Se cambiano le comparse ma la recita è sempre la stessa…

Stralci da un’intervista all’economista Emiliano Brancaccio:

  1. Se non si va al voto, c’è il serio pericolo che alla prossima tornata elettorale le destre reazionarie si presentino ancor più forti e agguerrite. Per evitare questa prospettiva ci vorrebbe un governo di radicale discontinuità, ma temo che non sussistano le condizioni politiche per farlo nascere. 
  2. . oggigiorno si attribuisce tanta importanza ai nomi ma io non credo che la politica si possa ridurre a un’eterna, taumaturgica ricerca di nuovi salvatori della patria. Su questo la penso come Marx: in ogni epoca le forze sociali prevalenti scelgono le comparse che meglio le rappresentano, mai viceversa
  3.  mettere Salvini e soci all’opposizione per portare avanti la solita politica economica di Padoan e Tria sarebbe un grave errore. Le destre reazionarie raggiungerebbero una massa critica tale da diventare più pericolose che mai. Prima o poi si dovrà votare di nuovo, e a quel punto la Lega e i suoi alleati sarebbero così forti da poter stravolgere la nostra già fragile democrazia parlamentare
  4.  I dati indicano che il rischio di una recessione internazionale si sta facendo concreto. Un governo di svolta – di svolta vera – dovrebbe dotarsi degli strumenti necessari per affrontare una nuova crisi: un piano di investimenti pubblici per la modernizzazione del paese, una ristrutturazione del sistema bancario che ruoti intorno alla creazione di forti istituti pubblici, e una riforma che innalzi e renda più uniformi le tutele delle lavoratrici e dei lavoratori, dopo anni di precarizzazione dissennata
  5. dalla nascita della moneta unica le regole europee sono state violate nel 66 per cento dei casi, un po’ da tutti i paesi membri, a riprova del fatto che oggettivamente non funzionano. Persino il presidente della Bce Draghi ha ammesso che senza cambiamenti sostanziali l’Unione non è attrezzata per gestire le crisi future. Al di là del misero teatrino mediatico tra sovranisti ed europeisti, i vertici delle istituzioni comunitarie sanno bene che la prossima recessione potrebbe diventare uno spartiacque: le attuali regole europee saranno riscritte oppure soverchiate dai fatti
  6.  Un vero governo di svolta dovrebbe in primo luogo chiarire questo: che ai fini del benessere sociale, controllare le scorribande dei capitali sui mercati finanziari è questione ben più rilevante delle cantilene leghiste sul controllo dei movimenti migratori di persone. Se non riescono a dire nemmeno questo, meglio che si vada subito al voto

(da http://m.espresso.repubblica.it/palazzo/2019/08/27/news/emiliano-brancaccio-ministro-1.338246?ref=HEF_RULLO&fbclid=IwAR2dBUm1ARwqLRd0wcxfyOKkPlcapFc1xfcJU2txGASggCINVpzaLrKVNaA)

14 pensieri su “Se cambiano le comparse ma la recita è sempre la stessa…

  1. ECCO IL CONTO CHE PAGHEREBBE IL PD

    Oggi tutti i giornali danno già per fatto il governo Pd-M5S presieduto da Giuseppe Conte. Ci sono anche le foto dei possibili ministri: sempre gli stessi. Mentre scrivo sembra, invece, che tutto sia incerto e che nulla sia certo.

    Il governo Conte-Pd-Cinquestelle ancora non c’è e, forse, non ci sarà. Infatti, il furbetto sconfitto, Luigi Di Maio, dopo il possibile sì a Conte da parte del Pd, vuole rimettere al governo tutta la sua squadretta di ministri con le loro posizioni politiche in difesa di quel che hanno fatto insieme a Salvini. Un piccolo esempio: sul Corriere della Sera c’è un’intervista al grillino Luca Corbetta il quale a proposito delle leggi sulla cosiddetta sicurezza,, tra l’altro, dice: “Si può rivedere qualche cosa ma quello che abbiamo fatto, come la confisca delle navi alle Ong che commettono illeciti, lo rivendichiamo”.

    Non è vero che le questioni in ballo siano le poltrone e non i programmi. Le due cose sono legate. La discontinuità, se c’è nei programmi, deve esserci anche in chi li deve realizzare. I ministri di ieri vogliono continuare la loro politica e le cose già fatte nel governo con Salvini. Insomma, cambiare perché nulla cambi per ricordare, come ci ha detto Il Gattopardo. Cioè, tutto come prima a supporto della vecchia politica senza Salvini. Ma con il Pd. E, purtroppo, anche Art1 e la Sinistra di Fratoianni premono per fare questo papocchio.

