La dissoluzione dei luoghi. ​Iain Sinclair.

Iain Sinclair
Diario londinese (2)
di Paolo Carnevali
L’incontro con Iain Sinclair alla Bookshop è stata una opportunità per discutere sul tema “La dissoluzione dei luoghi”. Al riguardo del profondo cambiamento di Londra nel tempo, ha parlato del suo   The last London che ha definito un’elegia per una città ormai perduta.

In molti sono costretti a trasferirsi, lui stesso afferma che acquistò un appartamento a St. Leonard-on-Sea anche se doveva ancora digerire completamente il distacco con la metropoli. Recidere il cordone ombelicale con la Londra globale. Il metodo che adottò per scrivere The Last London era quello di camminare, annotando le sue osservazioni su un quaderno, usando una sorta di prosa immaginaria, quella che definisce “dettagli luminosi”. Mettendo in evidenza l’estetica del degrado urbano ormai onnipresente, ma entrando a far parte di una dipendenza che trasmette la città, anche quando la sentiamo estranea. Così Londra regala una sua atmosfera distinta in ogni luogo e momento.
L’ultima Londra sembra essere provvisoria, come se niente fosse fisso o collegato. Torni domani e il British Museum sarà una pista di pattinaggio, una boutique o un Hotel. Le familiari strade esterne saranno svanite in pareti di vetro curvo. Lo showroom, oscurato del muratore monumentale Brick Lane con le lapidi ebraiche, sarà una galleria d’arte…. ristoranti a tema che cambiano per sempre la loro fedeltà e opportunità di vendita al dettaglio, nonostante quei panorami elegantemente sbiaditi di clienti soddisfatti che non hanno mai vissuto nel mondo come noi lo conosciamo. La lingua nella ultima Londra è una negoziazione, una rotazione di inesattezze terminologiche. Stiamo perdendo terreno sotto i nostri piedi.
Ci sentiamo come se stessimo cadendo mentre camminiamo. Quindi, quando penso di spostarmi in una città di ricordi, in cui ho vissuto e lavorato per cinquant’anni, scopro che, perdo i segni con cui ho navigato, i fari con cui mi conosco. Questi segni confermano la dissoluzione dei luoghi [1].
La stazione di Overground a Shoreditch e l’aria di scarico attorno alla stazione principale di Liverpool Street sono solo due luoghi di Londra dove vengono distribuiti regolarmente cibo e bevande gratuite, ma i campioni sono offerti solo ai banchieri, ai giocatori e ai fornitori di contenuti di uomini di mercato. Quando esci dalla stazione, se fai parte della macchina generatrice di ricchezza, qualcuno ti darà una dose gratuita di gin, una rivista patinata ecc. E’ come essere aggiornato alla business class. Ma attorno alle stesse stazioni, in agguato sotto i ponti ferroviari, sui materassi di cartone ci sono gli invisibili, le vittime della droga….
“Buona giornata, buona giornata….” è l’infinito mantra del Grande venditore di numeri/questioni o problemi, sprecando il suo disprezzo involontario sulla folla che passa. Nella fuga di Londra che cammina, dobbiamo affrontare quel senso di infondatezza, avanzando sempre più velocemente in previsione di una caduta più grande, intrecciandoci con forza per evitare i commessi testimoni a testa bassa e i tweeter [2] che sembrano essere programmati per l’impatto. E ora ci si sente nella dipendenza e nelle vertigini della rivoluzione digitale, come se questo antico organismo stesse ansimando, traendo i suoi ultimi respiri. In tempi di crisi percepita c’è sempre qualcuno da incolpare, un altro, l’alieno. Il virtuale ha travolto l’attuale. Lo stato di Londra come isola, separata dal resto della Gran Bretagna è stato confermato dall’apertura dell’autostrada orbitale M25.
Spesso mi piace condividere le voci poetiche che hanno ascoltato l’atmosfera di Londra nel tempo e mi vengono in mente poeti come Yeats e Tom Raworth, uno dei più affascinanti e migliori poeti londinesi, mi ha riportato al punto in cui ho iniziato a pensare come sarebbe stato possibile scrivere sul luogo in cui vivevo. Raworth ha sempre avuto una grande influenza, una di quelle presenze sentite quando entri in zone particolari del Sud di Londra o in parti di Soho.
Da A Serial Biografy: ” Non posso annegare. Sono resistente agli urti, a prova di fuoco e immune alle malattie. Credo in quello che facciamo, parlo in molte lingue e le hostess di tutte le nazionalità mi hanno servito e ricordano la mia faccia. Sono qui da qualche parte, sentendo la svolta nel muro di mattoni. Coperto con una superficie dura. Non posso raggiungermi. Sospettando che io sia solo una macchina, hanno paura di analizzarmi a causa del segreto. Giardini della tortura e ferrovie panoramiche. Vado dove mi mandano. Distruggere o rubare. Per usare o persuadere. Siamo andati al parco e abbiamo perso la strada. E’ venuta fuori un’uscita diversa e abbiamo camminato nella direzione sbagliata.”
 
