Mia bella foglia

di Arnaldo Éderle

Mia bellla foglia che vibri nella tua aria
fresca nella mattina azzurra e viola come la mia
farfalla ferma sull’altra foglia dell’albero.
Oh, quanto mi piaci, quanto mi commuovi
quanto mi sfregoli sugli occhi la tua
pittura verde il tuo tenue e pacificamente
invadente pervadente nel lucido degli occhi
di chi ti guarda insistente insicuro
di vederti e inghiottirti
dentro le sue pupille aperte.

Il tuo verde marcito e luminoso
m’inarca i sopraccigli e mi abbassa
le palpebre come la dolce sonnolenza
viva e palpitante della tua luce viola.
Le altre foglie d’intorno
t’incoronano e ti succhiano
intatta la tua generosa armonia
che si espande nella chioma del tuo albero
che sa di miele e del suo tenue
profumo.
Oh dolce foglia verde stai lì mossa
dal caro venticello e non ti stanchi
di cercare l’immobilità la forma
la stasi della pacifica postura della
grande posa.
Vanitosa? Chissà come vibrano impercettibil
mente le tue vene nelle tue minuscole mani
sul tuo tenero palmo.

Oh, davvero mi commuovi, e mi lasci
anch’io immobile a contemplarti e quasi
ad adorarti come una verde dea come
una stella a cinque punte e forse
come una vaga foglia innamorata del tuo forte
ramo che ti sostiene e ti veglia fissa
al suo braccio. Radiosa ti vorrei, ma sei
già fiera della tua pacatezza
e blanda della tua bontà del tuo immobile
silenzio.
Se il ramo si muovesse ti muoveresti con lui
e avvolgeresti nel tuo poco movimento
la tua casta superficie attorno all’aria,
e nascerebbe un boccolo un verde cannocchiale
da cui sorprendere i fili d’erba giocare
tra loro e allegri sventolare a salutare
il cielo e le nubi accarezzando il sole.

Oh sì! Ti amo bellla vela tra vele
e ti sussurro non staccarti mai dal tuo
grand’albero e gioia dona alla terra
e ai suoi strani abitanti.

7 pensieri su “Mia bella foglia

  1. Il calore affettivo, l’effusione di sentimenti nutritivi, gioia bellezza attenzione cura vitale immedesimazione, mi sembrano accentuarsi man mano nelle poesie che Arnaldo Ederle ci fa leggere su Poliscritture.
    Sicuramente in controtendenza a una prevalente disposizione d’animo analitico-critica, e poi ruvidamente sintetica, offerta dalla maggioranza dei testi sia poetici che politici qui presenti.
    In effetti la tenerezza di cuore che le poesie di Ederle provocano dispiace ad alcuni, che credo allontanano da sé quell’indulgere e accettare, che rischia di rendere inermi e indifesi. (Lenin e la musica: “Lenin disse a Gorkij: Non posso ascoltare spesso la musica. Agisce sui miei nervi, mi viene di dire sciocchezze e di carezzare gli uomini che, vivendo in un sudicio inferno, sanno creare questa bellezza. Ed oggi non puoi carezzare nessuno: ti divorerebbero la mano. Bisogna picchiare sulle teste, senza pietà, sebbene il nostro ideale sia di non usare violenza contro nessuno. Eh sì, il nostro mestiere è diabolicamente difficile.” Bruno Caruso, Lenin a Capri, Dedalo 1978, però ricordo che la frase circolava dieci anni prima, non so da quali fonti.)
    Sto facendo un discorso di economia mentale: che senso ha, oggi, intenerirsi, esaltarsi addirittura, sulla bellezza con cui cogliamo una natura “resto” esperienziale di “usi” tecnologici, scientifici e di sfruttamento? Ma che cosa dice, in fondo, questa ricerca di un ideologico *naturale* se non un ancoraggio alla nostra corporeità, anzi proprio al corpomente di ciascuno?
    Per questo, insieme alla scioltezza e irruenza musicale, nelle poesie di Ederle voglio cogliere gli elementi di tenuta, il modo in cui regge e contiene il fiume di parole. Intanto la libertà di scartare nell’*inventio*, nella raccolta di immagini e nelle associazioni. Poi la sorveglianza nell’uso delle allitterazioni e in generale nelle figure di suono. L’armonico succedersi dei ritmi. Una scelta sobria dei propri sentimenti reattivi che sono insieme animazioni della foglia rappresentata. Non ne deriva un mondo di fusione panica, ma di superiore umana compassione e delizia.
    E va bene così, il mondo è anche davvero bello, fin che si vive.

