Il Tonto e la NNL (ovvero Nuova Norma Linguistica)

 

Dialogando con il Tonto (20)

 

di Giulio Toffoli

“Pensavo di essere una specie di cavia utile per la ricerca scientifica – mi dice il Tonto, seduto al solito posto al bar in piazza con davanti l’eterna Fanta – e invece alla fine mi hanno detto che ero sano come un pesce e che forse mi conveniva mettermi a scrivere, visto che ormai lo fanno tutti, e non occupare un posto che poteva servire per aiutare chi davvero aveva un seria sofferenza di mente …”.
“Insomma la permanenza alla Poliambulanza ti è servita. Hai scoperto di essere sano e di essere semplicemente un vulcano di fantasie più o meno vaneggianti …”.
Non lo avessi mai detto. Ha iniziato a guardarmi in cagnesco e stava per alzarsi quando ha aggiunto:
“No! Non credere di aver vinto … Tu cerchi di sbolognarmi alla svelta ma non ci riuscirai.
Piuttosto, ti ricordi di Nat, intendo la mia agente Natascia …”.
Lo guardo e resto a bocca aperta come un vero tonto.
Avevo pensato che la permanenza alla Poliambulanza lo avesse svuotato, spompato, esaurito.
Invece ecco che senza neanche lasciarmi dire una parola è ripartito come una macchina di quelle con il cambio automatico:
“Ma sì, Scartlantis, il viaggio a Hollywood …
Bene, ieri ero a casa e improvvisamente mi sono trovato immerso in uno stato di torpore.
Ero in aereo. Guardo intorno a me e mi sembra di non riconoscere nessuno. Sono agitato. Solo dopo un poco vedo in una poltroncina qualche fila più avanti Natascia che mi fa un cenno di saluto.
Poi mi fa arrivare un foglietto su cui leggo:
«Sei proprio un bel dormiglione. Fra poco atterreremo a Roma. Penso che sarai felice …».
Scendiamo e ci avviamo verso le solite pratiche doganali. Passo per primo, guardano il passaporto e non dicono niente, poi è la volta di Natascia.
Il funzionario analizza il passaporto, lo gira e lo rigira e poi sbotta: «Ma qual è la sua Matria?»
Prevedendo qualche intoppo ero rimasto accanto a lei e guardo l’addetto con sguardo interrogativo:
«Scusi, la signora è straniera, certamente non ha inteso ma, le sembrerà strano, non ho capito neppure io. Matria? Cosa vuol dire …».
«Come non sa – mi dice guardandomi con un qualche sospetto – è stata avviata una campagna di liberazione della lingua dalle sue catene patriarcali. Patria è superato. Ora si deve usare solo Matria.
L’uso del termine tradizionale, Patria, è tollerato se ci rivolgiamo a un maschio. Per le signore si deve usare tassativamente Matria … terra madre, o qualche cosa del genere. Non so se mi ha capito».
Vorrei fra notare che Patria, se forse richiama il “Padre”, è di genere femminile, ma mi rendo conto che disquisizioni di natura linguistica non sono adatte al momento e faccio cenno di sì; aggiungo poi che la signora viene da un piccolo stato dell’est e che la documentazione è stata più volte verificata ed è in regola.
Ci lascia passare, ma mi rimane in bocca una strana sensazione.
Nat non ha capito e sorride. Sembra felice di essere arrivata nel Bel Paese. Ma mi chiedo:
«Paese? Ma quale: Italia o Italio, o forse tutti e due a seconda del genere?»
Prendiamo la navetta per il centro città, ci fermiamo davanti a un palazzone tardo ottocento e individuo una targhetta che indica l’hotel Principe, due stelle, terzo piano.
Arriviamo all’ingresso e l’addetto chiede i documenti, poi rivolto a me dice:
«Lo stanzo che lei ha prenotato è il 154. In fondo a destra …».
«Stanzo – gli ripeto sempre più inquieto – ma una volta non era stanza?»
«Si vede che lei non sa. Lo avesse prenotato la signora le avrei detto stanza. Ma avendola prenotata lei diventa stanzo. Attenzione al genere! Qui fioccano le multe».
Nat sembra raggiante, deve essere l’aria di Roma che l’ha rigenerate, e sorridendo mi dice:
«Non vorrai mica fermarti qui pigrone. Mi devi aiutare a scoprire le bellezze di questa città. Mi metto un poco in ordine e poi usciamo».
Ci avviamo verso il centro e mi rendo conto che la città è un cantiere. Invero questa è la caratteristica di Roma, ma questa volta mi sembra che tutto sia più frenetico. E’ un convulso cambiare di insegne e di scritte in nome della Nuova Norma Linguistica (in acronimo NNL).
Mi fermo davanti a un giornalaio, guardo e mi viene l’idea di comperare un giornale, ma mi sento rispondere:
«Scusi, lei desidera il giornale o la giornala».
«Ma c’è – mi permetto di domandare – differenza? Le notizie non sono le stesse …»
