Chi censura chi?

SU «INVERTIRE LA ROTTA» DI POVIA E AMATO

di Ennio Abate

Non bisogna mai trascurare la cronaca, il quotidiano, il locale. Non è facile. Specie per chi è allenato a leggere saggistica, a pensare questioni politiche nazionali o mondiali, a riflettere su temi esistenziali o filosofici e a discutere con chi sa già discutere e pensare. Sembra di scendere nei bassifondi. E sorge  spontanea  la domanda:  ma chi te lo fa fare? non è uno spreco? chi vuoi che ti ascolti? Ma è proprio lì che bisogna andare per misurare quanto le nostre idee siano in grado  di reggere all’urto delle passioni più elementari e dei pregiudizi più radicati e scalfirli.  [E. A.]

Lettera aperta ai cittadini di Cologno Monzese
di Ennio Abate, redattore di “Poliscritture”

Sapete che c’è polemica sul patrocinio concesso dall’Amministrazione comunale allo spettacolo di Povia e Amato, «Invertire la rotta», che verrà replicato il 10 giugno a Cologno nel cine-teatro comunale Peppino Impastato.
Il sindaco Rocchi in un suo comunicato stampa l’ha presentato come « un importante evento di solidarietà dedicato totalmente alla sensibilizzazione e all’informazione in tema di tutela dell’infanzia e della famiglia»; e ha lodato le «Associazioni promotrici, Bran.Co Onlus e La Caramella Buona Onlus» che l’hanno organizzato.
Altri cittadini, partiti e associazioni hanno invece denunciato che «tra gli organizzatori c’è Bran.co, associazione appartenente a Lealtà e Azione, noto gruppo neofascista» e che lo spettacolo «attacca aborto, divorzio, unioni civili e in generale la libertà delle persone gay, lesbiche, trans, queer»; e hanno preparato un’assemblea pubblica per il 9 giugno (sempre a Cologno nell’Auditorium di Via Petrarca) per chiarire le ragioni della loro protesta.

Oltre ad aderire alla protesta, non ho voluto mettermi per partito preso i paraocchi e ho analizzato il video completo dello spettacolo, consultabile su You Tube (qui). Per capire se i suoi contenuti siano almeno interessanti, anche se magari non del tutto condivisibili. Ecco le mie considerazioni, che volentieri discuterò con chi vuole confrontarsi:

Attualità.

Lo spettacolo tocca temi sicuramente di attualità: la globalizzazione e le nuove élites che guidano la politica internazionale dopo la fine della Guerra Fredda; le ombre della politica italiana (Imposimato e il suo libro «La repubblica delle stragi impunite»); la politica della UE e della Germania (Ahi, la tragedia della Grecia!); le trasformazioni dei costumi sessuali e affettivi delle società occidentali. Ma come li tratta?

Il Potere.

Un unico Potere governerebbe « il mondo e le democrazie in modo invisibile». Sarebbe nato – guarda un po’ – nel ’68. Da allora «attraverso sesso e droga ha cominciato a governare le masse». Chi lo esercita? Amato, che nello spettacolo ha il ruolo dell’esperto tuttologo, a volte dà ad intendere che comandano le multinazionali, che avrebbero « più poteri degli Stati». (Di tutti o solo dei più deboli e poveri?). Altre volte parla di un fantomatico «Pensiero Unico» (il Neoliberismo? Il Mercato? La Tecnica?). Altre volte di gruppi di potere occulti (Aspen Istitute, Gruppo Bilderberg). Altre ancora del MES (Meccanismo europeo di stabilità). Ma gli Stati Uniti che fanno le guerre neppure li nomina. E potenze come la Russia e la Cina, che fanno? Non contano? Di preciso nomina soltanto l’Unione Europea e la BCE, Renzi e «la culona Merckel».

Questioni etiche e biopolitiche.

