Omaggio a Fidel Castro

castro 

  di Roberto Bugliani

 La morte di Fidel lascia un vuoto dentro e chiude un capitolo di storia mondiale che ci ha visti coinvolti e partecipi, con le nostre speranze e le nostre critiche. La unidimensionalità del “nostro” presente (il vecchio Marcuse rispunta parafrasato) non consente alcun progetto collettivo, ma solo attestati di resistenza individuale, o poco più. E l’orizzonte è indecifrabile, almeno ai miei occhi. Per il settantesimo compleanno di Fidel Castro, sollecitato da amici ecuadoregni, scrissi direttamente in spagnolo questa poesia che allego, destinata a un volumetto di omaggio per il Comandante edito dalla Fondazione Oswaldo Guayasamín, Quito, Ecuador, 1996, che ho cercato tra i miei libri sparsi in librerie qui e là per le stanze senza finora trovarlo. Poesia che verrà ripubblicata, con lo stesso titolo, in un libro collettivo di testi omaggianti il novantesimo compleanno di Fidel l’agosto scorso, stampato dalla Editorial José Martí di Cuba in uscita a novembre, come mi ha detto per e-mail il curatore cubano promettendomi di inviarmi una copia del libro, che ancora non ho ricevuto. [R. B.]

Para los setenta aňos de Fidel

 

Tus setenta aňos no son sólo tuyos
compaňero Fidel,
tus setenta aňos de Moncada y de Granma
de Camilo y de Ernesto
de sol y de lluvia
no son sólo tuyos
compaňero Fidel,
tus setenta aňos de Sierra y de zafra
de Isla de Pinos y de Playa Girón
de victorias de luchas de derrotas de dudas
no son sólo tuyos
compaňero Fidel,
tus setenta aňos de Nicaragua y de Angola
de alientos y desafios
de turistas y petróleo
no son sólo tuyos
compaňero Fidel,
los setenta aňos que hoy muerden tu cuerpo
como al crepúscolo los relámpagos del porvenir
son el rostro
de los que no tienen el rostro
son la voz
de los que no tienen voz
y en su espejo reflejan
nuestras certezas junto a nuestros errores
nuestras fuerzas junto a nuestros miedos
compaňero Fidel, tus setenta aňos
son lo que queda
a la orilla de la historia después del último huracán
son la ceiba que limpia detiene sus ojos en el cielo
mientras nuevas nubes manchan la clara maňana,
tus setenta aňos de maíz y de ira
de sombras y de sangre
no son sólo tuyos
compaňero Fidel,
son nuestros refugios nocturnos
que el sueňo invade,
son nuestras albas de lucha
donde irrumpe la esperanza.
(traduzione italiana)

Per i settant’anni di Fidel
 
I tuoi settantanni non sono tuoi soltanto
compagno Fidel,
i tuoi settant’anni di Moncada e di Granma
di Camillo e di Ernesto
di sole e di pioggia
non sono tuoi soltanto
compagno Fidel,
i tuoi settant’anni di Sierra e di zafra[1]
di Isola dei Pini[2] e di Baia dei Porci[3]
di vittorie di lotte di sconfitte di dubbi
non sono tuoi soltanto
compagno Fidel,
i tuoi settant’anni di Nicaragua e di Angola
di speranze e di sfide
di turisti e di petrolio
non sono tuoi soltanto
compagno Fidel,
i settant’anni che oggi mordono il tuo corpo
come al crepuscolo i lampi dell’avvenire
sono il volto
di chi non ha volto
sono la voce
di chi non ha voce
e nel loro specchio riflettono
le nostre certezze e i nostri errori
le nostre forze e le nostre paure
compagno Fidel, i tuoi settant’anni
sono ciò che resta
sulla riva della storia dopo l’ultimo uragano
sono l’albero di ceiba che puro trattiene i suoi occhi nel cielo
mentre nuove nuvole offuscano la chiara mattina,
i tuoi settant’anni di mais e d’ira
di ombre e di sangue
non sono tuoi soltanto
compagno Fidel,
sono i nostri rifugi notturni
invasi dal sogno,
sono le nostre albe di lotta
dove irrompe la speranza.

 

 

 

 

[1]    La zafra è la raccolta della canna da zucchero.

[2]    Nella cubana Isola dei Pini (oggi Isola della Gioventù) sorgeva il carcere panottico costruito negli anni Venti in cui venne recluso Fidel Castro assieme ad altri 25 guerriglieri dopo il fallito attacco alla caserma Moncada di Santiago de Cuba nel 1953.

[3]    Playa Girón, o Baia dei Porci, è il luogo dove nell’aprile del 1961 sbarcò il nutrito gruppo di controrivoluzionari cubani e di mercenari addestrati dalla Cia con la complicità del Dipartimento di Stato statunitense allo scopo di invadere l’isola e di rovesciare il governo rivoluzionario cubano. Dopo tre giorni di combattimenti le forze armate cubane sconfissero definitivamente la forza d’invasione e catturarono un migliaio circa di controrivoluzionari. Oggi questa spiaggia è meta di vacanze turistiche.

