Dal vocabolario alla politica

 di Giorgio Mannacio

  Cosa c’è in una rosa? Ciò che chiamiamo rosa anche con un altro nome conserva sempre il suo profumo. 
 (W. Shakespeare, Romeo e Giulietta Atto II, scena II) 

1.

La frase posta in epigrafe vuole avere – come si vedrà – un  contenuto ironico/sarcastico ma, nello stesso tempo, avvertire che a mio giudizio v’è un uso delle parole che sembra errato e alla fine si scopre  fortemente significativo. Di fronte alla qualificazione politica che alcuni danno a Matteo Salvini e cioè di essere fascista, gli storici di professione avvertono che tale atteggiamento è teoricamente errato e politicamente controproducente. La correttezza di questo avvertimento è tanto evidente da sfiorare la banale insignificanza.  Mussolini non esiste più, il quadro socio-politico nazionale e internazionale è molto diverso da quello esistente nel ventennio e così via.

Un primo limite a tale ragionamento ha a che fare con il campo del linguaggio. Esso si sviluppa e si arricchisce o si impoverisce in relazione all’esperienza che un certo gruppo sociale incontra nella propria storia. Si inventano parole nuove in relazione a situazioni nuove e il nostro vocabolario si arricchisce; altre cadono in desuetudine e il linguaggio perde un qualche elemento.

Anche Fascismo è termine creato in relazione ad un fenomeno socio-politico specifico e il fascio prima dell’uso politico fatto proprio dal Fascismo richiamava solo un oggetto dell’antichità romana. Ad ogni vocabolo restano “appesi “ aspetti concreti che si fanno memoria di quello che è stato il fatto originario che ha dato luogo a quel vocabolo. Ai vocaboli Fascismo e fascista  restano attaccati certi aspetti del fenomeno storico di tale nome e il nome resta nel vocabolario di chi ha avuto in qualche modo esperienza del fenomeno originario.

Tale memoria – che può essere stata alimenta da una esperienza diretta ovvero da una lettura dei testi che ne hanno parlato – serve anche come “segnale“ di adesione o respingimento di certi fenomeni che hanno affinità attraverso gli anni o addirittura nei secoli.

Se un soggetto ha memoria del Fascismo attraverso l’esperienza di alcuni aspetti caratteristici di esso e crede di ritrovarli in fenomeni che gli si presentano nell’attualità perché stupirsi se chiama Fascismo il fenomeno nuovo che “ tanto somiglia “ a quello antico?

2.

La legittimità dell’uso del termine fascista all’interno di una società che è abbastanza lontana dal Fascismo storico dipende dunque dalla maggiore o minore affinità che i due fenomeni messi a confronto concretamente presentano. Aggiungo che in questa comparazione non può essere trascurato il giudizio di valore o disvalore che essi presentano dall’uomo che usa un certo termine.

Cominciamo ad osservare che La Lega – quale appare personificata dal suo leader Salvini – appartiene certamente alla categoria dei movimenti democratici nel senso stretto e quasi interamente etimologico di movimento scelto dal popolo. E già in questa prima approssimazione ci sono punti da chiarire. Cosa si intende per popolo? Per non divagare troppo possiamo iniziare il discorso proprio partendo dal termine Lega nel suo significato originario (dei fondatori). Col termine si individuava una parte ben precisa della popolazione d’Italia corrispondente alla cosiddetta Padania, termine fantasioso ma “reale“ quanto agli interessi presi in custodia da tale movimento. Non per nulla, si ricorda, al sostantivo si collegava l’aggettivo qualificativo padana.  In un certo senso era un uso proprio, molto più proprio di quello dell’attuale Lega salviniana. Quando Salvini parla di 60 milioni,  o giù di lì elettori che gli hanno dato la maggioranza,  compie un falso. Il suo movimento ha una percentuale che non riguarda tutti gli elettori italiani (identificabili per comodità come popolo italiano) ma solo quelli che hanno votato. E gli altri? Questa affermazione è  falsa ma solo da un punto di vista cognitivo.

Essa esprime il convincimento – politico – che identifica tutto il popolo con quella parte della popolazione che ha votato in tuo favore e, dunque , apre la porta all’autoritarismo  in quanto identifica la maggioranza numerica con la unanimità delle masse.

3.

In prima approssimazione si può   ascrivere la concezione politica di Salvini in quella che tradizionalmente viene definita come democrazia illiberale.  Questa conclusione è confermata dal “fastidio“ che Salvini ha dimostrato reiteratamente verso i cosiddetti poteri intermedi e cioè  quelle formazioni spontanee (ad esempio, i sindacati) o di nomina statuale deputate ad assicurare   – in relazione ad alcuni principi fondamentali dello Stato – il rispetto di essi a prescindere dalla maggioranza. E’ pericolosamente curioso – in quanto “coerente“ – il fatto che di fronte ad alcune affermazioni di giudici, strutture burocratiche dello Stato ma indipendenti da altri poteri, Salvini abbia affermato perentoriamente che questi organi acquistano legittimità solo se eletti. Applichiamo – ad esempio – questo principio ai giudici e vediamo cosa può succedere….  A Salvini non importa granché, dato che  il giudice eletto da LUI non gli darà mai torto!

