La visita



di Arnaldo Éderle
            
La Morte arriverà accompagnata da Listz.
Chissà come si presenterà? Busserà alla porta?
O si intrufolerà dal buco della serratura,
non lo sappiamo, sarà una sorpresa,
una cosa da spavento? O una sorpresa innocua
come una visita aspettata?


Chissà, aspettiamola e vediamo. Come sarà
vestita? Di nero  di bianco? Con spacchi
vistosi o in una silouette castigata,
senza tagli sulle gambe magre o con spacchi
vistosi fino alle anche, con un reggiseno
a punta, o con una forma rotondeggiante
d’una serva bavarese?
Sarà come dicevo una sorpresa, è indubitabile.
Così sarà, staremo a vedere, non mi pronuncio,
non faccio previsioni, vedremo vedremo.
Chissà!
Sarà silenziosa? O ciacolante?
Il suo passo sarà inudibile sì, questo sì,
sarà un passo delicato e privo
di arroganza un passo gentile un passo
forse amicale un passo niente affatto
invadente. Il passo d’un’amica?
Sicuramente non da nemica, non
da nemica.
 
 
Ecco, così sarà, lo indovino.
D’altra parte c’è poco da aspettarsi
da una Morte.
 Come sarà la seconda pagina? Tornerò indietro
o continuerò per questa strada?
Ancora non lo so. Ma lo saprò fra poco
quando mi apparirà la sua silouette in
anteprima.
Per ora l’aspetto tranquillo e rilassato,
l’aspetto senza battiti accelerati
senza premure inutili senza sospensioni
di respiri e traumi ventricolari.
L’aspetterò su un piede solo e le mani
sui fianchi come una vecchia bavarese.
Che ne dirà il mio poco cervello
sempre pronto a entusiasmarsi delle novità?
del poco-mancava, del piede-in-una-fossa?
Quando muoiono gli altri non è una passeggiata,
è un lutto silenzioso, un passo
verso la morte, e non è uno scherzo
non è una frottola. E’ un vero spavento
specie se hanno la tua età, specie
se ti abitano vicino.
Ma che sarà questa morte? Ma… non
lo sappiamo, non lo sappiamo pensare,
non immaginare!
 
       Che poesia triste! Che poesia senza
speranza, o meglio, senza sbocchi senza
vie d’uscita. Oh, meglio sarebbe un addio
senza improvvisi e sorprese, senza un “oh, chi
c’è qui, ma guarda, non ti conosco, ma com’è
che sei venuta a trovarmi, non ti aspettavo
a quest’ora. Beh, giacché sei qui,
accomodati!”
E intanto mi tolgo gli abiti
e mi metti comodo, sulla mia poltrona
più comoda e mi accendo una magnifica sigaretta.
“Ma com’è che non hai vestito o cappello,
com’è che non hai la pelle, com’è che sei
calva, ti si vede il cranio nudo e lucido, sei
nuda nelle tue ossa. Non sei umana.”
“Lo so, non sono umana. Sono l’ultima figura
della vostra storia. Della vostra Storia.”
 
“Ma che dici?
Mi sembra una storia bislacca la tua. Una storia
incredibile, una storia campata in aria.
Ma vattene! Non mi scocciare più. Mi annoi,
e poi non ti credo. Tu passi di qui
mi suoni il campanello e ti presenti tutta nuda,
anche della tua pelle. Che vuoi che ti dica,
mi fai pena, ma vattene per le tue calli,
e non mi scocciare più!” Ma che stava a fare
questa crapa pelata
in casa mia? Non ho niente che possa
interessarla. Né soldi, o gioielli o altre
cianfrusaglie simili. Ma chi gliel’à  indicata
la mia povera casa! Ho vissuto qui da trent’anni
ormai. Che avrà voluto trovarci? Sì, un uomo
nulla-tenente, un uomo solo, privo di denaro
con un solo computer deve scrivere parole
        qualche morfema leggero senza grandi idee.
Che ci voleva fare in questa casa?
 
Ah, non capisco! La trovo, mi ripeto,
un’idea bislacca, e non ci voglio pensare,
che vada a cercare ciò che cerca in altre case
e lasci stare questa, questo
appartamento, quest’uomo che non ha nulla
a che fare con Lei e lo lasci vivere in pace,
in pace.
Non capisco, ho un piede fasciato, e che
ci devo fare? Non sarà un delitto credo
non un misfatto antropologico, non un peccato
esistenziale. Non capisco, non capisco.
Quando mi sento solo e non aspetto visite
mi siedo qui al mio tavolo e combino parole
sul foglio, resto qualche ora e scrivo, scrivo
senza stancarmi e nelle mie parole
mi annego un po’ finche mi alzo e vado
in bagno a fare pipì. In fondo che faccio,
mi pare nulla di delittuoso. Ma perché
devo accettare visite così brutte
come questa. E’ una cosa davvero funebre
inaccettabile. Ho fatto bene a mandarla
al diavolo, non mi sembro affatto inospitale.
 
 
Penso di non volerla rivedere mai più.
Se capiterà un’altra volta, la caccerò
senza problemi di sorta, in malo modo,
e ancora le dirò di non tornare,
e di cercare un altro fruttuoso indirizzo.
 
E che mi lasci finalmente in pace.   

5 pensieri su “La visita

  1. Tornerà e la devi abbracciare , baciare, coccolare…come “l’intermittenza della morte” di Saramago.
    Per Ederle buona vita e bravo!

  2. Ricordo un altro tuo testo poetico, caro Arnaldo, in cui attuavi lo stesso movimento tra una presentazione fantasmatica e immaginaria, della morte (vecchia donna che in altre lingue è un uomo), e uno scatto finale che annulla fantasie di sorta. Così è, la realtà non si immagina, tocca passarci in mezzo (noi che verremmo da altre fonti?). Per questo, nell’ozioso rifletterci, la fai sempre più vicina, a tutti.

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