda, di idealizzazione condita con l’ideologia. Non nego l’importanza (e, a volte, necessità) dell’apparato ideologico, ma è importante saperlo riconoscere. Anche il movimento ‘romantico’ fece analoga cosa nei confronti dell’adesione alla prima Guerra Mondiale!
    E la disillusione che ne seguì non fu una passeggiata!

    Ma ciò che mi ha convinto ad intervenire, sempre a proposito di questo aspetto forma-contenuto, e del loro rapporto che a volte può essere manipolatorio, è stato proprio l’inserimento della immagine ad alto contenuto emotivo, “Profuga con gattino”, senza alcun commento di accompagno, se non che è tratta da un FB (?).

    A molti lettori non ricorderà niente – la nostra memoria storica non è fatta soltanto da Palmira et similia ma anche di ogni testimonianza che ci aiuti a farci delle idee sulla realtà –, ma nel 1997 (ben prima del caso M. Lewinsky e dell’invasione del Kosovo ) venne fatto un film (Wag the Dog = “La coda che muove il cane” e, nella traduzione italiana, “Sesso e potere”) di Barry Levinson, in cui si affrontava il tema della manipolazione dell’opinione pubblica. Nel film, per smuovere i cittadini statunitensi a sposare la causa interventista (verso una Albania, paese canaglia ideato ad hoc) viene creato in studio uno scenario di guerra il cui clou è rappresentato dalla immagine di una giovane ragazza albanese la quale, spaventata, fugge sotto i colpi d’arma da fuoco dei terroristi tenendo in braccio un sacco di patate, che poi, nella pubblicazione attraverso i media, grazie alle moderne tecnologie, verrà sostituito da un gattino avvolto in uno scialle. Quando la drammatica e pietosa scena appare nei servizi televisivi, la popolazione americana insorge di fronte a quell’orrore e andrà a sostenere il presidente che vuole invadere quel paese in cui si compiono così efferati eccidi.
    (A chi vuole rinfrescarsi la memoria, non con un film bensì con la realtà, basti pensare all’utilizzo di Pearl Harbor per giustificare al Congresso Americano l’entrata in guerra con il Giappone).
    Con questo non voglio negare la presenza di problemi. Oltretutto, la forza d’urto di una ‘massa’ non è paragonabile a ciò che avviene con ingressi regolamentati. Il disorientamento che provoca non è legato soltanto alla maldisposizione!
    Ma le problematiche non possono essere affrontate attraverso vari ‘mea culpa’ (*siamo andati là a fare i nostri porci comodi, e adesso quanto fatto ci ritorna indietro* A. Rizzi, 18.03.16 alle 22.48, visione molto ‘arcaica’ dell’occhio per occhio e dente per dente’), ma tentando di riconoscerne la natura, le dinamiche che le attraversano e, soprattutto, gli errori ideologici che abbiamo fatto nel compiere le nostre valutazioni.
    Critichiamo tanto l’onnipotenza pervasiva del ‘capitale’, ma noi non siamo da meno quando pensiamo che si può tutto, che non ci sono limiti, basta avere solo un po’ di buona volontà. Oppure, torcendo il bastone nell’altro senso, credere che, educando le persone alla bontà (e continuando a negare l’esistenza di conflitti) si possa addivenire ad un mondo migliore.

    R.S.

  14. @ Simonitto

    « Diverranno essi dunque i portatori destinali di una investitura speciale?». Ma ammesso che sia questo: « e chissà se non scrivete adesso / il poema di una nascita più dolce» ( e solo questo) il messaggio poetico contenuto nel testo di Rivière, e cioè una sorta di utopismo umanitario, mi pare sia troppo automatico farlo rientrare nella ottocentesca ideologia borghese delle « magnifiche sorti e progressive». Tanto più che si allude a «una nascita più dolce», quindi a qualcosa più primordiale, forse collegabile ai miti sulle origini. (Qui sei tu l’”esperta” non io).
    Quanto allo spostamento in “zona poetica”, magari – spero – interverrà lo stesso Rivière per dire com’è nata la poesia e quale senso lui ci vede. Non so, insomma, se la sua “idealizzazione” davvero possa essere una “manovra” dei propagandisti “buonisti” dell’immigrazione.

    Quanto alla “Profuga con gattino”, l’immagine mi ha colpito mentre sfogliavo le bacheche ( si chiamano così) su Face book e l’ho rubata da quella dell’amico Alberto Tomiolo, dove è apparsa senza alcun commento, e ripresa da lui da un’altra bacheca ( di Marisa Tea Rizzi, amante degli animali a quel che vedo dalle foto che pubblica)..
    Ora posso capire, Rita, che il gattino avvolto nello scialle possa servire per operazioni di propaganda politica e per orientare l’opinione pubblica ad accettare le guerre (come successe ai tempi di Saddam, di Gheddafi, ecc) o il “buonismo immigratorio”. Ma direi di non esagerare. Questa foto – al momento – non mi pare faccia parte di questa catena propagandistica.Guardiamocela almeno per un po’ senza chiederci “cui prodest”. Giuro che non l’ho messa per insinuare pietà verso i profughi. M ha colpito l’aria sconcertata del gatto! E poi so che a te piacciono i gatti!

  15. @ Ennio
    Proprio per farne una questione di metodo, a me va bene la procedura:
    a) “Ho l’impressione che si stia sostenendo questo”. Oppure: “Sta a vedere che, fra le righe, si sta facendo passare questa posizione”
    b) “Non è detto che sia così”. “Le motivazioni dell’antitesi sono queste”.
    c) “D’accordo. Aspettiamo l’andamento degli eventi o introduciamo nuovi elementi a sostegno dell’una o dell’altra ipotesi”
    L’importante è che si possano contemplare più possibilità, che si possa spaziare il più possibile e non che vengano assunte posizioni ‘aprioristiche’.
    Quanto al micio, quando dici che ti ha colpito *l’aria sconcertata del gatto*, hai fatto una bella operazione interpretativa del contesto. Il ‘gatto’ non è felice e ti sta dicendo che c’è qualche cosa che non va nella scena. Ovviamente ne ha molteplici ragioni. Ma qual è quella che lo sta disturbando maggiormente? Ah, saperlo!
    Noi siamo un po’ come quel gatto: non siamo poi così sicuri che ciò che ci dovrebbe proteggere in realtà ci sta proteggendo!