Lo spettacolo affronta temi delicati e complessi che riguardano i nostri corpi e la nostra psiche. E che gli scienziati (psicologi, biologi, medici, informatici, giuristi, ecc.) stanno indagando con l’aiuto di nuove tecnologie, prospettando ipotesi fuori dall’ordinario e – diciamolo pure – inquietanti per la maggioranza di noi profani quasi del tutto disinformati sui campi scientifici. Uno perciò, in uno spettacolo che vuole educare, si aspetterebbe un atteggiamento di cautela. E, dato che le opinioni anche fra gli scienziati sono varie o controverse, che vengano messe a confronto. Amato, invece, fa una carrellata veloce di immagini scioccanti. Parte dall’esempio dei braccialetti con il codice a barre usati negli ospedali per passare poi: ai microchip nel dito; agli ovociti che si comprano nei campus universitari statunitensi; al caso dei due benestanti omosessuali israeliani che scelgono gli ovuli su Internet; al farmaco per bloccare la crescita ormonale degli adolescenti; al tema dell’ “utero in affitto”. Problemi complessi ridotti in pillole. Ma soprattutto commentati con battute che mirano a scandalizzare, allarmare, spaventare, involgarire, aizzare contro i “distruttori della famiglia”. Che sarebbero: la «lobby gay» o il «mondo LGBT» accusati di esser parte del Potere occulto mondiale e di disporre di mille miliardi di dollari, l’«equivalente delle spese militari di Usa e Europa», il «Pil dei due paesi più ricchi dell’Africa: Egitto e Sudafrica»; «mamma Vendola», sfottuto con l’aiuto perfido di Sgarbi, che commenta – da «critico d’arte» – una foto di Vendola con il suo bambino.
Certo i figli nascono ancora da una donna. Ma se diventerà tecnicamente possibile riprodurli in provetta, i problemi medici, etici, politici, culturali posti da questa ipotesi (per ora) li vogliamo esaminare e ragionarci su? Oppure dobbiamo consegnarci alla paura, chiudere gli occhi, metterci a sognare una ideale e mitica «famiglia naturale»? Non sarebbe meglio, invece di fare la crociata contro i presunti “distruttori della famiglia”, ricordarsi di quel che capitò a Galilei o a Lutero? Per non doversi scusare poi, dopo secoli, con i loro fantasmi per aver preso una cantonata?

Quanto alla «teoria Gender» sarebbe «come una guerra mondiale contro la famiglia». Ora ne ha parlato negativamente Papa Francesco; e moltissimi cattolici saranno pure convinti che in quelle idee si nasconda un progetto di distruzione della famiglia e della società. Ma esiste questa teoria? Se ne può discutere? Dove altri – studiosi e gente che ancora ragiona – hanno dubbi e sollevano problemi, Amato e Povia impongono a un pubblico di tifosi le loro certezze. Ovviamente autoincensandosi: siamo coraggiosi, anticonformisti, boicottati, ma non ci arrenderemo. (E ci credo, con gli appoggi che avete e che vi permettono di girare per le parrocchie di tutta Italia!).
Comunque – mi chiedo – uno spettacolo, patrocinato dal Comune può promuovere una cultura che ha un’impronta così cattolica e conservatrice e non tener conto della sensibilità e delle opinioni di tutti gli altri cittadini: laici, atei o di altre religioni? E poi, diciamoci una verità elementare: siamo già impauriti e disorientati in un mondo sempre più caotico e che neppure i cervelloni capiscono dove ci porta. Forse lo sono anche Povia, Amato e il sindaco Rocchi. Ma allora perché non riflettere e far riflettere di più, invece di partire come crociati e dare giudizi su tutto e tutti con tanta superficialità? Perché non «invertire la rotta» e cercare di ragionare e confrontarsi invece che aizzare emozioni e passioni un po’ cieche?

Storia e storia della famiglia.

Ma in questo spettacolo c’entra anche la storia. Il difetto però è sempre lo stesso: il modo in cui Amato ne parla e Povia ne canta. Nel discorso saputello e istrionico di Amato la storia scompare. Lui proprio non la vede, anche se ne parla. Non vede, in tanti secoli che sono passati, le trasformazioni delle strutture sociali, dei modi di pensare, dei costumi. La storia è per lui solo un pretesto per esaltare nostalgicamente la famiglia “naturale”, quella di un mondo antico che non esiste più. Eppure anche Amato e Povia vivono nella stessa nostra società occidentale. Che ha visto una rivoluzione industriale e dagli inizi del Novecento è diventata *di massa* e deve risolvere problemi che riguardano miliardi di individui e non decine di migliaia o qualche milione, come ai tempi dei Greci o dei Romani. Le attuali società – industriali, postindustriali (e con le loro sacche di povertà interne ed esterne, oltre che con le loro guerre in corso) possono essere ancora pensate come «una grande famiglia»?

