Le guerre di sinistra

Dialogando con il Tonto (22)

di Giulio Toffoli

Mi è arrivato via internet questo scritto del mio amico. Il Tonto appare chiaramente alterato. Possiamo aiutarlo a uscire dal suo tormento?

“Carissimo amico
ti invio queste brevi righe dettate da un profondo senso di scoramento e di amarezza nei confronti di quel che sta succedendo in queste ore.

Come ci è ben noto l’Italia, sconfitta nella seconda guerra mondiale, non ha nei fatti mai avuto una sua autonoma politica estera. L’Italia è stata nei fatti un paese a sovranità limitata.

Ciò nonostante, lungo i decenni dell’egemonia democristiana non sono mancati i distinguo; infatti la classe dirigente di quegli anni ha cercato di muoversi su una faglia particolarmente calda, come quella che divideva l’Occidente Usamericano dall’Oriente Sovietico, con prudente moderazione. Come dimenticare il fatto che l’Italia non ha partecipato con propri uomini alla guerra nel Vietnam, riducendo l’appoggio all’imperialismo USA a una, molto democristiana, «comprensione». Similmente non sono mancati momenti di divaricazione di opinioni come nel caso del Cile o se si vuole in modo molto più significativo col tentativo di stabilire rapporti particolari alcuni stati nord africani, usciti dalla tutele coloniale, per creare spazi di approvvigionamento energetico autonomi dal dominio delle sette sorelle. Come dimenticare il lavoro dell’ENI e il caso Mattei.

Tutto è però mutato dopo il 1989.

La caduta del Muro e la scomparsa del Patto di Varsavia ha fatto pensare, per un breve momento, a una obsolescenza della NATO e a un nuovo ordine mondiale che non dovesse essere semplicemente un ordine imperiale con sede a Washington.

Invece, dopo quella data non solo non è venuta meno la stretta imperialista degli USA, ma con l’invenzione delle cosiddette «guerre umanitarie» e delle «azioni di polizia internazionale» la situazione di guerra permanente è diventata la cifra di quest’ultimo trentennio.

Non solo, si è trattato di guerre giustificate per lo più parte tramite una serie di nuove metodologie di manipolazione del consenso, prima fra tutte le falsificazione dei dati.

Il falso trasformato in verità.

Basta ricordare un solo caso: quello di Colin Powell all’ONU, quando fece vedere le prove fisiche del fatto che Saddam Hussein avesse le fantomatiche «armi di distruzione di massa».

Su tali basi un popolo venne massacrato e depredato, ma successivamente di tali «armi» non fu trovata traccia.

Sia chiaro, ciò che conta nella logica degli USA è eliminare l’avversario e mostrare la propria forza. Come nel West e peggio che nel West.

Ora è la volta di Trump che si atteggia a sceriffo e sembra preso da una furia guerresca.

La vittima predestinata è la Siria di Assad, un paese che i leader di USA, Inghilterra e Francia, hanno scelto come laboratorio per realizzare un’altra pagina del loro disegno di dominio globale.

Si paventano venti da nuovo conflitto mondiale e a questo livello ben poco possiamo fare se non guardare basiti a questa tragedia che da troppi anni si sviluppa sotto i nostri occhi e spesso assume il sapore di una inverosimile farsa.

Cosa succede in Italia? Difficile capirlo; neppure i più arguti politologi riescono a produrre analisi credibili. E’ un terreno minato in cui non mi voglio certo addentrare. Le linee politiche della destra e del Movimento 5 Stelle sono confuse, spesso ondivaghe e in ogni caso da mettere alla prova di una reale responsabilità di governo.  Certo è difficile dimenticare che il trasformismo è una costante della politica di questo paese

E’ però un altro aspetto che voglio sottoporre alla tua attenzione: cosa fanno in questo momento i rappresentanti della cosiddetta «sinistra» istituzionale? Fanno sentire la loro voce in nome della moderazione e della pace, come l’antica DC, o forse sono dichiaratamente contro la guerra?

Mai e poi mai: il PD, o ciò che ne resta, LeU e soci hanno la faccia di bronzo di inviare messaggi di questo tenore, te lo inoltro nella forma originale:

Che dire? Che nel 1999 D’Alema schierò l’Italia in aperto sostegno alla NATO. L’Italia concesse di far partire dalle basi di Aviano gli aerei che andarono a bombardare la Serbia di RifondazineMilosevic, massacrando la popolazione civile, e il D’Alema ebbe anche il coraggio di vantarsene affermando che era stata la pagina più gloriosa del suo governo. Similmente uomini e armi furono inviati in Iraq come contributo alla guerra dei Bush, padre e figlio.

