Lacrime di gioia

di Arnaldo Éderle

Turbolente le nuvole dei giganti
in alto, più che azzurro e assolutamente
piatto, il cielo è trasparente e veramente
assoluto vergine e pigro quasi,
cadente su uno strato di minuscole
nubi rosa vicine ai nostri colori
totalmente calme in gruppi
di magnolie anch’esse rosa e colme
di tanti e leggeri pensieri
che vanno lenti e pacifici come
petali picchiettati di lucciole
e d’insetti dorati
sulle loro rotonde sorgenti, e intorno
lacrime di gioia.

Come piangono e indorano i loro confini!
Come suonano le loro campanule con tocchi
minimi con brevi cadenze e tratti
più lunghi leggermente vibranti sonori.
Ecco, una lunghissima serie di semitoni
si avvicinano lentamente alle nostre orecchie,
anzi delicatamente le colpiscono ci fanno
vibrare i padiglioni che si arrossano
e placidi le contengono.

Poveri giganti, così tanto alti e tanto
sfortunati! Le loro orecchie non hanno
timpani per la musica, un piccolo
fremito e il solletico è finito.
Come faranno a resistere nel loro mondo
muto senza note, nel silenzio
di una terra senza modulazioni
variazioni di timbri senza squilli
senza arie senza battiti di tamburi?
Giganti privi di felicità di stranezze
di grappoli di suoni.
Io dico che le loro azioni crudeli
dipendono da questo, dal loro inumano
silenzio, dalla loro stupida quiete
dal loro torpore malato, dalla loro
solitudine.
Non può essere diversamente.
Lo so. Non si può godere questo silenzio
che è più forte del tuono più squallido
d’un debole sussurro un niente.
Ma i meschini giganti non lo sanno.

Si rivoltano nelle loro mute azioni
come tra un sogno e un altro e nei loro
occhi aperti d’un tratto che guardano
il nulla e non capiscono se ciò accade
nella luce del giorno o nella notte buia,
non vedono lampade ad addolcire il sonno
non s’accorgono della vaga luce che indora
le strade e i giardini quando la mattina
s’illumina quando la luce spalanca piano
le tende delle loro buie camere.
Poveri enormi bambini povere creature
chiuse nei loro orribili pensieri!
Quanto tristi le loro immagini quanto
volgari i loro princìpi quanto effimeri
i loro propositi, anche se
truci ineffabili e pieni
di inutili rancori e di infiniti
contrasti con la bontà e la lietezza.

Ora dormono i giganti ma non sognano,
li circonda il nulla l’odore della nausea
il gusto del grande disastro dell’invocata
perdita, della frustrazione, ma non sanno
bruciarla.
Gli uomini non se ne accorgono, continuano
a sognare le loro inefficienti battaglie
contro questi infelici.
Poveri uomini! Poveri giganti! Finirà mai
questa guerra insolubile?

Quando i giganti si sveglieranno
finalmente risanati dopo questa infinita
malattia, quando si sveglieranno anche loro
cullati dal canto dell’allodola e
guarderanno il cielo con gli occhi
illuminati dalla nostra luce
e dal canto degli uccelli, rinvigoriti
dalle loro melodie, quando sentiranno
l’usignolo stappargli le orecchie
e cinguettare il loro buongiorno, forse
crederanno d’impazzire, ma forse
capiranno la nostra filosofia e, forse,
diverranno nostri amici e la smetteranno
d’inseguirci come animali da preda,
e torneranno a sognare come noi e
a svegliarsi nella nostra pace a seguire
il nostro cammino e tornare a dormire
sotto le coltri, nel tepore
delle nostre coperte.

Oh sì, verrà ben quel momento
l’apice della fraternità il grande punto
di ritorno la comparsa della strada
perduta,l’orma del piede sano
capace di ripestare le orme della
vita e del riscatto delle ombre
lasciate sulle vie della pace.
Non se ne vergogneranno gli atroci
giganti non soffriranno più nelle loro
corazze di due centimetri di
spessore, protettrici dei loro malanni.

Saranno finalmente vinti i loro
guardiapetti che non resisteranno mai più
ai nostri sorrisi al sole e alle nubi,
e cancelleranno tutte le nostre guerre.

2 pensieri su “Lacrime di gioia

  1. Caro Arnaldo, anche altre volte i tuoi testi, lineari e discorsivi, hanno irritato i ricercatori di forme e di inconsueti accostamenti. Ho sempre creduto che la tua ultima espressività fosse una scelta, dato che avevo conosciuto la tua precedente padronanza metrica e sonora. Quindi da tempo avevo concluso che semplicità e discorsività dei versi fosse una scelta.
    Ora, il tema dei Giganti (nel titolo del tuo ultimo libro, I giganti e gli uomini, Lieto Colle, 2018) mi pare confermi la mia ipotesi, che cioè tu voglia far arrivare nella semplicità al contenuto: che stai indicando nei giganti – di grossa pelle e di grande corpo e forza, creature originarie solo in parte umane, sconfitti dai due fratelli (Prometeo e Epimeteo) applicati alla mente immaginante e razionale – le menti grosse di nostri amati incerti bestioni incapaci di raffigurarsi una umanità di più elevata gioia e compiacenza.
    E apprezzo questa lontananza nella prospettiva.

  2. Cara Cristiana, non ricordo se ti ho già risposto, ma ecco una seconda volta il mio grazie.
    Sei sempre tanto gentile con me, non sai quanto lo apprezzo.
    Stammi bene Cristiana, e a rileggerci presto. Un abbraccio. Arnaldo

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