Note sulla prescrizione penale

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di Giorgio Mannacio

La nostra Marcella Corsi, molto opportunamente, ci ricorda il problema della prescrizione, concentrandosi sulla prescrizione in materia penale. In effetti tale versante è quello che appare- oggi – di maggiore interesse sociale, economico e politico. Il mio intervento – che ha ad oggetto alcuni principi sulla prescrizione civile – tende a mettere in rilievo che la prescrizione civile è retta da principi ragionevoli ed “ onesti “,mentre la seconda – nella regolamentazione attuale – è retta da norme né ragionevoli né “ oneste “. Il raffronto deve indurre dunque a qualche riflessione e giudizio.

1.
Posto che Marcella Corsi mi ha utilmente provocato a questo intervento, la farò protagonista di esso. Immaginiamo che Marcella Corsi abbia un credito verso il signor Tizio, che non vuole pagare. Poiché, come è noto, nessuno può farsi giustizia da sé, lei deve ricorrere ad un giudice che attraverso determinati strumenti le darà ragione e costringerà Tizio a onorare il debito. Ma Marcella deve stare attenta a prendere una qualche iniziativa a tutela del proprio diritto. Una norma cardine in materia enuncia che ogni diritto si estingue PER PRESCRIZIONE se il titolare di esso non lo esercita entro i termini previsti dalla legge.
Accantono il discorso sui c.d. diritti imprescrittibili – che sono cioè eternamente esercitabili – perché non riguarda il mio intervento.
La regola cardine che ho ricordato viene giustificata con due argomenti che giudico ragionevoli ed onesti.
Il primo.
Posto che i diritti di diritto civile ( come lo è un diritto di credito ) attengono al patrimonio personale del singolo non c’è ragione di tutelarlo all’infinito se il titolare dimostra nei fatti ( con l’inerzia a rivendicarlo ) di non avere un reale interesse al diritto stesso, Insomma: il diritto è esclusivamente mio e me lo gestisco io.
Il secondo.
Il tempo cancella o attenua la possibilità di dimostrare i fatti sui quali il diritto si fonda; i documenti si perdono, i testimoni non ricordano o sono passati a miglior vita…L’ordinamento giuridico ha anche esigenze di “ economicità “ nella propria gestione e le risposte che può dare ad una domanda di giustizia sono tanto più costose e tanto meno attendibili quanto più remoto è il momento in cui il diritto è nato.
Altra regola cardinale in materia è che il tempo prescrizionale comincia a decorrere dal momento in cui il titolare del diritto è in grado di farlo valere. Se Marcella non sa di avere un credito il tempo di prescrizione decorre dal giorno della scoperta dell’esistenza di esso.
Ma se Marcella ha agito in giudizio, dimostrando interesse alla tutela accordatale dall’ordinamento, la prescrizione è sospesa fino a quando non viene emessa una sentenza definitiva.
Ho fatto l’esempio di Marcella che ricorre al giudice perché esso è il più significativo del regime generale della prescrizione civile.
Perché ho affermato che questo sistema è ragionevole ed onesto ?
Perché esso è coerente con la struttura del diritto vantata ed offre una garanzia sufficiente al titolare.
E’ coerente alla struttura perché essendo il diritto di credito un diritto che corre tra due soggetti privati soltanto, non v’è ragione di tutelarlo quando il titolare se ne disinteressa ed è giusto tutelarlo FINO IN FONDO quando il titolare dimostra un costante interesse ad esso.
La coerenza si coglie anche nell’altro principio ricordato e cioè quello secondo cui la prescrizione non decorre fino alla sentenza definitiva perché agendo in giudizio Marcella ha dimostrato inequivocabilmente che VUOLE ESSERE TUTELATA.
E’ un sistema onesto perché chiarisce sin dall’inizio gli strumenti e i limiti della tutela e non frappone ad essa ostacoli esterni e incontrollabili.
Si può essere d’accordo o no – da un punto di vista “ politico “ – sulla qualificazione del diritto vantato come diritto personale privato, ma una volta accettato questo punto di vista il resto è del tutto coerente.