    p.s. ma per la bella foglia bastano anche due sole “elle”

  2. Carissima Cristiana, ti ringrazio dal più profondo del mio ciore per il bellissimo commento al mio breve poemetto. Sento quanto tu sia vicina ai mei sentimenti,
    quanto li annusi e li esplodi sulla carta. Vorrei averti sempre vicina come ora.
    Spero veramente di incontrarti un giorno, anche se col passar degli ani sarà semptr più difficile. Verrai, forse, dalle mie parti una volta? Spero di sì, tanto
    sperare non costa nulla, né a te né a me. A presto Cristiana.
    Ah, volevo anche informarti che Sabato 10 giugno andrò a ritirare il premio
    che mi hanno assegnato a Istrana (Treviso). Spero ti faccia piacere. Un
    abbraccio. Arnaldo

  3. …più leggo di che cosa sono capaci gli uomini, arrogandosi il diritto di vita e di morte sui propri simili, più mi sembra esemplare la natura…La foglia di cui dice la poesia di Arnaldo Ederle ha la saggezza vegetale di rimanere attaccata al ramo, che a sua volta lo è all’albero che ha radici nella terra, generatrice di vita: “… una vaga foglia innamorata del tuo forte/ ramo che ti sostiene e veglia fissa/ al suo braccio..” e solo così, avvolta, ne “…nascerebbe un boccolo un verde cannocchiale/ da cui sorprendere i fili d’erba giocare…”. Non si sente onnipotente, rimane nei limiti sanciti per lei dalla natura e così sa guardare con affetto anche le stranezze umane

  4. * Se il ramo si muovesse ti muoveresti con lui
    e avvolgeresti nel tuo poco movimento
    la tua casta superficie attorno all’aria,
    e nascerebbe un boccolo un verde cannocchiale
    da cui sorprendere i fili d’erba giocare
    tra loro e allegri sventolare a salutare
    il cielo e le nubi accarezzando il sole.*

    Riporto questi versi per dare forza alla mia impressione di come il tocco lirico di Ederle sia davvero ineguagliabile, ed è tutto suo, specificatamente personale. A beneficio dei cinefili, mi richiama, in parte, il cosiddetto “tocco di Lubitsch” (Ernst Lubitsch, Berlino 1892 – Los Angeles 1947). A chi non ha avuto il piacere di vedere i suoi film – e quindi il senso di quello che veniva chiamato “tocco di Lubitsch” – oltre che a sollecitarne la visione, rinvio a Wikipedia.
    Rimane comunque in Ederle la capacità di toccare con mano leggera, eppure mai superficiale, le varie situazioni della vita, sia che esse si muovano nella crudezza delle relazioni umane (come abbiamo visto in altre sue poesie presentate qui in Poliscritture) e sia nel rapporto con la natura, molte volte presa a paradigma di ideali agognati e traditi.
    Mi piace che Cristiana abbia ricordato le riflessioni di Lenin sull’arte. Solo che la battuta di lui: “Eh sì, il nostro mestiere è diabolicamente difficile”, non può essere riferito solamente al rapporto del politico/rivoluzionario con l’arte, ma anche al rapporto dell’uomo con l’altro uomo: perché questo è il mestiere difficile, difficoltà che la politica accentua in massimo grado! E che porta poi Annamaria a commentare * più leggo di che cosa sono capaci gli uomini, arrogandosi il diritto di vita e di morte sui propri simili, più mi sembra esemplare la natura…*. Purtroppo, nemmeno la cosiddetta natura lo è.
    Grazie a Ederle per aver permesso, attraverso i suoi versi, questi pensieri.
    R.S.

  5. Scossa e molto emozionata ringrazio per questi capolavori di un poeta che riesce a far amare la vita e la poesia.
    I sentimenti sempre forti che esprimono le sue poesie, abbracciano il lettore e lo rendono partecipe, sempre.

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