Sempre in fatto di storia, la cosa più sgradevole e rozza dello spettacolo è quando i due sputacchiano sul tentativo fallito dei bolscevichi (anche loro presentati come “distruttori della famiglia”) di adeguare la vita familiare della Russia zarista agli ideali della società socialista dopo la Rivoluzione del 1917. Amato dice che furono una «banda». Fa battute grevi su quel «più di un’amicizia tra Lenin e la Kollontaj» (come se Lenin fosse un Berlusconi qualsiasi). Tratta con sufficienza provinciale personaggi come Bucharin e Makarenko. Si esalta ed applaude solo quando finalmente, nel 1936, Stalin “si pente” e abolisce la libertà d’aborto, prende provvedimenti a favore delle donne incinte, pone delle restrizioni al divorzio, concede sussidi alle famiglie numerose, etc . Ecco, Stalin ha dato finalmente ragione alla sua morale conservatrice del “chi tocca la famiglia, muore”. Stalin va bene. A questo serve la storia: a confermarci nei nostri pregiudizi!

Ultima perla. Oltre a sghignazzare sulla Rivoluzione russa (proprio nel centenario di quel 1917) e a prendere per il culo il «vecchietto leninista / Che Guevara sul cappello / sotto il braccio il manifesto / stalinista», a cui Povia fa dire «mi so’ rotto i coglioni / dico che era meglio Berlusconi», con la stessa disinvoltura e superficialità riaggiustano la storia d’Italia al populismo odierno. E allora dagli addosso a Garibaldi, un «massone» e un traditore «al soldo degli inglesi». Fino ad esaltare re Ferdinando II e il suo Regno delle due Sicilie. Eh, sì, era proprio un’ età dell’oro quella dei Borboni! E, infatti, «prima dell’unità d’Italia al Sud nessuno emigrava, la gente si amava, al Sud si lavorava!», sempre come canta Povia, che di storia se ne deve intendere quanto Amato.

Cultura.

La cultura che Povia e Amato propongono attraverso video e brevi citazioni di autori (Huxley, Chesterton, Arendt, ma ci scappa persino il concetto marxista di «reificazione degli uomini» e non so se sanno che è di Lukács) è presa dallo stesso minestrone che ci cucinano quotidianamente mass media e Web: romanticismo reazionario, cattolicesimo iperconservatore, anticomunismo, populismo, qualunquismo. Amato cita a iosa Hanna Arendt. E si capisce perché. Il concetto di totalitarismo, oggi di moda, gli serve per mettere insieme esperienze storiche diverse e equiparare fascismo, comunismo e l’attuale(fantomatico) Pensiero unico. Al lupo, al lupo! Tornano i dittatori! Tolgono i bambini ai genitori! Tornano i balilla, la gioventù hitleriana, il komsomol!

Conclusioni.

Questo spettacolo è un comizio multimediale condotto da un cattolico iper-conservatore, che usa abilmenteanche alcune dichiarazioni di Papa Francesco (che crociato non mi pare) intervallato dalle canzoncine sentimentali di Povia, che semplifica e mette in musica i concetti del collega. Per me è sbagliato dire che è uno spettacolo fascista. Non basta il giudizio positivo sul codice Rocco, per etichettarlo così. Anche perché, come ho detto, la filosofia politica a cui si ispira è quella di Hanna Arendt.
È un «calcio alla pedofilia»? No, soprattutto all’intelligenza, alla ragione, alla scienza seria, al dialogo. Difende la famiglia da poteri occulti che la vogliono distruggere? No, perché neppure col binocolo vede le condizioni di vita delle famiglie reali e i mutamenti della storia. (Che famiglia è o sarà oggi quella messa su da due giovani disoccupati o precari?). Il suo invito a «non essere negativi ma essere positivi» resta un desiderio, un augurio, ma non si basa sulla realtà: «Voglio un mondo in cui l’amore vince sempre/ E a ciascuno la sua terra e soldi, amore e libertà ». Non riesce a «salvare l’innocenza di questi bambini», come pretende, ma semplificando tutto e troppo, mantiene in uno stato di infantilismo anche gli adulti.

7 pensieri su “Chi censura chi?

  1. Intervengo a partire da alcuni punti che ho stralciato.
    In primis, dalla presentazione del programma su YouTube, che mi sono presa la briga di vedere, ovviamente non tutto quanto, perché molto deludente sotto ogni profilo sia artistico che di contenuti, ma quanto basta per farmi un’idea, e che recita così:
    “La registrazione completa dello stupendo spettacolo di Giuseppe Povia e di Gianfranco Amato nel teatro dell’Oratorio.
    Tre ore intense di messaggi, musica, emozioni e verità!”.