Note
[1] Il riferimento è l’antropologo Marc Augé. Il neologismo luogo/non luogo definisce due concetti complementari, ma distinti: da una parte gli spazzi costruiti per un fine specifico e dall’altra il rapporto che si crea fra le persone e gli stessi spazzi.
L’analisi di Marc Augé si sposta dai luoghi che vanno scomparendo, ed esamina gli spazzi senza vita, i non luoghi – centri commerciali, grandi arterie stradali, mega-parcheggi, ecc.- dove le popolazioni sperimentano un nomadismo globalizzante alla ricerca di nuove identità. E’ proprio in questo stato di allontanamento e degrado che viene a mancare la relazione sociale. In tali spazzi anonimi la gente si ammassa e rimane nelle proprie solitudini.
[2] Teweeter è un altoparlante a compressione usato tra i giovani rapper’s.

13 pensieri su “La dissoluzione dei luoghi. ​Iain Sinclair.

  1. Hi Paolo,
    I read the article with pleasure, I find it interesting and cleary highlights the problems of London. I wanted to remember that too Peter Ackroyd highlights the mutations…..
    I suggest you read it.
    London- A biography of Peter Ackroyd (ed. Neri Pozza) 2013 This city is a living organism that grows and changes continuously. Starting from this suggestion Peter Ackroyd, writes a text moving from the historical essay to the novel, from the sociological treatise to the gothic story, so much so as to reconsrtuct the millennial and definitive portrait of the British capital.
    A warm greating, maybe remember, if you can, to translate my speech. Thank you, see you soon. Georgia.

    1. Ciao Georgia,
      grazie del tuo intervento
      [Londra- Una biografia di Peter Ackroid(ed. Neri Pozza)2013. Un consiglio di lettura, per conoscere questa metropoli diventata “organismo vivente” che cresce e muta continuamente. Partendo da questa suggestione Peter Ackroyd, scrive un testo muovendosi dal saggio storico al romanzo, dal teatro sociologico al racconto gotico, tanto da ricostruire il ritratto millenario e definitivo della capitale Britannica.] Georgia Garrett.

      1. It is absolutaly necessary to resist the processes of dissolution of places. Dissolution involves remixing, redistribution with births of new aereas that can not be reduced to anonymous and inalienable places, if only because people continue to live there and therefore there must be a commitment to new rules of integration.
        [ Bisogna assolutamente fare resistenza ai processi di dissolvimento dei luoghi. La dissoluzione comporta rimescolamenti, ridistribuzioni con nascite di nuove aree che non possono essere ridotte a posti anonimi e inalienabili, non fosse altro perché la gente continua a viverci e dunque ci deve essere un’impegno verso nuove regole di integrazione.]

  2. Le città senza luoghi tramontano in una paranoia che si avvicina alle “Città invisibili”. Certo, viene da pensare alle “Città invisibili” di Italo Calvino che nascondono lo sviluppo delle città postmoderne dietro una ricerca ossessiva per riuscirle a mapparle ed interpretarle. Realtà sconvolgenti come gli Slum o le Favelas.

  3. Iain Sinclair suscita interesse perché affronta un tema che ritengo “esplosivo” se non si cambiano le nuove “mappature” (come dice giustamente Emily Susan Yahuana Gabriel). Dovranno esistere più centri nel contesto di una metropoli. Molti scrittori hanno scritto su Londra: Hanif Kureishi con i suoi tortuosi percorsi metropolitani, siamo sull’orlo di uno scontro razziale, ma proprio le diversità ci salveranno dice nel suo “Il Budda delle periferie”. Will Seff come Iain Sinclair con l’esplorazioni psico- geografiche, gioca con mille riferimenti culturali, con influenze filosofiche e letterarie. Ha un’interesse all’impatto che la tecnologia ha sulla psiche dell’uomo. Hari Kunzru che parla di globalizzazione finanziaria o Janus G. Ballard con i suoi paesaggi sub-urbani.
    Valentina Agostinis, giornalista che ha trascorso molti anni a Londra ha scritto: Londra chiama-Otto scrittori raccontano la loro metropoli- Il Saggiatore 2010. pp219 £16,00.

