Juan de Mairena. Lezione: sul concetto di storia

Mairena

A FIOR DI TEMPO (1)

di Alessandro Scuro

Con questa prima lezione Alessandro Scuro inizia un’esplorazione a puntate della letteratura spagnola. Poliscritture ringrazia per questa preziosa collaborazione. [E. A.]

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L’immagine più nitida della storia, intesa come speranza irrealizzata da attizzare e alimentare e non come cenere delle passioni ormai estinte del passato, può essere resa con l’espressione contenuta nei versi di una canzone popolare ecuadoriana, cantata tra gli altri, da Paco Ibáñez, il cantore dei poeti. Proprio con questi intenti il cantore valenciano, a partire da metà degli anni Cinquanta, ha dedicato la vita intera a musicare una sterminata antologia musicale a partire dall’opera di autori di lingua spagnola e non solo. L’espressione «a flor de tiempo» con il quale l’autore descrive le immagini del passato, degli amori e delle illusioni, che si affacciano al suo sguardo in punto di morte, si utilizza qui come indicativa di una ricerca volta, secondo la definizione di Walter Benjamin, a «spazzolare la storia in contropelo».

Se di ogni epoca non restano ai posteri che pochi tratti accentuati, il tumultuoso incedere del XIX secolo è rimasto impresso nella storia come il principio e lo svolgimento dello scontro tra progresso e tradizione. In Spagna, in particolar modo, la rivalità più evidente si manifestò tra le forze liberiste e democratiche e il potere secolare della nobiltà feudale e del clero, riuniti sotto la corona che aveva costruito colonia su colonia l’impero spagnolo. I primi avevano legittimato e consolidato definitivamente la propria posizione, grazie al loro fondamentale ruolo nella guerra d’indipendenza contro le truppe napoleoniche, alla costituzione votata dalle corti di Cadice nel 1812 e successivamente alla brevissima esperienza della prima repubblica (1873-74), mentre i secondi seguitavano ad esaltare i fasti di un passato glorioso, un ideale di purezza volto ormai alla rovina.

L’ottocento spagnolo è ricordato per l’appunto come il secolo delle contese carliste, le guerre tra i sostenitori di Carlos María Isidro, fratello di Fernando VII, e i loro oppositori, schierati al fianco dell’infanta Isabel e della madre María Cristina. Il primo si considerava  erede legittimo, secondo la consuetudine, in base alla linea di discendenza maschile. Poco prima della sua morte, avvenuta nel 1833, il re aveva però promulgato la Pragmática Sanción, permettendo alla figlia (nata tre anni prima) di ereditare il trono. Lo scontro, che divise da allora le forze reazionarie (da allora denominate carliste) e quelle progressiste e liberali, a favore della reggente Maria Cristina, si manifestò a più riprese, a partire da allora fino al 1876. Per misurare l’agitazione di quel periodo, l’epoca dei pronunciamientos, basti pensare che ci furono trentasette colpi di stato, dodici dei quali riuscirono.

La corona borbonica venne restaurata in tempo per assistere al definitivo sfacelo dell’impero ultramarino, completamente dissolto nel 1898 con la perdita di Cuba, Portorico e delle Isole Filippine. Inoltre, le pressioni indipendentiste si facevano vive anche all’interno del paese, ridotto oramai ai suoi confini geografici dopo aver conteso il dominio del globo alle potenze, e prendevano piede le ideologie nascenti e i movimenti libertari. Il paese, spogliato dei fasti imperiali, si rivelava ora in tutta la su arretratezza, accentuata dai continui scontri e dall’instabilità politica, che avevano lasciato intatto il sistema feudale sul quale era fondata la sua economia prevalentemente rurale, ad eccezione dei poli industriali della Catalogna e del Paese Basco e dei giacimenti asturiani.

 Negli ultimi anni di quel secolo Juan de Mairena [1] si interrogava, con gli alunni del suo corso di retorica, in merito all’eredità che il «secolo più secolo» di quelli fino ad allora trascorsi, costantemente ossessionato da sé stesso, avrebbe lasciato ai posteri, ovvero a quegli stessi giovani che aveva di fronte. Ispirato dagli ideali del krausismo (dal nome di Karl Krause, le cui opere vennero riadattate in spagnolo da Julian Sanz del Río)[2] e dagli intenti che spinsero Francisco Giner de los Ríos a fondare e dirigere l’Instituto Libre de Enseñanza, Mairena non poteva di certo propendere per i sostenitori della Spagna castiza della tradizione; ma provava una diffidenza altrettanto naturale verso l’ottimismo assoluto degli alfieri del progresso. Per questo  dirigeva le sue ricerche verso il folklore, il saper popolare inteso come conoscenza viva, una tradizione apocrifa dalla quale attingere e alla quale partecipare.