    Rita:
    siamo sinceri. Queste espressioni di “musica, emozioni e verità” non sono forse oggi così presenti dappertutto, ad ogni manifestazione, al punto da obnubilare ogni senso critico?
    Il discrimine allora non passa fra chi è allenato a *leggere saggistica, a pensare questioni politiche nazionali o mondiali, a riflettere su temi esistenziali o filosofici e a discutere con chi sa già discutere e pensare* (Ennio) e chi invece no (ovvero le ‘masse’?). Perché ci sono anche molti – una maggioranza silenziosa anche di élite -, che, pur masticando sulle questioni mondiali ecc., poi si fanno trascinare dalle stimolazioni verso le emozioni e la verità. E’ questa regressione il problema, su cui poi molti ci marciano sia da ‘destra’ e sia da ‘sinistra’!

    Ennio:
    Il sindaco Rocchi in un suo comunicato stampa l’ha presentato come “un importante evento di solidarietà dedicato totalmente alla sensibilizzazione e all’informazione in tema di tutela dell’infanzia e della famiglia”; e ha lodato le “Associazioni promotrici, Bran.Co Onlus e La Caramella Buona Onlus” che l’hanno organizzato.

    Rita:
    E ci mancherebbe! Ma, Ennio, ci sei o ci fai? Chi ha il potere, lo esercita a modo suo. Punto. Ah, ma tu fai riferimento alla ‘democrazia’? Ti sembra che le cose buttino proprio così?

    Ennio:
    Comunque – mi chiedo – uno spettacolo, patrocinato dal Comune può promuovere una cultura che ha un’impronta così cattolica e conservatrice e non tener conto della sensibilità e delle opinioni di tutti gli altri cittadini: laici, atei o di altre religioni?

    Rita:
    Certo che lo può. Vedi sopra. Tanto si fa forte di un appiattimento culturale che fa il suo gioco. Ti sembra forse che la canzone vincitrice di SanRemo sia meno qualunquista di quella di Povia?

    Ennio:
    Sempre in fatto di storia, la cosa più sgradevole e rozza dello spettacolo è quando i due sputacchiano sul tentativo fallito dei bolscevichi (anche loro presentati come “distruttori della famiglia”) di adeguare la vita familiare della Russia zarista agli ideali della società socialista dopo la Rivoluzione del 1917. Amato dice che furono una “banda”.

    Rita:
    Ennio, ma la scuola oggi (a partire dalla tanto osannata riforma Berlinguer – anni 2000 – e non imputabile certo solo alla destra) ha fatto piazza pulita di ogni valore educativo, azzerando culturalmente lo stesso concetto di storia, che presuppone contemplare un passato, un presente e un futuro, e non come molti (e non solo giovani) oggi vivono: un eterno presente in cui si può distruggere, rottamare… tanto! Viene bandita ogni responsabilità rispetto alle azioni che si compiono! Non abbiamo più padri (se non quelli resuscitati in falsissime rievocazioni nelle giornate della memoria!), non siamo debitori a nessuno. Azzerata la famiglia, ma non quella intesa nel senso ‘naturale’, bensì in quello ben più importante di ‘funzione’ (e che quindi si modifica nel tempo), non rimangono più punti di riferimento.
    Molti di coloro che parlano oggi di comunismo (e anche di marxismo!) non sanno nemmeno di che cosa stanno parlando! E tu pensi che si ricordino del centenario della Rivoluzione d’Ottobre?
    Mantenere le persone nella condizione di infantilismo (non si può parlare difficile o complesso altrimenti non ti ascoltano e quindi perdi il consenso), ha portato ad una progressiva discesa negli inferi dell’ignoranza.
    E questo è l’esito!

    R.S.

  2. ..”Invertire la rotta”: una santa alleanza – il potere politico-parrocchiale e quello dello spettacolo, che oggi detiene il primato ed è il passepartout- per la restaurazione delle idee…cantando e scherzando…

  3. @ Rita [Simonitto]

    Sono in ritardo nel rispondere ai vari commenti moltiplicatisi in questi ultimi giorni. Comincio da questo.