    1. Gentile Anna Ridley,
      se ha letto i libri di questi autori, può scrivere su di loro delle schede, brevi o anche approfondite? Arricchirebbero l’immagine di Londra che i “diari” di Paolo Carnevali ci va proponendo.
      Un caro saluto
      E. A.

      1. Cercherò di fare del mio meglio, sperando che ciò che scrivo possa essere di aiuto al tema proposto.
        Hanif Kureishi è un drammaturgo, sceneggiatore e scrittore nato nel 1954 a Londra da padre pakistano e madre inglese. Il romanzo “Il Budda delle periferie” (1990) è stato tradotto in più di 20 lingue e reso serie televisiva drammatica dalla BBC. Colpisce la figura di Karim, un ragazzino di origini anglo-pakistane desideroso di fuggire dalla periferia Sud londinese per potere trovare nuove esperienze al centro della capitale. Lui si sente inglese, ma molti lo vedono un misto di due culture. Il padre riscuoterà notorietà per organizzare distrazioni esotiche all’alta società inglese, tanto da essere definito il Budda delle periferie. Nella famiglia incomincia un vero distacco dalle radici per identificarsi nella cultura inglese ed abbattere i confini di emarginazione dei luoghi.
        Proprio attraverso le interviste di Valentina Agostinis (che ho citato nel mio primo intervento), otto scrittori, londinesi di fatto, dimostrano che si può fare letteratura senza mai perdere di vista l’orizzonte sociale della propria metropoli. Un ritratto vivissimo di una città-mondo. Una Londra multietnica e multi culturale che nel 2005 conosce il terrorismo islamico e che dopo il è divenuta il luogo più sorvegliato della terra. Londra, che ha visto la city in ginocchio dopo la crisi finanziaria, assiste ad una rivoluzione urbana che la porterà alle olimpiadi del 2012. Ma Londra è ancora oggi in continua trasformazione. E così prendono forma i Peter pan della Middle Class progressista di Nick Hornby, la brick Lane di Monica Ali.
        Interessante anche Will Self:” London. Appunti da una metropoli”, dove racconta la sua Londra degli anni ’90 con articoli pubblicati in riviste e giornali. I temi che propone sono vari e disegnano lo scenario sociale della capitale Britannica. Self è un grande camminatore e le sue sono esplorazioni psico-geografiche di una Londra osservata attentamente nei cambiamenti. Will Self, il suo “Grey Area” inedito in Italia è una bella raccolta dove si analizzano alcuni aspetti surreali e folli della società odierna, mentre nel “The book of Dave” si parla di una vicenda divertente e particolare di un taxista che seppelisce un libro in cui ha raccolto le sue osservazioni giornaliere. Rinvenuto dopo 500 anni, diventerà un libro sacro dell’Isola di Harn, ciò che rimane di una Gran Bretagna inghiottita dalle acque. Self dice: “Penso che Londra sia un’immenso fungo allucinogeno che le persone in un modo misterioso, producono fantasie. A livello personale e filosofico la mia è una reazione contro la globalizzazione della borghesia-occidentale. Arrivano nel centro delle grandi città che sono tutti uguali, conservano i ricordi in macchine digitali, ma non percepiscono le realtà basate sulla reale geografia fisica della città”. La realtà virtuale che scivola verso uno sguardo ci taglia fuori dalle nostre esperienze topografiche.
        Di Gautam Malkani ho letto “Londonstani” il suo romanzo di debutto (2006).
        Scrive qualcosa per i ragazzi asiatici di Londra per i giovani coinvolti nella cultura urbana che solitamente non sono interessati alla lettura.Intende inoltre rendere visibile la diversità culturale che si va creando in quartieri periferici. Dagli anni ’90 le sub-culture sono diventate più importanti delle etnie, in quanto uniscono le persone diverse che hanno gusti e interessi simili. Nel suo romanzo, due ragazze musulmane conoscono due ragazzi inglesi in un ristorante libanese e decidono di andare a ballare con loro. Gli interessi e i gusti che questi coetanei condividono, riescono ad unire le diversità. E questo è necessario per unire penso.
        Infine uno scrittore che amo molto è Hari Knzru: nato a Londra nel 1968. Trascorre la sua infanzia nell’Essex, prosegue gli studi ad oxford. “L’Imitatore” è un romanzo storico in cui Kunzro affronta alcuni degli stereotipi inglesi sul romanzo indiano. Egli cerca di superare anche la visione del mondo delle generazioni di autori precedenti, proponendo una narrativa britannica sull’ibridismo britannico.
        Il protagonista, Pran Nath Razdan, nato nel 1903 da un’unione occasionale tra un selvicoltore inglese e una ragazza indiana e costretto fino dalla nascita a condurre una vita da reietto. Il suo lungo percorso di formazione passa vtra eventi che lo trascinano da Mumbai all’Inghilterra fino all’Africa, tappe che lo vedono cambiare spesso identità. Il protagonista arriva alla fine del libro, ormai alla soglia degli anni’20, addirittura senza nome. E’ proprio in questo vuoto d’identità che Pran ritrova finalmente se stesso, muovendosi dentro un mondo ossessionato dalle classificazioni. Kunzru dimostra un interesse particolare per le dinamiche della discriminazione razziale all’interno di un contesto sociale, come emerge spesso negli esodi che avvengono in città come Londra.
        A. R.