2.
Si possono predicare la stessa coerenza ed onestà riguardo alla prescrizione del reato ? Ora Marcella abbandona la scena che diventa più ampia. Da tempo immemorabile alcuni fatti vengono considerati ,dalla collettività entro la quale avvengono , particolarmente gravi e tali da interessare non solo le persone singole che ne sono colpiti ma anche l’intera comunità cui le persone colpite appartengono. Emblematico è l’omicidio che ci porta indietro nel tempo e che cito solo come esempio. Ma ogni comunità organizzata ha una propria scala di valori sui fatti che avvengono al suo interno. Una volta che questa valutazione è compiuta e rispetto ai fatti valutati negativamente si crea una reazione che ne scoraggi la nascita e ne punisca la realizzazione, è discussione inutile sottolineare il carattere più o meno convenzionale di tale valutazione e delle relative sanzioni.
Lascio perdere queste osservazioni di carattere misto ( antropologico, politico, giuridico ) per entrare subito in argomento e nell’attualità.
Ci sono alcuni fatti che il nostro ordinamento tutela indipendentemente dalla volontà del singolo e, si può dire, anche “ contro la di lui volontà “. Un P.M. può lasciar correre un tentato omicidio nel caso in cui l’omicida sia stato perdonato dalla mancata vittima ? Assolutamente no. Ci sono una serie di fatti ( che chiamiamo delitti ) che vengono perseguiti d’ufficio e quale che sia la volontà della vittima. Interest rei pubblicae che questi fatti siano puniti. Se ipostatizzando nell’organizzazione comunitaria una sorta di soggetto sovrapersonale, si dice che questi fatti gravi colpiscono interessi collettivi per i quali la connessione tra il singolo in quanto tale e il singolo come componente di una comunità sono aspetti inscindibili. Questo è il senso socio-politico e allo stesso tempo il valore del principio ( per noi Italiani di rango costituzionale ) secondo cui l’azione penale è obbligatoria. Quando si verifica uno di questi fatti – la cui elencazione è ufficiale e appartiene alla codificazione nazionale – il privato cittadino non può e non deve ( l’endiadi è significativa del sistema ) agire in giudizio. Cioè non deve andare da un avvocato a chiedere al giudice una sentenza che accerti – come nel caso di Marcella fatto sopra – che Tizio è suo debitore. La controfigura di Marcella nel caso del fatto-delitto tutt’al più farà conoscere al PM il fatto-delitto ; è “ una sorta di informatore “. Il P. M. agisce di ufficio ed inizia lui stesso il procedimento attraverso quello che si chiama esercizio dell’azione penale che è – appunto – il giorno di nascita del processo, di quel processo a carico di quella o quelle persone.
Fin qui nulla da dire. Ma cosa stride nel quadro e mostra qualche elemento di incoerenza ? Come si giustifica ( la cronaca è piena di queste notizie ) che durante il processo il tempo giochi in senso prescrizionale estinguendo il delitto con conseguente “ assoluzione “ dell’imputato PER PRESCRIZIONE ? Avverto subito che tale assoluzione non è “ arbitraria “ o frutto di un errore giudiziario ma conseguenza della corretta ( si spera ) applicazione di una regola dell’ordinamento.
A mio giudizio in tale regola ( la possibilità che la prescrizione del reato decorra anche durante il processo ) v’è una contraddizione di fondo che ha aspetto generali e particolari.
In linea generale è contraddittorio porre a fondamento delle punibilità di alcuni delitti l’interesse della comunità ( e stabilire per essi l’ufficialità dell’azione penale in cui si riflette l’interesse collettivo ) e consentire nello stesso tempo che il decorso oggettivo del tempo possa estinguere quel delitto rispetto al quale il PM ha rilevato l’esistenza del collettivo interesse. Come ho già detto, tale effetto non si riscontra neppure nel caso della nostra Marcella perché se lei ha iniziato il processo la prescrizione è sospesa fino alla decisione
definitiva ! Si può modificare la struttura originaria di tali delitti ( che colpiscono la collettività ) trasformandoli in delitti che perdono la loro originaria qualità per il decorso del tempo ?
E questa è una prima stortura.
Ma alcune osservazioni particolari la rendono ancora più evidente.
Se per l’omicidio si può paradossalmente dire che – tutto sommato – esso colpisce solo persone singole ( non è detto che l’omicida passionale uccida altre persone che nel circuito passionale non rientrano ) e che una persona di buon cuore possa perdonare l’assassino , altri delitti sono INTRINSECAMENTE plurioffensivi. Rispetto ad essi la presenza di un interesse collettivo ( che giustifica l’azione pubblica ) non è più una pur importante “ finzione “ del diritto ( come ad esempio nell’omicidio ) ma una reale ed oggettiva struttura del fatto-delitto. L’evasione fiscale colpisce tutti i possibili contribuenti; la corruzione penalizza tutti gli onesti; la violazione delle norme di sicurezza sul lavoro e i delitti collegati all’inquinamento colpiscono quanto meno tutti i residenti in una determinata zona…. Eppure rispetto a questi e ad altri di simile struttura la prescrizione si consuma anche durante il processo penale. Insomma ad un tratto e per fatti esterni all’interesse reale dei consociati e contro tale interesse, il delitto resta impunito.