    Anche a me il video di Povia e Amato (Carneadi che neppure conoscevo) non è piaciuto, ma vorrei porre – chiarendo che si tratta di un *esempio* e non di una ripicca – un problema sul quale riflettere insieme qui su Poliscritture, che per me rappresenta i “quartieri medio/alti” delle mie residue relazioni politico-culturali rispetto ai “bassifondi” colognesi, dove bazzico con la diaspora locale della ex-sinistra messa ai margini da una Amministrazione leghista.
    Lo enuncerei così: perché io ho speso molto più tre ore per visionare questo spettacolo accuratamente, prendere appunti e scrivere (dopo varie stesure) il pezzo rivolgendomi alle “masse” ( i «cittadini di Cologno Monzese») usando un linguaggio, argomentazioni e critiche, che *potrebbero* attirare qualcuno dei lettori dei blog su cui ho pubblicato l’articolo e tu (ripeto: un ‘tu’ generico) ti fermi a constatare ( e basta qualche minuto) la sgradevolezza estetica e la pochezza dei contenuti del video?
    Io (per me) risponderei: non per masochismo, ma perché, come ho scritto nell’introduzione all’articolo, ho scelto. Ho scelto di agire anche nei “bassifondi” della comunicazione di massa ( tra cui FB, che altri amici snobbano), di impegnarmi nella “bega locale” scatenatasi sul patrocinio di questo spettacolo da parte del sindaco leghista, di scegliere una parte. (Aggiungo: contrastando però – anche con la stesura e la pubblicazione di questo articolo – la tendenza della maggioranza dei miei “alleati” a opporsi soltanto o soprattutto al fatto che « «tra gli organizzatori c’è Bran.co, associazione appartenente a Lealtà e Azione, noto gruppo neofascista») senza entrare davvero nel merito dei contenuti dello spettacolo stesso.
    Tutte le tue obiezioni ( ovunque il guardo io giro obnubilamento del senso critico, regressione, appiattimento culturale vedo), simili a quelle che mi ha fatto in privato un’amica, dove portano? A concludere così: è il Potere, bellezza! La democrazia? Solo una favola. I responsabili? «Non certo solo la destra». Senza padri, né famiglia, niente punti di riferimento, chi parla ancora di comunismo e di marxismo lo fa a vanvera. Saggiamente o nichilisticamente? Lascio aperto il problema.

    P.s.
    «E tu pensi che si ricordino del centenario della Rivoluzione d’Ottobre?».
    Sì, qualcuno se n’è ricordato: http://www.marx21.it/index.php/storia-teoria-e-scienza/storia/27735-1917-lanno-della-rivoluzione-di-angelo-dorsi

  4. @ Ennio

    Non vorrei metterla sul personale ma anch’io – e non perché poi devo andare a interloquire nei “bassifondi” (come li chiami tu) della comunicazione di massa – ma per scelta, scelta di capire come va il mondo, mi sono pippata (non certo minuto per minuto, come ho già scritto) le tre ore di questo programma pericolosamente demenziale, così come lo faccio con altri (fra cui anche SanRemo o guardando la cosiddetta TV spazzatura, che molti schifano per presa di posizione), e non credo per masochismo.
    Mi impegno a leggere ‘tra le righe’, cosa non certo facile oggi, quando si è tempestati da sollecitazioni ad essere di ‘parte’, soprattutto di quella parte che si propugna ‘democratica’. Ad esempio: che cosa sta succedendo, fresca fresca, nei rapporti con il Qatar e quali equilibri di potere si stanno modificando in quella zona del mondo? Ma non puoi permetterti di interrogarti! Devi subito dire da che parte stai! Da parte di Trump o dell’onnipresente Obama (che non ha mollato il suo potere!)?

    Tu hai scelto di impegnarti *nella “bega locale” scatenatasi sul patrocinio di questo spettacolo da parte del sindaco leghista*?
    Bene! Per parte mia posso confermarti che ne hai le ragioni, sia in ordine di forma che di contenuto. Ma non ti posso dire altro, perché sei tu che vivi in quel territorio e mi posso augurare soltanto che tu riesca a mettere al vaglio le varie opportunità di intervento facendo tesoro dell’esperienza.
    Certo. Tu selezioni dei temi che sarebbe importante approfondire. Ma ci vorrebbero seminari e seminari per poter fare questo adeguatamente e non certo rispondendo così, a tambur battente!

