Sul conflitto Israele- palestinesi.Una e-mail

RIORDINADIARIO 2009

di Ennio Abate

Cara XY,

io obnubilato e poco obiettivo? Se ci fossero in giro intellettuali obiettivi e non obnubilati mi sentirei davvero a disagio per queste etichette che mi attribuisci. Ma non ne vedo. Né fra noi di Poliscritture, che stiamo discutendo/litigando su questo dramma, né tra più autorevoli opinion maker.

Al sodo. Come per te, anche per me l’immaginario antiarabo (o razzista) non è soltanto una costruzione della TV o della Destra. E non è che non veda quanto sia altrettanto radicato quello antioccidentale degli arabi. E, qui in Italia, a stuzzicarlo, a coltivarlo, a tirarlo dalla propria parte riescono meglio la Lega, AN, ecc. Da “loro”, invece, i fondamentalismi religiosi. Tali immaginari hanno tra l’altro un fondo di “spontaneità”, di “naturalità”, che li rende quasi inestirpabili, tanto sono ben piantati nell’”esperienza”. Io ipotizzo che nascano da divisioni reali delle società e degli Stati. E sono, come tu dici giustamente, “spia di un problema reale”. Ma quale?  Forse bisognerebbe  capire meglio in cosa consista quello che tu definisci l’“antagonismo reale tra la nostra società e quella araba”. Siamo naturalmente antagonisti? O l’abbiamo costruito soprattutto noi europei questo antagonismo, sottovalutando gli arabi? O l’hanno voluto loro? Possiamo trascurare che il colonialismo gli ha strappato – ora blandendoli ora schiacciandoli – un bel po’ di risorse che in quelle loro terre esistevano ma che soltanto con le “nostre” tecnologie potevano essere sfruttate?

Il sig. Huntigton, da poco  passato a miglior vita, ha dato la sua spiegazione: “scontro di civiltà”. In primo piano ci sarebbero – e il coro televisivo e giornalistico suona la grancassa assecondandolo – le differenze culturali, religiose, di costumi, di storia. Sarebbero queste le “differenze abissali” tra “noi” e “loro”. Secondo me, negare che ci siano anche queste differenze sarebbe sciocco. Affermare però – come ha fatto Huntington e, più terra terra, fanno Bossi, Gasparri o, dall’altra sponda, in Medio Oriente, questo o quel leader fondamentalista – che siano differenze capitali e  insuperabili è una menzogna. (Simile a quella di quanti affermano che, con un po’ di bontà, di apertura mentale, di multiculturalismo o di meticciato festaiolo, diventeremmo presto  tutti uguali e fratelli. No, sui problemi posti dall’incontro/scontro con i “diversi” da secoli navighiamo a vista e le tragedie si ripetono.

Una volta almeno  una parte di “noi” ha creduto di sapere la radice di questi antagonismi. Appoggiandoci soprattutto all’opera di Marx ci eravamo convinti che le differenze religiose, nazionali, di costume fossero secondarie. Principali erano le differenze, anzi le contraddizioni, di classe, che l’industrializzazione aveva fatto emergere e portava all’esasperazione. Ci sembrava pure che quella lotta di classe tra  proletari e borghesi potesse con buone probabilità – altri ne erano del tutto sicuri – realizzare un obiettivo positivo a livello nazionale e mondiale: progresso, socialismo, comunismo. Oggi di tutto quel bagaglio di teorie, princìpi,  pratiche organizzative, non resta quasi nulla. Quella specie di religione laica, che fu l’internazionalismo proletario, quel mondo di idee, speranze, desideri, organizzazioni, risorse economiche orientate ad una solidale lotta degli sfruttati (parola scomparsa  da giornali e televisioni) s’è inabissato.

Negli interventi sul tema “Sinistra 2008 in discussione”(qui) – se ricordi – solo Giulio Toffoli ha criticato l’enfasi posta da alcuni sulle cosiddette “diversità” e ha sostenuto quella visione marxista con le seguenti parole: «gli uomini hanno culture, lingue e vivono esperienze diverse ma, qualunque sia la latitudine in cui operano, sono sotto il segno del capitale». Il Capitale? E cos’è? Chi ne capisce più qualcosa? Forse solo  qualche studioso in poche università periferiche o qualche gruppo residuale di marxisti-leninisti.