«Allora lei non è informato? Oppure è uno di quei retrivi che rifiutano la nuova grande innovazione. Si tratta di un mutamento radicale secondo lo spirito della Nuova Norma Linguistica: ora le notizie vengono fornite adeguandole al genere … Non mi dica che non lo sapeva».
Mi schermisco e prendo le due versioni del primo che mi capita.
Il clima non è molto diverso da quello dell’ultima volta che ho visitato la città. Una gran marea di gente sui marciapiedi, la strada sufficientemente sconnessa e percorsa da mezzi in un clima di mediterranea anarchia.
Nat è affascinata dai negozi, sembra presa da uno spirito compulsivo a comperare e la mia American Express vive una specie di calvario. Alla fine siamo stracarichi di pacchi e pacchetti.
«Davvero un piacere – mi dice – non ricordo da quanto tempo non mi divertivo così. Sei davvero un dolce compagno …».
Mentre andiamo verso l’hotel mi vien naturale di fare una battuta al conducente del taxi:
«Ma cos’è tutto questo bailame … Non si capisce quasi più niente».
«Non lo dica a noi … – esordisce l’autista (forse meglio lo autist*) – Si deve lavorare e ora quando parli devi misurare anche le parole. C’è sempre il rischio di commettere un atto linguistico inappropriato se non si segue la NNL, Nuova Norma Linguistica. E oggi l’inappropriato è diventato un problema serio. Corri il rischio di finire multato e nei casi più gravi di cadere sotto il controllo della PNL. La Polizia della Nuova Lingua che ha ampi poteri discrezionali. Non le dico …»
Quando siamo in stanza, mentre Nat si prepara per la cena, metto a confronto le due versioni del giornale.
Quello rivolto ai maschi pone al centro la questione della riforma pensionistica e le misure che il governo si prepara a prendere. L’altra versione invece sottolinea come le misure governative siano di stampo chiaramente maschilista che non comprende, per un evidente vizio ideologico, la violenza microfisica che storicamente le donne hanno subito. Così seguendo, pagina dopo pagina, si leggono due visioni del mondo che appaiono quasi inconciliabili.
Una sola notizia mi colpisce come una colpo di frusta. A pag. 8 di ambo le edizioni è scritto: “Una vittoria della PNL”. Scopro che è stata individuata una cellula sovversiva guidata da tale Messalla, caratterizzata da una ideologia radicalmente antisociale, quella del MATDL, ovvero Movimento Anarco-Tradizionalista in Difesa della Lingua, che si oppone decisamente alla nuova lingua liberata dalle catene del Patriarcato Maschilista. Una magistrata, tale Massima Boldina, del settore speciale della Magistratura Per la Difesa della Nuova Lingua (MPDNL), ha imposto la residenza coatta ai membri dell’organizzazione che sono stati bannati a vita dai social media.
Intanto mi preparo; abbiamo infatti deciso di andare a Trastevere in una delle taverne tradizionali.
Entriamo nel ristorante/a e il clima è il solito che si vive a Roma. Ci sediamo in un tavolino lillipuziano, stretti fra decine di altri avventori. La cena è buona e abbondante e Nat è molto euforica.
Alla fine si avvinghia a me e mi bacia dicendomi:
«Non ci resta che tornare in hotel. E’ stata una giornata stupenda, manca solo di arricchirla con la giusta dose di sesso».
Nella mente mi scatta un dubbio che mi sconvolge:
«Sesso. Ma è maschile! Questa è la dizione linguisticamente corretta o ci troviamo di fronte a una grave infrazione basata su un uso seriamente inappropriato della lingua? In effetti la dizione “sesso” potrebbe far pensare a una forma di sopraffazione maschile, scoria della tradizione del Dominio Patriarcale. Tanto per fare un esempio, il Principe Azzurro nella famosa fiaba bacia la Bella Addormentata senza chiederle un preventivo consenso, debitamente testimoniato da una prova ufficiale socialmente verificabile. Come distinguere una azione appropriata da una inappropriata o forse persino una violenza?».
Tornati in hotel, mentre Nat si spoglia e mi invita a seguirla, io mi domando: «Non è che finiamo attenzionati dalla PNL?»
Prendo in mano il computer ed inizio a indagare. Cerco di capire cosa sia realmente successo. Scopro che, proprio come conseguenza dell’esplodere dello Scandalo Sessuale negli USA, il governo italiano ha deciso di avviare immediatamente una radicale Riforma della Lingua (acronimo RL) a cui è stata data priorità assoluta su ogni altra misura. E’ stata creata una commissione, con potere deliberante, la CPRL, Commissione Per la Riforma della Lingua, con alle sue dipendenze un Comitato Unificato per la Repressione degli Abusi Linguistici, il CURAL, che come braccio operativo si serve della PNL, la Polizia della Nuova Lingua.