3.
Perché ho affermato che tale sistema è irragionevole e non onesto ?
E’ irragionevole perché incoerente – come ho rilevato – e cioè in contraddizione con il fondamento della loro procedibilità d’ufficio ( che è obbligatoria ed è esercitata da un organo dello Stato ).
E’ non onesta perché “ mette fuori causa l’interesse collettivo “ non consentendo a coloro che sono titolari di un interesse individuale inscindibilmente connesso con quello collettivo ( ed è quest’ultimo il fondamento dell’azione pubblica obbligatoria ) di impedire l’effetto estintivo del fatto dannoso.
Aggiungo che il decorso del tempo all’interno del processo in corso è “ manipolabile “ da tutti fuorché dagli interessati all’esito del processo stesso: inerzia dei giudici ( che può avere ragioni anche ignobili ) o incompetenza degli stessi; manovre dei difensori ( esse nulla hanno a che fare con il sacrosanto diritto di difesa perché ci si difende “nel processo “ non “ dal processo “ ) ….
Cosa rimane a giustificare il sistema che sto criticando ?
Si dice: il sistema processuale è lento, costoso, inadeguato come se non ci fossero mezzi diretti e attinenti al “ buon governo “ per superare tali difficoltà e non fosse compito di uno Stato civile occuparsi di renderlo veloce, meno costoso ed adeguato. Ed allora è non onesta ogni scusante. Il che equivale ad una critica radicale della “ politica giudiziaria “ di uno Stato , del nostro nel caso di specie.
All’interno del problema della prescrizione del reato vi sono alcuni passaggi per restituire il sistema alla ragionevolezza ed onestà. Ma si tratta di problemi risolvibili con una corretta tecnica legislativa. Ad esempio, uno di essi è quello di stabilire con certezza il momento in cui “ ha inizio il processo penale “. Un esempio di ineccepibile ( a mio avviso ) soluzione è data dal sistema francese secondo cui il processo penale inizia quando il P. M., individuato il presunto colpevole, esercita contro di lui l’azione penale secondo gli specifici strumenti previsti dall’ordinamento.
L’ordinamento italiano potrebbe correggere quelle che ritengo storture sul punto “ prescrizione del reato “ adattando opportunamente alla specificità della giurisdizione penale le regole auree ( a mio giudizio ) della prescrizione civile.
Spero di essere stato comprensibile e di aver dato qualche motivo di riflessione. Ringrazio Marcella Corsi.

Settembre 2016.

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