Il novello dittatore (dottor Cessantibus)

di Antonio Sagredo

 

Debuttò con una giovane morte, e prese il volo,
come un novello dittatore.

Il morto sfilò un anello dal vivente,
l’oriente si ribellò, voltò la schiena e andò via,
perché sovrane regnassero sui tarocchi
le infelicità nerastre della Nemesi.

(presi per mano quel buon diavolo
di Dio, lo accompagnai per portarlo
sulla buona strada: poverino, come un orfano
s’era smarrito da quando gli angeli
non lo avevano più riconosciuto).

La debolezza di un secolo è legge naturale
che muta i vagiti in rostri insanguinati,
è fede saldata a patiboli untuosi e circospetti,
conteggio dei viventi prossimi alla cenere,
Senza speranza è la carne che ritorna dalla croce.

I passionisti del cuore creano le rivoluzioni
quando le ragioni declinano il tedio in azione.

Non ho da spartire che pulsanti arterie ai funerali, eventi
e chiacchiere sono beffardi come i quattro evangelisti.
Tumuli di bocche gonfiati dal martirio infame
celebrate languidi carnefici, morituri in ceppi, roghi
e, sulle ruote, vanità di pezzi di ricambio!

Come i tradimenti dei padri marcano i sentieri!

Le leggende non sono destini circolari e rattrappiti:
ovvietà che l’umano stregone diffonde sconcertato.
Calici e mani sono fusi in un presagio empirico
perché il sangue dagli occhi non generasse una gloria – di letame!

 

 

Vermicino, 26/02-06/03

12 pensieri su “Il novello dittatore (dottor Cessantibus)

  1. Caro Ennio,
    questi versi sono del 2003, quando di Salvini nessuno sapeva qualcosa ed era in letargo.
    Se mai sono riferiti al lombardo: volpe intelligente, iena o sciacallo e per ultimo senile squalo, e altro come geniale furfante come tantissimi nella historia italica (perciò nessuna novità di rilievo)… e poi fallimento completo dei suoi sogni, come altri sogni futuri che seguiranno a lui infine, e che adesso sono il nostro presente, come tutti i copioni da non rispettare, perché sceneggiate che pure si applaudono…
    e Machiavelli? e Guicciardini? e i moniti di Dante e Leopardi? Questi e altri come loro che sono fiori vivi in un oceano di merda!
    Ma la ragione e la fantasia ci dicono che le arti e le parti s’invertono e che infine ancora i giochi sono il comico, il drammatico, il tragico, la commedia, e poi terribile giunge la farsa, di cui già abbiamo avuto esperienza, ma le esperienze non bastano… come si dice abbiamo un DNA fetente da decine di secoli: la ripetizione è la nostra Natura: fatalismo? No! – è REALISMO! – La BELLEZZA CHE CI CIRCONDA LA SENTIAMO COME FASTIDIO… E CE LA SACCHEGGIANO CON OGNI STRUMENTO E NON FACCIAMO NULLA PERCHE’ CESSI LA BARBARIE! ….. CESSI…
    E chi dice di “rivolta popolare” non fa che sognare, fintanto i supermarket saranno strapieni di ogni schifezza che ci propinano… questo lo dicevo ad alcuni – analfabeti culturali – che nel 1968 sognavano, e che erano manipolati e non s’accorgevano…
    IMBECILLI!

    1. Manno’ tutto regolare, altro che riferirsi a italiche glorie come Machiavelli e Leopardi! Politica quotidiana, e nella scia, che avanza e porta via. Oggi Stati Uniti e Israele per una precaria autonomia da Ue e Germania, ieri precaria autonomia nell’ideazione per M. e L.
      Forse M e L suggeriscono che ideare è ancora il meglio possibile, mica attività così persa.

  2. @ Sagredo

    Sì, ho scelto la caricatura di Salvini pur intuendo che i versi fossero riferiti a Berlusconi. I due personaggi politici di cose in comune ne hanno.
    I Machiavelli, Guicciardini, Dante, Leopardi o tanti altri a che servono se i più restano in un « oceano di merda» o se si crede veramente che abbiamo un DNA fetente da decine di secoli» o che « la ripetizione è la nostra Natura»?
    Il saccheggio delle risorse (o dei beni che potrebbero essere *comuni*) e non solo della “bellezza”, chi lo fermerà mai, se ogni rivolta popolare e il ’68 vengono degradati a sogno?