    R.S.

    1. Prescindendo dal fatto che l’intuizione del gatto è sempre quella giusta, penso che la foto sia molto esplicita e ci fa riflettere su ciò che interessa l’umanità in fuga che non ha bisogno solo di sopravvivere ma di vivere dignitosamente e di soddisfare i desideri dell’animo per poter continuare lottare. In questa foto, ecco diretto il messaggio.
      E’ un gatto, ma avrebbe potuto essere un anello, un cane, una lettera, un profumo, un cardellino, dei semi, un pettine, una spilla,una piccola borsetta, una quaderno , una poesia, una scatola,due tazzine per il caffè…
      Sono certissima che Ennio ci ha mandato questa immagine perché ne è stato colpito. Grazie Ennio!

  16. Per Ricotta: per evitare il fenomeno, bisognava agire diversamente 50 anni fa (almeno); adesso si può solo tentare di controllarlo in qualche modo.

    Di sicuro non facendo un conto di quante braccia (in regime di semi-schiavitù) ci servono e sparare in bocca all’eventuale surplus: questo è il modo di ragionare di chi (al potere) ha condotto le cose a questo punto. E proprio perché sia più facile, alla fine, ridurre in stato di semi-schiavitù la popolazione dei nostri Paesi: cosa che – tra parentesi e almeno qui da noi – sta succedendo alla grande.

    Un po’ quello che accadde coi nostri emigranti di periodi storici passati: partiti per cause differenti da questa, ma usati nei Paesi d’arrivo, per abbassare per quanto possibile il costo del lavoro rispetto a quanto chiesto dai lavoratori locali; o per sbrigare i compiti più pericolosi e abbrutenti.

    1. “Un po’ quello che accadde coi nostri emigranti di periodi storici passati: partiti per cause differenti da questa, ma usati nei Paesi d’arrivo, per abbassare per quanto possibile il costo del lavoro rispetto a quanto chiesto dai lavoratori locali; o per sbrigare i compiti più pericolosi e abbrutenti. Alberto Rizzi”

      Non volevo usare il verbo servire per le sue associazioni negative che tu puntualmente hai esplicitate. Purtroppo non mi è venuto in mente in tempo un adeguato sostituto. Anch’io aborro il regime di semi-schiavitù cui sono sottoposti certi immigrati e il conseguente riverbero negativo sul nostro mercato del lavoro, lo vado dicendo anch’io da un bel po’ inascoltato. Proprio per questo voglio i controlli su chi entra e su cosa fa qui. Chi non può entrare deve andarsene altrove. Siamo sette miliardi e mezzo al mondo e la maggior parte è in miseria. Non possiamo accollarci l’impossibile onere di aiutare tutti pena la nostra rovina. Non concordo su ciò che dici sui nostri emigranti.
      Gli emigranti che ho conosciuto io nell’immediato secondo dopoguerra anche loro fuggivano da una situazione di miseria. Essi però non si aspettavano di essere mantenuti dai paesi di destinazione, non credevano di andare nel paese di Bengodi come i migranti che vengono da noi. Inoltre i più era gente richiesta ma non sfruttata. All’epoca, intorno al 1950, in Venezuela, un territorio 3 volte l’Italia con una popolazione di appena 5 milioni di persone, il dittatore Marcos Pérez Jiménez, che governò dal 1952 al 1958, era convinto che l’immigrazione europea potesse essere determinante per lo sviluppo del Paese e perciò la favorì in ogni modo, permettendo l’ingresso di circa un milione di stranieri tra cui trecentomila italiani. La mia famiglia e altri parenti erano tra questi. I lavori che siamo andati a fare erano più che dignitosi e ben pagati e qualcuno di noi ha fatto anche fortuna. Venivamo trattati come cittadini a tutti gli effetti, rispettavamo le leggi e le tradizioni locali, pagavamo le tasse. Per chi è rimasto le generazioni successive di questi migranti non si sono date al terrorismo come accade in europa ma anzi hanno scalato i livelli sociali fino ad arrivare ad incarichi prestigiosi. Una storia che non ha nulla a che vedere con quella che stiamo vivendo ora. Infatti è vero quel che dici che adesso i migranti da noi sono “usati nei Paesi d’arrivo, per abbassare per quanto possibile il costo del lavoro rispetto a quanto chiesto dai lavoratori locali; o per sbrigare i compiti più pericolosi e abbrutenti”. E io aggiungo che qualcuno li manipola per destabilizzare i paesi d’arrivo.

  17. …va bene, ammettiamo che la foto della ragazza con il gatto sia un fotomontaggio che dovrebbe suscitare buoni sentimenti in chi ama gli animali e, di conseguenza, spingerlo a convogliarli sugli sfortunati migranti… giochetto di chi ama i migranti ? O piuttosto di chi non ama nè noi nè i migranti e ce li vuole rovesciare addosso come una valanga umana non facilmente gestibile? In tutti i modi non me la prenderei con i migranti che evidentemente non si divertono a lasciare i parenti sotto alle macerie e le case distrutte per affrontare un viaggio tristissimo e senza certezze…So che che è un problema spinoso e complesso, quello dell’accoglienza, ma vorrei essere “protetta” senza dover calpestare chi non ha colpe, perciò non approvo espressioni del tipo “…migranti lamentosi e arroganti che credono di essere gli unici vessati al mondo e perciò pretendono trattamenti di favore…” (G. R.). Se qualcuno correndo mi pesta un piede, cerco di capire chi gli sta sferrando calci a non finire…Alain Rivière nella sua poesia salta i passaggi intermedi auspicando, dopo un lungo travaglio “..une naissance plus douce”. A noi penso non tocchi

    1. Io credo che nessuno abbia il diritto di rivalersi su di me per torti subiti da altri o comunque impormi la propria presenza senza il mio consenso, per qualsiasi ragione. Altrimenti innescheremmo una catena praticamente infinita di vendette. E’ evidente che c’è una regia in queste migrazioni. Io ho delle idee in merito ma non avendo prove è meglio che per ora non riveli i miei pensieri.