    Non c’è alcuna supponenza da parte mia nelle battute, che sono affettuose e scherzose al contempo.
    Senza dubbio, le mie osservazioni/obiezioni sul Potere o sulla democrazia che non c’è, non rappresentano la scoperta dell’acqua calda (come tu chiosi, * è il Potere, bellezza! La democrazia? Solo una favola. I responsabili? “Non certo solo la destra”. Senza padri, né famiglia, niente punti di riferimento, chi parla ancora di comunismo e di marxismo lo fa a vanvera. Saggiamente o nichilisticamente? Lascio aperto il problema*).
    Nello stesso tempo non definirei le riflessioni su Poliscritture come appartenenti ad un luogo di * “quartieri medio/alti” delle mie residue relazioni politico-culturali rispetto ai “bassifondi” colognesi*.
    Non so perché tu ci veda questa polarità, ma forse ne avrai i giusti motivi.
    Però questo ‘polarismo’ potrebbe inficiare il giudizio sugli interventi che vengono fatti!

    R.S.

    1. @ Rita [Simonitto]

      Ancora una breve replica ( in mancanza dei seminari che non ci possiamo permettere!):

      1. « Devi subito dire da che parte stai! Da parte di Trump o dell’onnipresente Obama (che non ha mollato il suo potere!)?».

      Infatti nella discussione su Trump (https://www.poliscritture.it/2017/01/17/trump-e-il-tonto/) ho avuto proprio questa posizione: « Io mi chiedo se, appunto per il fatto che non siamo americani e possiamo vedere almeno le cose più dall’esterno, non valga la pena di criticare sia Trump che la Clinton. Che è stato da subito istintivamente il mio atteggiamento» (https://www.poliscritture.it/2017/01/17/trump-e-il-tonto/#comment-59543)

      Nel caso della “bega” colognese, invece, la parte con cui stare a me è parsa ovvia, sebbene non condividessi in pieno il taglio che i miei “alleati” hanno voluto dare alla protesta. Ecco a riprova un mio commento rivolto ad uno di loro:

      « Come ho sostenuto fin da subito nelle discussioni preparatorie all’assemblea del 9 giugno, è bene entrare *nel merito* di un testo (o, in questo caso, di uno spettacolo) e *smontarlo*. Se ci si riesce. Non è questione di stomaco (notevole o normale), ma di modi diversi di contrastare l’avversario o il nemico. A me non va di mettere ad uno un’etichetta (“destra becera”), che mi fa ottenere il consenso solo di quelli che già la pensano come me, ma non scalfisce o sposta né l’avversario o il nemico né gli altri che eventualmente seguono la discussione. Nel caso i “cittadini di Cologno”, di cui non so assolutamente cosa pensano in merito alla questione. E forse non la ritengono importante come chi fa politica. O che, appena sentono usare certi termini (fascista, comunista) non ti ascoltano più. Argomentare sulle affermazioni di Amato o di Piova, dimostrare che non reggono all’analisi dei fatti, contrastarle mi sembra un metodo migliore. Non per convincere loro, cosa del tutto improbabile, ma per mettere la pulce nell’orecchio a quanti non vedono niente di male che un sindaco dia il patrocinio a uno spettacolo contro la pedofilia, che è condannata dalla morale comune.».

      2. Purtroppo questa polarità, che io pure scherzando ho schematizzato in “bassifondi”/”quartieri medio/alti”, c’è. È innanzitutto nel linguaggio che usiamo a seconda del contesto in cui parliamo. E in tante altre cose che s’intravvedono dietro l’uso che ne facciamo . In breve ricorrendo al mio solito Fortini:
      « Nel secondo dei tre importanti articoli intitolati «Scrivere chiaro» del 1974 diceva: «[Chi scrive ( e chi parla)] suppone un destinatario capace di decifrare il suo messaggio. Dice «pane» e quasi tutti (sul territorio della Repubblica) lo capiscono. Dice «nella misura in cui»: lo capiscono solo quelli che hanno frequentato una sezione del Pci….»» (E. A., Le disobbedienze dimenticate di Franco Fortini)

  5. Già ieri su fb avevo commentato la lunga accusa di Ennio (la chiamo accusa perché la credo idealmente rivolta ai suoi concittadini attivi politicamente però tiepidi nell’agire) puntando sul fatto del qualunquismo incoraggiato, una specie di egemonia con segno negativo: il nuovo, il problematico, viene evocato e poi subito ricondotto al vecchio noto e consueto, certo, rassicurante e fangoso e marcio.
    Per concludere che il problema è sul piano della comunicazione, per introdurre a partire da qualunque luogo in cui si è, alto medio basso e sottoterra (underground) dissonanze distopie contraddizione.
    Altro, che non abbia un carattere celebrativo di nulla né un decorso riconoscibile e ovvio.

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