Con il suo maestro Abel Martín, poeta e filosofo, Mairena aveva a lungo progettato la creazione di una Escuela de sabiduría popular, i cui insegnamenti avrebbero rivelato all’uomo «l’intero raggio della sua attività pensante, l’intera ed enorme zona del pensiero che può essere illuminata e, di conseguenza, oscurata». Dopo la morte di Martín, del progetto di quell’istituto, dove si sarebbe imparato «a ripensare il pensato, a dissapere il saputo e a dubitare persino del proprio dubbio», non sono rimaste che le lezioni di Mairena, di professione insegnante di educazione fisica, ma poeta, filosofo e biografo del suo maestro nella vita. Le riflessioni sviluppate durante i suoi corsi, riportate nelle sue annotazioni, rivelano spesso una certa ambiguità, dovuta agli inevitabili paradossi che l’arte del dubbio comporta, ma il tutto si fonda immancabilmente sulla sfiducia nei confronti di chi difende il privilegio della cultura a discapito della sua diffusione. A chi appoggiava le proprie ragioni sui principi della termodinamica, secondo i quali, diffondendosi, l’energia si disperde, il maestro contestava l’inapplicabilità di tali leggi alla conoscenza e alla sua trasmissione. Egli sosteneva infatti che «lo spirituale è l’essenzialmente reversibile, quel che propagandosi, né si degrada, né si dissipa, ma al contrario si accresce».

Mairena attribuiva al secolo che aveva tuffato la Storia nel tempo una durata maggiore di quella convenzionale e, affermava, avrebbe potuto durare fino ad un secolo e mezzo. Effettivamente, nonostante la sua morte sia avvenuta nel 1909, la sua opera frammentaria resta utile non solo per commentare gli eventi della fin de siècle spagnola, ma anche e soprattutto quelli successivi, dei primi decenni del Novecento, fino alla guerra civile. Mairena rifuggiva il cammino del progresso fondato sul fugit irreparabile tempus virgiliano e non si volgeva verso un passato concluso ed irrimediabile; la sua attenzione si concentrava sulla tradizione apocrifa, alla ricerca delle speranze irrealizzate e ancora vive, pur se relegate ai margini del presente, o escluse da esso, a un passo dall’oblio. A suo avviso, chi afferma l’inevitabilità dello stato attuale delle cose, in conseguenza di un passato immodificabile, prospettando un futuro a senso unico, vanta pretese ridicole quanto quelle di tenta chi di prevedere un avvenire differente, profetizzando un passato incompiuto.

[1]               Nato nel 1865 e morto all’età di quarantaquattro anni nel 1909, Juan de Mairena, di professione insegnante di ginnastica, è più noto come poeta, filosofo e aforista. Fu allievo di Abel Martín, anch’egli filosofo, poeta e uomo di cultura insieme al quale aveva ideato la creazione di una Scuola del sapere popolare, progetto rimasto irrealizzato dopo la morte del maestro, del quale divento biografo, divulgando la sua opera durante i suoi liberi corsi di retorica.

[2]              Per conto del governo progressista allora in carica, a metà del XIX secolo Julián Sanz del Río (1814-1869) venne inviato in Germania, dove avrebbe dovuto approfondire i suoi studi filosofici. Lo studioso apparve particolarmente colpito dall’opera di Karl Christian Friedrich Krause, conosciuta attraverso i suoi allievi dell’univesità di Heidelberg (Henri Ahrens in particolar modo). Tornato in patria e nominato cattedratico all’università di Madrid (incarico che ricoprirà in diversi periodi e dalla quale, altrettante volte verrà sollevato), Sanz del Río si dedicherà sempre più assiduamente allo studio delle teorie dell’eccentrico filosofo tedesco, inventore tra l’altro di diversi brevetti  dagli usi più svariati. Il cosiddetto krausismo, nelle intenzioni del filosofo, spagnolo che a partire dalle traduzioni di alcuni articoli di Krause pubblicò El ideal de la humanidad para la vida (1860), era una disciplina dello spirito e del corpo, sperimentata in prima persona durante lunghi anni di vita ascetica. La sua influenza sulle generazioni successive fino alla guerra di Spagna è evidente e dovuta soprattutto a Francisco Giner de los Ríos, suo allievo e fondatore della Institución Libre de Enseñanza.

5 pensieri su “Juan de Mairena. Lezione: sul concetto di storia

  1. …Ignoravo l’esistenza di Juan De Mairena, una figura molto interessante di poeta e di filosofo spagnolo. Della Storia, credo, si era prefisso di rinverdire soprattutto la sapienza popolare, il folklore, pensando di realizarne un compendio, una sorta di Enciclopedia Popolare, sulla scia di quella Illuministica, ed una scuola per meglio diffonderli…Per generazioni un sapere trasmesso oralmente, ma anche soggetto a disperdersi, come a cadere nell’oblio….Alessandro Scuro informa che i versi di una canzone equadoriana ribadirebbero questa stessa concezione della Storia “intesa come speranza irrealizzata da attizzare e alimentare e non come cenere delle passioni ormai estinte del passato” …se fosse possibile riportarli, grazie…

  2. 1) “A chi appoggiava le proprie ragioni sui principi della termodinamica, secondo i quali, diffondendosi, l’energia si disperde, il maestro contestava l’inapplicabilità di tali leggi alla conoscenza e alla sua trasmissione.”
    2) “A suo avviso, chi afferma l’inevitabilità dello stato attuale delle cose, in conseguenza di un passato immodificabile, prospettando un futuro a senso unico, vanta pretese ridicole quanto quelle di tenta chi di prevedere un avvenire differente, profetizzando un passato incompiuto.”

