E la sciagurata rispose? Beh, sì, no…si desublimò!

La Letteratura e il Mercato

di Ennio Abate

In tre vecchie articoli apparsi su il manifesto (19,25 aprile; 3 maggio 2002) Remo Ceserani discuteva lo stato di salute della letteratura in Italia e negli altri paesi a capitalismo avanzato. Perplesso sulle sue conclusioni,  avevo scritto questo dialogo (immaginario!) fra il mio doppio e quello che,  arbitrariamente ma non troppo, parlava per Ceserani. Lo ritiro fuori da una vecchia cartella e lo dedico come omaggio polemico, sì, proprio a lui, allo studioso che ci ha lasciato alla fine dell’ottobre 2016 e che ho, malgrado il mio dissenso, sempre stimato. [E. A.]

Samizdat – Begli articoli i suoi, aggiornati e chiari. Ma, sarò franco: ridimensionata a Immaginario, la sua Letteratura ci va proprio a nozze con il Mercato, malgrado qualche residua resistenza.

Il critico letterario –  “Il sistema complessivo della produzione industriale e del mercato ormai esercita un controllo su tutto: scuole di scrittura, riviste di presentazione e campionatura dei nuovi prodotti, presentazione dei libri appena usciti, anticipazioni, interviste e recensioni nei quotidiani”. Se ne è accorto, no?

Samizdat – Sì, sì.  Viene prodotta, circola, si consuma letteratura mercantile. Ma, appunto, non è una cosa terribile? La letteratura, che oltre all’immaginario tratteneva saldi legami con il materiale e, forse per questo, rimaneva ambigua e riusciva almeno  in parte  a non essere  del tutto cortigiana o giullaresca verso i potenti, non la vedo più in giro. Ammesso che esista ancora, è in clandestinità. Gli scrittori “di successo”  si moltiplicano e vivono coccolati e invidiati da migliaia di imitatori. Ma cosa ce ne facciamo? A che servono se, come lei stesso afferma, “si adattano al mercato, confezionano prodotti che rispondono alle richieste dei consumatori, usano sinergie fra settori diversi dell’industria culturale: fanno i cantanti, gli uomini di spettacolo, i politici multimediali e poi raccolgono qualche pagina della loro autobiografia, diventano personaggi televisivi…”?

Il critico letterario –  Rispetto le sue nostalgie. E vero, non c’è più “lo spazio per la sperimentazione letteraria… il luogo dei laboratori linguistici e narrativi, dell’autocoscienza letteraria, degli scontri delle poetiche e delle ideologie, dei rifiuti clamorosi e provocatori del grande pubblico “ipocrita” e borghese”. La letteratura critica sta davvero scomparendo.

Samizdat – E non è un danno enorme?

Il critico letterario – Sì, forse.. Ma il mercato provoca trasformazioni “grandiose”. Bisogna riconoscerle e non temerle. Si ricordi del suo  Marx: il capitale è rivoluzionario.

Samizdat – Riconoscerle sì, ma piegarsi completamente ad esse è automatico? Marx mirava ad una rivoluzione contro il capitale. Lei  si ferma all’apologia del Mercato.

Il critico letterario – Si sbaglia. A differenza di miei colleghi apocalittici che la letteratura la danno per spacciata, io dico solo che queste trasformazioni vanno indagate e senza piagnistei. Quella che circola  è certamente letteratura mercantile, ma ha  un vantaggio: è letteratura desublimata. Le confesso che non se ne poteva più della vecchia letteratura “investita di valori altissimi e preziosi, considerata canale di messaggi di volta in volta profondi, oracolari, sublimi, sovversivi”. E neppure della sua caricatura militante, la letteratura “semplice abbellimento e veicolo efficace di concezioni ideologiche chiuse e semplificatorie (da una parte i buoni, dall’altra i cattivi)”.

Samizdat – Eppure lei stesso ammette – credo con rammarico – che il Mercato ha emarginato “molte piccole imprese artigianali, numerose medie imprese industriali” e liquidato glorie italiche della modernità editoriale (la Nuova Italia, Einaudi, Garzanti) che un po’ di letteratura critica la sostenevano.

Il critico letterario – Mi rammarico di questo, è vero. Ma non demonizzo il Mercato, che è pieno di contraddizioni, fenomeni inspiegabili, aporie. Sono possibili persino quelle forme di resistenza a lei care, sa!