Visto che si potevano verificare delle difficoltà nella applicazione della Nuova Norma Linguistica e che doveva essere estirpato una volta per tutte ogni elemento di patriarcalismo il CPRL è stato affiancato da una ANPRL, Accademia Nazionale Per la Riforma della Lingua, con l’incarico di raddrizzare i torti che millenni di abuso linguistico avevano arrecato alle donne. Uno fra i primi loro lavori era stato la produzione di un nuovo volume: la Dizionaria della Lingua Italiana Riformata (DLIR), subito stampata in milioni di copie.
Poi si è deciso di avviare una revisione della Costituzione, in modo da eliminare gli arcaismi che i costituenti avevano conservato facendosi così strumenti del Disegno Patriarcale di Dominio (ovvero DPD). E’ stato un lavoro lungo e faticoso, ma alla fine è stato realizzato un nuovo document* radicalmente neutro ed è stato approvato a larghissima maggioranza. Solo alcuni sopravvissuti dell’antico mondo si erano permessi di dissentire, ma erano stati rapidamente messi a tacere.
Fra le prime misure si era deciso anche di sostituire all’antica articolazione del tempo basata sulla presunta nascita del palestinese Gesù (a sua volta strumento del DPD) con una nuova e più cogente formulazione. L’impegno delle studiose era stato quello di cercare di individuare l’anno esatto in cui si era venuta costituendo la prima Struttura Sociale Patriarcale (ovvero SSP). Solo che il dibattito si era avvitato in una complicata disfida fra posizioni diverse. C’era chi preferiva scegliere come data d’inizio la fondazione delle prime città e chi invece voleva risalire più indietro … fin nella fase in cui la libera donna delle comunità agricole era stata espropriata del suo potere da una perfida congiura maschile.
Il conflitto di interpretazioni aveva generato una vera e propria guerra fra le accademiche e alla fine una di loro, più pragmatica della altre, aveva proposto di risolvere la questione scegliendo come inizio della nuova storia il momento in cui il governo aveva deciso di riformare la lingua. Così la storia era stata riformata, introducendo un nuovo calendario, che distingueva un ARL, Avanti la Riforma della Lingua, e un DRL, Dopo la Riforma della Lingua. Eravamo ormai nel III anno della DRL.
Oramai non mi restava che chiedere lumi all’unico amico che avevo a Roma. Lo chiamo e il giorno dopo verso sera ci troviamo davanti a una casa di due piani con davanti un piccolo giardinetto. Suono e mi viene incontro Antonio che sembra felice di vedermi.
Io e Nat facciamo alcuni passi e superata la soglia ci sentiamo dire:
«Scuserete ma dovete darmi telefonini, tablet e tutti gli altri strumenti elettronici …»
Lo guardo perplesso: «Insomma, cosa succede in questo dannato paese. Sono stato via qualche tempo e mi sembra di non riconoscerlo più. In giro sembrano tutti matti e tu ci accogli in questo modo».
«Carissimo – mi risponde – molto è mutato e forse non te ne sei reso conto. Quello che faccio non è un atto di scortesia, ma un principio minimo di autodifesa. Non mi sembra che tu abbia ancora ben capito, ma tutti gli strumenti elettronici che usiamo, nessuno escluso, hanno una particolare funzione che consente alle autorità non solo di individuare in ogni momento dove sei, ma anche di raccogliere ogni possibile informazione, non escluso quello che si dice ogni giorno nella nostra privacy. Perfino il più innocuo televisore è diventato ormai una specie di infiltrato in casa. Per cui noi in questa casa non abbiamo mai nessuno di questi maledetti accessori, escluso il telefono fisso, e anche lui è spesso staccato dalla rete elettrica. E’ l’unica garanzia che abbiamo di poter dialogare senza che le nostre parole vengano registrate e poi se è il caso usate contro di noi. La PNL è sempre all’erta …»
Passiamo in una bella sala dove è apparecchiato un tavolo carico di ogni leccornia e incontriamo due ospiti: Elena, una bella giovane che svolge una attività di assistente sociale, e Norberto, che è sociologo. Mentre mangiamo l’argomento d’obbligo è la Riforma Linguistica e i suoi effetti.
«Vedo che sei stato colpito dalla Riforma. – inizia a dire Antonio – I più non si rendono conto del vero significato di questa presunta riforma. Il caso italiano non è da questo punto di vista altro che una specie di cantiere di queste malate democrazie in cui domina quello che chiamo il Pensiero Unico.