    Juan De Mairena aveva ragione su tutta la linea. Per quanto riguarda la 1) sarei curioso di sapere chi avanzava quelle assurde obiezioni sulla diffusione della cultura invocando impropriamente ed erroneamente la termodinamica. A parte l’assurdità dell’analogia, dati gli ambiti molto diversi, si potrebbe comunque contestare che esistono reazioni termodinamiche che propagandosi producono energia anziché disperderla: lavoro meccanico che si trasforma in calore, reazioni a catena o esplosive che attivando altri sistemi (persone) moltiplicano l’energia. La propagazione della cultura produce proprio questi effetti: più persone si attivano più essa si moltiplica.

    Anche su 2) le teorie del caos deterministico potrebbero dire la loro. Oggi sappiamo che persino sistemi semplici descritti da rigorose leggi deterministiche, con determinati parametri, perdono di coerenza a lungo andare rendendo impossibile qualsiasi previsione a lungo termine. Per questi sistemi è impossibile predire il futuro dall’evoluzione passata. Figuriamoci quindi per il sistema incomparabilmente più complesso della storia umana.

  3. Avevo dimenticato di aggiungere che non conoscevo questa opera di Antonio Machado, del quale ho letto solo un libro di poesie, e del fatto che egli sostenesse (immagino) le idee espresse attraverso il suo fittizio personaggio. Probabilmente si sarà ispirato ad alcune persone reali e a idee e dibattiti del tempo. Sarebbe interessante approfondire questi aspetti.

  4. Il giorno 10 giugno 2016 avevo scritto ad Ennio Abate:

    Inviato: venerdì 10 giugno 2016 16:58

    Caro Ennio,
    ritengo sia una operazione molto utile e intelligente proporre queste lezioni esplorative della letteratura spagnola del secolo XIX.
    Chiedo ad Alessandro Scuro cosa ne pensa su quanto riportato da Gaetano Chiappini in Antinomie novecentesche: A. Ganivet, M. de Unamuno, A. Machado, Alinea Editrice. (https://books.google.it/books?isbn=8881254565)
    “Juan de Mairena poeta del secolo XIX che non è esistito ma che sarebbe dovuto esistere e sarebbe esistito se la lirica spagnola avesse vissuto il proprio tempo. Siccome la nostra missione è rendere possibile il sorgere di un nuovo poeta dobbiamo creargli una tradizione dalla quale tragga origine e che egli possa continuare.”
    cari saluti, Ubaldo de Robertis
    * riguardo ad Antonio Machado da sempre sono un suo fedele estimatore

    Attraverso Ennio Abate oggi, 15 Giugno 2016, ho ricevuto la risposta di Alessandro Scuro e deciso di renderla pubblica

    Inviato: mercoledì 15 giugno 2016 11:30
    A: Ennio Abate
    Oggetto: Re: da Ennio Abate: commento al tuo post
     
    Buongiorno Ennio,
    non vedo l’indirizzo del signor Ubaldo e quindi inviò a lei, perché possa girargliela, la mia risposta al suo commento:
    «Non conosco il libro in questione, ma la citazione riportata mi sembra assolutamente pertinente. Il tentativo machadiano di mettere in crisi la storia ufficiale e di rivelarne le sue versioni apocrife trova nelle prose di Mairena il compendio dei tentativi precedenti (dalla poesia aforistica dei Proverbi e cantari, alle storie dei poeti mai esistiti ma che avrebbero potuto esistere, fino al canzoniere apocrifo di Abel Martín). Ora che vivo a due passi da Collioure e a quattro da Port-Bou mi è apparso inevitabile mettere in relazione, in questo senso, le lezioni di Mairena con le tesi sul concetto di storia ed altri scritti di Walter Benjamin.
    L’idea, fondamentale in entrambi, che a una tradizione immodificabile sinonimo di catastrofe e tragedia, vada sostituito un sapere in grado di ripensare il pensato, mi sembra oggi valida e urgente come allora.
    Ammetto che, oltre alla vicinanza del confine spagnolo, che mi ha portato ad interessarmi nuovamente alla poesia di Machado, gli articoli che seguiranno sono ispirati principalmente a un citazione dello scrittore russo Daniil Charms, che spesso uso per i miei scritti e che, dopo due anni di vita in Francia, mi appare più che mai lucida e precisa: “Tutto ciò che denota benessere mi ispira diffidenza”».
    Grazie
    Saluti
    Alessandro Scuro

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