    Se si dovesse andare, spero di no, a questa soluzione, significherebbe che il conto di ciò che è stato fatto nel passato e nel presente lo pagherebbe solamente il Pd. E sarebbe probabilmente la sua fine.

    (27 agosto 2019)

  2. La paura e la regressione

    L’eventuale nascita del governo Bella Ciao-Bibbianoh può fermare Salvini per qualche mese e forse anche per due anni ma – bisogna saperlo per calcolare ciò che è in gioco – inciderà profondamente e per lunghissimo tempo sulle già martoriate sinistre, sia quella liberale moderata sia quella liberale radicale, bloccandone a monte ogni possibile evoluzione.

    La prima si vedrebbe esonerata dalla necessità di riflettere sui propri errori, ripensare la propria linea, avviare un processo di pur limitata ricollocazione.

    La seconda rinvierebbe ancora una volta a mai più la ricerca della autonomia politica e la questione di una proposta programmatica seria e credibile.

    L’umiliazione alla quale Zingaretti viene costretto in queste ore da Renzi per tramite di Di Maio è un chiaro segnale.

    L’autoumiliazione alla quale SI e PRC sottopongono se stessi per infilarsi nei giochi e tornare all’ambito ruolo di scopa dietro la porta, idem.

    Paura, terrore, disperazione. La vena si chiude e non si ragiona più, rinnegando in pochi giorni le posizioni raggiunte in anni di prove ed errori.

    Come sempre, in nome dell’immediato viene sacrificata ogni prospettiva strategica e ogni elaborazione concettuale.

    Ne’ un’eventuale legge elettorale proporzionale, alla quale molti compagni guardano come a un feticcio e a un salvifico coniglio dal cilindro astraendo dalla situazione concreta e dai rapporti di forza, ma le cui caratteristiche sono
    tutte da vedere – e che può comunque tranquillamente accompagnarsi a un’ulteriore concentrazione del potere tramite quorum e riduzione dei parlamentari – costituisce di per sé e da sola una merce di scambio vantaggiosa.

    L’unica soluzione che potrebbe rappresentare qualcosa di diverso dal prendere tempo, e cioè un governo che inverta la rotta e esegua quegli interventi politici e sociali in grado di prosciugare l’acqua del populismo e del sovranismo reattivo, vi sembra che sia realisticamente praticabile da una alleanza tra l’attuale Pd e i 5 stelle?

    Bisogna riconoscere che il vituperato apparato ideologico dirittumanista delle élites stabilite è riuscito ancora una volta in una campagna di propaganda terroristica nei confronti delle élites outsider che ha avuto efficacia quantomeno sui quei ceti medi intellettuali che sembravano essersene emancipati.

    La capacità di persuasione di questo apparato è così forte che anche coloro che da sinistra si erano spinti ai limiti del sovranismo e del l’eurofobia sono atterriti da Salvini e cercano in queste ore una rassicurazione costi quel che costi.

  3. E’ probabile che Di Maio abbia poca voglia di chiudere l’accordo con il Pd e per questo insista su Conte, come è probabile che Zingaretti abbia poca voglia di raggiungere l’intesa con l’M5S e per questo insista sul no a Conte.
    Però non c’è solo questo. Per i 5S ingoiare un’alleanza con il Pd è infinitamente più duro di quanto non fosse con la Lega, perché è il Pd, non la Lega, il nemico di sempre. Per i militanti la Lega era un boccone amaro, il Pd è uno shock.
    Per fargliela ingoiare Di Maio deve umiliare Zingaretti, imporgli i suoi 10 punti senza trattative di sorta, costringerlo ad accettare il diktat dei 5S sul premier. In caso contrario rischia che gli salti tutto.
    Per Zingaretti è vero il contrario. Deve dimostrare che si tratta di un accordo tra soci che si rispettano e trattano, non di una concessione fatta vomitando dai 5S.
    Forse l’accordo lo raggiungono e forse no ma se le basi sono queste, e lo sono, non vedo come le cose possano nel prosieguo andare bene. O anche solo non malissimo. Certo tutto può essere, ma non mi pare tanto facile.

  4. Quando si evoca Weimar sia per affermarne la vicinanza, sia per sostenerne la lontananza, si ha l’impressione che gli evocatori ne abbiano un’immagine ricavata quasi esclusivamente, se va bene, dalle grafiche di George Grosz, se va male dai film USA sul nazismo (dove l’equazione: nazista = cattivo da western è scontata e ripetuta, anche nei registi migliori come Sam Peckinpah, vedi ad es. Croce di Ferro).

