Segnalazione

Su “POLISCRITTURE FB”

VOUCHER. CHE S’ADDA’ FA PE CAMPA’

Voucher Elena Saraceno

L’articolo di Chiara Saraceno a favore della proposta di un reddito di base (http://ilmanifesto.info/chiara-saraceno-un-reddito-di-base-contro-i-ricatti-del-lavoro-povero/) e la lettera di testimonianza di Elena Abate sul disagio in cui tanti giovani ed ex giovani si trovano a vivere nella crisi di questo Paese hanno suscitato su POLISCRITTURE FB una discussione scoppiettante sulla validità o meno di tale proposta. E’ il caso di riportare l’attenzione sulle trasformazioni del lavoro, sulle sue conseguenze sociali (disoccupazione, lavoro precario, sottoccupazione, inoccupazione) operando sia sul piano dell’inchiesta sociale documentata e diretta sia sul piano di una riflessione teorica mai sganciata dalla realtà e dalla volontà politica di diminuire quantomeno la sofferenza sociale. M’impegnerò, spero assieme ad altri redattori di Poliscritture, a selezionare, riassumere, semplificare e commentare articoli o saggi che possano chiarire le idee a noi, spesso costretti al ruolo di osservatori impotenti, e a chi vive sulla sua pelle questi problemi. Invito tutti i lettori a segnalarmi/ci materiali degni di riflessione.[E. A.]

8 pensieri su “Segnalazione

  1. PRO O CONTRO IL REDDITO DI BASE. DOCUMENTO 1

    http://goofynomics.blogspot.it/2015/06/il-reddito-della-gleba.html

    giovedì 4 giugno 2015
    Il reddito della gleba

    Stralci significativi:

    1.
    in un mondo nel quale quindi la polarizzazione dei redditi indotta dalla deflazione sta creando una platea sterminata di poveri; bene: in questo mondo, il nostro mondo, si pone il problema di tenerli buoni, questi poveri…

    2.
    I soldi li troveranno, e questa è la parte apparentemente più dolorosa del ragionamento, tassando le vostre case e tagliando le vostre pensioni. Del resto, scusate, se voi foste il potere, cosa preferireste fare? Togliere soldi a chi non ha più la forza di andare in piazza per darli a chi ancora ce l’ha,

    3.
    il reddito della gleba viene spinto, in modalità marginalmente diverse, da due partiti/non partiti (forme “liquide”, o meglio “sciolte”, di organizzazione del dissenso, evidentemente finalizzate alla creazione di un sottoproletariato tanto digitalizzato quanto privo di coscienza di classe): la MMT [Modern Money Theory][1] e il 5 Stelle, i quali, per motivi assolutamente casuali (o causali?), hanno entrambi un collegamento più o meno esplicito con gli Stati Uniti.

    3.1
    Viene allora da chiedersi: “Ma com’è possibile che di tutti i paesi al mondo proprio l’Italia abbia avuto la sorte propizia di essere eletta per intraprendere un percorso di salvezza?” Sì, perché se voi googlate “MMT France” vi esce questo, se digitate “MMT UK” vi escequesto, se digitate “MMT Espana” vi esce questo, se digitate “MMT Portugal” vi escequesto… eccetera. E la risposta forse è nel caso, al quale, come saprete, attribuisco grande importanza, forse nel fatto che per stabilizzare l’euro, strumento della pax americana, occorre stabilizzare il paese politicamente più rischioso per la tenuta dell’euro, che resta l’Italia, sia perché ha dimensioni tali da far saltare un progetto nel quale ha solo da perdere, sia perché in Italia, a differenza che in altri paesi, c’è un dibattito.

    Ma il reddito della gleba è il cavallo di battaglia di un altro movimento, dei nostri amici ortotteri, emanazione di una società di consulenza che qualche legame con la potenza egemone pare l’abbia avuto (del tutto casuale, non sono un complottista).

    Il reddito della gleba al mondo della grande finanza fa comodo, è indubbio, come gli fa comodo (per ora) l’euro. E infatti i due movimenti pro-reddito della gleba non si sono particolarmente contraddistinti per la loro critica all’euro (con buona pace dei fessi che pensano il contrario, perché qualche furbo li ha indotti a pensarlo)

    3.2.
    un terzo movimento che ha il suo riferimento ideologico se non proprio negli Stati Uniti, in un posto ad essi piuttosto vicino, il PD, si aggiunge alla lista degli utili idioti della finanza internazionale il cui scopo è quello di scardinare le costituzioni socialdemocratiche, certo non per cattiveria d’animo, ma perché, semplicemente, a loro conviene che sia così. Ed avendo loro il controllo dell’informazione, non gli sarà difficile credere che quello che stanno facendo lo stiano facendo nel vostro interesse.