Quello che mi preme farti notare è che dopo il 1989 l’Italia ha sostituito a una politica estera di distaccata «comprensione» nei confronti degli USA e perfino di velata opposizione una di partecipazione sempre più attiva e muscolare.

Di questo la «sinistra» tutta, non esclusa gran parte di quella radicale allora sotto la sigla di Rifondazione Comunista, porta una piena responsabilità.

Abbiamo mandato uomini in una decina di altri scenari di guerra alla faccia della Costituzione. Senza parlare dell’increscioso intervento in Libia. Il governo Gentiloni ha pure inviato non più di due mesi fa, quando ormai le camere erano ormai state sciolte, un contingente militare nel Niger, per scoprire poi che le autorità di quel paese non erano per nulla gratificate di dover avere sul loro territorio anche il tallone italiano oltre a quello francese.

Insomma, grazie alla «sinistra», certamente non solo per sua responsabilità, ma indubbiamente con un suo contributo significativo in questi trent’anni è stato dispiegato un inedito attivismo militare che segna una delle pagine più nere della storia della seconda repubblica.

Ora c’è chi ci vorrebbe schierati accanto a Trump, alla May e a Macron in una sciagurata Nuova Guerra dell’Occidente. Significativo il Twitter del deputato del PD Gianluca Benamati che ribadisce:

Non si tratta di essere contro la guerra. Tutti lo siamo. Ma di fonte alla crisi della #Siria sono preoccupato per il fatto che il futuro Governo del mio Paese potrebbe per la prima volta dopo la guerra mondiale non essere nel campo delle grande democrazia occidentali ed europee. (06:13 – 12 apr 2018)

Insomma, una volta di più la «sinistra» istituzionale, tolta la maschera di un falso pacifismo, ci vuole nei fatti ridurre ad ascari dei neocolonialisti europei e del loro padrone di Washington. Al servizio di quelle «grandi democrazie occidentali» che hanno avuto come loro portabandiera personaggi come l’inqualificabile G.W. Bush e lo spergiuro di T. Blair.

Certo non sono mancate sporadiche voci che hanno da sinistra segnato la differenza, ma sono voci di una diaspora che non solo non hanno la forza di incidere politicamente, ma che fanno fatica a fare sentire le loro ragioni.

Coloro che istituzionalmente si sono autolegittimati come di «sinistra» sembrano aver definitivamente fatto propria la logica imperialistica e neocoloniale delle cancellerie occidentali.

Come concludere? Forse con una citazione. Il Presidente un tempo ormai lontano diceva «Grande è il disordine sotto il cielo. La situazione è eccellente». Noi siamo costretti a modificarne la seconda parte più o meno così: «La situazione è più confusa che mai. Facciamo nostro ancora una volta l’antico motto: lottare contro la guerre, contro ogni guerra. Solo con la pace si può intravvedere un cammino di speranza. La sinistra, quella vera, ha come sua imprescindibile missione quella unire i lavoratori di ogni paese in una grande alleanza per la pace, il lavoro e la libertà».

10 pensieri su “Le guerre di sinistra

  1. Le guerre di conquista sono sempre vantaggiose, per chi le intraprende? Deve essere così, altrimenti se ne starebbero tutti a casa. Gentiloni, se ho ben capito, ha detto che sì, daremo le basi ma solo a supporto per azioni pacifiche. Mi sembra una buona uscita, diplomatica ma perlomeno diversa da quella di Macron. Per adesso. Posizione stranamente lucida se confrontata con quelle di altri, compresi i 5stelle, più attendisti, che si sono limitati a dire: bisogna sapere come stanno veramente le cose. Mi pare che in buona sostanza i parlamentari italiani stiano dicendo: siamo giù abbastanza inguaiati per spendere risorse in un nuovo conflitto.
    L’Europa non è unita economicamente, quindi le decisioni vengono lasciate ai governi delle singole nazioni. Siamo alle solite: decideranno i più forti. La politica espansionistica anglo francese è dura a morire. E noi dovremo dire addio alle politiche di sostegno per la parte più povera del paese. Quel maiale di Trump a queste cose non ci pensa.
    Oggi però a mio avviso non conviene esprimersi dicendo “unire i lavoratori di ogni paese in una grande alleanza per la pace, il lavoro e la libertà”, queste sarebbero frasi incomprensibili. Piuttosto, mettiamo in chiaro quali sono le necessità, se vogliamo che un paese come il nostro, di fragile economia, possa dire la sua e farsi capire. Poi si dirà della Cotituzione, che siamo contro la guerra, ecc. Ma la ragione vera, i poveri di tutto il mondo, quella la possono capire.
    Sarebbe un passo avanti, meno ideologico ma più concreto.

