Da “Clinamen”

Massimo Kaufmann, Clinamen, 2017

 

di Alberto Tomiolo

 

SENECTUS IPSA MALUS

Urtante è la Vecchiaia, offensiva.

Sradica deliberatamente i fittoni più profondi
rende pieghevole il braccio robusto
e la mano che lievemente accarezzava
ghermisce ora, rapace, gli ultimi brandelli delle cose
e le gambe non raggiungono, se non a fatica,
quel recinto del giardino che
è già tutto il tuo immaginato proseguire.

Così, il mondo cui davi forma si frantuma,
oggi-un-pezzo/un-pezzo-domani,
disossando fino allo smembramento quello che è,
e come tale non appariva,
un castello di carte vagamente taroccate.

A stento la filantropica ragione può mitigare tanto strazio.

DOMESTICO CLINAMEN

Come accade la vita?
 CHRISTA WOLF, Un giorno all'anno. 1960-2000

Christa, ein Tag im Jahr
tu hai voluto interrogare accoratamente testarda (alla tua
maniera, insomma)
le cose che immutabili “sono lì”, come ad Halle,
presumibili e scarne:

potrei rispondere, come Philip il Grande, che “Niente
ha una valida ragione per succedere”
ma penso di poter più sommessamente eccepire
che a noi tutti tocca “star lì”, a qualunque latitudine,
appostati ad aspettare κλίσις
l’irruzione inopinata della scansione repentina
che è ciò, quanto minimo sia non importa, che conferma
l’ “esserci”, persino responsabile,
che è poi tutto quanto l’essere può dare, e “cresce-con”
in forma di domestico accadimento,
täglich

insomma: mi pongo anch’io da previdente sopravvivente…
…………………………………………………………………………………
neanche fossi affacciato alla faglia di S. Andrea
mentre spremo l’umore scabro dell’attesa dal cactus più spugnoso
rivoltando le giornate come un panno steso al sole propagato
di un’estate bruciante
aggiustato nei gesti, nel cibo, nelle belle
congiunzioni dell’anima e dei corpi
nell’ombra favorevole che avvolge
con un velo di Maja desnuda
il tempo che ci sorpassa

 

AURORA MUSIS AMICA
OVVERO DELLO SCRIVERE AL MATTINO

Tu ci hai indotto a stampare le nostre orme nella tempesta
 THOMAS WOLFE, O Lost

quant’oro in bocca ha questo mattino
fin da quando nutriva la palpitante immaginazione
infervorata dal fremente Tridecalogo della Prosa Moderna
con relativa solerte ancillare scrittura
aggrappata con denti di erpice sui sentieri
dei massicci delle letterature occidentali
cui puoi avviarti, poiché lì il tuo passo scolare ti ha instradato,
frugando quelle vette complicate e nutrienti
dopo aver avidamente coltivato, che so?, la tua adolescente sensiblerie
al rasoio moralista e radicale del figlio del ferroviere P.-Y. Nizan
confermato dalle pagine rotonde di un V. Mucci e
di un F. Bordin i più grandi dei mancati tra le amate sponde,
su su,
audacissimo,
mirando addirittura
– scavalcato il valico propizio di un W.C.Williams –
al picco stagliato dell’altissima cima (tra le molte, d’accordo)
di un E.E. Cummings cui puoi arrivare solo attrezzando solidi
minuziosi campi-base bardati alloggiamenti di tutto punto –
dai chiasmi funambolici alle acute metonimie –
stipati negli zaini prodighi di avanguardie sboccate…

noi appena fuorusciti dai voluttuosi giovanili soggiorni
nei giardini arcani di Agliè
ammaestrati al passeggiare di un delicato accompagnarsi
tra bossi e gardenie vellicati da previdenti potature
al múrmure di fruscianti conversazioni
dopo l’ incubazione laureata nell’austero esercizio
del lessico selciato di lemmi spericolati, furenti
e gentili, scovati fra poetiche cianfrusaglie
nei doviziosi ripostigli delle soffitte devoti alla Musa che-gioiosi-ci-vuole
per quanto acerbi alla solenne maniera dei classici venerabili
abbiamo potuto incamminarci
serenamente baldanzosi alla volta di quelle vette tribolate
forti di questo mattino dall’ oro in bocca

 

SCORSA BENPENSANTE AI PROFLUVI DI J. K.

Poichè l'amore è un duello
 JACK KEROUAC

¿simulacro che percorri rasserenato le strade celesti
prematuramente estirpato da questo mondo cui appartenesti
posso congetturare, senza arbitrio,
che venne tutto al di là
di ogni pur insuflata coazione
di mescaline e di acidi e di erbe
lodo indipendente e sostanziale del tuo daimon liberatore
nell’ognidove creativo:

l’illusione candida e forsennata del tuo Tridecalogo 10]
la tua chiarifica immaginazione dilatata
freschissima di aria aperta
che sfratta ogni ombra dalle tue parole ruscellari
e detergenti
centrali d’illuminazione da mille volt
che ha acceso le ardenti visioni dell’ascetico Cody?

 

STANZE 2 / L’UNDICESIMA GLOSSA A FEUERBACH

Quando pigliammo sul serio
l’undicesima glossa a Feuerbach
nei chiostri ambrosiani di Festa del Perdono scon-
sacrato dal prepotente miracolo economico
ne uscì una vita forte e schietta, certo,
e ci pensammo dona ferentes a spargere
il sacro miele sui semi ancora aspri per farli docili al
gusto degli uomini in un reputato
migliore dei mondi possibili.

