Il predicatore

 

Alexander Daniloff, Il predicatore

di Arnaldo Éderle

Dungué anghiorghià …
gridando gridando gridando. Così
il predicatore passeggiava nel bar dei
cinesi. Urlava e strisciava i piedi
e pian piano gesticolava le mani
sopra la testa, vestito bene
con la zucca quasi pelata
le ginocchia rigide dritto
e appoggiato alla spalliera della
sedia e poi puntava i piedi
sulle mattonelle della sala come
un esperto scimpanzè e strangolando
la voce se la buttava in gola
e gracchiava le sue cento battute.
Nessuno diceva niente.

Oh sì, era davvero interessante e privo
di banalità colmo di facoltà
astrattamente divinatorie.
Povero predicatore! Com’era triste
intrufolato nella sua pura pazzia,
avaro di logica ma pregno di
amara verità, prodigo di nonsense
di verità inespresse se non in quelle
parole così vuote così sciolte
nel suo breve cervello e colme di senso
della disfatta di ogni logica e grave
d’un barocco insensato.
Io credo in uno sciacquio dei canali
del cerebro e d’un’insaponata dei suoi
canali, manovre dei nemici della bontà,
credo in un assalto dell’intelligenza
a scapito della vita e della sua
sapienza.

Chi vede altre predicazioni sotto questo
pezzo di stoffa stesa sulle onde cerebrali
opache e scure e annebbiate e prive
di cognizioni non è lontano dalla verità,
anzi ne scopre l’inganno e la parvenza
dell’amara pazzia. Ma non è così, e per
scorgere la verità deve intrufolarsi
nel suo cuore contarne i battiti
e guardare le mignatte che succhiano
le sue pareti rosso-paglia e graffiano
i suoi vasi trasparenti.

E’ vera quest’analisi, è vera e innocente,
non è certo un giro sulla giostra
della favola, dei salti di pagliacci
nel giardino dei divertimenti,
no no, è proprio vera e lugubre
e mezza-morta, ma vera e consapevole
e confortata dall’evidenza.
Il povero predicatore non dice nulla
di differente nulla di esatto nulla
di credibile, le sue sono solo invenzioni
locutorie giri in giostre incredibili
e fantasiose, voli.
Chi le crederebbe? Chi le farebbe funzionare
nei congressi o nelle ciarle dei convenuti
delle sedute negli alberghi a cinque
stelle o dei vani colloqui nelle tavolate
di lussuosi hotel della Costa Brava?
Non ne ho idea. Proprio non ho cognizione
di questi eventi di queste cene
dell’abbondanza di questi lugubri
ritrovi.

Ma se lì risuonasse il suo grido
se il suo grido, dico del predicatore,
se echeggiasse il Suo
“dunguè anghiorghià”,
che succederebbe?
Cosa accadrebbe alle aragoste agli
spumanti ai dolci dolci posati su tavole
imbandite d’oro e diamanti
e di mani bianchissime intrise di pensieri
scaltri intrufolati nelle vili parole
e nelle occhiate sbilanciate
e prive della minima sincerità?
Che succederebbe?
Uomini e donne forse si sbellicherebbero
dalle risa e grattandosi la pancia
si volterebbero verso il commensale
sfoderando le loro sonore risate e stirando
le loro bocche unte verso la combriccola,
drizzando le orecchie lupine e sventolandole
come volpi eccitate.
E poi giù con le carte-moneta per pagare
il buffone e proporgli i loro diamanti
succhiati di miele e appetitosi
per i poveri pazzi come lui
(questo loro lo sanno fare l’hanno
improvvisato mille volte,
sempre è andata bene).

Ora, non si sa se il predicatore
abboccherebbe, ma è certo che griderebbe
qualcosa’altro di altrettanto sconvolgente
e amaro e stupido e privo di cervello.
Forse griderebbe “eugnùd aigroignà”
E tutti rimarrebbero muti e sospesi
nelle loro maglie fitte e imprigionati
nelle fantastiche parole come pesci
nella loro acqua putrida,
come anguane punite dal loro dio
senza volto.

3 pensieri su “Il predicatore

  1. …mi è sembrata una poesia satirica in cui Arnaldo Ederle profila la caricatura di un predicatore, un personaggio dall’aspetto e dalle manifestazioni folli, istrioniche e animalesche, ma poi sono comparsi i cosi detti uomini, con il loro carico di disprezzo, di sfrenato desiderio di derisione, di voler umiliare chi crede inferiore e il finale potrebbe essere a sorpresa…c’è un’identificazione? C’è una scoperta? Una scrittura molto ridondante che svia un po’ l’attenzione dal significato o meglio lo rende enigmatico

  2. Il predicatore non se ne va. Sta nel bar dei cinesi, è uno scimpanzé evoluto e grida “dungué anghiorghià” (forse le sue conclusioni: dunque ancorché aghia [Sofia] aaargh) Forse è solo un povero matto a cui bisognerebbe pulire i canali cerebrali perché ci scorra l’intelligenza.
    D’altra parte la verità non si esprime in parole e non sta solo nelle onde cerebrali ma anche nel cuore. I discorsi si fanno in luoghi sociali e se lì capitasse il predicatore con le sue invenzioni locutorie verrebbe deriso e usato per divertirsi o forse anche come instrumentum regni.
    Ma se poi il predicatore insistesse con altre proposte “eugnùd aigroignà” (forse più raffinate: io bene conosco, sono agro e irato) potrebbe intrappolare anche la combriccola di dominanti.
    Verità messa in parole, sincerità e intelligenza, povertà mentale e superbia sociale: la poesia di Ederle misura queste entità con un bel po’ di scetticismo, e anche disprezzo. In effetti Rasputin ha dominato le menti dei Romanov, e Reagan e sua moglie Nancy governavano con la loro maga di riferimento.
    Vive scene sono quella del povero mentecatto vestito bene che grida e partecipa con tutto il corpo le sue cento battute nel bar dei cinesi, che non conoscono altra lingua ma i suoni li possono interpretare. E quella del banchetto di personaggi guance piene e occhi lucidi come certi nobili e regnanti di Goya. E le due immagini di acqua, putrida in cui sono imprigionati i pesci, e quella vuota e senza forme delle acquane, eguagliano pazzi e superbi in generale scioglimento.

  3. Carissima Cristiana, grazie del tuo bel commento, lo aspettavo. Come al solito sei molto precisa nelle tue valutazioni. Hai capito tutto! Ti stimo e ti adoro.
    Un grande abbraccio. Arnaldo

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