Quello che si viene strutturando ogni giorno di più, se ci pensate bene, è un mondo altamente conflittuale. Diviso fra uomini e donne, fra autoctoni e immigrati, fra eterosessuali e minoranze, dove i primi sono indicati quasi sempre come i colpevoli e i secondi come le vittime. Dopo decenni di strenuo lavorio di manipolazione la propaganda ha trasformato il nostro paesaggio mentale e con esso anche la nostra società. Il disegno, neppure tanto nascosto, del Pensiero Unico è fomentare l’odio. Tutto ciò che non si lascia uniformare è un ostacolo, ciò che si rifiuta di essere amalgamato è un nemico da combattere. Se una fonte riporta notizie non gradite è una fake news, se un pensiero recalcitra di fronte alla globalizzazione e all’abbattimento delle frontiere e delle identità viene etichettato come “nemico della verità” e, ove possibile, messo al bando.
Il ragionamento che è stato sdoganato, e che oramai la gente accetta tacitamente, recita più o meno così: “E’ talmente evidente che noi rappresentiamo il bene che voi che non condividete le nostre posizioni e non ci assecondate potete solo rappresentare il male”.
Nella nuova società spettacolarizzata il nemico è necessario. La sua esistenza è un imperativo per garantire la sopravvivenza stessa del sistema. Non si possono eliminare i principi di base della società liberale ed elaborare legislazioni di emergenza, che distruggono i fondamenti stessi della libertà, se prima non si crea una minaccia esterna. Un tempo era il comunismo, ora è il terrorismo, ma sicuramente, lì dove si studiano le strategie con cui ci manipolano, sono pronti nuovi nemici.
Quello che stiamo vivendo è un momento del tutto particolare in cui un regime autoritario, con un volto sempre più illiberale, cerca di legittimarsi in nome di una generica difesa della vera libertà. Per far ciò vengono messi in campo nemici più o meno fasulli che generano fra la gente comune disagio e paura. E’ in questo quadro che si può capire una insensatezza come la Riforma della Lingua».
«Non so se quello che dice Antonio sia vero. – aggiunge Elena – Lui come al solito si muove nel regno delle idee e del pensiero puro. Io invece guardo le cose da un punto di vista diverso.
Sono una donna e accetto malvolentieri che adesso sia diventata violenza anche solo uno sguardo. Mi sembra che siamo circondati da segnali stupidi e controproducenti.
Rivendico da donna la possibilità di scegliere e di stabilire il limite che un uomo non deve superare. Se mi guardi in un modo che non mi sta bene te lo dico. Se mi tocchi in un modo che non mi va bene te lo dico. Se e solo se superi questo limite allora è violenza. Credo che tutte queste storie faranno più male che bene alle donne e al loro diritto all’autodeterminazione in un rapporto paritario con l’uomo. E tutta questa storia delle Riforma della Lingua non è che una pagliacciata che cerca di forzare quello che è il prodotto di una lunga sedimentazione intellettuale.
Ovviamente ci sono cose che debbono essere modificate, ma anche qui senza fare tutto questo polverone che corre il rischio di generare solo reazioni di rigetto il cui esito è sempre imprevedibile».
Norberto si assume l’onere di tirare le fila del discorso:
«Le due letture di Antonio ed Elena non sono necessariamente alternative. Parlare con serietà e da un punto di vista critico di lavoro e di altri temi sociali è come affrontare un campo minato.
Una specie di puritanesimo sessuofobico si è affermato e solo dopo che avrà portato a termine la sua azione devastante si potranno vederne con chiarezza i danni e iniziare di nuovo a ragionare.
Allora forse ci muoveremo in un panorama di macerie sociali e umane, ma ho paura che questo sia quello che il destino ci offre almeno per alcuni decenni …”».
Il Tonto mi guarda e sorride aggiungendo:
«Non rammento nulla di più.
Per un qualche motivo mi sono risvegliato nella penombra e ho preso in mano l’ultima copia del giornale che avevo acquistato in mattinata. L’ho letto e riletto e mi sono reso conto che era quella schifezza tradizionale, piena di stupidaggini e banalità a cui siamo, sarei quasi portato a dire per fortuna, abituati. Nessuna Riforma della Lingua è stata ancora implementata».
«E’ uno dei tuoi soliti sogni, – gli dico – che per fortuna non ci riguarda, almeno per ora …
Non è che alla Poliambulanza ti hanno consigliato un qualche antidepressivo?»
Il Tonto mi ha guardato di mal garbo, ha preso in mano il bicchiere e bevuto l’ultimo rimasuglio di Fanta, poi si è alzato allontanandosi senza neppure salutare.
Non mi è rimasto che andare a pagare la consumazione.

