4 pensieri su “Dopo la serata su Fortini al Laboratorio Formentini di Milano

  1. Attualizzare “metà” di ciò che ha scritto Fortini e buttare il resto. E’ un buon suggerimento (auto)esegetico. Ma ciò non può comportare la liquidazione del nesso che regge ogni suo verso e ogni sua frase: quello fra letteratura e rivoluzione. Pena la liquidazione totale, del poeta e del saggista assieme.

    La “rivoluzione” era del tutto lontana e (apparentemente?) inattingibile dall’ordine del mondo già nel 1955 (Dieci inverni), nel 1961 (Lettera agli amici di Piacenza) o nel 1978 (Non è lui) quanto e forse più di quanto lo sia ora. Fortini antistalinista, antiprogressista, mostra di saperlo molto bene. Questo oggi pochi (abbagliati dalla ‘mutazione’ e dai suoi stendardi o simboli, che già allora erano in marcia, sembrano aver chiaro.
    Oggi interi paesi (massimamente la Grecia nel 2013-15) si sono avvicinati al muro del rischio assai più concretamente di quanto lo fosse il nostro nella seconda metà negli anni 70 quando molti sfilavano ancora baldanzosi sotto bandiere con effigi comuniste ma con l’inconsapevole nevrosi della sconfitta e dell’insendatezza già nel cuore.
    Ricomporre la classe e progettare ‘piani B’ non è impossibile o ridicolo, né opporsi alla guerra che il capitale porta con sé come la nube l’uragano: tutto è da fare. Pur nella tragedia a tratti insostenibile, della quotidiana verifica della distanza fra questa prassi e lo stato del mondo. Questo è il modo (il solo?) per analizzare e interpretare qualsiasi testo di Fortini.

  2. Non farò dei commenti ma riporterò dei passaggi di F. Fortini che mi sono sembrati importanti e degni di riflessione non solo pacata – e quindi non ‘faziosa’ – ma anche motivata dal desiderio di uscire dalle stantie ripetizioni e dai soliti “bla-bla”.
    E ciò perché ritengo più che valida e attuale una frase che A. Camus aveva scritto nei suoi “Taccuini”: “Chiedo una cosa sola, ed è una richiesta umile, benché io sappia che è esorbitante: esser letto con attenzione”.

    *F. Fortini: “È quanto di meglio, nel genere, si possa leggere (riferendosi ad una poesia di Ennio Abate). Solo che il genere (critica della frantumazione rappresentando la frantumazione) mi pare un po’ stanco. Alla generosità dell’impulso bisognerebbe congiungere una ‘necessità’ maggiore, far sentire che ogni parola è insostituibile”*.

    *F. Fortini: “… scrivere di questioni concrete, non di teoria politica; meglio, allora, una problematica etica. Essere spietati. – far scrivere ma riscrivere. Nessuna concessione alla immediatezza populista. Scritti brevi, temi e frasi ripetute. – l’ideale è quello di grandissima modestia degli argomenti e grandissima ambizione ( e “distanza”) nel punto di vista, quindi nella scrittura”*.

    *F. Fortini : “Che cosa è un uomo ridotto alla mera dimensione della interiorità morale?”*

    *F. Fortini: “Vi consiglio di prendere le cose che ho detto e di buttarne via più della metà, ma la parte che resta tenetevela dentro e fatela vostra, trasformatela. Combattete!”*

    *F. Fortini: “Aveva proprio ragione Hegel: la sola cosa che si impara dalla storia è che la storia non insegna niente*.

    Solo rispetto a questa ultima affermazione mi permetto di chiosare:
    E’ vero che la storia non ‘insegna’, non è per nulla ‘magistra vitae’. Siamo noi che dobbiamo avvicinarci ad essa con aperta curiosità e non in modo pregiudiziale. Siamo noi che avvicinandoci alle cose dette da Fortini, faremo una selezione di quanto lui ci ha donato con generosità, completando con quanto lo stesso J. W. Goethe ebbe modo di dire, genialmente: “ Ciò che hai ereditato dai tuoi padri, fallo tuo, per poterlo possedere” (Was du ererbt von deinen Vätern hast, erwirb es, um es zu besitzen).