7 pensieri su “Omaggio a Fidel Castro

  1. «Tus setenta aňos no son sólo tuyos / compaňero Fidel». Purtroppo è vero: i troppi anni di Fidel Castro sono anche, e soprattutto, gli anni delle sue molte vittime; gli anni del Novecento delle utopie e degli orrori (orrori dell’utopia comunista/bolscevica, di quella maoista, di quella fascista, di quella nazista) che hanno coinvolto tutti noi, e pesato, e schiacciato tutti noi. Castro fa parte dei carnefici, non delle vittime.
    La poesia leccaculista del potere è un genere frequentato da tempi antichissimi. Ci sono volumi di poesie per Guevara e per Castro, come per Mussolini e Hitler e Stalin e Pol Pot ecc. ecc. per ogni piccolo o grande dittatore.
    Mi consola che questo fenomeno di bassa moralità è al 99,99 per cento destinato all’oblio più profondo, perché in queste montagne di versi c’è sempre stata poca vera poesia. La vera poesia non ama leccare le parti basse (dai piedi in su) del potere.
    A occhio e croce, i versi di Roberto Bugliani dedicati a esaltare un criminale come Castro non saranno fra quelli ricordati. Non hanno il colore soave della poesia, ma quello grigio della retorica.
    Nel 1973 è uscito il mio primo libro, dedicato a Cuba («Educazione e società a Cuba»), nel quale, pur con qualche rilievo critico, sostanzialmente tessevo un elogio al regime cubano. Già allora, per farlo, condizionato da una militanza di sinistra, dovetti autocensurarmi su molte cose, conosciute indirettamente e anche direttamente attraverso un soggiorno di un mese nella Cuba del 1970. Negli anni successivi ho seguito passo per passo le vicende cubane e gli elementi negativi sono diventati preponderanti. La “rivoluzione”, nel corso del suo stesso farsi e sempre più dopo, era stata scippata al popolo e chiusa nel carcere. Nel carcere in senso letterale e in senso figurato e metaforico: nel carcere di una politica oppressiva, di un’economia di capitalismo di Stato malfunzionante, di una negazione dei più elementari diritti di libertà al popolo, nel carcere del super potere incontrollato in mano alla casta e alla burocrazia di regime. Insomma, ancora una volta, dal momento nascente della rivoluzione si è passati al carcere istituzionale della sua versione propagandistica.
    E Castro è stato uno dei suoi secondini più feroci.

    1. “Nel 1973 è uscito il mio primo libro, dedicato a Cuba («Educazione e società a Cuba»), nel quale, pur con qualche rilievo critico, sostanzialmente tessevo un elogio al regime cubano. Già allora, per farlo, condizionato da una militanza di sinistra, dovetti autocensurarmi su molte cose, conosciute indirettamente e anche direttamente attraverso un soggiorno di un mese nella Cuba del 1970” (Aguzzi)

      Dunque un “saggismo leccaculista”… Tu quoque!
      Ah, il pentitismo, che feroce secodino.

      1. Il pentitismo per sofferta esperienza è proprio il contrario del trionfalismo leccaculista. La ragione è fatta per ragionare e capire, non per irrigidirsi sugli errori, sul falso e l’impossibile. È fatta per liberare la mente e il corpo, non per chiuderli in carcere. Meglio centomila pentiti come i molti dissidenti cubani, che un solo perseverante di ferro come il loro tiranno Fidel.

        1. Il pentitismo è “leccaculista” (per usare il gergo che ti piace) quanto il trionfalismo. E non fa che irrigidirsi su altri tipi di errore, ribaltando la realtà è vedendo tutto il nero dove prima vedeva solo roseo. La tua cecità pentitista trasuda dal tuo stesso linguaggio.

  2. SEGNALAZIONE DALLA BACHECA FB DI G. LA GRASSA

    Ancora una volta, al di là del cedimento viscerale e troppo reattivo alle accuse unilaterali contro Castro (ma contro avversari che non esitano a parlare di lui come un comune criminale, contrapporgli termini come ‘coglioni’, ‘maiali’ e ‘cretini’ rende pan per focaccia), la posizione di La Grassa, che ho già condiviso in “Poliscritture FB” per me si iscrive nella difesa della *nostra storia*. E contrasta il pentitismo e l’anticomunismo cieco. Il che non significa giustificare errori e crudeltà anche dei *nostri* ma capire quanto è duro il conflitto nella storia e non fingersi puri e innocenti solo perché noi non abbiamo mai ammazzato o deciso di far ammazzare. Ho spesso citato il detto di Brecht: «Anders als die Kämpfe der Höne sine die Kämpfe der Tiefe! » (Diverse dalle lotte sulle cime sono le lotte sul fondo![1]). Per dire che le nostre lotte – sicuramente sul fondo – hanno una loro specificità di cui va tenuto conto e non devono essere disprezzate. Ma – e le reazioni alla morte di Castro sono un’occasione per precisarlo – specifiche sono anche «le lotte sulle cime». E le scelte dei vari leader con gli errori e gli orrori che a volte comportano vanno giudicate alla luce di quel loro specifico contesto, diverso da quello in cui noi agiamo. [E. A.]