Io – lo confesso – in queste settimane di polemiche intra nos sull’ultima fiammata del conflitto tra Israele e i palestinesi, mi sono sentito in difficoltà. Ho cercato invano sostegno intellettuale e morale alla mia posizione filopalestinesi tra autori viventi. E ho dovuto ripiegare sugli scritti del solito Fortini. Che in «Extrema ratio», a p.42, dopo una settimana passata a Gerusalemme, nell’aprile del 1989 scriveva:

«Quel che sorprende e, alla fine, indigna è che a destra come a sinistra, tra i “falchi” come tra le “colombe”, fra gli israeliani come fra i palestinesi, la controversia non sia mai preceduta da un accenno alle strutture di produzione, al sistema economico e ai rapporti di classe. Il discorso politico porta sul conflitto nazionale e etnico o religioso, riguarda la guerra e la pace, la possibilità di convivenza, il potere dei gruppi di pressione dell’estremismo religioso israeliano o islamico, i rapporti internazionali». 

Niente di risolutivo o particolarmente incoraggiante. Queste sue parole lucidamente amare trattengono però almeno un’eco  della stagione in cui anche noi lottavamo; non  eravamo, cioè, ridotti a passivi spettatori  delle guerre altrui o a tifare per Israele o per i palestinesi.

So che non mi posso consolare aggrappandomi ai libri di Fortini  o di Marx come a delle zattere. Di questi tempi sopra di esse ci possono salire al massimo pochi naufraghi intellettuali, mentre i naufraghi alla deriva sono milioni di uomini, donne, bambini. Ai quali le parole di Marx o di Fortini non possono per ora dire nulla. Siamo purtroppo nella melma di discorsi subdoli e ambigui, che ci vengono imposti da vecchi e nuovi marpioni sulle pagine di Repubblica, del Corriere della sera, di Libero, alla TV. Ma insisto: non sbagliavamo quando lottammo; avevamo colto qualcosa di vero della realtà del mondo. Ce la siamo lasciata strappare ma ce ne ricordiamo ancora.

(24 gennaio 2009)

APPENDICE
 
 Ballata dei massacrati di Gaza
 di Ennio Abate
 
 
 Fratelli umani  
 Israeliani
 nostri ben educati carnefici  
 per l’amara e breve vita  
 che lasciammo
 nell’unico modo da voi consentito
 non incolpatevi.
 
 
 Ad esploderci  
 correndo incontro al piombo fuso
 che per il futuro suo Bene  
 regalaste dai cieli a Gaza l’ingrata
 fummo noi, da soli.
 
 
 E voi Europei, brava gente
 non affrettatevi.
 Aspettate che il lavoro ben fatto  
 sia ultimato:  
 mamme e sorelle nostre
 debitamente sventrate, i bimbi
 fantocci impalliditi,  
 abbruciati i vecchi come tronchi  
 secchi,
 gli arti troppo svelti dei giovani
 divelti.
 
 
 Alle rovine di Gaza l’ingrata
 veniteci dopo  
 religiosamente silenti  
 come ad Auschwitz  
 i turisti  svagati e compunti.
 
 
 Veniteci dopo e comprate  
 le reliquie di Gaza l’ingrata:   
 i bambolotti insanguinati,
 le coperte
 da sporcizia escrementi e freddo  
 solidificate, 
 eppure intatte, di allora.
 
 
 E le pietre, le povere fionde, le terribili  
 armi di distruzione di massa  
 con cui fingemmo di offendervi
 classificatele meticolosamente
 in lindi musei della memoria.
 
 
 Imperdonati, a perire ci avete condotto.
 Perdonatevi da soli, se potete.                                                                   (18 gennaio 2009) 

3 pensieri su “Sul conflitto Israele- palestinesi.Una e-mail

  1. ANALOGIE?

    “Come accade in molti diari o memorie, Šklovskij racconta la propria vita – di soldato allo scoppio della rivoluzione, di commissario durante il governo provvisorio, di cospiratore contro la dittatura bolscevica e di professore alla fine della guerra civile – sull’immenso sfondo della Storia. Immenso a tal punto che su di esso egli non ha, suo malgrado, alcun potere, «come un ago senza filo, che passa attraverso il tessuto senza lasciare traccia» (p.273). Un’altra metafora impiegata da Šklovskij per descrivere la propria irrilevanza rispetto alla Storia è quella della zattera in balìa della tempesta. E un’altra, più inconsueta ma ricorrente, è quella della pietra che cade, impotente contro la forza di gravità”