Ma non è solo in questa affermazione che si  manifesta la deriva autoritaria di Salvini. Si può ritenere irrilevante – buttandola nel macchiettistico – il suo comportamento ? Vogliamo esaminarlo?

Il nostro dice ad ogni pie’ sospinto: Vediamo chi ha la testa più dura. Si tratta di aprioristico rifiuto al ragionamento e di una affermazione della prevalenza della volontà sulla ragione. Ogni sua reazione alle opinioni altrui sembra dettata del motto di Benito Mussolini riportato da Federali zelanti sui muri di molte case del nostro Mezzogiorno:  Se avanzo seguitemi, se mi fermo difendetemi, se indietreggio uccidetemi. Ogni comportamento di Salvini è caratterizzato da un tono truce, inutilmente battagliero, aggressivo quando non impietoso ed inumano.

Nella rivisitazione (assolutamente inutile) della legittima difesa sceglie la linea più incline ad una autodifesa indiscriminata:  si legge che vi sono leghisti felici di portare sempre addosso un’arma  (come Graziano in Il Mercante di Venezia: Atto V, scena I);  tutti i condannati debbono marcire in galera; i gommoni della morte sono  taxi per scorribande vacanziere sul mare; non sa o meglio non vuole accorgersi che il fenomeno non è una questione di mercanti di vite umane ma un problema strutturale connesso alle disperate condizioni di una parte del mondo e vi  costruisce con cinismo le sue fortune elettorali . La sua xenofobia – che in generale è coerente con ogni democrazia illiberale – è palese in ogni suo atto, comportamento, parola.

Un rilievo a parte merita la sua proposta di sottoporre a castrazione chimica gli stupratori. Di questa versione attuale dell’arcaica pena del taglione – che strizza l’occhio ai più bassi sentimenti di vendetta – sfugge a Salvini il carattere incostituzionale, degradante  ed odioso. Se Salvini si agitasse di meno e leggesse di più, gli consiglierei  due testi che hanno a che fare con il Nazismo: Precursori dello sterminio ( Ed. Ombre corte , 2012 )  e I bambini di Asperger (Ed. Marsilio-Specchi, 2018 ) .

E, infine, chi sceglie Salvini quali suoi possibili compagni di viaggio? La destra europea più estremista e vicina al modello fascista: Le Pen, Orban…Strizza gli occhi a Casa Pound, decisamente estremista di destra e  compare associato ad una casa editrice a portavoce di tale movimento.

4.

Torniamo un attimo agli storici. Certo hanno  ragione nel dire che il Fascismo è un’altra cosa ancora. Ma – obbietto – da quando in qua un movimento appare quello che sarà poi, in una più o meno “naturale“ evoluzione? Mussolini era socialista….. Basta  un blocco con  altre  forze (leggi altri interessi, altro popolo) e i giochi diventano diversi.

Torniamo al grande W. Shakespeare: basta cambiare nome alla rosa per togliere ad essa le spine? Non mi cimento – per carenza di adeguata preparazione – nella  valutazione di merito delle scelte economiche di Salvini e sarei ben lieto di avere qualche suggerimento  in proposito.

6 pensieri su “Dal vocabolario alla politica

  1. Se fossi come lui gli direi di tornarsene a casa…ma subito!
    Ma mi sento profondamente diversa perciò, per quanto riguarda le scelte economiche di Salvini direi che sono un sogno che lui sogna la notte per poter continuare ad andare avanti come un rinoceronte.
    I sogni si sa portano consigli ma è l’apertura mentale e la lucidità che porta a buoni risultati che, in questo essere non vedo.
    Un grazie a Mannacio e a Abate