    R.S.

  3. …mi ha colpito questo brano di Franco Fortini riportato da Ennio: ” Ho capito assai tardi che scrivere versi non è riconducibile ad una identità, non perchè l’io sia un altro ma perchè la parola ne colle pas con la mia voce….E’ come se le avesse scritte mio figlio. O mio padre. Qualcuno che comunque è più giovane o più vecchio di me”. Trovo invece che sono proprio le poesie scritte nell’arco di una vita a testimoniare il percorso di vita e di pensiero dell’autore e che “la mia voce” sia solo l’ultima in ordine di tempo…Le diverse “conversioni” di F. Fortini che hanno dato adito ad altre più sfumate sono a loro volta la testimonianza di un sentire inquieto e cangiante, sempre declinando lo stesso colore del rosso, sul cammino di verità sempre da raggiungere…Così il “comunismo in cammino” di Franco Fortini si muove intorno alle “nostre verità” da cui non allontanarsi, quelle storiche legate alle lotte per la solidarietà, la giustizia, la libertà dei popoli, ma profondamente provato da anni di sconfitta e solo possibilista sulla rinascita dell’uomo : “Una gioia a venire”…La poesia non può dunque rinchiudersi in una torre d’avorio, deve testimoniare il travaglio della storia e porsi dalla parte degli ultimi…Non idealizzare mai nessuna posizione tuttavia, la contraddizione è sempre presente in ciascuno di noi e va messa in evidenza: “Poesia ed errore”…Un uomo poeta che vive il mondo da un crinale dove i versanti contrapposti sono ben visibili e non demonizza ma con “realismo politico” suggerisce di “cercare i nostri eguali osare riconoscerli…”. Trovo molto significativo il titolo della sua prima raccolta “Foglio di via”, poesie di un congedo dal conflitto, di un ritorno “a casa” che non si avvererà mai…di scenario di guerra in scenario di guerra, come la storia del novecento e oltre

  4. SEGNALAZIONE
    (dalla bacheca di Ale LaMonica su FB)

    *Un ottimo disegno critico di François Dupuigrene che presenta nel 2010 alla Radio Svizzera Italiana la figura e l’opera di Franco Fortini con la lettura di due famose poesie e la registrazione della sua voce e di quella di Pasolini. [E. A.]

    Franco Fortini
    con François Dupuigrenet Desroussilles
    http://www.rsi.ch/rete-due/speciali/classici-italiani/Franco-Fortini-2558812.html

    Franco Fortini (1917-1994), saggista, critico letterario, traduttore e poeta, è stata una delle personalità più significative del panorama culturale italiano del Novecento. Parallelamente alla sua opera personale, voce di un marxismo esigente e sempre “eretico”, e da essa inseparabile, la sua attività di traduzione si é esercitata in primo luogo sulla poesia di Brecht e su alcuni scrittori francesi contemporanei particolarmente vicini alla sua poetica come Paul Eluard e Raymond Queneau. La “lezione radiofonica” è tenuta da François Dupuigrenet Desroussilles professore alla Florida State University e all’Università della Svizzera italiana. Interverranno anche Renata Broggini, studiosa dell’esilio italiano in Svizzera nella prima metà del Novecento, e Virgilio Berardocco, studente del Master in lingua, letteratura e civiltà italiana dell’USI.
    François Dupuigrenet Desroussilles si é formato alla prestigiosa Ecole de Chartes di Parigi. Parallelamente alla sua carriera istituzionale in qualità di conservatore dei fondi antichi della Bibliothèque Nationale de France prima e professore universitario ora, alla Florida State university e all’universita della Svizzera italiana, ha una ricca esperienza in qualità di traduttore dall’inglese, dall’italiano e dal latino. Ha tradotto fra gli altri Sant’Agostino, Francesco Petrarca, Oscar Wilde e Carlo Emilio Gadda.

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