    2. @ Annamaria
      *…va bene, ammettiamo che la foto della ragazza con il gatto sia un fotomontaggio che dovrebbe suscitare buoni sentimenti in chi ama gli animali e, di conseguenza, spingerlo a convogliarli sugli sfortunati migranti…*

      Il mio intendimento non era quello di ‘smontare’ l’eventuale fotomontaggio, quanto di esplicitare – partendo dalla fertile sottolineatura di Ricotta sulla ‘immagine romantica’ presente nel testo di Rivière – come nel rapporto forma-contenuto vengano privilegiate quelle forme che sono utili a far passare certi contenuti che altrimenti non passerebbero (tipo ‘guerra umanitaria’, ad esempio). E come questo si chiami ‘manipolazione dei sentimenti’.
      I buoni sentimenti sono qualità preziose e proprio per questo vanno protetti, difesi e non esposti con la supponenza e la superbia di Cappuccetto Rosso che non sa riconoscere il travestimento del lupo.

      R.S.

  18. SEGNALAZIONE

    MIO SCAMBIO D’OPINIONI SU FB (25 SETTEMBRE 2015) CON UNA PERSONA CHE CHIAMO X

    X –

    Vorrà razionalmente ammettere che noi siamo qui, loro vengono e noi….abbiamo scelta? Noi non siamo forti per assimilare ma siamo una società tanto strutturata per essere…. destrutturata. Quindi l’irrazionalitå è quella dell’atteggiamento umanitario molto bello individualmente ma inconsistente come collettività

    Ennio Abate @ X –

    Per l’esattezza:

    1. Una parte di “noi” è qui (per scelta o per impossibilità di viaggiare) e una parte di “loro” viene qui (per scelta ragionata, per disperazione, perché spera di stare meglio qui, ecc.).

    2. Una parte di “noi” ha (anche quando sta ai livelli medio bassi delle “nostre” società) sicuramente più possibilità di scelta rispetto a una parte di “loro”.

    3. Una parte di “noi” sicuramente non è “forte”, non ha capacità né di assimilare quelli che arrivano (sentiti come una minaccia e che, in certe situazioni difficili di povertà o precarietà, davvero portano un problema in più, che pesa e non è affrontabile a cuor leggero e senza aiuto). Ma un’altra parte sempre di “noi” (+ ricchi, + istruiti, + provvisti di relazioni che contano coi poteri politici, ec.) è sicuramente *forte* o mantiene ancora una notevole forza per intervenire in modo accogliente, assimilante, ecc. Senza affatto “destrutturarsi” per questo. Avevo già riportato in un altro commento sempre su FB quanto minima è la spesa indirizzata da questa parte di “noi” a favore di profughi, immigrati ecc.

    4. L’atteggiamento “umanitario” ( parola ambiguissima oggi, se si sono fatte guerre chiamandole “umanitarie”) andrebbe depurato dalla melma del buonismo e del cattivismo. E alla lunga, riflettendoci razionalmente, è più produttivo e lungimirante. Ovviamente non è una faccenda di individui nobili. Deve basarsi su una politica, necessariamente collettiva.

    X –
    Lei ha una visione da internazionale socialista. Noi siamo qui e siamo un popolo. Scelta o non scelta non ha alcun valore. Abbiamo radici, abbiamo una cultura comune e, abbia pazienza, la divisione tra ricchi e poveri, colti e ignoranti è abbastanza squallida: anche il povero e l’incolto appartengono alla comunità e anzi più di altri sono la base della cultura dei popoli. Sappia che i nostri splendidi centri storici sono i l frutto di quel popolo ignorante

    Ennio Abate @ X

    “Noi siamo qui e siamo un popolo” forse lo si poteva ancora dire nell’Ottocento. E anche l’internazionale socialista risale a quell’epoca. Se lei s’interrogasse di più su com’è cambiato il mondo non mi imgabbierebbe (e s’ingabbierebbe) in etichette di un lontano passato. Siamo semplicemente in una epoca storica più complicata, che ha strappato certe radici (anche a me care), ridotto una cultura comune alla pappa della cosiddetta cultura di massa e ha accentuato le divisioni, sì, tra ricchi e poveri, colti e semicolti e incolti. Niente affatto *squallide* per chi almeno le deve subire. E’ su questo che vorrei ragionare.

  19. @ Ricotta

    Io credo che nessuno abbia il diritto di rivalersi su di me per torti subiti da altri o comunque impormi la propria presenza senza il mio consenso, per qualsiasi ragione. Altrimenti innescheremmo una catena praticamente infinita di vendette. E’ evidente che c’è una regia in queste migrazioni. Io ho delle idee in merito ma non avendo prove è meglio che per ora non riveli i miei pensieri. (Ricotta)

    Vedi che le tue «idee in merito» sull’immigrazione che esiti a rivelare sono abbondantemente in circolazione. E per prendere il toro per le corna e non fare tanti giri di parole ti porto due esempi che senza peli sulla lingua dicono chiaro e tondo che gli immigrati vanno respinti, che accoglierli è una pazzia, che l’immigrazione è manovrata dagli USA per indebolire l’Europa e che l’Italia è l’anello debole di questa politica “buonista”. Personalmente non condivido queste posizioni e non mi sento né “buonista” né “cattivista”, ma ritengo che bisogna discuterne senza reticenze …

    1.
    Arrivano i barbari? Le manovre geopolitiche dietro i flussi migratori. di G. Petrosillo e A. Terrenzio
    (14/01/2016)