  3. soltanto tre componimenti per non tediare troppo… la visione!
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    da >> POESIE DALL’ ANNO ZERO – Ultime Prove mostruose – 2015
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    1

    Il rintocco della memoria accusò il tramonto di simonia,
    ma il concetto di blasfemia si ribellò al verso iniziale.
    Mentendo alle leggi celebrò col sangue il diritto nuziale
    e con l’occhio basedowico un guercio e sinistro Oriente…

    spietato si trastullava con una scimitarra a mo’ di croce
    e una testa ciondolante e lamentosa per formare una trinità
    mostruosa di scellerati simboli… marchiata dal mio sputo e
    disprezzo… l’umanità si giocano squartando il cuore del mattatoio!

    Invano la sinistra guancia implorai di darsi pace sotto la cenere
    per non generare con un rimorso deforme il 50° boia nel giorno
    della Pentecoste… tre pellegrini infami negarono il pianto, il raccolto
    e la rivelazione: finzioni della mietitura nell’ ultimo giorno del cordoglio!

    Nostra Signora del Lutto fece scempio delle primizie durante l’assemblea plenaria e la pace del sacrificio si celebrò dietro una quinta d’avorio… per sanguinare nel tempio di pane lievito farina e grano s’impastò l’agnello che si mutò in leopardo… tromba franca e cavalli inglesi pavesarono di me

    la maschera – di fiori e rami verdi!

    Antonio Sagredo

    Roma, 19 gennaio 2015

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    2

    Quella sera di biacca quand’io svernavo la mia inquietudine sotto la palma di un Oriente devastato… m’accesi… velenosa una lampada per oscurare la vanità di uno specchio doppio… una gloria sinistra e piombata come uno stendardo sull’osceno continente, commercio di colonia il tuo benestare quando forse tutte le stagioni

    alzano a vessillo un nome e s’imbrunisce un core quando una qualunque primavera verrà a cancellare il tuo nome, Antonio! Ed io fui geloso mortale nella tua quinta e in quella scena dove mi uncinai ad una corda della tua voce oscillante, come una glottide ammainata per cantar letanie di rosari: i grani accecati dal raccapriccio!

    Avevo una gobba di madreperla e un deserto di stiletti m’attraversava gli occhi pacifici… anelli, orbite…. croci nella palude lernea e scimitarre decollavano i mostri occidentali: non è più un teatro qualsiasi!.. che non è più finta questa guerra vera? – io so adesso cos’a è una Resurrezione senza fine: un traguardo di tramonto!

    Ora non è più un sospetto il piacere di una barbarie recidiva, e l’attesa è la scrittura bianca su nero sfondo, come una finzione antica la smania nostra è la scosciata Europa: zoccola, chiavica che devasti senza rimorsi e requie! Leuca, luce di rivolta! Secolo di universali macelli, ridicoli uncini del passato… rovina mediterranea!

    Canzoni, venite a placarmi questo caos del tempo come allora!… e tu giocavi alla crocefissione… ach, Cristo ’63! Un finto aborto, come la pietà Rondanini… la destra mano incapace d’inchiodarsi… disperazione europea!… femmina da bivio, trivio e quadrivio! Le scorregge notturne non sono gradite! Veronica: rovina mundi!

    Antonio Sagredo

    Roma, 21 gennaio 2015
    (dall’ora terza alla quarta)

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    Futuri? Passati?

    Levatrice dei morti —- la notte coi suoi gemiti e le stelle così lontane!
    Non abbiamo parole noi – nella luce! Stiletti di pensiero sono infelici passi,
    fitte delle nostre colpe i ritorni dell’eterno: rifugi, cisterne di insensati giorni.
    Inconsapevoli in un qualcosa da cui nascemmo: senza una fine e un principio!

    Ascoltare, dove non so e quando – da chi e da cosa? Insensata presenza il Nulla delle fedi del passato… è il nostro senso? Smarriti dagli occhi e dalle mani… sugli altari increduli di noi resteranno glorie declassate, tabulae rase, apocalissi di pensiero, orienti e occidenti: spazi scellerati, paradisi infernali… aurore e

    tramonti non ci saranno più… quali altri pensieri avremo che mai
    conoscemmo e quali altre immagini ci domineranno, quali altre matematiche,
    con quali occhi scriveremo un nuovo cominciamento… pace e guerra
    conosceremo in altri non-quando e non-dove… e l’Io sarà un altro Io,
    a noi – ignoto sarà il riso – senza… fine!

