Da “Psicoscrittoio di un don giovanni pezzente”

Tabea Nineo, pastello, 1993

di Ennio Abate

Un frammento: Prima lettera a Donna Elvira

Cara Donna Elvira,

vorrei scriverti parole che rinvigoriscano  quel che  provo quando stiamo insieme, da soli e ci abbracciamo e tocchiamo, arginando gli assalti dei  nostri incubi e le immagini del passato che turbano questo presente .

Questa – lo sai- non è una “lettera d’amore”. Il linguaggio di cui disponiamo per dire i nostri sentimenti è più che avvelenato. Da secoli. Anche  il tuo di donna convinta che – perché  semplice, naturale, femminile – non lo sia. Ma la verniciatura di  “psicanalese”  che sta nei tuoi e, purtroppo, anche nei miei discorsi, è ingannevole. E soltanto una inflessibile  diffidenza per quello che ci diciamo  potrà avvicinarci – forse! – alla possibilità di amarci. Perciò, questa “cosa” tra noi, che tu accanitamente continui a chiamare ‘amore’,  lasciala in ombra. Sarebbe bello che  ce ne occupassimo, e a lungo, solo noi due. Per viverla e forse “capirla”.  So che è impossibile. La “cosa” è “nostra” ma, nello stesso tempo,  è  di tanti  (preti, scienziati, psicanalisti, politici,  poeti, artisti). Gli uni in concorrenza con gli altri parlano, scrivono, predicano, comandano,  propagandando le loro visioni. Da secoli. Non sei sconcertata da questi discorsi? Io sì, perciò sono diventato cautissimo.  Non per “paura di abbandonarmi”, come tu dici. No, per  evitare passi falsi mentre mi avvicino con te  – spero! –  alla “cosa”.  Peso e non ignoro gli ostacoli.  Li sento, anche quando non li vedo. Penso alle storie precedenti il nostro incontro.  Al  richiamo  di altre “ cose” morte che bruciano ancora. Al  giudizio altrui. Io e te abbiamo fatto l’esperienza cruda di essere stati abbandonati o di aver abbandonato. E dunque esperienza del deserto.  E il deserto non si cancella, non ti pare?

2 pensieri su “Da “Psicoscrittoio di un don giovanni pezzente”

  1. …penso che abbiano ragione entrambi, Donna Elvira e “don giovanni pezzente”, avendo “la “cosa” una duplice natura, quella “assoluta”, che vuole prolungare l’estasi all’infinito, fuori dal tempo, e quella “relativa”, che chiama alle prove della vita, calata nel tempo…Anche la vita nel deserto può essere “cosa”

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