    I più superficiali ritengono che l’immigrazione di massa sul nostro suolo sia giustificata dal problema demografico e dall’invecchiamento della popolazione europea. Occorrono braccia a basso costo per mandare avanti la produzione e tenere bassi i salari. E’ la teoresi economicistica più in voga tra gli esperti (sedicenti) e sui giornali. Ma c’è forse una spiegazione geo-politica più attinente alla situazione reale.
    Potenze sulla carta alleate ed amiche dell’Europa, epperò di fatto portatrici di interessi opposti ai suoi, scaricano addosso ad essa i costi delle loro guerre, manovrando i flussi immigratori per mettere alle strette le classi dirigenti continentali, le quali si ritrovano invischiate in tali problematiche sociali che aggravano lo stato economico generale anziché migliorarlo e aprono squarci di criticità etnico-religiose. Portandoci i conflitti in casa, anche sotto forma di tensioni razziali, ci astringono alle loro logiche geopolitiche, condizionando le nostre agende decisionali.
    Gli esponenti del buonismo ipocrita di sinistra, quello che La Grassa definisce ceto medio semi-colto, sostengono questo apparente “scontro civiltà”col solo fatto di opporvisi strenuamente. Intorno al falso dilemma dell’accoglienza essi costruiscono dei castelli ideologici dove tutti restano imprigionati. In questa trappola propagandistica cadono come allocchi i rozzi di destra che si fanno trascinare nelle discussioni più sterili da simili progressisti reazionari, il cui scopo è di monopolizzare il dibattito affinché esso non giunga a toccare temi ben più scottanti, molto al di là delle miserabili beghe sui diritti civili dei miserabili in fuga. Perché miserabili lo stiamo diventando anche noi grazie all’assenza di visione strategica dei nostri leader e alla mancanza di ricollocazione geopolitica nell’incipiente multipolarismo.
    Il “multiculturalismo” ed il suo contrario sono argomenti da trivio utili a far precipitare la discussione in caciara, come richiede la logica degli estremismi contrapposti, reciprocamente irretenti e irritanti.
    Resta il fatto che non si possono aprire indiscriminatamente le frontiere a tutti perché le differenze non sono affatto una ricchezza, come ripetono senza pensare gli sciocchi col cuore tenero e la testa dura (quando sono in buona fede), ma possono essere motivo di destabilizzazione e corrosione dei tessuti connettivi sociali ospitanti, già in crisi d’identità. L’assimilazione del diverso è un meccanismo fondamentale per evitare il cortocircuito culturale. Questo processo, per essere davvero efficace, deve verificarsi anche esercitando la forza contro individui e minoranze riluttanti, come ci insegna la storia americana.
    E’ meglio che l’Europa capisca per tempo che buone e cattive maniere, quando si ha a che fare con l’immigrazione, nonché con i suoi eccessi “invadenti” e spesso generati ad arte, sono due facce della stessa medaglia. La risposta a queste emergenze deve essere razionale e aderente alle nostre priorità politiche, per non rischiare di essere travolti dagli eventi che possono non essere del tutto casuali. A buon intenditor…

    (http://www.conflittiestrategie.it/arrivano-i-barbari-le-manovre-geopolitiche-dietro-i-flussi-migratori)