  4. …anche in questo caso sembra che la precondizione per una nuova conoscenza di una città-simbolo come Londra, ma anche di una nuova umanità, sia lo smarrimento

  5. Un interessante dialogo-articolo questo proposto da Paolo Carnevali. Ho letto “L’Ultima Londra” di Iain Sinclair e l’ho trovato fantastico nel vero senso della parola, perché, sebbene sempre realistico,possiede un tale tasso di visionarietà allucinata che lo avvicina alla letteratura fantastica.
    “L’Ultima Londra”: un nature writing urbano. Al posto della natura c’è quella seconda natura (after nature) che è la città (la città di Londra). Non la faccio tanto lunga, ne scriverò ancora o altrove, lo trovo bello e stop. E’ un libro pieno di libri, di altri autori, incontrati o letti, di personaggi o persone. A un certyo punto Sinclair racconta l’incontro con Stephen Watts, la persona che dovrebbe avere fatto da modello, almeno per un particolare, per il personaggio di Austerlitz nel romanzo omonimo di Sebald. Si parla di uno zaino. Cosa è vero, cosa è “minimizzato” o cambiato, come dice lui, non è importante.
    Ecco il brano. La traduzione è di Luca Fusari.
    .

  6. L’Ultima Londra di Iain Sinclair (Il Saggiatore)
    traduzione Luca Fusari

    < Dopo le nove e mezza del mattino la folla si assottigliò e sul lato di Bishopsgate spuntò Stephen Watt. Benché guardassi impaziente in quella direzione,non lo vidi sulle scale mobili. Si manifestò all'improvviso,in una maniera molto simile ai nostri incontri negli anni in cui, ognuno dietro ai suoi progetti, vagavamo per Whitechapel e sulle sponde del fiume (....) Puoi essere in un luogo e appartenere a un luogo, e puoi fargli visita un giorno alla volta come il professore Sebald, ma non puoi svenderlo un pezzetto alla volta. E' permesso, come faceva spesso Max, minimizzare i fatti, cambiare i nomi. Ma non devi insultare il lettore o sfruttare l'integrità di una terra sacra. White Chapel: esilio. Cimiteri recintati con i loro fantasmi imbrigliati. Non c'è alcuna somiglianza tra Stephen e il filosofo Wittgenstein per come lo conosciamo dalle foto. Non c'è nulla di quello sguardo impersonale nella posa gufesca che il poeta adotta mentre dondola in una conversazione misurata e costruita con difficoltà in mezzo al traffico, urtato di striscio dai lavoratori dal passo pesante della città. Era forse una cortina fumogena di Sebald? In Austerlitz affida a un fantasma di Stephen il ruolo del personaggio che anima la stazione, ma lo dota di un'altra maschera. "Aveva meditato a lungo sulla somiglianza tra la sua persona e quella di Ludwing Wittgenstein, sull'espressione sgomenta che entrambi avevano in volto. Credo fosse soprattutto lo zaino "del quale Sebald ci fornisce una provvidenziale istantanea" comprato per dieci scellini in un negozio di residuati militari di Charing Cross Road". E' uno zaino di carattere, di tela, a forma di ventre, abbellito da cinghie e fibbie, gonfio di libri e appeso a un gancio. L'istantanea tagliata stretta, ha un po' del romanticismo delle scarpe flosce di Van Gogh. Qui, tra le righe e la spaziatura abbondante del testo di Sebald, è un inserto arguto, un significante.Immaginiamo sia lo zaino dell'autore, reduce da viaggi sui treni e sui binari d'Europa, dalla scarpinata da Norwich alla casa del poeta Michael Hamburger. Portò con sé, nel viaggio di ritorno, una scorta di mele abbattute dal vento? Vespe di campagna assonnate e annidate in un interno