    1. Vedi quello che mi sembra cada nel tuo discorso è proprio l’alterità sociale, un tempo si sarebbe detto di classe. In questo senso il discorso sul “paese” va relativizzato oppure si accetta la via dei 5S che di per sè non è necessariamente disprezzabile ma certo non di sinistra. E’ proprio qui che riemerge il problema della differenza: esiste un differenza fra il lavoro e i padroni del capitale?
      Questa è la domanda attendo una tua risposta …

  2. “Le linee politiche della destra e del Movimento 5 Stelle sono confuse, spesso ondivaghe e in ogni caso da mettere alla prova di una reale responsabilità di governo”. (Toffoli)

    E allora perché parlare solo di *guerre di sinistra*? A me pare che tutte le guerre “umanitarie” Usa, dopo Jugoslavia, Iraq prima e seconda guerra, Afghanistan, Libia abbiano avuto appoggi dalla sinistra ma anche dalla destra ( Berlusconi “tradì” l’amico Gheddafi…). Ancora oggi un Salvini riottoso viene subito bacchettato dal suo alleato Berlusconi. E il Di Maio M5S, novello Berlinguer, sta con la NATO.
    La situazione mi pare più disperata ancora che in passato. Non sappiamo più il *che fare* o – con maggiore disperazione – se a “noi” (epigoni di una sinistra autorottamata, giovanotti con immaginari di rivoluzioni catechistiche) sarà ancora possibile pensare a un *che fare*…

    1. La situazione è disperata, ma forse non di più che nel passato. Uno sguardo alla storia ci dice che la sinistra si è divisa ai tempi delle guerre napoleoniche (gran parte della sinistra della recente Rivoluzione francese si schierò con Napoleone e le sue guerre di conquista, una piccola parte contro, preferendo la pace e la fratellanza fra i popoli); si è divisa ai tempi della Prima guerra mondiale (e la divisione fu sia fra la sinistra di alcuni Stati e quella di altri, sia all’interno dei singoli Stati); ai tempi della Seconda guerra mondiale (per poi ritrovarsi genericamente unita ai tempi della Resistenza europea, ma anche in questo caso con eccezioni, perché ci furono movimenti di sinistra che massacrarono militanti di altri movimenti ugualmente di sinistra); si ritrovò divisa ai tempi della guerra jugoslava (1991-2001 circa), quando D’Alema bombardava Belgrado ma intellettuali di sinistra (Rifondazione comunista) e altri (fra i quali lo storico del pensiero politico Ettore A. Albertoni “mente pensante” della Lega di Bossi) si trovarono uniti per difendere Belgrado contro l’attacco della Nato. E così via.
      Il discrimine, più che sinistra e destra, è un altro, anche dal punto di vista storico e giuridico. Sta fra chi, in forme diverse e modernizzate, applica l’antico principio del diritto di conquista (il più forte aggredisce il più debole perseguendo il proprio interesse) e chi applica l’antico principio di non ingerenza negli affari interni degli altri Stati.
      Con la dottrina degli interventi umanitari la Nato (ma anche l’Onu nel suo complesso) ha di fatto rispolverato il diritto del più forte di intervenire, a proprio vantaggio, negli affari interni di altri Stati. A ciò ha fatto e in qualche misura fa ancora oggi da analoga e simmetrica posizione la dottrina Internazionalista e poi Sovietica (con gli adattamenti del caso) dell’intervento di solidarietà (operaia, di classe, di Stato comunista, rivoluzionaria?). A suo tempo anche la guerra dell’Urss in Afghanistan fu giustificata e presentata come intervento di solidarietà internazionalista.
      Il fatto è che, se sulla base di un principio etico o politico o religioso o di qualsiasi altro tipo qualcuno si sente giustificato a intervenire a casa d’altri, si rompe e svaluta il principio di non ingerenza e di non aggressione e ne può venire fuori di tutto. Dall’intervento presentato come umanitario o di solidarietà di classe e rivoluzionaria si passa presto all’abuso indiscriminato.
      È pertanto necessario ripristinare il rispetto del principio di non ingerenza e di non aggressione. In Siria, oggi, i criminali sono tutti quei Paesi esteri intervenuti con militari e armi, siano pro o contro il presidente Bashār al-Asad. Poi ci sono i criminali interni, fra i quali lo stesso Asad. Ma se noi lasciamo che i siriano risolvano da soli i loro problemi il livello di criminalità diminuirebbe e tante complicazioni collaterali esterne non ci sarebbero o sarebbero notevolmente attenuate. Il non intervento non è cinismo antiumanitario o indifferenza di fronte ai massacri del potere dittatoriale, ma, al contrario, in casi come questi (e come in Libia ecc. ecc.), sono proprio gli interventi umanitari o di aiuto ai “Paesi amici” a rappresentare l’autentico cinismo che nasconde il perseguimento di interessi imperialisti sotto la maschera dell’aiuto disinteressato.

    2. Ennio

      in questo guano in cui ci troviamo la domanda del “che fare” non corre forse il rischio di diventare un tormentone senza fine. Forse già un “lavoro teorico” che ci aiutasse a sgomberare parte delle macerie che ci circondano sarebbe forse un buon inizio …

  3. Guerra e pace, come tanti altri valori, sono da tempo trasversali. Con le categorie di destra e sinistra non si riesce a segnare un confine fra chi è da una parte e chi è dall’altra. Riporto qui un articolo di un uomo politico statunitense di tendenza libertariana, uno di quelli che, come tanti altri, per alcune cose potrebbe essere classificato di sinistra, per altre di centro e per altre ancora di destra o addirittura di estrema destra. Sull’attuale guerra è una voce dissidente interessante.
    *
    DAL QUOTIDIANO ONLINE «Miglio Verde» DI INDIRIZZO LIBERTARIO
    riprendo un articolo di una voce dissidente negli Usa
    https://www.miglioverde.eu/guerra-in-siria-dal-vietnam-all…/
    domenica 15 aprile 2018
    *
    GUERRA IN SIRIA? DAL VIETNAM ALL’IRAK, GLI USA NON HANNO IMPARATO LA LEZIONE
    di RON PAUL
    Nelle scorse settimane il segretario alla Difesa Ashton Carter ha deposto una corona presso il Vietnam Veterans Memorial di Washington in commemorazione del “50° anniversario” di quella guerra. La data è confusa, dato che la guerra iniziò prima e si concluse molto tempo dopo il 1966. Ma la Guerra del Vietnam a 50 anni dalla sua commemorazione è una buona occasione per riflettere sulla guerra e se abbiamo imparato qualcosa da essa.
    Circa 60 mila americani vennero uccisi in combattimento in quella guerra a più di 8 mila miglia di distanza. Più di un milione di vietnamiti civili e militari hanno perso la vita. Il governo degli Stati Uniti non ha accettato di aver perseguito una cattiva politica in Vietnam fino all’amara fine. Ma alla fine la guerra fu persa e siamo tornati a casa lasciando la distruzione della guerra alle spalle. Per i molti che sono sopravvissuti su entrambi i fronti, la guerra avrebbe continuato a perseguitarli.
    Si è pensato in quel momento che avessimo imparato qualcosa da questa guerra persa. La War Powers Resolution venne approvata nel 1973 per impedire futuri Vietnam, limitando la capacità del presidente di condurre il paese in guerra, senza la dichiarazione costituzionale del Congresso come mandato. Ma la legge ha fallito il suo scopo ed è stata effettivamente utilizzata dal Partito della Guerra a Washington per rendere più facile l’andare in guerra senza l’approvazione del Congresso. Tali accorgimenti legislativi sono destinati al fallimento, quando la gente ancora si rifiuta di chiedere che i funzionari eletti seguano la Costituzione.
    Quando il presidente George H.W. Bush invase l’Iraq nel 1991, i falchi celebrarono ciò che consideravano la fine del periodo post-Vietnam, durante il quale gli americani erano titubanti se coprire il ruolo di poliziotti del mondo. Il presidente Bush sr. pronunciò in quel momento le celebri parole «per Dio, abbiamo preso a calci la sindrome del Vietnam una volta per tutte».
    Possono avere superato la sindrome del Vietnam, ma non hanno imparato nulla dal Vietnam. Il colonnello Harry Summers tornò in Vietnam nel 1974 e disse al suo omologo vietnamita, il colonnello Tsu: «Sai, non ci avete mai battuto sul campo di battaglia». L’ufficiale vietnamita rispose: «Può darsi, ma è anche irrilevante». Tsu fu assolutamente corretto: le vittorie tattiche non significano nulla quando si persegue un errore strategico. Due mesi fa è stato un altro anniversario. Il 20 Marzo 2003 iniziò la seconda guerra degli Stati Uniti in Iraq. Era la notte del “colpisci e terrorizza”, con le bombe che piovvero sugli iracheni.
    Come per il Vietnam è stata una guerra causata dalle bugie del governo e dalla propaganda amplificata dai media compiacenti (celebre la bugia ripetuta anche da Tony Blair sull’esistenza di armi chimiche, ndr) che ripeterono le bugie senza esitazione. Come in Vietnam, la guerra in Iraq del 2003 è stata un disastro. Più di 5 mila americani sono stati uccisi in guerra e fino a un milione o più di iracheni hanno perso la vita.
    Non c’è nulla da mostrare sulla guerra se non la distruzione che lascia, migliaia di miliardi di dollari buttati, e l’emergere prepotentemente di al Qaeda e dell’Isis. Purtroppo, a differenza del fiasco del Vietnam, non c’è stata quasi nessuna reazione contro l’impero Usa. In effetti il presidente Obama ha continuato la stessa fallimentare politica e il Congresso non ha nemmeno tentato di vigilare su di lui. Per l’anniversario di quella disastrosa invasione del 2003, il presidente Obama ha annunciato che stava mandando di nuovo marines americani in Iraq! E non una parola da parte del Congresso.
    A quanto pare non abbiamo imparato nulla. Ci sono stati troppi anniversari di guerre! Vogliamo la fine di tutte queste guerre inutili. È tempo di imparare da questi orribili errori.
    [*In occasione dell’inizio dei bombardamenti americani, francesi e inglesi in Siria, traduciamo e pubblichiamo questo articolo di Ron Paul – Traduzione di Arturo Doilo].
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    Ronald Ernest “Ron” Paul (Pittsburgh, 20 agosto 1935) è un politico statunitense. Esponente della corrente libertariana e non-interventista del Partito Repubblicano, è membro della Camera dei Rappresentanti avendo conseguito il suo mandato congressuale presso il XIV collegio distrettuale del Texas e presiede la commissione Affari Monetari della Camera. Eletto per la prima volta al Congresso degli Stati Uniti nel 1976 per poi tornare alla pratica medica nel 1985, venne nuovamente rieletto alla Camera dei Rappresentanti nel 1996 ripresentandosi ancora nelle file del Partito Repubblicano. Diventato membro del Republican Liberty Caucus (RLC), Ron Paul venne riconfermato durante tutte le successive elezioni.
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    1. “Ci sono stati troppi anniversari di guerre! Vogliamo la fine di tutte queste guerre inutili. È tempo di imparare da questi orribili errori.”

      Eh, sì, lo possiamo scrivere anche noi, ma le guerre continuano. E noi non sappiamo che fare.

  4. “La situazione è disperata, ma forse non più che nel passato” (Luciano Aguzzi)…credo invece che lo sia e le ragioni sono diverse: il venir meno del semplice buon senso che porterebbe noi gente di strada a comprendere gli inganni giustificativi dei potenti quando per l’ennesima volta intraprendono un’azione violenta dettata da interessi di parte e sempre conclusasi in massacri….insomma come siamo diventati abbindolabili…Da ciò l’assenza anche solo simbolica di proteste, manifestazioni o perchè “convinti” o per ua sorta di rassegnata accettazione di un destino di morte…D’altra parte anche la conapevolezza della micidialità delle armi in campo e potenziali e del loro uso arbitrario ci lascia “disarmati” …Per esempio mi chiedo: le convenzioni internazionali vietano l’uso di armi non convenzionali, come quelle chimiche, ma prima ancora dovrebbero vietarne la realizzazione…sembra tutto un controsenso: se esistono prima o poi verranno impiegate, no? Insomma la situazione è del tutto fuori controllo…

    1. “Insomma la situazione è del tutto fuori controllo…”

      Neppure questo è vero. Siamo noi (intesi come cittadini, elettori, gente comune) che non abbiamo nessun controllo su chi decide guerre e altre operazioni di rapina.

  5. …a crederci ancora, nella speranza, e che non siamo giunti a un punto di non ritorno resta la natura, lei resiste: anche quest’anno foglioline sugli alberi, non è poco. Anna Frank dal suo pertugio se ne riempiva la vista…Pure noi “come uccelli disimparati al volo” (Rita Simonitto)

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