    NB: non so come finirà tra PD e 5S, ma comunque vada si deve dare atto che, nel contesto dato, Zingaretti si è comportato come meglio era possibile, chiedendo l’esclusione di Conte per ovvi motivi di decenza, o, in alternativa quella di Di Maio. Poi ovviamente alle trattative si va con due borse, una per prendere ed una per dare, ragion per cui occorrerà vedere, se nascerà, sia il programma del governo, sia la sua composizione. Tanto più che Zingaretti è andato alle trattative “con una mano legata dietro la schiena”, come disse il Pentagono (e con qualche buona ragione dal suo punto di vista) in occasione della guerra in Viet Nam. Andare a chiedere qualcosa di doveroso con metà dei (presunti) tuoi che sono i primi a dire che esageri non è posizione facile.

    Per tornare a Weimar, ci si ricordi di come l’SPD tenne in vita di fatto i due governi Brüning dal 1930 al 1932, e in quest’ultimo anno si acconciò a votare Hindenburg confermandolo come Reichspräsident.

    Si può pensare siano stati errori, anche gravi, e sicuramente furono scelte, viste col senno del poi, che non impedirono ad Hitler di arrivare al cancellierato, ma ci si ricordi pure che in quegli stessi anni la KPD aveva assunto perinde ac cadaver la linea del “socialfascismo” e si faceva forte della convinzione che: “dopo Hitler sarä il nostro turno…”.

    A me pare che i suoi (della KPD nel 1928) epigoni in 64esimo siano oggi coloro che blaterano: “al voto, al voto”.

  5. È palese una rivalità molto forte, un odio vero, un risentimento profondo, un’avversione violenta e cattiva. Tutti «sentimenti» che si annidano in una parte dei dirigenti, dei militanti e dei simpatizzanti del Movimento 5 Stelle e del Partito democratico.

  6. La vergogna di quanto sta accadendo è veramente enorme a mio avviso. Tuttavia, non sono sicuro che la popolazione italiana riesca ad afferrarlo. Ho sentito persone chiaramente orientate verso il comunismo (almeno a tempo debito, ma comunque che non hanno fatto il “salto della quaglia”) come Rampini e Odifreddi evidentemente disgustate e anche un bel po’ ironiche di fronte a simili accadimenti.

  7. Ma come? Trump fa il voltafaccia anche lui ed appoggia Conte? E dove sono finiti quelli che “tranquilli, dietro Salvini c’è Bannon e quindi c’è Trump”, quelli che “figurati se Trump non ha un piano e lascia solo Salvini”. Ebbene, lo ha lasciato solo anche lui. Ben gli sta a Salvini, quello che “noi leghisti siamo per il sovranismo atlantico”. Una dura legnata. Se si vuol essere seriamente sovranisti non si può tifare per il padrone ‘buono’ Trump. Il padrone ‘buono’ non esiste. ‘Va a ciapà i ratt’ Matteo Salvini ed impara come si fa il capo.

  8. E la Ue con Bce e FMI è l’altra faccia della stessa medaglia.., o la padella o la brace… e la colpa è soprattutto nostra incapaci di idee nuove

  9. premesso appunto che non esistono governi amici, beh, spero che una sorta di accordo per evitare di tornare ora alle urne lo si trovi. Non per paura del voto, anche se non credo che l’onda lunga del sovranismo sia ancora terminata, ma per permettere a quella società civile e a quei movimenti di recuperare la capacità e proteggere lo spazio civico e di conflitto necessari per continuare dare significato concreto a quei temi appunto trattati come pedine di scambio. Riattivare reti, vertenze, conflittualità ed alternativa. Per questo ci sarebbe bisogno forse di un governo di tregua, lontano da logiche repressive e securitarie come il precedente. Ma so anche che questo presuppone una cosa: che quei movimenti e quella società civile si guardino in faccia, nel profondo degli occhi, e consci della posta in gioco, facciano uno sforzo per creare reti ancor più trasversali, tra chi lotta contro il patriarcato, per la giustizia ecoloigica e climatica per il diritto a migrare, per chi pratica altraeconomia e chi resiste. Allora un governo di tregua avrebbe senso

  10. Certo l’emergenza democratica è forte. Forse i danni già fatti sono veramente irreversibili. Quindi – come dice Altan – “dobbiamo ingoiare dei rospetti, sennò il rospone ingoia noi”. Quel che mi lascia perplesso è la speranza che Donatella sembra nutrire che i 5 stelle ritrovino la vena di sinistra che all’inizio li aveva animati e che nel PD la finiscano di litigare e si dimostrino all’altezza della situazione. Io non credo nè alla vena di sinistra dei 5 stelle e neppure alla coabitazione di Renzi e Calenda in un PD che ritrovi anche solo briciole di anima sociale. Allora che fare ? Qualsiasi tipo di barricata per evitarci uno stato di polizia, ma senza illusioni. Il sistema politico italiano è in frantumi, un ceto politico in grado di affrontare il collasso non c’è e non ci sarà. L’unica prospettiva che può evitarci un qualche Salvini al potere è un ancoraggio forte, anzi fortissimo, all’Unione Europea e agli equilibri geopolitici che ne determanano la governance. Chiamatela se vi piace Prospekt Ursula. Ovvero accettazione piena della guida franco-tedesca dell’Unione. Il resto potrebbero essere solo tragiche illusione. Si faccia intanto questo governo giallorosso.