Samizdat – Boh, l’università boccheggia, si tecnicizza, si computerizza, si aziendalizza. E lei mi parla della resistenza editoriale di Bollati-Boringhieri, Marsilio, Laterza, Sellerio. Con tutto il rispetto, questa  a me pare concorrenza nelle regole del Mercato e non resistenza.  Ci possono essere o – bestemmio – ci devono essere forze che resistano sul serio, ponendosi al di fuori dall’orizzonte del Profitto e puntando ad una funzione non mercantile della letteratura? Non è possibile un’editoria no profit?

Il critico letterario – Lei vive su nuvole arcaiche! Si guardi attorno. Vede che bel pubblico, rimescolato e ringiovanito, gira per le Fiere del libro! Questa è la nuova frontiera da conquistare. Gli scrittori che oggi contano sono quelli che nutrono con nuovi stimoli l’immaginario di questo pubblico di lettori ricettivi e appassionati, che sono capaci persino di accogliere di tanto in tanto opere non imposte da ricerche di marketing.  Lei non conoscerà l’irlandese Patrick O’Brian da me citato, ma Camilleri sì, spero.

Samizdat – Abbiamo un’inflazione d’immaginario. Ci esce dagli occhi, dagli orecchi. Il pubblico, che lei tanto loda,  a me pare composto da lotofagi benestanti, che tutto immaginano in privato, ma non muovono più un dito per il non-pubblico, che è condannato al mondo reale, dilaniato da disoccupazione, guerre,  mafie e migrazioni.

Il critico letterario – Lei è un attardato e moralista  provinciale.  Le ripeto, la trasformazione del Mercato ha i suoi inconvenienti, ma in complesso  è positiva.  Scuola e università dovrebbero intervenire.

Samizdat – E come?

Il critico letterario – Guardiamo agli States. Non a quell’aristocraticone di Harold Bloom, che vuole una letteratura basata su “un canone alto di valori universali”; ma al mio amico, il critico Robert Scholes che, proponendo non un “canone dei testi” ma un “canone dei metodi”, tende ad “allargare il campo e il significato della letteratura”, senza “disdegni e paternalismi” . Intende bene questa rivoluzione nel campo della letteratura?

Samizdat – Cosa, cosa?

Il critico letterario – Scuola, università e studiosi di letteratura devono rendere i lettori capaci di indagare la letterarietà un po’ dove si trova: nelle barzellette e nei poemi omerici, nei film e nei sogni, nelle conversazioni, ecc. Siamo nella società più “testualizzata” che sia comparsa al mondo.  Il lavoro da fare è immenso.

Samizdat – E i non-lettori? Possibile che il genere umano si riduca a consumatori paganti, di libri nel nostro caso? La proposta sua o del suo amico americano io la trovo vecchiotta e corporativa. Una parte dell’accademia anche da noi sforna solennissime analisi non più solo dei classici ma della Tamaro; e gli editori mercantili sono ben contenti di farsi analizzare le parti basse o pulp delle loro collane stile libero. E pi Umberto Eco, almeno agli inizi di carriera, non lo ha già fatto? Alto e basso si contaminano, i pubblici delle corporazioni si mescolano solo in apparenza con quelli dei ghetti e i profitti sono salvi! Corporazioni e ghetti restano; e saperi privilegiati  convivono accanto a saperi imbarbariti. Bella roba conciliare Accademia e Mercato!

Il critico letterario – Lei è miope e non coglie le novità. La desublimazione della letteratura porta ad un allargamento della democrazia.

Samizdat – La sua desublimazione  mi pare a senso unico. Lei desublima il già desublimato. Cioè fa piovere sul bagnato, per dirla all’antica. La concezione accademica e quasi sacrale della letteratura è già stata abbondantemente desacralizzata, secolarizzata e carnevalizzata. E la tradizione “umanistica”, dopo aver fatto cilecca attorno al ’68, vivacchia boccheggiante. Perché accanirsi sui cadaveri del passato o  continuare a far sberleffi alle mummie? Vorrei che  guardaste piuttosto in faccia i veri Convitati di pietra che dominano  Letteratura e Mercato. Perché nessuno, neppure lei, si dà da fare per desublimare – pur da critico letterario – questo benedetto Mercato. Parlate di “smascheramento e smontaggio di concezioni oracolari”. Ma cosa c’è oggi, nella postmodernità, di più oracolare e sublime del libero Mercato?

Il critico letterario – Ad ogni epoca le sue desublimazioni. Non siamo più nell’Ottocento. La saluto… (Se la fila invano inseguito da Samizdat).

