Da “Ma prima che sia dopo”

di Massimo Guidi

  NOSTOS
 
 
 Sorprendono le lucciole,
 tornano in quantità.
 Anch’io ritorno - sì,
 un ritorno da poco,
 dal posto in cui si corre.
 E ritorna l’età
 di quando, con i vecchi,
 avevamo monete
 in cambio della luce -
 eccone il sacrificio.
 Torna anche il girasole,
 lo spandono nei campi.
 
 
 MATURITA'
 
 
 Non riconosci più
 l'odore del mattino,
 la gioia nell'attesa.
 Non hai più la voglia
 di capire il perché
 del pianto dopo il riso.
 Viene l'ora di fare,
 dici, così facciamo.
 
  
 
 
 E' UN'ACQUA CHE RINFORZA
 
 
 E’ un’acqua che rinforza
 e che ingrassa la terra,
 ascoltala già suggere.
 Ora la nebbia sfuma,
 si netta anche la vista.
 Formicolano vite.
 
 
 
 
 
 
 COLONICA
 
 
 Una terra che scende
 uomini regolarono
 a terrazze per olio.
 Ma lassù dove spiana
 calce e travi resistono;
 e qualcun altro ancora
 siede all’ombra dei muri,
 masticando aglio e pane.   
 
 
 TERRAZZA
 
 
 Il vento si dipana.
 Da qui senti che l’acqua
 ammorbidisce i dossi.
 Un altro grano, poi,
 rivestirà le dune.
 La stagione lavora.
 
 
 
 
 
 
 SPONDE
 
 
 Scorre l'Arno, laggiù.
 Riconosci la riva,
 la fine degli ontani.
 Abitasti la casa
 che si schianta nel sole.
 Lavoravate un campo,
 e quella fu la vita.
 Ci chiamano dal ponte.
 
 
 
 
 
 
 PODERE
 
 
 Qui passarono i padri,
 da coloni durarono.
 Consumarono il pane
 fecondando la terra.
 L’edera tiene i muri,
 fa da calce anche il sangue.
 
 
 
 
  APPENDICI
  
 
 Durano colombaie
 e ricoveri d’uomini,
 perimetri di pietra
 isolano gli interni.
 In sunti di materia
 pertinenze di dune
 culminano volumi.
 Anche i volti si mutano
 e s’adeguano all’ocra,
 calcinandosi al sole.
 L’intonaco si scrosta,
 come altro si consuma.
 
 
 TU SEI DONNA CHE SA
 
 
 I
 Tu sei donna che sa
 come il pane fu grano.
 Conosci la fatica
 di un lavoro che stanca.
 Anche tu porti il pane,
 hai la gioia nel piatto.
 
 
 
 II
 
 Hai la forza del padre.
 Con gli occhi ari la terra,
 e rivedi con gli occhi
 il padre che fatica
 e consuma il sudore.
 Usi gli occhi e le mani,
 le mani già del padre.
 Ancora vieni qui.  
 
 
 
 III
 
 Non ti stacchi dal solco,
 il padre l’ha segnato.
 Riconosci le piante
 e risali il filare.
 Vieni e scegli la terra
 e alla terra somigli.
 
 
 IV
 
  
 Sei fertile anche tu,
 anche tu dai la vita.
 Lavori la materia
 perpetuando il padre.
 Tieni la terra in mano.
 Hai domanda e risposta.
 

 V
 
 Sei di terra e ne sai.
 Non ti stanchi del sole,
 sai godere del giorno.
 Assolvi alla natura,
 al compito del sangue.
 Sei di sangue e di sole.
 
 
 VI
 
 
 Come la terra vivi
 e prepari la vita.
 Hai bisogno del figlio,
 come la terra aspetti.
 Vedi nel padre il figlio,
 e oltre la terra il mare.
 Cammini per andare,
 porti con te la vita.
 
 

Massimo Guidi è nato a Figline Valdarno nel 1976. È laureato in Scienze giuridiche e lavora come consulente in un istituto di credito. Appassionato di pesca e di libri, anche da collezione, vive in un piccolo paese della campagna fiorentina con la moglie Laura e i loro due bambini. Nel 2004 ha pubblicato per Aletti Editore la sua prima raccolta di versi, Vulnerabile. Ha partecipato a vari concorsi letterari per opere inedite classificandosi in alcuni al primo posto. Negli ultimi anni le sue poesie sono apparse sulle riviste Ilfilorosso, Il Segnale, Orizzonti, Poliscritture, Zeta, Poesia, La Clessidra, La Mosca, L’Immaginazione, Collettivo R.

2 pensieri su “Da “Ma prima che sia dopo”

    1. Grazie Emilia, ho apprezzato molto queste parole. La mia ricerca intende infatti spingersi verso l’inclusione e la partecipazione, verso una dimensione di ritorno che abbracci l’io e ciò da cui l’io proviene. Un caro saluto.

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