    2.
    NUOVE IPOTESI ALLA PROVA, di GLG 18 aprile
    Gianfranco La Grassa (19/04/2015)

    Non è propriamente argomento che mi interessi in modo “sublime”, tuttavia non nascondo d’essere molto perplesso di fronte all’idiozia (almeno questo sembra) dei semicolti sinistri, che trattano sempre da razzisti (e logicamente fascisti) quelli che cominciano a scaldarsi fortemente per questa “pazzia” (apparente) di ricevere in massa gli immigrati da varie parti dell’Africa e, in questo momento, soprattutto dalla Libia. Non c’entra invece nulla il razzismo e nemmeno la mancanza di senso umanitario. E’ proprio che sono inesistenti gli “spazi” per simile demenziale accoglienza; non si può accogliere più nessuno. La famosa ripresina non ha per il momento messo in ascesa l’occupazione; anzi. E allora? Non si riesce a dare lavoro ai nostri giovani (e anche meno giovani) e si deve essere invasi da gente che semmai si vende a salario più basso e rischia di accrescere ulteriormente la disoccupazione degli italici? Fra l’altro questi coglioni di buonisti sinistri sono gli eredi di quegli altri “intelligentoni”, che un tempo urlavano contro i bassi salari pagati agli extracomunitari, accolti appunto perché ciò era nell’interesse dei “feroci padroni” assetati di profitti. Rara incoerenza, tipica di tutte le scatole craniche riempite di segatura.
    A parte questo, vengono requisiti alberghi di lusso, vengono date diarie (non dico alte, ma bastano a dissanguare le nostre “ricche risorse”), viene concessa un’ampia assistenza, anche sanitaria, togliendo ancora una volta spazi e tempi ai nostri connazionali; e altro ancora. Se va avanti così, finirà come nel ’51, quando vi fu l’inondazione del Polesine. Eravamo tutti obbligati a ricevere qualcuno dei sinistrati a casa nostra; e a mantenerlo, nel mentre ci guardava di traverso, diciamo meglio che ci odiava, osservando il nostro “benessere”. E comunque erano italiani. Un tempo si poteva pensare che questo umanitarismo (ipocrita) verso gli extracomunitari dipendesse dalla futura possibilità di avere masse di voti riconoscenti. Oggi non si può pensare a tempi così lunghi. Autentica stupidità? Spiegazione insufficiente.
    Avendo a che fare con italiani, e in un paese ormai disastrato, si potrebbe pensare che i nostri governanti, di sottobanco, abbiano avuto contatti con settori dell’islamismo “estremo” e abbiano contrattato una loro “clemenza” in fatto di eventuali attentati o altro, in cambio di una libertà d’entrata senza tanti controlli e con accoglienza molto “accattivante”. Questo accadde alcuni decenni fa, ma in misura del tutto minore, con determinate fazioni palestinesi. Oggi, l’ipotesi potrebbe anche essere credibile dato lo stato di indebolimento e demotivazione in cui sono messe le nostre cosiddette “forze dell’ordine”, che non credo ci servirebbero molto se ci fosse la reale intenzione di “attacchi” sul nostro territorio. Ciononostante, ammetto che una simile interpretazione non è convincente, è un po’ stiracchiata. Resta l’assurdità del comportamento degli organi di governo di questo paese totalmente allo sbando.
    A meno di condire un po’di più l’ipotesi in oggetto. Un tassello della strategia del caos orientata – sempre con “mano lasca” e costantemente nascosta – dagli Usa (di una certa parte politica, oggi espressa con il nome di Obama), che ha pure guidato tutta la politica italiana, dal 2010-11 in particolare, con la loro “longa manus” napolitaniana. Insomma, mi riferisco al passaggio attraverso Monti-Letta fino a Renzi, con la subdola (e certo obbligata) complicità del centro-destra berlusconiano, che ha costantemente condotto una opposizione blanda e comunque disorganizzata, al massimo verbalmente roboante, rendendo complicato l’emergere “tendenziale” di una opposizione più consistente, chiara e netta nelle sue finalità; e soprattutto efficace nel condurre una politica contro la UE, cioè contro l’europeismo quale stuoino degli Usa in funzione anti-Russia.
    In Africa e nel Medioriente il paese d’oltreoceano alimenta l’Isis, che poi però bombarda per creare un sentimento di guerra, in quanto guerra di civiltà contrapposte, che serva appunto a distrarre dall’obiettivo che le forze critiche anti-UE dovrebbero invece avere come assolutamente prioritario: distaccarsi sempre più dall’alleanza cardine di tutto il dopoguerra (degli ultimi 70 anni), mettendo in discussione la Nato e indirizzandosi verso la Russia. Organismi politici ancora troppo titubanti, ma comunque orientati in tal senso, sono sorti e hanno conosciuto un qualche sviluppo. E’ allora necessario che l’operazione Isis serva a spaventare le popolazioni europee, di modo che non si lascino attrarre da simile prospettiva anti-Usa e di allargamento delle alleanze con gli avversari del paese ancora preminente; il quale per 10 anni, dopo il crollo dell’Urss, fu convinto che il gioco condotto per restare gli unici a comandare nel mondo fosse ormai riuscito. Poi c’è stato l’amaro risveglio; si è allora messo in opera un tentativo di guerre condotte direttamente e linearmente. I risultati non sono stati soddisfacenti e si è così infine approntato un sistema di manovre assai più complicate e tortuose, basate appunto sulla creazione di continue aree di pantano e di correnti mischiate e contrapposte, difficili da interpretare e quindi da contrastare; mentre chi le ha promosse si orienta già meglio, pur concedendo qualcosa al verificarsi di episodi che a certuni sembrano uno “sfuggire di mano”.
    Il caos trova uno dei punti cardine in Italia, “porta d’entrata” in Europa. Ecco allora che si deve creare una situazione di massiccio ricevimento in Italia delle “forze del Male”. Perché da qui possono magari meglio creare un qualche scompiglio nel nostro continente. Forse quanto appena detto potrebbe meglio spiegare un certo qual compromesso attuato dai governanti italiani nei confronti dell’estremismo islamico; non necessariamente il più estremo, ma comunque una parte che serva ad alimentare il timore delle popolazioni, che poi vedrebbero negli Usa la difesa contro il Male, da tale paese invece alimentato nei limiti in cui serva ai suoi scopi di caos e di sfruttamento dello stesso per il proprio predominio mondiale, bloccando ogni spinta di certe forze europee verso oriente (Russia essenzialmente).
    Ci sono indubbiamente, e proprio verso “destra”, delle forze che anche in Italia criticano la politica obamiana. Si vedano alcuni ottimi articoli comparsi sul “Giornale” contro tale politica, soprattutto con riferimento all’imposizione di sanzioni alla Russia per la questione ucraina, contrarie ai nostri interessi. Vengono comunque individuate e con una certa radicalità proprio le finalità antirusse degli Usa (dell’attuale Amministrazione), seguite pedissequamente soprattutto da quella “sinistra” buonista e ipocrita, che vuole lasciare libero sfogo a falsi spiriti umanitari. Forse a questi settori critici antiobamiani si può pure collegare, non però strettamente, l’ultima uscita di Bergoglio relativamente al genocidio degli armeni. Non scordiamoci che la Turchia è notoriamente alimentatrice dell’Isis o comunque di settori islamici radicali (si schierò di fatto con gli Usa nel caso dell’eliminazione della Libia gheddafiana). La Turchia non opera in certe direzioni perché del tutto succube degli Usa (come lo è invece questa stolta e pericolosa “sinistra” europea e italiana in specie), ma in funzione dell’Iran sciita con cui contende il posto di prima subpotenza nell’area mediorientale (e, in parte, nordafricana). Bergoglio, con la sua “uscita” vuole chiamare a raccolta i cristiani (compresi quelli russi) contro l’islamismo; forse anche per rintuzzare, in via indiretta, la strategia americana degli ultimi anni. Il tutto però finalizzato non certo a spingere veramente per l’autonomia di certi paesi europei dagli Usa, con apertura alla Russia, ma soprattutto – io credo – per aprire spazi alla Chiesa in direzione dei settori protestanti, compresi alcuni di quelli americani.
    In tutto questo gioco massimamente confuso – ed infatti ammetto che quanto sto dicendo è comunque fortemente ipotetico – potrebbe inserirsi la longanimità italiana verso gli immigrati, decisamente pericolosi per ciò di cui una parte d’essi è portatrice. Adesso poi anche il gioco in Italia diventa sempre più un pasticcio inestricabile. Renzi è comunque in calo – anche se la sua opposizione interna è semplicemente ridicola e inetta – mentre si sta cercando di riportare un po’ a galla il Complice per eccellenza, Berlusconi, poiché ci si è accorti che lo si è fatto cadere troppo in basso. Se F.I. si sfascia del tutto e scende sotto il 10% dei voti (espressi), non può assolvere il suo compito principale; impedire che si rinsaldino nell’opposizione a Renzi quelle frazioni che, sia pure in modo assai indeciso e senza una vera strategia, guardano in qualche modo ad est (e in Europa al FN francese). Renzi è ancora la pedina principale da giocare, ma è meglio (non certo per noi) che Berlusconi non venga azzerato. Ormai si è venduto da anni agli Usa (di Obama) ed è, lo ripeto, essenziale per creare forti difficoltà in quel fronte, che è oggi l’unico da cui potrebbero uscire sia pur deboli “vagiti” filorussi e quindi, oggettivamente, contrari alla nostra netta subordinazione alla strategia degli Stati Uniti, che attaccano con virulenza la Russia per eliminare il principale ostacolo ad una loro supremazia di tipo monocentrico.
    Non se ne uscirà mai finché certe forze critiche della politica statunitense continueranno con sotterfugi e mancanza di chiarezza nell’indicare il perché di queste critiche. La confusione, perfino se certi vertici di tali forze fossero in buona fede, può poi giocare a favore di altri dirigenti che sono in attesa di eventuali concessioni Usa a tali critici, concessioni finalizzate a smussarle e renderle innocue. A quel punto, questi altri dirigenti si farebbero avanti e sostituirebbero i vertici eventualmente in buona fede. Ormai dovrebbe essere abbastanza chiaro che il gioco che si sta giocando è…….decisamente poco chiaro! Serve a poco inseguire chi è critico della politica obamiana, chi timidamente avanza propensioni per una politica spostata verso est. Meno ancora sono affidabili coloro che svicolano verso la critica all’UE, e magari sostenendo che il vero nemico da battere è la Germania; non parliamo di quelli che credono alla decisività della riconquista della sovranità monetaria. E poi, sopra tutti i personaggi negativi (spesso in mala fede nello sviare l’attenzione dal problema centrale), stanno i sostenitori della predominanza della finanza, delle banche, ecc.
    Mi dispiace, basta! L’avversario principale sono gli Usa; passano da una strategia all’altra e magari domani ad un’altra ancora. Una forza che seguiremmo senza esitazioni sarebbe quella che affermasse senza giri di parole e sotterfugi vari che dobbiamo allontanarci dall’alleanza con tale paese e trovare nuovi sostituti, primo fra tutti, nell’attuale contingenza storica (non certo perché adesso lo pensiamo come rappresentante del Bene), la Russia. E in Italia tale forza non dovrebbe fare compromessi con chi ha ormai dimostrato la sua ambiguità di sostanziale complice dell’attuale Governo. Posso capire, politicamente, il compromesso di Salvini, sicuramente ricattato da Berlusconi per un possibile appoggio a Tosi; il che rischiava di far cadere il Veneto in altre mani. Lo posso capire, ma capisco anche che chi è soggetto a simili ricatti non potrà fare molto. Il paese ha bisogno di una forza nazionale, in grado di chiamare a raccolta le “truppe” migliori. Finché nulla del genere apparirà all’orizzonte, staremo in sofferenza.