 

4 pensieri su “E la sciagurata rispose? Beh, sì, no…si desublimò!

  1. DA POLISCRITTURE FB A POLISCRITTURE SITO

    Giulio Toffoli
    Forse andrebbe attualizzato … molta acqua è passata sotto i ponti da allora e la letteratura mi sembra ancora di più in stato comatoso. O sbaglio?

    Ennio Abate
    Non me la sento di provarci io in questo momento. Sono più in fase di *riepilogo*. Ma, casualmente, leggo questo articolo di Agamben e quello che dice in questo stralcio (sotto) mi pare in sintonia con alcune cose dette dal mio Samzdat. Poi Agamben ha una sua visione e quella non la tocco.
    Ecco il passo:

    “Ma allora vorrei dare un consiglio agli editori e a coloro che si occupano di libri: smettetela di guardare alle infami, sí, infami classifiche dei libri piú venduti e – si presume – piú letti e provate a costruire invece nella vostra mente una classifica dei libri che esigono di essere letti. Solo un’editoria fondata su questa classifica mentale potrebbe far uscire il libro dalla crisi che – a quanto sento dire e ripetere – sta attraversando.

    Un poeta ha compendiato una volta la sua poetica nella formula: “Leggere ciò che non è mai stato scritto”. Si tratta, come vedete, di un’esperienza in qualche modo simmetrica a quella del poeta che scrive per l’analfabeta che non può leggerlo: alla scrittura senza lettura, corrisponde qui una lettura senza scrittura. A condizione di precisare che anche i tempi sono invertiti: là una scrittura che non è seguita da alcuna lettura, qua una lettura che non è preceduta da alcuna scrittura.”

    E questo il link per leggere l’intero articolo:
    https://www.alfabeta2.it/2014/05/15/difficolta-leggere/

    Ennio Abate
    SEGNALAZIONE

    Il “lavoro della letteratura”
    Forme, temi, metafore di un conflitto occultato
    e di un’emancipazione a venire
    27 MARZO 2017 DI REDAZIONE OSPITE INGRATO ONLINE
    (http://www.ospiteingrato.unisi.it/il-lavoro-della-letteraturaforme-temi-metafore-di-un-conflitto-occultatoe-di-unemancipazione-a-venire/#more-2659)

    * Oltre ad invitare a mandare “un contributo per il prossimo numero monografico dell’«Ospite ingrato on line» sul tema: «Il “lavoro della letteratura”: forme, temi, metafore di un conflitto occultato e di un’emancipazione a venire»” questo articolo tocca nello stralcio che ricopio qui sotto lo stesso tema del dialogo tra Samizdat e il critoc letterario. [E. A.]

    Stralcio:

    “Si giunge dunque alla terza questione: quella della letteratura/arte come riproduttrice di determinati sistemi simbolici e necessario strumento per affinare, articolare, tarare l’ideologia secondo i diversi livelli di fruizione e quindi iniettarla nel corpo vivo della società. Ma se la cultura, e quindi anche quella umanistica, in tutte le società tende ad essere integrata al sistema di dominio socio-economico, è pur vero che essa, allo stesso tempo, ha spesso svolto una funzione opposta. Storicamente, infatti, l’arte può anche essere “critica”, può cioè rivelare, in modo più o meno mediato e obliquo, determinate contraddizioni, aprire spazi di riflessione e farsi mezzo della formazione di una coscienza antagonista. Questo indipendentemente dalla volontà emancipatrice o rivoluzionaria di un movimento o di un autore. Da Virgilio a Dante, da Balzac a Proust, da Dostoevskij a Solženicyn, l’arte può essere al tempo stesso di ispirazione “reazionaria” e intimamente “progressiva”. Specularmente, l’arte può pensarsi come rivoluzionaria e finire per sostenere le strutture portanti dell’ideologia dominante. È il discorso fortiniano su alcune delle avanguardie novecentesche e il loro contributo al rafforzamento del «surrealismo di massa». La domanda, dunque, che si pone è se e dove esista oggi una produzione artistica in grado di mostrare e proporre contraddizioni, e quali sono le forme, i temi, le metafore di conflitti occultati e di un’emancipazione a venire.”
    Il “lavoro della letteratura”Forme, temi, metafore di un conflitto occultatoe di un’emancipazione a venire ~ L’ospite ingrato
    Con il presente testo si vuole invitare alla redazione di un contributo per il prossimo numero monografico dell’«Ospite ingrato on line» sul tema: «Il “lavoro della letteratura”: forme, temi, metafore di un conflitto occultato e di un’emancipazione a venire».
    OSPITEINGRATO.UNISI.IT