5 pensieri su “Il Tonto e la NNL (ovvero Nuova Norma Linguistica)

  1. Una scheggia (di genere) sul futuro orwelliano (la neolingua) che aspetta tutti/e. Insomma, “Ritorno al futuro”, dove freedom is slavery, ecc. E dove il partito del Pensiero Unico (PU) si meticcia col PUD€ e ha a fondamento il TINA (There is no alternative).

  2. …la narrazione paradossale del Tonto sulla tendenza “rivoluzionaria” messa in campo dalle donne con la NNL ( dalla quale avrebbe origine una nuova era, avanti e dopo), è corretta finchè ne critica la sua validità assoluta, da pensiero unico, che certo non risolve le contraddizioni del sistema neoliberista in cui viviamo, ma non lo è quando arriva a negare un problema, quello del rapporto tra generi che esiste finchè le donne sono massacrate e fatte a pezzi… Banalizzarlo con la tendenza alla NNL mi sembra inopportuno…

  3. SEGNALAZIONE

    Guerra di genere. Una proposta modesta
    DI Paolo Fabbri
    https://www.paolofabbri.it/guerra_genere/

    1.

    Finiremo mai di segnalare gli eventi e i misfatti del Sessantotto? Come tutti i fatti sociali totali, quel periodo inesauribile eccede la memoria cioè la contraddizione tra la sopravvivenza e il nulla. Chi ricorda la prima messa in italiano dopo due millenni di latinorum e la distruzione della statua del padrone illuminato Marzotto ad opera di scioperanti iconoclasti? E l’esplosione nel Pacifico della prima bomba francese all’idrogeno? Più gravido di conseguenze sarebbe scordarsi della scoperta del clitoride. Non che non fosse già noto: come zona erogena la descrizione più esaustiva è dovuta ad un anatomista teutonico della metà 800, Georg Ludwig Kobelt. È nel Sessantotto però che il pamphlet antifreudiano di Anne Koedt, The Myth of the Vaginal Orgasm divenne “virale” nel virulento movimento femminista. Che le donne raggiungessero più orgasmi col vibratore che con utensili naturali, rivelatisi meno adeguati, rese l’amor di sé un atto politico e un indicatore “rigido” -come s’esprimono i filosofi del linguaggio – verso l’emancipazione. (L’industria fiorente dei sex-toys incassò gli abituali vantaggi che il capitalismo trae dalle contestazioni creative).
    Il termine “clitoride” conteneva un’inerente ambiguità di genere grammaticale. Neutro in inglese, in italiano si presentò dapprima con morfologia femminile – la clitoride, per diventare poi maschile – il clitoride. Una transizione curiosa che continua a agitare i generi, quelli naturali e quelli linguistici, fino all’attuale guerra dei sessi: maschi (alquanto) predatori contro femmine (piuttosto) vittime; patriarchi attuali e matriarche possibili – una volta che alla fecondazione si sostituirà il clonaggio.
    Ad onta dell’affermazione di F. de Saussure sull’arbitrarietà del linguaggio, non smettiamo mai – con buona pace degli ontalgici – di rimotivarlo realisticamente. Quando i modi della parola sono omologati alle maniere dell’interazione, la sintassi diventa il teatro fazioso e perentorio d’una violenza linguistica di genere. In Francia si dibatte furiosamente sulla scrittura detta inclusiva che vorrebbe aggiungere ad ogni desinenza maschile il corrispettivo femminile. Anche in USA, dove i nomi sono neutri, si esigeva che almeno i pronomi (she/he/his/her) fossero simultaneamente espressi. L’esigenza di pari opportunità grammaticale cozza persino con gli accordi sintattici: non si dovrebbe permettere all’aggettivo che segue due termini di cui il primo è maschile e il secondo femminile d’accordarsi con il maschile e non con il femminile che lo precede immediatamente, D’accordo, ma questa lizza tra prede e predatori, linguistici coi suoi rumorosi effetti di realtà, non finirà qui: la lingua è vasta, stratificata e diversamente mutevole: si può guerreggiare in fonologia, sintassi, semantica, enunciazione, retorica e discorsi. Fino a scendere nel campo chiuso delle categorie semantiche fondamentali. La legge californiana, Change your Gender Bill, prescrive che la differenza di genere, assegnata alla nascita in base ai tratti somatici -i genitali – diventi una grandezza personale: l’identità di genere che incorpora segni, linguaggio e norme. Dalla “descrizione fisica del reale” alla “descrizione del sentirsi e dell’auto-identificazione”. Ne consegue che tutti coloro che non si identificano alla dicotomia biologica maschile/femminile troveranno l’etichetta Non Binario sui certificati di nascita e altri testi ufficiali. Una categoria logicamente privativa – quindi liberatoria e illimitata, dove stanno pigiati gender queer, gender fluid, Two Spirit, bigender, trigender, transgender, gender non conforming e gender variant e quant’altri ibridi e fusion. Un’etichetta che presuppone comunque un rapporto manicheo tra i sessi e il loro pudico significante, il genere.