    (http://www.conflittiestrategie.it/nuove-ipotesi-alla-prova-di-glg-18-aprile)

  20. Il fascino di GLG è la Strategia, non quella o quelle che cerca di rintracciare in questo testo, ma la Volontà che guida gli eventi, cioè la certezza che gli eventi non vadano a caso ma perché c’è Chi così vuole.
    È da un lato un richiamo (un po’ bastardo) alla provvidenza, o allo Spiroto a cavallo, dall’altro alla Storia che ha un senso (anche se solo a posteriori). Comunque pare a leggerlo che noi *contiamo*, non proprio io, ma magari in molti, o qualcuno più lucido o motivato…
    Pare che il mondo umano non sia come la natura, da subire e inseguire per conoscere che sorte ci propina, ma sia la nostra sfera propria in cui siamo Signori e Domini, chi più chi meno, ma cosa nostra…
    Invece l’idea di Male, Hitler e l’Isis, ci espropria di questo controllo, il male è natura e lo possiamo solo subire e combattere. Ecco la forza della religione, delle rel monoteistiche: separando umanità e materia ammettono la lotta per principio con la materia (il Male, la natura anche umana malata), guidata dalla mente.
    Siamo tornati alle origini, invece GLG si situa ancora in quel prima, quando si credeva di dare senso alla Storia umana.
    Devo però dire che, nonostante il 900 abbia seccato le radici di quell’ottimismo, non esistono oggi “ragioni’ (che io sappia) per cui si possa decidere se la prospettiva strategica valga più o meno di quella dualista religiosa.
    Altro discorso implicherebbe il Caso, la cecità relativistica in cui si trovano sballottati i molti, i quasi tutti. C’è da chiedersi se il Caso, e la rassegnazione richiesta, e il nichilismo e il relativismo connessi, non siano l’interesse di qualcuno… ma allora avrebbe ragione GLG, il Caso non esiste…

  21. Le ipotesi formulate da La Grassa e gli altri riportati da Ennio (e nelle quali credo si riconosca anche Angelo Ricotta), sono sostanzialmente corrette: ci sono gruppi di potere che utilizzano (e fomentano) questo problema per destabilizzare la nostra società. Questo però va visto in chiave economica (braccia sottocosto, crollo del costo del lavoro, imbarbarimento dei rapporti sociali così da avere una società più controllabile), piuttosto che culturale.