  2. SEGNALAZIONE

    * Stralcio da un articolo su L’Ombra delle Parole questo passo che ha a che fare con il tema di questo post e indica la differenza tra Fortini e il critico letterario del mio dialogo:

    “Scrive Franco Fortini ne L’ospite ingrato (1966): «La menzogna corrente dei discorsi sulla poesia è nella omissione integrale o nella assunzione integrale della sua figura di merce. Intorno ad una minuscola realtà economica (la produzione e la vendita delle poesie) ruota un’industria molto più vasta (il lavoro culturale). Dimenticarsene completamente o integrarla completamente è una medesima operazione. Se il male è nella mercificazione dell’uomo, la lotta contro quel male non si conduce a colpi di poesia ma con “martelli reali” (Breton). Ma la poesia alludendo con la propria presenza-struttura ad un ordine valore possibile-doveroso formula una delle sue più preziose ipocrisie ossia la consumazione immaginaria di una figura del possibile-doveroso. Una volta accettata questa ipocrisia (ambiguità, duplicità) della poesia diventa tanto più importante smascherare l’altra ipocrisia, quella che in nome della duplicità organica di qualunque poesia considera pressoché irrilevante l’ordine organizzativo delle istituzioni letterarie e, in definitiva, l’ordine economico che le sostiene».”

    (https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/03/31/tre-domande-di-giorgio-linguaglossa-a-franco-di-carlo-sulla-questione-di-satura-1971-di-montale-e-del-nodo-irrisolto-della-normativizzazione-del-linguaggio-poetico-a-linguaggio-standard-massificato/#comments)

  3. La letteratura mi annoia – l’accidia del monaco di cui parla Agamben – mi cade il braccio con il libro in mano, la mente corre al numero di pagine che mancano per raggiungere la razione giornaliera in cui ho diviso il compito. Ma quel misto di fruitori di immaginario del “critico letterario” (“indagare la letterarietà un po’ dove si trova: nelle barzellette e nei poemi omerici, nei film e nei sogni, nelle conversazioni, ecc. Siamo nella società più ‘testualizzata’ che sia comparsa al mondo”) poichè a essi in tarda età mi voglio assimilare, cerca veloci conoscenze, che conoscenza del libro e conoscenza del mondo si corrispondano: “Simone Weil parlava, in questo senso, di una lettura del mondo e di una non lettura, di un’opacità che resiste a ogni interpretazione e ogni ermeneutica”.
    Brevità di scrittura online (come affermava un amico di Poliscritture): l’essenziale conoscitivo. La complicità -la doppiezza- della letteratura (“la poesia alludendo con la propria presenza-struttura ad un ordine valore possibile-doveroso formula una delle sue più preziose ipocrisie ossia la consumazione immaginaria di una figura del possibile-doveroso”, Fortini, citato in Ospite Ingrato) pretende l’ampia argomentazione, l’agio, di chi è saldo nella sicura posizione. Pretende il lusso. Gli altri, gli affamati, di tempo in rincorsa di possibilità, di quel lusso sovrano dell’ozio in lettura, alle pagine concettuali rinunciano, se perdono molto o qualcosa lo recupereranno quando avranno vinto.

  4. “Samizdat: Sì, sì. Viene prodotta, circola, si consuma letteratura mercantile”
    Credo che sia vero, proprio come vale per l’aria inquinata che respiriamo, per il cibo sofisticato che consumiamo, per le immagini che vediamo dove naturale e artificioso si mescolano ( distinguo tra artificio come tecnica d’aiuto e artificio come manipolazione)…Il consumatore di libri e di cultura mediatica e il mercato risultano uniti in un circolo vizioso difficile da districare e si alimentanoreciprocamente…risalire all’imput sarebbe importante. Alla fine l’essere umano cerca di sopravvivere come se fosse esposto a radiazioni nucleari prolungate e, quando legge, al lettore medio credo non interessi proprio il concetto di letteratura…Mi incuriosisce il pensieri di Agamben con l’esempio di Dante che scrisse in volgare per essere ascoltato, non tanto per essere letto, da chi non sapeva leggere …E come oggi trovare un linguaggio che sfugga al mercato?

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