    2.

    Spero non sembri anarchica l’opinione che lo stato non sarebbe tenuto ad interessarsi dei genitali dei cittadini, ma la lingua italiana e la cultura di cui è parte avrà altri gatti o/e gatte linguistiche da pelare. Intanto per i lessicologi “stabilire se un nome è maschile o femminile non è sempre facile” (Sensini). Sia per gli animati che per gli inanimati, a cui imponiamo sovente un genere purchessia. Chiamare in soccorso i neorealisti, noti per la dotta ignoranza sulle impervie delizie linguistiche, non caverà un ragno dal buco. Rinfreschiamo quindi le conoscenze elementari. Sono maggioranza i nomi di animali che hanno un solo genere, femminile o maschile (il ragno e la foca, il giaguaro e la balena) e gli oggetti che hanno generi difficili da motivare (la penna e il foglio, lo specchio e la faccia, ecc). Parliamo con nomi che cambiano di significato mutando il genere (il boa/la boa; il pianto/la pianta; la panna/il panno, ecc.); con i nomi sovrabbondanti, a doppia uscita, che dal singolare maschile diventano femminili al plurale (dita, calcagna, ciglia, braccia, ginocchia, cervella, ecc.). Per non ri-parlare dei generi comuni o promiscui, elegantemente detti epiceni (insegnante, giudice, giornalista). Tralasciamo i pronomi e i nomi propri alcuni dei quali sopportano le variazioni di genere, (Paolo e Paola, Francesca e Francesco) ed altri no (Anna non dà Anno, Chiara non dà Chiaro, come Salvatore non dà Salvatora). Soprattutto non chiediamoci perché in italiano gli alberi sono prevalentemente maschili e la frutta femminile (ma sono maschili i frutti esotici!). Maschili sono i vini, i monti, laghi, fiumi , gli anni, i mesi e giorni, e persino le preghiere (Angelus, Credo, ecc,). Femminili invece le città, le isole, i continenti, le vocali, le nozioni astratte e i termini militari (staffetta, recluta ,sentinella, vedetta, ecc – non mi capacito ancora che la “piccola vedetta lombarda” del libro Cuore non fosse una bambina!). A chi dare la babelica responsabilità del subbuglio linguistico (Fabbri) complicato dalle intricate desinenze -spavento degli stranieri italofoni? Oltre all’evoluzione socioculturale (l’automobile già maschile diventò femminile) e all’interferenza tra categorie interne alla lingua – per es. il genere si ibrida spesso col numero, a maggior disagio dei generi plurali?
    Il maggior indiziato è il Neutro, già presente in greco e in latino ed ora nelle lingue germaniche e slave. Nell’italiano, come nelle altre lingue romanze, è scomparso -salvo qualche reliquia- e si è riciclato in massa nel maschile; un genere tutto-dire che è diventato estensivo rispetto al femminile, il quale è intensivo, ma scontento di esserlo. Con qualche ragione: nella più usurata metafora italiana “la donna è un fiore” il termine di paragone /il fiore/ è maschile a differenza del più galante francese e dello spagnolo. Lingue che ogni traduttore conosce come zeppe di falsi amici di genere: in spagnolo gli occhiali e il computer sono femminili e le maniere maschili. Mentre per il francese epigramma, epiteto, epitaffio, equivoco sono tutti femminili. Di qui la difficoltà di tradurre le lingue come l’inglese. Il fiotto dei prestiti che ci giungono da questa lingua franca sono imbarazzanti da collocare nella gabbia dei generi: va bene infatti il femminile per la show girl (ragazza); la full immersion (immersione) o la new age (età), ma il cheese cake (torta), il chewing gum (gomma) e il/la mail (lettera)? E decidendo di abbandonare la dicitura patriarcale “Diritti dell’Uomo” – scritto con la maiuscola – per “diritti della persona” (person è neutro in inglese) si è deliberato in coscienza di sostituire un maschile -l’uomo- con il femminile – la persona?
    Insomma la lingua è un sistema che fa da sé, ma si può provare a sottrarle quote di vessatorio sessismo- in italiano i diminutivi sono spesso femminili e in spagnolo i genitori sono los padres! – senza però adeguare tutti i significati alla morfologia dell’inglese.