    Della “purezza culturale” di un popolo o del melting pot che può nascere da queste fusioni, a costoro non interessa quasi nulla, se non quello che può portare a una società più autoritaria, cioè più governabile dall’alto, per i loro fini – ovviamente – e non certo per il benessere comune…

    Culturalmente parlando, anzi, ben vengano le ibridazioni: perché sono una ricchezza aggiunta e perché l’evoluzione della cultura umana ha sempre seguito questa strada, per fortuna. Il concetto di “identità culturale” fissa è solo un concetto per quei polli, che han bisogno di correre dietro a una qualsiasi bandiera e valido in limiti di tempo ristretti; sempre più ristretti, vista la continua velocizzazione delle comunicazioni. Per avere un’identità culturale “stabile”, bisognerebbe rifarsi ai Neanderthal o ai Cro-Magnon; e non ne sono nemmeno tanto sicuro.

    Le ipotesi dunque sono giuste, ma le soluzioni lo sono fino a un certo punto: più controlli va bene; un limitato, minoritario numero di respingimenti è inevitabile; un’applicazione più rigida dell’applicazione delle sentenze e quindi del rimpatrio di chi ha commesso crimini, va bene anche. Ma noi dovremmo essere diversi (nel senso di più evoluti) di chi lavora per lo “scontro di civiltà”: il che significa operare per un’accoglienza a misura delle nostre possibilità.

    Questo concetto sposta il problema dal semplice “che fare” (che dovrebbe essere abbastanza chiaro), a una questione di scala: cosa possiamo fare, noi, alla scala a cui riusciamo ad arrivare? E allora ciascuno dovrebbe darsi una risposta propria, sulla base del fatto che riesca ad operare a livello di singolo, che sia inserito in qualcosa che operi a livello territoriale; o addirittura politico, magari anche solo a livello locale.

    “Alla scala” e “con le competenze”, aggiungo: perché senza le seconde, anche la buona volontà più adamantina si trasforma in un boomerang.

  22. “Vedi che le tue «idee in merito» sull’immigrazione che esiti a rivelare sono abbondantemente in circolazione. Ennio Abate”
    Lo so. Ma io intendevo qualcosa a scala molto più piccola, locale. Insomma nomi e cognomi di casa nostra. Ovvero di certuni che secondo me mentono spudoratamente sulle loro reali motivazioni. Comunque niente di trascendentale.

    “Le ipotesi formulate da La Grassa e gli altri riportati da Ennio (e nelle quali credo si riconosca anche Angelo Ricotta). Alberto Rizzi”
    Ma naturalmente, anche se non avevo ancora letto questi specifici articoli. Poi in qualche dettaglio si può dissentire ma ritengo ciò ininfluente. Una critica interessante è anche quella di Cristiana Fischer: occorre capire meglio quale sia il ruolo del caso nelle vicende umane. Ad esempio variazioni climatiche incontrollabili o incontrollate possono dar luogo ad eventi di rilevanza sociale e quindi politica. Insomma ampliare il quadro dell’analisi oltre il puro determinismo. Infine concordo (di nuovo) con Alberto Rizzi che, al più presto, ossia prima che sia troppo tardi, che bisogna passare “…ad operare a livello di singolo, che sia inserito in qualcosa che operi a livello territoriale; o addirittura politico, magari anche solo a livello locale…”. Forse non riusciremo a spostare il moto del baricentro di questo enorme sistema in movimento verso la catastrofe. Ma qual è l’alternativa?

  23. Se è solo questione di numeri, potremmo sempre inviare un po’ di italiani – non militarizzati – in Africa, e saremmo pari. Basterebbe una campagna mediatica, sia qui che in Africa: Vieni in Africa /in occidente, fratello! scrivi alle famiglie, alle università, alle drogherie… con facilitazioni eccetera. Insomma, darsi una mossa invece di restare allibiti a chiedersi se sia giusto oppure no! tanto è quel che accade: che gli vendiamo le armi e vogliamo farci buoni affari; e loro, che non gli cada una bomba sul tetto che già traballa di suo. Permessi di due anni, se in regola, e se trovano lavoro, bene. Altrimenti, disoccupati qui o disoccupati là, che cambia? Ai disoccupati non resta che il furto o l’elemosina: l’Europa capitalistica è un paese barbaro, che preserva la specie di chi ce la fa.

    1. Sei d’accordo con Rino Formica! “Proviamo a immaginare uno scambio tra 50 milioni di africani che vengono in Europa e 50 milioni di europei che vanno in Africa. Nel vecchio continente sparirebbero i partiti attuali, tutti superati, e in Africa scomparirebbero le tribù. Proviamo a immaginare, ad avere una visione. Insomma, torniamo a fare politica.” Che te ne pare?
      http://www.ilsussidiario.net/News/Politica/2016/3/16/SCENARIO-Formica-Renzi-questa-volta-impari-dalla-Merkel/688249/

    1. …ma si tratta di una poesia che inizia, a dispetto dell’errata traduzione (deliberatamente errata?), con un verso perentorio e chiarificatore d’ogni vana discussione: “Voi senza dubbio ci mostrate un cammino…”… Loro mostrano “sans doute”, altri continuano a non intendere come assai sovente accade nella storia…

  24. è vero, nel primo verso il poeta dice: “Voi ci mostrate “sans doute” una strada…”, ma negli ultimi versi la sua certezza sembra attenuarsi più che altro in un augurio “…e chissà (?) se non scrivete adesso/ il poema di una nascita più dolce”

    1. @Annamaria Locatelli
      … a me pare invece che anche negli ultimi versi si ribadisca con fermezza il concetto della necessità di un cammino comune (et vous savez déjà bien davantage); l’incertezza riguarda solo una possibile storia ancora tutta da scrivere ( le poème d’une naissance plus douce)…. nulla di “romantico” quindi nella poesia, ma solo un veggente realismo!

      (…. bisognerebbe sempre riflettere a lungo, molto a lungo sui versi (e magari tradurli correttamente) e poi, invece di scrivere, continuare a riflettere fino ad aprirsi a benefici mutamenti, prima soggettivi e poi intersoggettivi, finalmente comuni…)

      1. Se vogliamo fare un discorso estetico, anch’io continuo a non vederci nulla di “Romantico”; forse anche la definizione di “veggente realismo” è un po’ esagerata, ma di sicuro l’unica apertura a un po’ di sentimentalismo si può cogliere solo nella seconda quartina. Ma non inficia il risultato della poesia.