  2. AH, SI’, CI SAREBBE UN «ANTIFASCISMO DA FASCISTI»?

    A proposito di linguaggio e politica. Circola sul Web lo slogan «È un antifascismo da fascisti» per svilire e demonizzare tutte le contestazioni – verbali o di piazza – che contrastano le iniziative delle formazioni *neofasciste* (Casa Pound, Forza Nuova, ecc.) e, più in generale, le politiche governative; e, in particolare, le posizioni del ministro Matteo Salvini.
    A prima vista lo slogan attira i moderati e gli incerti. Che non vogliono approfondire la questione della pericolosità reale (e potenziale) dei *neofascismi* e frettolosamente liquidano l’argomento, vedendo “estremisti” (cioè fanatici) da una parte e dall’altra.
    Ma è così? Se è sbagliato sopravvalutare il pericolo dei *neofascismi* è altrettanto sbagliato minimizzare e considerare chi vuol RAGIONARE un allarmista o un nostalgico dell’antifascismo duro e puro, che, assieme al fascismo, avrebbe ormai fatto il suo tempo e sarebbe un reperto archeologico di un passato che mai tornerà (neppure sotto altre forme, magari più tecnologiche e difficili da decifrare).
    A questi moderati (veri o presunti) e a questi incerti (veri o presunti), che ci tengono a cercare il pelo nell’uovo non nel linguaggio politico in generale (di destra, di sinistra, di “né di destra né di sinistra”) ma esclusivamente in quello della Sinistra, effettivamente in crisi non solo sul piano elettorale ma anche su quello della comunicazione sociale dei suoi tradizionali valori (libertà, giustizia, eguaglianza, umanità), va detto chiaro e tondo che l’*antifascismo da fascisti* è un’espressione illogica, ambigua, un cavillo retorico.
    Non può esserci un *antifascismo da fascisti*. O c’è l’antifascismo o c’è il fascismo. Non è che chi si oppone ai neofascismi ( Casa Pound, ecc.), diventi *automaticamente* fascista per il solo fatto di opporsi. Matteotti ai suoi tempi, opponendosi a Mussolini, può forse essere considerato un “fascista”?
    Se a quei tempi ci fu un antifascismo vero in risposta ad un fascismo vero, oggi potremmo dire – evitando sia di esagerare che di minimizzare i rischi – che abbiamo PER IL MOMENTO un “antifascismo” incerto, ambiguo, forse “desiderante” e vissuto soprattutto nell’immaginario in contrapposizione ad un “fascismo” incerto, ambiguo, forse “desiderante” e vissuto soprattutto nell’immaginario. Sì, credo sia giusto virgolettare categorie una volta politicamente e culturalmente precise, ma non abolirle.
    Un *antifascismo da fascisti* è perciò una subdola espressione propagandistica. Come lo è l’altra abusatissima espressione di “buonismo”. Bisogna criticarla. Anche perché mira a colpire solo uno dei discorsi politici che si fanno. A voler essere di manica larga, è un esorcisma. Vi ricorrono quanti preferiscono non vedere i conflitti reali e latenti o possibili delle attuali società oscillanti tra globalizzazione selvaggia e ritorno alle “piccole patrie” sovraniste altrettanto selvagge. In una situazione di crisi si può sempre precipitare *improvvisamente* e *inaspettatamente* e passare dalle parole (parlamentarismo, confronto, talk show) ai fatti (botte, agguati, rivoltellate, ecc.). Parole e fatti che si caricheranno inevitabilmente – se la situazione davvero precipitasse – anche di riferimenti ideologici ad un certo passato rosso o nero (buono per gli uni, cattivo per gli altri).
    Perciò RAGIONIAMO sulle parole che usiamo e sui fatti che avvengono (perché sfuggono alle nostre coscienze) o vengono costruiti (dagli altri, ma anche da noi, dalle parole che usiamo e dalle scelte che facciamo).

  3. @ Ennio
    Prima di tutto grazie a Ennio per la pubblicazione. E poi…credo di essere stato sufficentemente chiaro sul nesso tra eventi, memoria di essi e linguaggio usato. Lo slogan “antifascismo fascista” è espressione non ambigua ma ben più pericolosamente ……… univoca che tende solo ad eliminare in radice ogni ricerca sul significato del Fascismo, la sua storia e i pericoli di un suo risorgere ” sotto mutate forme ” suggerendo la falsa idea che tale linea di ricerca sia il segno di quella violenza fisica e intellettuale che ha caratterizzato il Fascismo (uso la maiuscola per individuare il fascismo storico).

    1. Giorgio, la mia critica non era rivolta a te ma, come ho precisato su POLISCRITTURE FB” a un “amico fessbucchiano”, che, nella sua pagina, ha ricamato su quello slogan.

  4. @ Ennio
    Caro Ennio i puntini………erano diretti – senza conoscerli – a quelli che adoperano quello slogan e non certo a te che correttamente lo critichi. Lo slogan è UNIVOCO perché chiarisce esattamente il cattivo pensiero degli autori di esso. Un abbraccio Giorgio

  5. … definizioni del linguaggio politico del tipo: ” antifascismo del fascismo” o “fascismo dell’antifascismo” confondono le idee, anzi le mistificano, lasciando invece un retro-pensiero tutto da scoprire, in genere di ben altra finalità rispetto alla realtà delle cose, alla storia, alla memoria…Perciò è importante ragionare e anche guardare più ai fatti che alle parole. Nel caso di Matteo Salvini è difficile confondersi pensando alle sue azioni e intenzioni, dichiarate, come: la chiusura dei porti per i migranti, lo sdoganamento dell’uso delle armi, la “secessione” delle regioni ricche, le imposte non progressive, la discriminazione dei bambini nelle mense scolastiche, l’appoggio a gruppi neo-fascisti, le discriminazioni di genere, gli attacchi ai giudici che, secondo lui, “inventano” le leggi…E non bastano il rosario e la croce a santificarli

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