La percezione

 

di Marisa Salabelle

Per capire qualcosa della mentalità distorta che dilaga mi sembra utile parlare con gli amici di una vita, quelli che non crederesti mai potessero condividere certe idee, quelli con cui hai condiviso da sempre certi valori. All’improvviso queste persone ti disvelano un nuovo modo di pensare, di sentire le cose, che non ti saresti mai aspettata da loro. Da altri sì, ma non da loro.
«Bisogna parlare con la gente, cara Marisa. La gente è incazzata, non ne può più!»
Qual è questa gente incazzata, che non ne può più? E non ne può più di cosa? Spesso, continuo a dirlo perché l’ho riscontrato di persona, si tratta di persone benpensanti e benestanti, che hanno magari qualche motivo di malumore ma non sono ridotte al lumicino come si potrebbe credere. Persone preoccupate di venire aggredite nelle loro villette, che hanno blindato come fortini; persone assillate dalla burocrazia di uno Stato sempre più ottuso e invasivo; persone preoccupate per la tenuta delle loro attività economiche, per l’avvenire dei loro figli. Sono timori reali e comprensibili, ma a guardar bene hanno poco a che fare coi profughi e i migranti.
«Be’, i furti, le aggressioni… ma lo sai che ci sono interi quartieri in preda alla criminalità africana? Quartieri dove se hai una figlia non puoi nemmeno pensare di farla uscire di casa?»
Mi chiedo con chi abbia parlato il mio amico, che probabilmente non bazzica persone che vivono nei quartieri più degradati. Che ce ne siano, non ho dubbi. Che esista una criminalità africana, nemmeno. C’è anche una notevole criminalità italiana, peraltro, ma di questa non si ragiona. Sarà perché, come diceva quel mio alunno, almeno i criminali italiani sono nostri, gli altri no. Ci piacciono i nostri, fossero anche mafiosi e camorristi, che ci volete fare.
«Capisco… ma tutte le statistiche dicono che la criminalità è in calo, dagli omicidi ai furti, e che la presenza di immigrati non ha causato un incremento di reati.»
«Ma è la percezione quella che conta, la percezione… la gente si sente assediata, te l’assicuro, non ne può più. Anche tutti questi mendicanti in strada…»
La percezione. Dunque, ragioniamo un momento. Il precedente governo l’aveva capita, questa cosa della percezione. E ha preso delle misure. Era un governo cosiddetto di sinistra, ma ha sentito la necessità di assecondare le paure degli italiani, di andar dietro alla percezione. Ve ne ricordate? Il ministro Minniti temeva rischi per la democrazia, rischi che i suoi interventi avrebbero scongiurato. Quindi ha fatto un decreto (in collaborazione con l’allora ministro della giustizia, Orlando) per il decoro urbano. Via dalla vista poveri e mendicanti, proibito frugare nei cassonetti o aggirarsi nel retro dei supermercati alla ricerca di qualche scarto di frutta e verdura. Decoro. Non si deve urtare la sensibilità dei cittadini perbene.
Questo ha risolto un solo problema, di quelli che fanno incazzare gli italiani? Pagano forse meno tasse, hanno meno adempimenti burocratici da sbrigare, sono più ottimisti per il futuro dei loro figli? No, ma almeno vedono meno mendicanti in giro. Sapete quanto sono fastidiosi i mendicanti? Vogliono qualche soldo, ti vogliono vendere calzini di spugna e ombrelli da quattro soldi. Con tutti i problemi che abbiamo, signora mia! I mendicanti a giro no, grazie.
Poi, come sappiamo, ci sono stati gli accordi con la Libia. Accordi infami, lasciatemelo dire ancora una volta. In precedenza, gli accordi con la Libia li aveva fatti Berlusconi, e la sinistra era indignata. Ora però gli accordi con la Libia vanno bene, perché li ha fatti Minniti, che è tanto bravo, aveva paura per la tenuta della democrazia, lui, e perché ha promesso di vigilare affinché i migranti bloccati in Libia vivano in condizioni dignitose, e perché ormai la gente non ne può più, non dimentichiamolo. Lager in Libia? Maltrattamenti, torture, violenza? Be’, ma non è mica colpa nostra. L’importante è che non vengano qui. E infatti, poco prima di lasciare il posto a quel bravo ragazzo di Salvini, Minniti si vantò che gli sbarchi erano calati del 78%.
A questo punto la percezione sarebbe dovuta cambiare: la gente, quella famosa gente incazzata, si sarebbe dovuta placare, avrebbe dovuto dire bene, il governo di centrosinistra sta tutelano i nostri interessi, non abbiamo più paura per l’incolumità delle nostre figlie, non ci turbano più i mendicanti in giro, non ci sono quasi più sbarchi sulle nostre coste. Invece che è successo? L’abbiamo sotto i nostri occhi: la gente non è contenta, la percezione rimane immutata, Salvini tuona contro gli immigrati un giorno sì e l’altro pure, aizza le persone come belve nella pista del circo, le persone continuano a non poterne più, si approva il fatto che navi piene di povera gente vengano tenute in ostaggio in mezzo al mare senza permettere loro di sbarcare, si accetta senza batter ciglio che la Libia si riprenda indietro quelli che scappano dai suoi lager, si insultano tutti coloro che si prendono a cuore questa umanità reietta.
Grande successo della politica della percezione, quindi. Che ormai non è né di destra né di sinistra. Intanto si spara a zero su altre categorie, che pur appartenendo al glorioso popolo italiano evidentemente non sono abbastanza pure: i rom, i gay, i pazienti psichiatrici. Contro ogni evidenza Salvini lancia un grido di allarme: la gente è terrorizzata dalle continue aggressioni da parte di malati mentali. Hai voglia a dirgli, cifre alla mano, che non è così. La percezione, signora mia, la percezione. Chi sarà il prossimo bersaglio? Io per esempio sono strabica, non vorrei…

18 pensieri su “La percezione

  1. …e sì, Marisa, così sembra anche a me. La percezione della realtà, per l’effetto della propaganda di chi urla più forte e del passaparola, si è convertita in un apparato di specchi deformanti che ingigantisce o sminuisce arbitrariamente. Da qui derivano convinzioni distorte e paure irrazionali. Così diventiamo un esercito di ruminanti e ci cresce una scorza bel fitta, da dove, su comando, percepiamo solo quanto passa il convento. Sul resto la condiscendenza è quasi totale o un’indifferenza fatalista. I migranti diventano la cartina di tornasole per non vedere un Trump, nostro signore e padrone, che viene qui a batter cassa sulle spese militari (per la nostra difesa?)…la ‘ndrangheta che circola in ogni settore, ma non manca di decoro, scherziamo, indossa colletti bianchi si può chiudere un occhio sul riciclaggio…un solo calciatore viene pagato una cifra assurda: ma si tratta di uno sportivo o cosa?…le banche derubano dei loro risparmi i piccoli risparmiatori…i giovani sono precari a vita…Ma se i migranti elemosinano davanti ai supermercati o magari diventano piccoli imprenditori fanno una paura boia…sono indecorosi o ci lasciano senza camicia? Se un giorno affonderemo, e tutti insieme, una botta in testa, in quel caso la percezione migliorerà

  2. Sospendiamo, per una settimana, o soli tre giorni, di pensare e parlare dei migranti: saremo capaci, con la testa finalmente libera, di considerare il pericolo ‘ndrangheta in colletti bianchi, di dare sui social in escandescenze per i soldi dati a Ronaldo (ma gli operai FCA hanno deciso di scioperare!), di rivendicare il lavoro per figli e nipoti precari o disoccupati, di ribellarci a Trump che batte cassa (e contro l’Europa che non affronta il problema della sua difesa)? O forse scaricare la stizza e la rabbia sui migranti in fondo ci salva dall’impegnarci in quegli altri problemi, che richiederebbero un impegno ben più determinato e cogente?

    1. In gergo “sinistrese” questo smettere di parlare di ciò di cui tutti ( o una buona parte dei commentatori) parlano per concentrarsi su *altro*, che sarebbe o a volte è effettivamente “più importante” o “prioritario” si chiamava *benaltrismo*. Non funziona. Fa parte della retorica che serve a stoppare o sgambettare la parte avversa. Si è messa in modo da tempo e adesso con Salvini ministro va a pieno regime una macchina goebellsiana di menzogne e di alimentazione del buonsenso esplicitamente o velatamente razzista (“non sono razzista ma…”) che – appunto, come dice Marisa Salabelle – è penetrata anche nei discorso degli “amici” e delle “amiche” e si vuol fingere che non ci sia o che sia facile smascherarla o frenarla parlando d’altro?
      Si vada a fondo del discorso sulle migrazioni e tutto il vaso di Pandora sarà svuotato. Del resto la Di Cesare in questa direzione si è mossa.

    1. Cara Marisa,
      ti dico come mi regolo io di fronte alle paure dei benpensanti benestanti con villetta blindata. Gli faccio ancora più paura!! Signora mia, c’è veramente di che avere paura! Quando Salvini sarà riuscito a diminuire il numero degli africani in Italia, sa che cosa succederà? Ci saranno meno braccianti che si disputano un posto di lavoro a 3 euro al giorno nei campi di pomodori, quel tipo di lavoro che i suoi figli non fanno (dio ce ne scampi, signora mia!) perché appunto non è lavoro da cristiani, ma sfruttamento da bestie. E allora, quando saranno di meno, bisognerà pagarli di più gli africani braccianti, per convincerli a raccogliere i pomodori (saranno delinquenti, signora mia, ma mica sono scemi, no?). E allora a noi sa che cosa succederà? Che dovremo pagare i pomodori 4 euro al chilo!! Una sventura, non crede? E così le magliette prodotte a Prato, e il pane, la pizza, tutto!
      Ma io non sono così paziente per fermarmi a parlare con questi toni bonari con questi stronzi. Gli tolgo il saluto agli amici di questo tipo. Paolo Virno qualche settimana fa diceva, con una certa sintetica serenità, che ai padroni bisogna fare paura, sennò non capiscono. Bisogna fargli percepire la paura di perdere i loro privilegi. Tutti.

      1. @ Pia Mondelli: allora “i padroni” sono quelli in villetta blindata e che hanno paura? I pomodori (le arance) costano uguale a prima, quando non c’erano i braccianti neri a 2 euro l’ora: chi si prende la differenza? Qualche ipotesi a caso, la mafia della distribuzione? i latifondisti della ‘ndrangheta? Con la signora in villetta, anche se “stronza”, si potrebbe invece parlare del figlio o del nipote disoccupato, che fa benissimo a non raccogliere pomodori a 20 euro alla giornata di 10 ore, ma che, se ricevesse una paga decente, i pomodori (e le arance, l’uva, le olive) -magari, eh?- li andrebbe anche a raccogliere…

        1. Rispondo a Cristiana Fisher: sì, il «padrone» può essere anche il proprietario di villetta e piccola azienda della logistica, oltre che Zuckerberg e il mafioso calabrese dei mandarini. Tuttora, in epoca postfordista, in contesti comunicativi che richiedono sintesi e rapidità di espressione, si usa il termine desueto «padrone» per indicare chi trae profitto dallo sfruttamento del lavoro altrui. Per esempio, un cartello visto durante i recenti scioperi in Francia, recita : La lotta paga meglio del padrone. La bibliografia sulle forme del lavoro e dello sfruttamento nel capitalismo contemporaneo è ormai sterminata. Consiglio R.Ciccarelli, Forza lavoro, Deriveapprodi, 2018.

          1. @Pia Mondelli: Non è questione di padrone termine desueto, è che se padroni sono tutti quelli dalla villetta in su (ma lasciando nella vaghezza i proprietari di castelli, di bunker, di latifondi e di “fondi”), magari di una villetta comprata con mutuo trentennale, o ereditata, siamo rovinati: finiamo per sostenere un egualitarismo livellato al ribasso, e solo di una piccola minoranza. 8 famiglie su 10 sono infatti proprietarie della casa in cui vivono, in Italia, e soprattutto al sud. Se poi c’è una “immensa” produzione di saperi e immaginari antirazzisti antisessisti antifascisti e anticolonialisti, e altrettanto “immensi” movimenti, a queste immensità forse partecipa anche qualche proprietaria di villette (come me), o di urbani appartamenti. Che non sono una poveraccia “pilotata” invece penso studio e ragiono. In ogni caso rinforzare la propria posizione con la convinzione che chi pensa diversamente si fa solo guidare (ma chi non si fa guidare dalle idee che gli sembrano giuste e che prima anche altri hanno pensato?) non porta molto lontano.

      2. Cara Pia, bisognerebbe smontare a uno a uno i ragionamenti e i pregiudizi di questi nostri interlocutori, e si può fare, con i dati, le cifre, le testimonianze… ma serve a poco (voglio essere ottimista: se no direi che non serve a niente) perché ormai si va per slogan, per frasi fatte, per affermazioni destituite di realtà che però vengono prese come Vangelo. Perché informarsi, studiare, ragionare, cercare di capire come veramente stanno le cose, è difficile, è impegnativo, e non offre soluzioni molto facili e immediate. Meglio, per chi governa, andar dietro alla “percezione”, assecondarla, alimentarla, e per noi cittadini meglio credere ai loro facili slogan…

        1. Sono d’accordo: bisogna smontare i falsi ragionamenti del discorso razzista. Non sono d’accordo: non serve a poco, ma serve moltissimo e si sta già facendo su larga scala. Esiste una immensa produzione di saperi e immaginari antisessisti, antirazzisti, antifascisti, anticoloniali, su giornali, siti, film, libri, in forma di narrativa e studi sociologici, demografici, giuridici, filosofici… E, ciò che più conta, questa produzione culturale circola largamente e vede espandersi il suo pubblico. Ora è chiaro che non è la circolazione di saperi e immaginari in sé che può cambiare lo stato del discorso pubblico (e delle cose). Ma sono i movimenti che di questi saperi si nutrono e che insieme producono. Io non vedo altra strada. Buone notizie anche da questo fronte: i movimenti che percorrono i continenti e la nostra penisola sono immensi. Per vederli, basta distogliersi un momento dalla contemplazione desolata del nostro quartiere, della nostra provincia mentale.
          Poi, la pazienza pedagogica che spinge a insegnare come in realtà funzionano le cose, io personalmente la applicherei alle giovani generazioni. La signora di cui sopra, che ha sempre avuto bisogno di essere pilotata dalla sua televisione, dal suo giornale e dal suo personaggio politico di riferimento, beh, francamente la lascerei stare. Più utile cambiare le notizie date dal suo giornale. Un milione di manifestanti a Roma, per esempio.

  3. * A fagiolo!

    SEGNALAZIONE

    AIUTIAMOCI A CASA NOSTRA
    di CATERINA BONETTI
    https://www.glistatigenerali.com/costumi-sociali_immigrazione/aiutiamoci-a-casa-nostra/

    Stralcio:

    2) “Sotto casa mia è pieno di spacciatori e – sai cosa? – sono tutti stranieri”

    Il mercato ha spesso dinamiche complesse da decifrare, ma – di base – si fonda sul principio banale della domanda/offerta. Quindi se ci sono tanti spacciatori sotto casa tua evidentemente sotto casa tua ci sono anche tanti acquirenti. Altrimenti cambierebbero mestiere. Sono poi quasi tutti stranieri perché i posti di coordinamento (tornare al punto 1, ovvero inquadramento professionale per gradi), sono stati presi da chi ha maggiori qualifiche. Tornassimo ad occuparci delle organizzazioni criminali “autoctone” potremmo scoprire cose molto interessanti sulle infiltrazioni mafiose sotto casa. In effetti qualcuno l’ha già notato. [Attenzione: Parlare di mafia però fa tanto “raduno di Libera” e qualcuno potrebbe trovarvi poco chic o – peggio – demodè]

  4. …bisogna risolverlo quel problema, così come è stato “costruito”, cioè smontarlo, per avere la lucidità e le energie per affrontare gli altri…Anche perchè gli altri problemi riguardano spesso poteri forti, vedi l’utopia di far sloggiare la NATO, mentre questo problema riguarda le persone che ci stanno fianco a fianco, cioè gli stranieri residenti o futuri residenti

  5. Si può smettere col processo alle intenzioni? Altro che benaltrismo! Marisa Salabelle ha costruito il suo discorso sul dilagare della “percezione”, ho aggiunto da parte mia che favorendo questo dilagare si fa distrazione di massa.

    1. « se padroni sono tutti quelli dalla villetta in su (ma lasciando nella vaghezza i proprietari di castelli, di bunker, di latifondi e di “fondi”), magari di una villetta comprata con mutuo trentennale, o ereditata, siamo rovinati». Non ho scritto questo, non ho scritto che TUTTI i proprietari di villette ecc. La prego di rileggere i miei post post per verificare. Mi sembra evidente che nello spazio di un post una è costretta a lasciare «nella vaghezza» molti dettagli e anche alcuni aspetti delle questioni.
      Confermo che non ho nessuna considerazione per i lettori pilotati da Feltri e Travaglio, piuttosto scarsa per quelli di Scalfari; non andrò molto lontano, ahimè.

  6. E’ difficile creare una società perfetta, senza inutili ideali, che guardi alle cose pratiche; una società nichilista ma positiva, dove si dia modo alle persone di essere felici; perché le persone non sono felici per via della società, la felicità è cosa che ciascuno deve poter trovare da sé. La società è solo un fatto basilare, non è tutto. In una società così, bella perché pratica e senza ideali, non si lascerebbe morire nessuno, e nessuno verrebbe ucciso.

  7. Non credo che la risposta a questo e a tanti altri problemi sia rifugiarsi nell’utopia e vagheggiare una società perfetta. Non è difficile creare una società perfetta: è impossibile. Perciò bisogna lottare per una società migliore partendo concretamente dal mondo in cui si vive, sapendo che non si raggiungerà mai la perfezione (che poi a guardar bene la perfezione a me non piace mica tanto…) ma cercando di realizzare il meglio possibile… e gli ideali, sì, ci vogliono. Almeno secondo me.

  8. …sprazzi di utopia possono aiutare a tenere accesi gli ideali, un po’ come le “Vaghe stelle dell’Orsa…” che G. Leopardi contemplava ma insieme vi ragionava sulla realtà senza fare sconti. Certo per chi viaggia sui gommini le stelle parranno spietate e irridenti. Da loro nessuna forma di speranza o di consolazione. Eppure…Bisognerebbe chiederlo ai bambini sopravvissuti. Glielo auguro un pensiero sviante dal terrore

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