  11. Francamente mi sorprende vedere tanti commuoversi per le parole un po’ sconnesse di Grillo. Si tratta di un interessante documento di lessico politico neodemocristiano, nel senso che manda segnali inequivocabili ai suoi facendo le viste di parlare di tutt’altro e, in questo senso, contiene molti elementi degni di nota e meritevoli di analisi, per forma e contenuto. Ma pensare che un mezzo sproloquio sulla mobilità e il buco del culo contenga un orizzonte e una visione è francamente demrpimente: Grillo è capace di mostrare la vacuità della politica di oggi, che del resto è evidente a tutti, ma la sua sola altra competenza sta nel buttare, contemporaneamente, il tutto in caciara.
    Una sola certezza: che per ragionare su questi orizzonti servono il lessico della precisione e la grammatica del rigore, non i lazzi del buffone.

  12. ora non è questo il punto, troppo tardi, inutile cercare le cause, e anche reclamare lessico della precisione e grammatica del rigore,[…], non significa pressoché nulla. 
    Il 900 è finito, ed è finito malissimo. Qui è Rodi e qui dobbiamo saltare. 
    Bisogna uscire da questo senso di morte che ci attanaglia, ed è inutile lottare come gli ufficiali polacchi quando i nazisti tedeschi (malgrado le parole precise e rigorose di Hegel e Marx) invasero la Polonia e alcuni ufficiali della brigata di cavalleria Pomorska tentarono una risoluzione lanciandosi in un contrattacco frutto della più insulsa (non eroica, non c’è alcun eroe nel suicida) disperazione contro i carri armati del XIX corpo corazzato nella battaglia della foresta di Tuchola… Che cosa potevano fare quegli ufficiali al galoppo con la spada sguainata? Oltre a morire, niente.

  13. come nella storiella di totò che continuava a ridere mentre un signore lo prendeva a schiaffi chiamandolo pasquale – che lui mica si chiamava così, zingaretti continua a ridere mentre prende schiaffi da conte, di maio, cinquestelle. tanto mica sono per lui. ce l’hanno con il fratello

  14. Sotto le maschere più o meno patetiche o grottesche dei suoi protagonisti si è giocato un dramma tremendamente serio. Altro che semplice crisi di un governo e trattative per costruirne un altro. Aspetti fondamentali dell’ azione politica nel nostro Paese e del modo più in generale in cui questa viene intesa sono venuti, direi brutalmente, alla luce.

    Anzitutto, è evidente che la “visione del mondo” ormai quasi naturalmente condivisa è quella per cui politica è l’ arte dell’ assoluto trasformismo. In lontani decenni ciò veniva denunciato come uno dei suoi mali. Ora viene accettato senza colpo ferire, anzi: i suoi più spregiudicati interpreti sono ritenuti i politici più intelligenti e abili. È un machiavellismo da stenterelli, è evidente, un machiavellismo senza virtù e senza fini, ma la sua debolezza, per così dire, teorica non ne inficia per nulla il valore pratico.

    Come è potuto accadere, nel giro di una generazione, che senza colpo ferire e senza vergogna si potesse invocare l’ alleanza di chi si era sfiduciato il giorno prima, che coloro che avevano condiviso tutto il pessimo di una precedente stagione finita rovinosamente pretendessero guidare quella successiva, o coloro che avevano sparato contro Caio lavorassero poi, senza cenno autocritico, per un’ intesa con lo stesso? E tutto ciò, appunto, senza dover rendere conto a nessuno e, anzi, potendo continuare a dire che si lavora per il bene della Patria, con spirito di sacrificio e alto senso di responsabilità. Come è potuto accadere un tale trionfo del trasformismo?

    È questa categoria che non regge più. Trasformismo significa passare per opportunità o calcolo da una collocazione politica a un’ altra, trapiantarsi altrove. Oggi non vi è alcuna radice. I “politici” si collocano in uno spazio sostanzialmente omogeneo in tutti i suoi punti, e “giustamente” perciò l’ opinione pubblica non avverte nulla di scandaloso nelle loro giravolte.

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