    Sulle rive invano cercheremo un albero, un oceano, un cantuccio…
    la distruzione sarà più che il nostro pane quotidiano…
    sarà una tendenza – senza… fine!
    Non si canta il nulla che non esiste – si canta quello che esiste – NOI!

    Antonio Sagredo

    Roma, 7/8 aprile 2015

    1. Caro Antonio,
      secondo me è sbagliato e anche controproducente usare lo spazio commento sfuggendo alle domande e mostrando in modo sfacciato il proprio *corpo poetico*. No, queste non sono le *risposte giuste*.

  4. Ennio,
    non sfuggo affatto. Non è soltanto un “corpo poetico” …. seguo lo stile dantesco che usa il verso – parola poetica più efficace della prosa per giudicare, e se è sfacciata ma raggiunge un risultato più di tante analisi, ben venga.
    Mi dispiace per Te.
    Più volte ho affermato che i miei componimenti sono anche dei saggi che contengono concetti e principi dettati in altra maniera – voglio dire non prosastica – …
    bisogna anche saper vedere oltre… sono versi che condannano parecchio meglio di qualsiasi disquisizione storico-filosofica-ideologica.

    1. @ Sagredo

      Resto convinto che a *qualcosa* sfuggi. L’avevo fatto notare già altre volte. Il riferimento allo “stile dantesco” regge fino ad un certo punto. Dante ha, almeno in parte, commentato in prosa i suoi slanci poetici; e tutta la sua Commedia è una continua “spiegazione” rivolta a chi non aveva avuto la sua “visione”. Che, nel tuo caso, il “risultato” sia raggiunto lo stesso è cosa certa solo per te (o – ma ne dubito – per pochi altri). Per me tu hai la pretesa (inaccettabile) di essere creduto sulla parola (“i miei componimenti sono anche dei saggi che contengono concetti e principi dettati in altra maniera”). E, come ho detto già in altre occasioni, restando nell’oscurità (o nell’ Ombra delle Parole), come minimo le “visioni” restano ambigue: “condannano parecchio meglio di qualsiasi disquisizione storico-filosofica-ideologia” oppure occultano?

  5. …”Futuri? Passati?” (Antonio Sagredo)…quest’ultima poesia ci parla in un linguaggio più contemporaneo e universale, riuscendo a restituire il senso di smarrimento profondo, senza protezione, di un’umanità che ripete i suoi schemi inesorabilmente sino alla distruzione già in atto e futura: “…la distruzione sarà più che il nostro pane quotidiano…”. Meglio di tanti auguri di fine anno risveglia le coscienze…

  6. non mi pare che le “visioni … occultino” (forse nell’oscurità letterale, ma questo è un argomento che riprenderò), piuttosto è il ruolo (l’antico rotolo di carta in cui si depositava la sapienza) della poesia che non ha più quella -meravigliosa- potenza di Dante&co fino a… forse i dopoguerra I e II.
    I tre stessi componimenti di Antonio Sagredo alle 20.00 di ieri costituiscono, tematicamente, un loop: sciagura-attesa-disperazione.
    Sapessi io indicare La Nuova Poesia, quella che apre invece di ripiegarsi in nostalgie melanconiche. Dov’è, e chi la sa riconoscere, la nuova poesia? quella che, svelata, tutti attendevano?

  7. “Sapessi io indicare La Nuova Poesia, quella che apre invece di ripiegarsi in nostalgie melanconiche.” (Fischer)

    Il guaio è che in giro qualcuno pretende di indicarla. E ad essa ha già messo un’ etichetta (Nuova Ontologia Estetica). Sarebbe proprio quella che se ne sta – appunto – nell’ “ombra delle parole”. Compresa, purtroppo, questa di Sagredo che, a differenza di tanti ” nuovi ontologisti estetici”, pur ha – esteticamente parlando e malgrado l’ambiguità che gli rimprovero – un vigore che non vedo negli altri.

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