inebriante. Il terriccio seppiato dell'alcol e della carta stampata. Le cineprese pedinatrici di Tacita Dean. Stephen mi confermò che il negozio di Charing Cross Road era giusto, ma il prezzo sbagliato. Cinque sterline, probabilmente. Lo zaino era suo. Sebald gli aveva telefonato a fine giornata, stava per spedire al tipografo il dattiloscritto definitivo di Austerlitz. E per venire a Londra, incontrare Stephen a Liverpool Street come al solito, raggiungere la grotta-biblioteca tra gli studi di Toynbee Hall, scattare una foto allo zaino. Aveva esattamente il carattere che gli occorreva. Non lo avevo mai notato in spalla a Stephen, impegnato nei suoi spostamenti irrefrenabili lungo vicoli amati, nei cortili dei condomini, verso il Tamigi e al di là dal fiume, attraverso il tunnel pedonale, fino a Greenwich. Senza dubbio lo ha accompagnato tra tournée delle librerie e vacanze al paese dei suoi progenitori, sulle Alpi svizzere al confine con l'Italia>.

    * Nota di E. A.
    Per difficoltà tecniche pubblico io il brano fattomi recapitare da Francesco Guglieri e lo ringrazio

  7. Quando ho letto l’Ultima Londra di Iain Sinclair, ho pensato che il suo modo di osservare non era mai a senso unico, un viaggio senza eguali e pieno di sfumature.Il suo scrivere si svolge principalmente nei dintorni del quartiere di Hackney dove ha vissuto gran parte della sua vita. Dunque si fermava spesso nel vicino parco di Haggerston: ad osservare come fosse un esploratore urbano. Uno sguardo complesso e un rapporto conflittuale con la città. Senza dubbio il suo stile semi-poetico non è per tutti, è difficile entrare nelle sue tematiche: a volte sembra essere una lettura onirica che non sempre segue una logica. Mette alla prova chi legge.

    1. Condivido la tua osservazione Alessandra. Quando ho avuto modo di parlare con Iain Sinclair, mi ha colpito molto il fatto che cammina spesso da solo, con la sua macchina fotografica, seguendo un’itinerario ispirato dalle persone e le cose su cui pone lo sguardo. Osserva ciclisti e pedoni per esempio che chiama “minestrone urbano”, sfrecciano come automi sui marciapiedi e nelle vie, prede di una tecnologia che lui non sembra amare molto. E questo mi fa pensare, perché ormai vedo queste scene anche nelle nostre città. Non solo a Milano, la più europea, ma anche in realtà più provinciali come Firenze.

      1. Quando ho letto L’Ultima Londra di Iain Sinclair ho pensato: “Londra era, ma non è più”. Cosa voglio dire? Una pressione centrifuga l’ha fatta esplodere, tanto che è quasi impossibile stabilire dove inizi e dove abbia fine. Londra è ovunque, è multiculturale, ha fretta ma non sa dove andare. E’ un museo per turisti in cui un graffio di Banksy viene ricoperto entro poche ore e masse di persone stregate dai loro smartphone….
        La sua nuova architettura la trascina lontano, verso Dubai, Singapore o in un diverso anonimo altrove. Londra sta per scomparire nella deriva della Brexit, dei cartelli Leave come sintomo di una fuga da sé. Con humour nero e profonda empatia, Sinclair descrive incontri con una ostinata umanità che frequenta i margini, fatta di santoni e senza tetto, di uomini immobili sulle panchine di un parco come Buddha vegetativi. Scrittore flàneur e psico geografo, si muove a piedi armato di notes, come un archeologo di fronte alle rovine.
        Howard Sounes
        [trad. Paolo Carnevali]

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