    3.3
    La retta della finanza internazionale passa per questi tre punti:

    1) difesa dell’euro (o meglio ancora critica fasulla), inteso come punto culminante della piena liberalizzazione dei movimenti di capitali (utili idioti disposti a difendera se ne trovano a mazzi, come ormai avrete capito);

    2) adozione di una legge elettorale liberticida;

    3) reddito della gleba (perché comunque i poveracci non puoi solo bastonarli, altrimenti poi lavorano male).4.
    Parto dal presupposto che chi attacca la Costituzione nata dall’antifascismo sia un fascista. Ai fascisti di ieri, di oggi, e di domani, ricordo qual è la linea del Piave:

    Art. 4
    La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
    Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

    Art. 36.
    Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.

    La linea del Piave è il combinato disposto di questi due articoli. Gli Italiani non vogliono la mancia, vogliono un lavoro, perché è loro diritto averlo.

    [1]
    Teoria della Moneta Moderna (TMM, nota anche con l’acronimo inglese MMT Modern Monetary Theory) o neo-cartalismo[1][2][3] è il nome di una teoria economica che intende descrivere nel dettaglio le procedure e le conseguenze dell’utilizzo della moneta a corso legale rilasciata dallo stato. La teoria economica è sostenuta da alcuni economisti post-keynesiani

    Commento mio:
    Cosa indica il tono con cui Bagnai si rivolge ai lettori così:
    «E ora scatenatevi, plebaglia! Nell’attesa che l’imperatore vi getti un pugno di sesterzi dal balcone, vi concedo questa libertà…»

  2. PRO O CONTRO IL REDDITO DI BASE. DOCUMENTO 2

    Ugo Marani: “Reddito minimo promesso da De Magistris? Annuncio generico e lacunoso”

    Intervista a Ugo Marani, docente della London School of Economics, che attacca sulla promessa di De Magistris di istituire un reddito minimo di cittadinanza: “Per un provvedimento del genere non si possono trovare le coperture dicendo ‘facciamo i tagli’ “.

    http://napoli.fanpage.it/ugo-marani-reddito-minimo-promesso-da-de-magistris-annuncio-generico-e-lacunoso/

    Stralcio:
    Anche Gianni Lettieri, candidato per il centrodestra e Matteo Brambilla del M5S, hanno nei rispettivi programmi il reddito di cittadinanza ma a condizioni diverse. Lettieri per esempio dice di prendere le risorse dal Fondo Sociale Europeo, più plausibile come proposta?

    Il reddito di cittadinanza, o le sue mille accezioni, è una proposta che hanno fatto in tanti. Lo stesso Comitato reddito minimo garantito aveva lanciato la proposta di legge per introdurlo. Io non so se c’è una sostenibilità oppure no. Tutto dipende dai criteri che vengono utilizzati per individuare le categorie degli aventi diritto, di certo non si possono trovare le coperture dicendo “facciamo i tagli”.

    Ma non si rischia di incentivare il lavoro nero, già una piaga dell’economia di questa regione?

    Al contrario lo disincentiverebbe. Il lavoro nero è un fenomeno talmente diffuso ed introitato nel tessuto economico della città che non esiste nessuna misura in grado di incentivarlo ancora di più.

    Commento mio:
    Di limitato interesse. Si pone solo la questione della «sostenibilità» della proposta[da parte dello Stato o in questo caso del Comune di Napoli o della Regione Campania?]

  3. https://youtu.be/pMvibuEqaSQ

    PRO O CONTRO IL REDDITO DI BASE. DOCUMENTO 3

    AIP – Giovanna Vertova #20- Critica del reddito di cittadinanza

    Questo intervento è del 2014. Giovanna Vertova muoveva queste critiche ai discorsi su una questione indicata con termini diversi (reddito di esistenza o incondizionato, reddito garantito, salario minimo, salario sociale) che rimandano a cose diverse:

    1. la proposta non è chiara;
    2. viene presentata come l’unica panacea, l’unica soluzione, mentre la crisi è complessa e richiede risposte articolate;
    3. divide, frammenta la classe lavoratrice invece di unificarla, contrapponendo quelli che lavorano agli altri esclusi dal lavoro;
    4. rischia di abbassare i salari dei lavoratori, perché i capitalisti, sapendo che lo Stato integrerà in parte il salario con un reddito d’esistenza [ ma a quelli esclusi dal lavoro o a quelli che lavorano? qui non è chiaro…], abbasseranno i salari dei lavoratori. Ci sono degli esempi storici tratti dagli studi di Polany: con l’introduzione [in quale epoca?] di “sussidi caritatevoli” verso i poveri da parte delle chiese locali in Inghilterra, i padroni abbassarono i salari;
    5. finisce per accantonare la “battaglia contro lo sfruttamento”; e induce a lottare soltanto per la redistribuzione del reddito, che non intacca i rapporti di produzione, il rapporto tra capitale e lavoro; e così gli esclusi dal lavoro non entreranno mai più nel mondo del lavoro (nei rapporti di produzione capitalistici);
    6. poiché si può distribuire solo quello che si è prodotto, la produzione che non verrà più fatta il Italia, sarà a carico dei lavoratori di altri paesi (della classe operaia mondiale), i quali lavoreranno per quelli che nei paesi ricchi si possono permettere un reddito di esistenza;
    6. quanto alla fattibilità della proposta, si deve tener conto che in Italia, a causa del tipo di fiscalità ben poco progressiva, della evasione fiscale incontrollata e della tassazione che viene a pesare soprattutto su lavoratori e pensionati e non certo sui capitalisti o sulla rendita finanziaria, c’è il forte rischio che il reddito di cittadinanza a chi sarà escluso dal lavoro verrà pagato da quelli che lavorano.

    Mio commento:
    Non mi pronuncio per ora sui singoli punti. Noto soltanto che Giovanna Vertova non si oppone frontalmente alla proposta e sembra criticare soprattutto la vaghezza o la fumosità dei fautori a livello politico della proposta stessa (PD, SEL, M5S, postoperaisti); invitare a parlare senza reticenze di *sussidio di disoccupazione universale* e a non smarrire l’obiettivo “classico” della piena occupazione.

  4. @ Ennio Abate:
    Cosa indica il tono con cui Bagnai si rivolge ai lettori così:
    «E ora scatenatevi, plebaglia! Nell’attesa che l’imperatore vi getti un pugno di sesterzi dal balcone, vi concedo questa libertà…»

    Non faccio il portavoce di nessuno, ma credo che il tono (scherzoso) di Bagnai sia indice della confidenza instaurata coi suoi lettori. Chi legge il suo blog, è ormai avvezzo a simili “affettuosità”. Ma queste sono frusaglie rispetto al nucleo dell’articolo.

    1. PRO O CONTRO IL REDDITO DI BASE. DOCUMENTO 4

      LA DEFLAZIONE SALARIALE SPIEGATA AGLI OPERAI DELLA WHIRLPOOL (CHE LA CONOSCONO GIÀ)
      di Sergio Cesaratto
      Dipartimento di Economia, Università di Siena

      Stralcio:

      Certo, di meglio si poteva fare: più giustizia distributiva e fiscale avrebbero potuto moderare il conflitto, ciò che avrebbe però richiesto una borghesia lungimirante; un più rapido adeguamento dell’imposizione fiscale e la lotta all’evasione, a fronte di una spesa sociale che finalmente cominciava ad adeguarsi agli standard europei avrebbe impedito l’esplodere del debito pubblico, la cui concausa furono gli alti tassi di interesse conseguenza dello SME. Per chiarire quest’ultimo punto: nel corso degli anni 1980, con i cambi fissi e un’inflazione in discesa, ma pur sempre più alta della Germania, il nostro Paese si trovò con forti disavanzi esteri. Non potendo infatti più svalutare adeguatamente per compensare la più elevata inflazione, la competitività del Paese ne soffrì. Questo implicò indebitamento verso l’estero a tassi di interessi crescenti (gli stranieri investivano sì in titoli italiani, ma per coprirsi dal rischio di svalutazione della lira chiedevano tassi assai onerosi). Con l’uscita (temporanea) dallo SME nel 1992, la svalutazione e la ripresa delle esportazioni consentì al Paese di riaggiustare i conti esteri e restituire il debito estero.
      Dagli anni 1990 la globalizzazione di capitale e lavoro si fa più massiccia. Questa va intesa come un imponente movimento del capitalismo verso l’estensione su scala globale dell’esercito industriale di riserva (la sacca di disoccupati che serve a calmierare i salari, il termine è di Marx). Da un lato gli impianti si spostano verso paesi dove il costo del lavoro è più basso, dall’altro i fenomeni migratori portano all’interno dei paesi industrializzati la concorrenza della forza-lavoro a basso costo. La pressione su salari e diritti si fa tremenda. Al contempo il rafforzamento delle grandi istituzioni internazionali come il WTO (oggi il TTIP) è volto a smantellare i poteri degli Stati sovrani, sì da depotenziare la linea di difesa dei diritti costituito dalle istituzioni democratiche nazionali. Il rafforzamento delle istituzioni europee culminato nella creazione della moneta unica si iscrive in questo quadro.
      L’euro è la sanzione della strategia della deflazione salariale [1]. L’ideologia che guida l’Italia ad aderire alla moneta unica è quella del “legarsi le mani”, come fu definita da due sciagurati economisti (Francesco Giavazzi e Marco Pagano): cancellata definitivamente la possibilità di aggiustare il cambio, l’unica via per mantenere i posti di lavoro è la deflazione salariale. Naturalmente questo non viene detto esplicitamente: si dice che l’euro imporrà di effettuare le riforme che il Paese da lungo attende (leggi la riforma del mercato del lavoro culminata nel Jobs Act).
      Il BOX 1 illustrava come, tuttavia, se tutti i paesi adottano la deflazione competitiva, questo è un gioco a somma zero, se vince uno perde l’altro e dunque il paese che fa più deflazione salariale spiazza gli altri in un suicida gioco al ribasso. E il paese più bravo a farla è stata la Germania che, con le riforme del mercato del lavoro del socialdemocratico Schroeder, spiazzò tutti nel 2003. Alla deflazione salariale la Germania affiancò la sua tradizionale forza produttiva sostenuta da un poderoso apparato statale pro-business (ricerca, ottima formazione a ogni livello, apparato pubblico e politica estera sostegni delle esportazioni ecc.), quello che si chiama Stato mercantilista insomma. Pur con un’inflazione ridotta al lumicino, il nostro Paese si vede di nuovo spiazzato dal temuto concorrente, ed è allora che il discorso sul declino italiano si fa più pressante. Oggi la Spagna è portata ad esempio di successo della deflazione salariale: vedete, si dice, come tempestive riforme del mercato del lavoro (leggi smantellamento dei diritti sindacali e condizioni di lavoro massacranti) portano alla ripresa del Pil? Non ci si rende conto che in Europa questo, alla lunga, non è neppure un gioco a somma zero, in cui almeno uno vince, ma è un gioco al massacro collettivo: il vincitore si ergerà alla fine sulle rovine dei concorrenti, e sulle proprie. Non esattamente un successo.
      Qual è l’alternativa? Quella più ragionevole sarebbe di politiche europee espansive concertate fra i diversi paesi, con la Germania a fare da traino espandendo il proprio mercato interno attraverso un cospicuo aumento di salari e spesa pubblica. Dunque l’abbandono della deflazione salariale innanzitutto da parte del paese leader. Ma ciò non accadrà. La Germania non abbandonerà mai il proprio modello mercantilista (vendere agli altri e non comprare). Questo paese costituirebbe comunque un problema anche se l’euro crollasse.
      In questo quadro scoraggiante, non sono in grado di dare suggerimenti ai compagni della Whirpool su quale strategia sindacale adottare a livello locale. Sindacati ed enti locali dovrebbero forse costringere l’azienda ad impegnarsi in politiche dell’innovazione, in collaborazione per esempio con le università toscane, per individuare nuovi prodotti di alta gamma, anche puntando sulla formazione del personale. Ma sono solo idee, come noto, chi sa fa, chi non sa insegna. A livello nazionale si tratta ovviamente di combattere le politiche di austerità che sono anch’esse parte della deflazione salariale in quanto mirano ad abbattere il salario indiretto, quello consistente di erogazioni sociali (pensioni, sanità, istruzione, assistenza sociale). Queste politiche hanno distrutto il mercato interno portando a una drammatica perdita di capacità produttiva. Va inoltre accresciuta la consapevolezza che l’Europa, monetaria e non, è lo strumento della deflazione salariale (ce lo chiede l’Europa), e poco conta il contentino che ci viene dato sul terreno dei diritti civili, che funge da specchietto per le allodole.
      (da http://www.asimmetrie.org/opinions/la-deflazione-salariale-spiegata-agli-operai-della-whirlpool-che-la-conoscono-gia/)

      [1] – Deflazione salariale vuol dire competere con gli altri paesi giocando su un basso costo del lavoro. Si noti che questo vuol dire rinunciare a un ampio mercato interno per i prodotti – se i salari sono bassi, tali saranno anche i consumi – con l’obiettivo di conquistare mercati esteri. La strategia di deflazione salariale è detta anche deflazione competitiva: si punta a tenere prezzi e salari nazionali bassi per spiazzare i concorrenti sui mercati esteri. L’obiezione fondamentale alla deflazione competitiva è che se tutti i paesi adottano questa strategia, chi compra? E’ questo il nodo fondamentale del capitalismo, per cui oggi si parla di stagnazione secolare, un pericolo che deriva dal pauroso aumento della diseguaglianza.

      *Nota di E. A.
      A Roberto Bugliani e ad altri eventuali collaboratori.

      Vi chiederei di non mandarmi solo la segnalazione del link (comunque utilissima) ma di scegliere uno stralcio particolarmente significativo e più o meno breve. Poi i lettori più volenterosi o con più tempo possono, risalendo al link, leggere tutto. Grazie.

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