    [1] Dal frammento La bottega del fornaio

    CREPINO I MANICHEI!

    Una gran massa di coglioni, che sono della cosiddetta “destra”, di fronte alla morte di Castro si sono comportati da perfetti ignoranti, anticomunisti viscerali, livorosi. E hanno battuto qualsiasi semicolto e ciò mi dispiace data la mia antitetica posizione rispetto a questi ultimi. Personalmente, non ho tessuto le lodi del defunto, ho solo detto che era un uomo – buono o cattivo che fosse, generoso o crudele che fosse – di notevole spessore e la cui lotta per mutare la struttura di comando politica del suo paese – vedete, evito il termine di “liberazione” come usano fare i maiali che ci parlano sempre della “liberazione” dal fascismo e degli americani come i “liberatori” – è stata condotta in condizioni difficilissime a causa del pieno appoggio americano a Batista (che ovviamente per i maiali non era un “dittatore” e un “massacratore”, doti attribuite solo a Castro). Malgrado l’avversità della più grande potenza del mondo, questi è riuscito a condurre a successo la sua “guerra” e a mantenere in piedi, con tanta difficoltà e in proibitive condizioni economiche (dato un non certo debole accerchiamento dell’isola), un determinato ordinamento sociale non proprio amato né dagli Usa né dall’Europa filo-americana. E 25 anni fa cadeva anche il debole aiuto proveniente dall’Urss e dal sedicente campo “socialista”. I cretini, vissuti sempre nell’abbondanza e nella pace (ottenuta scaricando i conflitti altrove), credono che una lotta come quella condotta da Castro (e Guevara finché visse, molto poco), e poi il mantenimento di una certa organizzazione politica e sociale, possano essere caratterizzati da infinita gentilezza; quella usata dagli Stati Uniti, i massacratori per eccellenza in ogni angolo del mondo e fin dall’inizio della loro storia (il genocidio dei “pellerossa”).
    Il sottoscritto, sottolineando la grandezza del personaggio, non ha minimamente nascosto che molto di quanto fatto (e non solo a Cuba) deve essere rivisto criticamente; non certo però seguendo l’insegnamento degli schifosi anticomunisti viscerali, incapaci di una qualsiasi oggettività. Io riconosco la grandezza anche degli avversari, anche dei nemici; e ho voluto, provocatoriamente, nominare perfino Hitler e Mussolini che fanno andare in convulsioni questi maiali anticomunisti tanto quanto antifascisti, ma sempre vermiciattoli incapaci di qualsiasi visione minimamente obiettiva circa le dimensioni e la rilevanza di dati processi che, come ogni altro processo messo in moto dagli umani, non finisce mai come lo si voleva e come lo si propagandava. Fate ribrezzo e nulla più; e non atteggiatevi a grandi democratici, falsi e violenti quanto siete in realtà. Solo che siete dei minuscoli omuncoli e di voi vedrete cosa farà la storia a tempi non infiniti. Io non inneggio a nessuno, non tesso le lodi di nessuno, cerco di afferrare le dimensioni e la valenza di determinati processi. Come tutti posso sbagliare, anch’io sono influenzato – senza nemmeno saperlo bene – da tutta la mia storia passata. Tuttavia, un minimo di lucidità tento di mantenerlo. Il disprezzo che spesso manifesto è proprio perché avverto il miserabile manicheismo di certi farabutti che si credono vincitori per sempre. Con chi ha atteggiamenti di ripensamento e di riflessione su ciò che è accaduto in passato e su quanto si sta sviluppando oggi non ho alcun atteggiamento di ripulsa. E soprattutto non l’ho con chi sa che, anche se si sceglie un fronte oppure il suo contrario, non ci sono i buoni dalla parte nostra e i perversi dall’altra parte. Bisogna scegliere e combattere, e quando è inevitabile si usano metodi di lotta poco “gentili”, ben sapendo però quanti mascalzoni ci sono pure tra le nostre fila e quanti in buona fede e onesti si battono contro di noi.

  3. …bella la poesia che R. Bugliani ha dedicato a Fidel Castro: per gli ideali, le imprese straordinarie e le immagini che evoca entra nella leggenda. La vedrei bene tradotta in canto e musica

Rispondi a Ennio Abate Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *