Sbratto 3: E leggimmece pure Rancière

di Ennio Abate

 

E leggimmece pure Rancière, «Communists
without Communism?».* Chiste rice ca l’uguaglianza
non è un fine da raggiungere; è un punto di partenza.
Dint’o cirvielle, ie penze. Ca, attuorne, proprie nun se vede.
E ca l’intelligenza è una sola, nun nge sta chella ro maestro
e chella ro scolare. E ca amma finì e fa l’intellettualon’i
ca nzegnane a gente cumme se fa a campà. E cà pozz’appruvà.
O cummunisme è allore ‘ntelligenz’e commune? Speramme!
E dice pure ca l’ignorante è capace e ‘mparà ra sule
Allore a dittatura dell’ignoranza nun nge stà?Beh, boh!

E ca e cummuniste nate primme e nuie anne sbagliate
cu chella cazze e contrapposizione tra esperienza re lavoratori
e scienze ca steve dint’a cape e l’avanguardia cummuniste.
Ammà penzà – rice Rancière – o cummunisme cumme potere
di *chiunque*. E ammà ‘mparà ra e mument’e ra storia
quanne e lavuratur’i – gente comune, gente ca cammine
cu dui piere cumm’a nuie e fa na vita nurmale –
se detter’e ra fà pe fa funzionà loro e piezze ra società.

Pure a me cheste pare na bella pensata. Ma pò Rancière
nun m’e spieghe cumme se fa. E se mette invece
a battaglià cu Toni Negri. Ca per Rancière rice ca nge sta
nu capitalismo del Capitale; e ca – oplà! – subite se pò passà
a nu capitalismo delle moltitudini. A pappe è pronte,
venit’avell’e sulamente a mangià!

Ma Rancière sa piglie pure cu chille, ca dicene ca mo
o munne è cummanate ra na piccola borghesia niccian’e.
ca sta a sbavà arrete a ‘sti spettacule e ae godimenti
narciso-democratici; e se lamentane: stamme rint’a nu pantane!
Sule o cummunisme nge po’ tirà fore! Rancière rice: no, no!
No, o cummunisme nunn’esce vispe ra panze ro capitalisme.
No, o cummunisme nunn’o facimme e botte quann’arrivamme
quase a fine ro munne e c’affacciamme ‘npunt all’abisse.

Ca stamme cumbenate quase cumm’ae proletarie e l’Ottociente,
ca nun simme tutti tecnici hi-tech o consumator’e a gogò,
ca nunn’avimme aspettà ca o capitalisme nge partorisce
o cummunisme, ni ammà fà na rovesciate eroiche all’ultime minute
primme e carè rint’a voragine ra morte, ca ngiamm’ a basà
sull’intelligenze ra gente commune, ca facette certi lotte
e ancora e fà, nun me pare na grossa nuvità e o penz’e pure ie.
Ma raddò amma ‘ncumingià? E addò sta o *nuje* ca po ballà?

 

 

Nota
Ho usato con molta libertà il mio dialetto (salernitano) per marcare ironicamente le distanze tra un filosofare alto/internazionale e un filosofare inchiodato *al basso*. Sempre memore del Brecht di « Anders als die Kämpfe der Höne sine die Kämpfe der Tiefe!» (Diverse dalle lotte sulle cime sono le lotte sul fondo ). Per i non dialettofoni abbozzo una traduzione veloce:

E leggiamoci pure Rancière, «Communists / without Communism?».Il quale dice che l’uguaglianza/non è un fine da raggiungere; è un punto di partenza./Nel cervello, penso. Perché, intorno, proprio non se ne vede./ E che l’intelligenza è una sola, non esiste quella del maestro/ e quella dello scolaro. E che dobbiamo smetterla di fare gli intellettualoni/ che insegnano alla gente come si fa vivere. E qui posso approvare./Il comunismo è allora intelligenza comune? Speriamo!/ E dice anche che l’ignorante è capace d’imparare da solo./ Allora la dittatura dell’ignoranza [Majorino, Viale] non esiste? Beh, boh! // E che i nostri antenati comunisti hanno sbagliato/ con quella sciocca contrapposizione tra esperienza dei lavoratori/ e sapere posseduto solo dalle menti dell’avanguardia comunista./ Dobbiamo pensare – dice Rancière – il comunismo come potere/ di *chiunque*. E dobbiamo imparare dai momenti della storia/ quando i lavoratori – gente comune, gente che cammina/ con due piedi come noi e fa una vita normale -/ si diedero da fare per far funzionare loro i settori della società// Anche a ma questa [l’autogestione] sembra una bella idea. Ma poi Rancière/non mi spiega come si fa [l’autogestione]. E invece comincia/ a polemizzare con Toni Negri. Il quale per Rancière dice che c’è/ un capitalismo del Capitale e che – oplà!- subito possiam passare/ a un capitalismo delle moltitudini. La pappa è pronta/ venitevela soltanto a mangiare!// Ma Rancière se la prende pure con quelli, che dicono che oggi/il mondo è comandato da una piccola borghesia nicciana/ che sbava dietro agli spettacoli e ai godimenti/ narciso-democratici; e si lamentano: stiamo dentro un pantano!/ Solo il comunismo ci può tirar fuori! Rancière dice: no, no!/ No, il comunismo non esce vispo vispo dalla pancia del capitalismo./ No, il comunismo non lo costruiamo di botto quando arriveremo/ quasi alla fine del mondo e ci affacciamo sull’orlo dell’abisso.//Che siamo combinati quasi come i proletari dell’Ottocento,/ che non siamo tutti tecnici hi-tech o consumatori a gogò,/ che non dobbiamo aspettare che il capitalismo ci partorisca/ il comunismo, né che dobbiamo fare una rovesciata eroica all’ultimo minuto/ prima di cadere nella voragine della morte, che dobbiamo affidarci/ all’intelligenza della gente comune, che fece certe lotte/ e ancora le fa, non mi pare una gran novità e lo penso io pure./Ma da cosa cominciare? E dove sta il *noi* che può aprire la danza?

* La recensione a Rancière che ho utilizzato si legge qui:https://www.alfabeta2.it/20…/…/17/comunisti-senza-comunismo/

*Il quadro a olio di Tabea Nineo è del 2005

5 pensieri su “Sbratto 3: E leggimmece pure Rancière

  1. …certo è bello e confortante sentire parlare di “intelligenza comune”, come base del comunismo, l’intelligenza di “chiunque” senza distinzione di titoli di quozienti intellettuali di posizioni di potere, operi per l’uguaglianza fra gli esseri umani… ma poi vedo l’ombra della montagna, più alta dell’Everest, che ci sovrasta tutti, quella dell’intelligenza artificiale, completamente fuori controllo, se non che finirà con il controllarci tutti…Dov’è il fine se non la pazzia, se ancora l’essere umano in qualche modo saprà resistere? O una dittatura robotica, senza scampo?

  2. La commistione tra alto e basso mi è sempre piaciuta e questo atto programmatico di dialettica/dialetto è chiaramente apprezzabile. La prospettiva di una revanche comunista come scelta necessaria di fronte all’apocalisse ventura mi indica prospettive messianiche di pensatori che univano la visione marxista e quella messianica come Ernst Bloch o Walter Benjamin. Ma più che alla filosofia del passato è agli esempi concreti che bisogna guardare. Come non può venire in mente allora la piccola utopia di Riace del sindaco Mimmo Lucano, con il suo scardinamento di ruoli che immagino piaccia a Rancière, immigrati che non vengono assistiti, ma che anzi partecipano attivamente alla vita del paese, emissione di una valuta alternativa ( le effigi di Che Guevara e Pasolini sono oleografiche, ma simbolicamente fanno rodere il Sistema)… ma la ‘ police’ in questo momento storico in Italia fa in modo che i debordamenti sociali siano accuratamente evitati e ognuno è sempre più rigidamente legato al proprio io identitario, alla propria specifica funzione, al proprio stereotipo. “E addò sta o nuje ca po ballà?” è la domanda che si stanno facendo tutti i vecchi e giovani utopisti, disposti ancora a sviluppare un pensiero possibilmente antagonista. Ci accontentiamo di firmare sottoscrizioni per protestare contro il confino di Lucano? Sì, certo, ma anche questa è, seppure oppositiva, una forma di ‘police’. Quelli che legiferano e giudicano, quelli che si mettono a posto la coscienza con un tweet. Bisogna sforzarsi di rompere gli schemi, di essere sempre più mobili e ubiqui: il mondo della scuola sarebbe un eccellente punto di partenza. Lì altroché se c’è un noi! Oddio, lo scoglio che sembra insuperabile degli stereotipi legati all’età! Ma come dice il poeta: ” L’unica differenza che veramente importi/ è quella che divide i vivi dai già morti”. Mettere allora insieme l’intelligenza degli studenti e quelli degli insegnanti, creare delle associazioni comunitarie che attraverso un’indagine serrata sui confini segnati per tutti dell’impotenza e della precarietà, possano arrivare a progetti di travalicamento e di nuova costruzione del reale. Lavorare insieme sotto, approfittando della distanza siderale tra gli strumenti ministeriali di programmazione e la base scolastica, giovani ancora intellettualmente vivaci e tecnologicamente avanzati, con vecchi insegnanti appassionati e pazzi.

    1. “Bisogna sforzarsi di rompere gli schemi, di essere sempre più mobili e
      ubiqui: il mondo della scuola sarebbe un eccellente punto di partenza. Lì
      altroché se c’è un noi! ” ( Gera)

      Sicuro? Si tratta di vedere la qualità politico-culturale di questo “noi”!
      Non insegno più da decenni, ma dai saltuari resoconti che ho non pare ci siano molti “vecchi insegnanti appassionati e pazzi” e i giovani – mi dicono – sono “tecnologicamente avanzati” ma con passioni abbastanza tristi.

      1. Insegno in un istituto professionale e lì c’è materia fertile. I ragazzi si stufano anche di rapporti esclusivamente virtuali e se tocchi i tasti giusti sono disponibili ad alzare la testa dal telefonino e farsi coinvolgere. Che tipo di ragazzi? Beh, io insegno a Carpi e nella mia scuola c’è una larga parte di alunni/e di origine straniera, ormai nelle prime classi siamo al cinquanta per cento. L’anno scorso abbiamo realizzato uno spettacolo in cui i ragazzi sono stati parte attiva con le loro testimonianze, il cui titolo era “Le traiettorie invisibili”. C’è stato un dibattito alla pari e poi interazione. Lo abbiamo fatto di sera. Il nostro istituto è diventato una mappa delle migrazioni: il cortile rappresentava la Libia, in un’aiuola interna c’era un canotto con un ragazzo marocchino e uno ghanese, il laboratorio di meccanica è diventato il luogo dove le donne parlavano delle violenze subite e così via. Chiudono i porti e noi abbiamo aperto la scuola. Ma questo è solo un esempio. Ci sono vecchi insegnanti folli che ne trascinano altri più giovani. Ci sono ragazzi con la voglia di fare esperienze nuove: sulla tenuta a lunga distanza non posso giurare, ma almeno dei presìdi di resistenza in luoghi istituzionali sono stati attivati.

        1. Sono esperienze apprezzabili. Purtroppo se però non si crea un contesto politico favorevole per farle maturare, non riescono ad estendersi e spesso a durare. Buona fortuna in ogni caso.

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