  25. IMMIGRATORIO INFRATERNO E CLAUDICANTE

    Scrap–book dal Web in forma di samizdat (giugno 2015 /marzo 2016). Poemetto in lavorazione.
    di E. A.

      multas per gentes et multa per aequora vectus
      advenio has miseras frater ad inferias

      (Catullo, Carmen 101)

      Io poi non ho motivo di lamentarmi
      dormo nel mio letto
      leggo le gazzette a letto quando è sera, disteso
      fumo anche il mio sigaro dopo il caffè
      intanto calcolo che un letto ben amministrato
      a Torino sabauda rende fino a
      centomila mensili e quattro letti
      in una tale stanza (o locale) ruotando nel sonno
      naturalmente scomposto di questi cafoni i quattrocento mensili.

      (Roberto Roversi, Quarantaduesima descrizione in atto, in “Le descrizioni in atto (1963 – 1969)

    I

    costruiranno muro – per fermare i migranti
    tra Ungheria e Serbia – sempre loro i migranti
    spendono miliardi d’euro – per fermare i migranti

    i regolari sì, gli irregolari no – decide chi fa i muri –
    e fa i migranti e rafforza controlli e frontiere –
    500 milioni di europei sono (sarebbero!) assediati

    centomila migranti e richiedenti asilo sono
    (sarebbero!) assalitori – una guerra sarebbe –
    le guerre inventate – che arrivano dal mare –

    arrivano dal mare – e pure dai valichi – Raf Vallone
    – camminano sperando di camminare ancora –
    arrivano sulle coste – arrivano in mucchi

    e poi si disperdono – li disperdono – quando
    non muoiono sembrano come noi – noi chi? –
    noi di quando tempo fa? – bambini stravolti

    e genitori disperati lo fummo in passato noi
    – ma noi chi fummo? – fummo compassionevoli
    – Polesine, terremoti vari – fummo infastiditi

    una volta fummo così – quanti infastiditi?
    quanti compassionevoli? – in quel passato
    di stracci e d ‘ori – più realisti adesso siamo

    – più vecchi di loro – Liberté, Égalité, Fraternité?
    – una volta, quando eravamo giovani, pazzi
    e pericolosi – come loro – ora tocca difenderci –

    per morire forti , sazi, ricchi e potenti e fottere
    lo Stato – lo Stato che dà 35 euro al giorno ai neri –
    in nome del vuoto che chiamano solidarietà

    con gli ultimi – gli oppressi – parola da eliminare –
    nessuno di noi – chi noi? – opprime, ha oppresso
    questi cosiddetti oppressi – noi – chi noi? – siamo

    oppressi dai cosiddetti oppressi e da chi vuole
    imporci di aiutarli, assisterli, baciarli in bocca –
    noi – chi noi? – ne importiamo ormai i modelli

    di segregazione – tutte le bambine di una classe
    in Svezia – a una visita medica obbligatoria
    sono risultate infibulate !- tornatevene giù

    laggiù – nei vostri paradisi segregati dove
    alle donne non permettete di guidare
    o uscire di casa senza il tabarro – che balle!

    – balle o non balle, li ho visti coi miei occhi
    nel mio paese in montagna – Lizzola – Val
    Seriana – ridente un dì – 130 abitanti – zero

    giovani con lavoro oggi – li ho visti li ho visti –
    ospitati – eran cento giovani e forti ma immigrati
    purtroppo – e con smartphone e i bancomat –

    pure i soldi gli danno per comprare sigarette
    e le scarpe firmate! – e se a lei piacciono tanto
    ‘sti oppressi , ‘sti immigrati – se li porti a casa sua

    da me – vicino a me – nei pressi di me no e no –
    io ragiono così – ragiono e gli sputo in faccia
    il mio lessico d’odio – bivacco – assedio – zin¬gari

    – nomadi – extracomunitari – clandestini – degrado –
    esodo (col cazzo!) biblico – ripulire – un po’ di decoro –
    noi razzisti? noi filistei? perché ci rifiutiamo di

    pulire dove loro defecano e curargli la scabbia?
    discutiamo, discutete! – le alternative ci sono
    – due – e solo due: sparargli, affondarli, respingerli

    con violenza e rigore doganiere – sono merci
    non autorizzate, lo sa? – l’altra soluzione è la guerra –
    docet Ferrara in folio – una politica estera aggressiva –

    cerchiamo il casus belli – premiamo sugli alleati
    occidentali – willing coalition subito – diamo ordine
    – il nostro? – c’è solo quello sa – al disordine africano

    e mediorientale – guerra – guerra – si vis eccetera
    – cali pure il sipario su nostro benessere –
    ma no ai mendicanti di spazio vitale – guerra!

    per risanare il mondo che preme in farraginoso subbuglio
    – sforzo nazionale, tasse, spese militari impegno incivile
    subito! – rinunciare agli equilibrismi – guerra!

    [1 continua]

    1. Beh, mica male, come poesia civile…

      Visto che questa è la prima parte, spero che – dopo la denuncia della situazione di fatto – tu faccia seguire qualcosa di propositivo.

  26. Salve,

    come autore della poesia “Naissance” non voglio participare ai commenti, ma solo prima ringraziare tutti per la lettura e la voglia di communicare riflessioni.

    E secondo, vorrei spiegare adesso per la traduzione che in francese “sans doute” significa solo “forse”, “può darsi”, e che “sans aucun doute” significa “senza dubbio”. Il “sans doute” è solamente dunque una eventualità: “je vais sans doute cet après-midi à la piscine” significa: “forse vado sto pomeriggio alla piscina” e non di più, e non è per niente l’informazione di una certezza.
    Un caro saluto,
    Alain Rivière

    1. Ringrazio Alain Riviere per la preziosa poesia e per la bella lezione di lingua francese impartitami. Non si finisce mai di imparare: grazie di cuore.

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