    3.

    E soprattutto non fermiamoci qui. Avanziamo, senza principio di grammaticale precauzione, una modesta proposta. Abbandonare la categoria (mal) vincolante del genere maschile/femminile e dare spazio al Neutro. Un termine che è il calco latino del greco udéteron, ‘né l’uno né l’altro’. Perché no!? Non vivono fuori dalla prigione binaria del genere il cinese e il turco, il giapponese e il persiano, l’armeno e l’ungherese, e via classificando? Eppure i locutori di queste lingue possono conversare amabilmente. E poiché siamo alla mozione utopica degli effetti, rammentiamo un patetico appello al Neutro: “il grande tema ritrovato” con cui Roland Barthes voleva movimentare il più vessatorio dei luoghi comuni, l’opposizione virile/non virile. Per il sagace semiologo, il Neutro era l’assenza di simbolizzazioni prefissate,”l’oscillazione amorale d’un fremito di senso”. Qualcosa di più della dilettosa insignificanza, del libero gioco di espansioni infinite (“testi gongoriani e sessualità felice”). L’utopico Neutro non sarebbe più il terzo termine di un’antinomia maschile /femminile, ma il secondo termine d’un nuovo paradigma dove il Neutro si oppone alla Violenza teatralizzata – esibizione, prevaricazione, intimidazione, vittimismo – di ogni genere.
    Come sarebbe questo italiano neutro? Chiediamolo alla “scrittura bianca” (sempre Barthes!) della letteratura. Il resto è gossip.

  4. La modesta proposta (dopo che si è proceduto a ingrassare i due generi f. e m. nella lingua, di nutrire ora di neutro i parlanti) darebbe forse pace al rancore di prede e predanti, soprattutto per quelli che spiacevolmente si sono alternati nei ruoli.
    Sull’adozione del neutro non saranno forse d’accordo tutte le signore, che non si occupano tanto di fiumi alberi sole luna nelle loro terminazioni di genere grammaticale, quanto di essere nominate come le professioniste che sono e non come una tollerata e strana componente dell’universo professionale maschile, per esempio: la magistrato, la sindaco, ecc.
    Vale Alma Sabatini, Il sessismo della lingua italiana, Libreria dello stato, nel lontanissimo 1987, eppure ancora…

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