    (Da https://francosenia.blogspot.com/2019/11/la-motivazione-delle-forme.html?spref=fb&fbclid=IwAR0svcJUimd2_vO-u1hNmlndYVIuu2J_uPpD6U2R4nrfKCvA8gqRArtTnrM)

  2. Quando io scrivo: ” Secondo me, negare che ci siano anche queste differenze sarebbe sciocco. Affermare però – come ha fatto Huntington e, più terra terra, fanno Bossi, Gasparri o, dall’altra sponda, in Medio Oriente, questo o quel leader fondamentalista – che siano differenze capitali e insuperabili è una menzogna. (Simile a quella di quanti affermano che, con un po’ di bontà, di apertura mentale, di multiculturalismo o di meticciato festaiolo, diventeremmo presto tutti uguali e fratelli. No, sui problemi posti dall’incontro/scontro con i “diversi” da secoli navighiamo a vista e le tragedie si ripetono.”

    E qualcun altro conferma e richiama l’attenzione alle relazioni concrete in cui i Grandi Problemi perdono la loro fredda astrattezza….

    SEGNALAZIONE

    2. E tu, torneresti in Marocco?
    Daniele Martino
    https://www.doppiozero.com/materiali/2-e-tu-torneresti-in-marocco?fbclid=IwAR2byqtfU5emaIGnFbNixavYzftEqfjKA8h2MVFrqsLsdQU_3Yl6neCX-MM

    Stralcio:

    Veniamo da una settimana molto dura, in cui tutti i professori hanno detto basta al continuo boicottaggio che lui e altri quattro compagni attivano ogni ora contro di noi. Noi chi? Noi gli europei, noi i bianchi, noi che li trattiamo male, che li trattiamo come stranieri, noi che viviamo meglio di loro, che siamo più ricchi di loro e vogliamo educarli ai nostri valori asfaltando i loro. Questo è quello che tre o quattro dei maghrebini di una classe con due italiani pensano con convinzione. La collega che sta svolgendo con loro un percorso di rigetto di ogni razzismo e di inclusione di ogni diversità prepara a casa con ore di lavoro delle schede per lavorare in classe, e loro gliele strappano in faccia. Quando parlo della Shoah Rashid 1 e Azar ad alta voce dicono che non vedono l’ora di avere 18 anni per potere andare in Palestina «ad ammazzare tutti gli Ebrei». Poi mentre ospitiamo qualche allievo di un’altra classe, smembrata per l’assenza improvvisa di un prof, denigrano senza pietà un compagno cinese. Perché, chiediamo? Cos’ha un cinese che non va a voi che vi sentite discriminati da noi che vi parliamo di accoglienza? Cosa vi fa così sordi e sordidi, in quei momenti?

  3. A Lorenzo Galbiati e per conoscenza ai lettori di Poliscritture

    CHIARIMENTO NECESSARIO

    Ieri nella bacheca dell’amministratore ho trovato un lunghissimio articolo di Lorenzo Galbiati apparso su Nazione Indiana del 19 gennaio 2009 (https://www.nazioneindiana.com/2009/01/19/ipotesi-per-la-tonnara-di-gaza/ ) bloccato automaticamente perché conteneva troppi link.
    Ho scritto all’autore in privato questi due messaggi:

    1.
    “Me lo leggerò ma non lo pubblicherò. Ho già detto che per me un botta e risposta spossante e da posizioni che non riescono a trovare punti di vero confronto né su caso Segre né sulla questione del conflitto Israele-palestinesi non ha senso. Ancor più in assenza di altri interventi. Buona serata”.

    2.
    “Anche se il nostro non fosse uno sterile botta e risposta, non ha senso continuare così, pubblicando cioè due punti di vista che non dialogano né riescono a suscitare in altri quel tanto di attenzione da indurli a commentare o a intervenire. Non voglio imputare solo a te questa comunicazione che non si espande e resta bloccata ai due che l’hanno iniziata. Ma il limite c’è e mi induce a non continuare. O troviamo il modo di superarlo o chiudiamola qui. Ciao

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