Convinti che bastasse lo zelo della passione
fummo innocenti o sventati?
Possedevamo davvero l’ancella dell’azione benefica
per gli altri (e per noi, beninteso, per l’esserci nostro)
oppure soprattutto alcune sue sbrigative derivazioni?
Perchè non abbiamo udito
gli interrogativi elementari che ostinati, da dietro,
ammoniscono anche i cocchieri più avventurosi?
E come accadde di non vedere
che il vento fervido e sgombro di prima
ricusava, da ultimo, le nostre bandiere?

In tanto focose peripatetiche escursioni
tremenda è la responsabilità della filosofia
per la sua incommensurabile capienza
quando credi di aver-dalla-tua il conforto delle cittadinanze
per poi scoprirne le turbative declinazioni
e la spinta imponderata a slargare la bisaccia delle aspettative
e l’urgenza trafelata, che si porge virtuosa e compatibile, di
nuove gioie immaginate che pur mancano
all’ immenso forziere dei bisogni dei viventi.

Universitas Studiorum Mediolanensis, Humboldt Universität,
Milano-Berlino, maggio 1963-ottobre 2015

 

Stanze 4 / AFFISSIONI. DI FRONTE ALLA THESENTÜR

Augustiner rifocillato e depurato, chissà, da puberali ossessioni
sublimate in masochismi spietati
con tutto il tuo causidico sapere
(editing il rimbocco di qualche Melantone…)
neanche fino al 100 epocale ce l’hai fatta a contare
ingorgato lì nell’asfittico 95
quando implorante e candidamente ottusa
la plebe di Wittenberg attendeva la cifra piena, fatidica,
e mal gliene incolse, in fin dei conti, come
capitò dopo qualche stagione d’illusione
ai confratelli Lumpenproletarier
poi che fu smascherato l’hussita presunto nell’ ora della scelta di campo
non propriamente salvifica che ammutolì
e raggrumò il sangue dello Spartaco di Turingia
beh!
c’erano stati appena millecinquecento anni di mezzo e
un bel po’ di messi-in-conto-sventurati-cadaveri-crocefissi
tipo via Appia, per intenderci, ben impartita storica lezione,
mentre
tu stravaccato e coniugato con Bora l’aringa trafugata
nutrivi il tuo livore pasciuto di contadini, femmine e giudei (sempre
in lizza, questi: i primi della lista
come da remota, e guarda un po’ non riformata, ecclesiastica raccomandazione)
………………………………………………………………………………………..

capiterà mai alla porta di Wittenberg
che un uomo fra gli uomini, avveduto finalmente, sappia affiggere
un perentorio Wanted redentore,
come in un mezzogiorno di fuoco,
manifesto degli uomini non arresi
al posto degli scaltri incitamenti di un arruffacoscienze
con improbabili, come da tradizione, malgravici teosofemi?

Wittenberg, agosto 2016

 

ATTESA SU UN DOSSO DI FOLIGNANI

per Adriana

non ti vedevo,
come fossi imbevuta di oscurità

sospetto che tu ci sia
dal muoversi frusciante e caldo delle foglie
dal silenzio che imprigiona un sibilo di animali pronto
a farsi melodia
dalla luce smorzata che si fa irruente come il torrente
pietroso che avevamo paura di attraversare

così tu sei, immaginabile e latente
ed io ho atteso quanto era da attendere
appostato con pazienza di rosa
per vederti dischiusa, intera

Boscochiesanuova, 15-20 agosto 2015

 

LA FUGGITIVA

fa il suo lavoro
incluso quello potenziale
sottrae di continuo
e di continuo alimenta:
Fuggitiva Inesausta Conclamata Energia

alla morte estorce stagionali ragioni di vita
forse trasmigra persino dai corpi affievoliti
nell’estrema funzione dell’esistere
(così, almeno, i vecchi presumono)
né si dissolve, come potrebbe sembrare, ad
un flebile spirare di brezze di primavera
inconsapevoli di concorrere a questa dispersione
di universi
esondati dai buchi neri
dove si ricompone, dall’intero,
il nulla

* Questa selezione di inediti fanno parte della silloge “CLINAMEN” in uscita presso Campanotto Editore per febbraio 2018  

1 pensiero su “Da “Clinamen”

  1. “Quello che è”, “le cose che immutabili sono lì”, come a Halle o dove, “a noi tutti tocca star lì”: l’immobilità di quello che è fuori, e “l’irruzione inopinata della scansione repentina” dall’altra parte, per noi. Io è “aggiustato” nei particolari, mentre il tempo, proprio quello della immutabilità, ci sorpassa.
    Infervoramento, oro in bocca, di (fruscianti, aggettivo che ritorna) conversazioni, letterature, filosofie.
    Ma fortunatamente -per me- altre poesie mi conducono per mano a un sospetto di ”immaginabile e latente” cui ha atteso “quanto era da attendere/appostato con pazienza di rosa”. E all’intuizione della “Fuggitiva Inesausta Conclamata Energia”, che non si dissolve “come potrebbe sembrare”, ma concorre
    a questa dispersione
    di universi
    esondati dai buchi neri
    dove si ricompone, dall’intero,
    il nulla.

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