12 dicembre 1969. Piazza Fontana

a cura di Ennio Abate

[da una replica del 13 dicembre 2018 a un’amica su FB] Gli scontri cavallereschi sono una favola o comunque momenti eccezionali. Quando il conflitto supera una certa soglia e mette in gioco i corpi oppure si carica di motivazioni politiche, religiose, ideologiche, non si sa mai dove può arrivare. Anche quando fosse gestito da grandi strateghi. Come dimostrano le due guerre mondiali. Perciò “Il rispetto …. dovuto a tutti a livello personale ed in particolare alle istituzioni” è un’istanza morale, che ha purtroppo una presa e un consenso molto labile nella realtà. Mi ha sempre impressionato, anche nei punti in cui non condivido suo pessimismo lucido e realistico, il “Saggio sulla violenza” di Wolfgang Sofsky ( Einaudi 1998). E ne voglio citare qui un passo che riflette sul mito della nascita della società:

“[Il mito] non narra soltanto dell’origine della società e della fondazione dello stato, ma del ciclo della civilizzazione, del ritorno all’inizio. Non raffigura la fine della violenza, bensì il mutare delle sue forme. Allo stato di natura seguono potere, tortura e persecuzione; l’ordine si compie nella rivolta, nel tripudio del massacro. La violenza rimane onnipresente: attraversa la storia del genere umano, dall’inizio alla fine. La violenza crea caos e l’ordine crea violenza. Questo dilemma è irrisolvibile. Fondato sulla paura della violenza, l’ordine stesso genera paura e violenza. Poiché le cose stanno in questi termini, il mito conosce la conclusione della storia.
Cosa spinge gli uomini gli uni verso gli altri? La risposta è inequivocabile. La società non si basa su un irrefrenabile impulso alla socievolezza, né sulla necessità del lavoro. E’ l’esperienza della violenza che unisce gli uomini. La società è una misura preventiva di reciproca difesa. Mette fine alla condizione della libertà assoluta. Da questo momento in poi non è più tutto permesso. Il mito lavora secondo un modello essenziale. Non scomoda né l’economia né la psicologia. Non fa cenno all’avidità, alla proprietà e alla concorrenza, e nemmeno alla sete di gloria, alla cattiveria e all’aggressività. Esso si concentra esclusivamente sui fatti fisici e sociali, su regola e potere, su corpo e violenza. Se nessuna convenzione limita l’agire, gli abusi sono sempre possibili. La lotta per la sopravvivenza è inevitabile. Non è il fatto che ciascuno eserciti continuamente la violenza a caratterizzare uno stato di illegalità, piuttosto il fatto che in ogni momento sia possibile colpire, con o senza uno scopo. La guerra di ogni singolo contro l’altro non consiste in un infinito bagno di sangue, ma nella costante paura che esso avvenga. Origine e fondamento della socializzazione risiedono nella paura reciproca degli esseri umani. Per questo il mito parla non degli assassini, dell’oscura natura ferina degli uomini, bensì delle vittime, della loro esigenza di protezione e di incolumità. Tutti gli esseri umano sono uguali poiché tutti sono corpi. Necessitano di contratti, perché sono vulnerabili, perché nulla è per loro più temibile del dolore nei loro corpi. Si stringono l’uno all’altro per difendersi l’uno dall’altro. Si mantengono in vita stabilendo come sopportarsi a vicenda. La costituzione della società si fonda in ultima istanza sulla costituzione corporea dell’uomo come essere vivente”
(pagg. 5-6)

6 pensieri su “12 dicembre 1969. Piazza Fontana

  1. SEGNALAZIONE

    12 DICEMBRE 1969: IL VISSUTO E LA STORIA
    di Franco Romanò
    https://2011oraequi.blogspot.com/2019/12/12-dicembre-1969-il-vissuto-e-la-storia.html?spref=fb&fbclid=IwAR3wmmaiQrRSuWj685IdR8k60EPVCcDcpbUSif3zfUKQHlcb8oeHduIj8W0

    Stralci:

    1.
    e per me la scoperta decisiva fu proprio l’incontro con la classe operaia. Sinistra non bastava davvero più, a meno che non fosse sinonimo di comunista; ma anche quello era un termine che andava subito a cozzare contro la necessità di distinguersi dal PCI. Tuttavia, il clima era tale che infondo, anche  questa ulteriore distinzione politica, non pesava più di tanto. Erano più importanti altre cose: la crescita collettiva, la scoperta di rapporti solidali, la libertà di sentirsi padroni della propria vita, stimoli a non finire che andavano in direzioni diverse. Su tutto questo, nel pieno delle lotte operaie e di una seconda ondata di occupazioni, si abbatté la bomba, ma dire che fu del tutto una sorpresa – la famosa perdita dell’innocenza di cui scrivono un po’ tutti – ecco, questo non mi sento più di sottoscriverlo. Anche a me è capitato di usarla tale espressione, specialmente in anni recenti, ma un libro letto in queste settimane, Prima di Piazza Fontana di Giorgio Morando, mi ha restituito di colpo un vissuto di paura e di allarme di cui avevamo percezione anche allora, ma che si era ritirato con gli anni in una zona inconscia.

    2.
    Non potendo più negare che certe cose siano avvenute, la strategia inaugurata è di sostenere la tesi che non si trattò di un disegno politico ma di inadempienze caso per caso, un tipico esempio di sciatteria italiana, in qualche caso, di mancanze più o meno gravi in altre; ma che non fanno parte di un disegno, tanto meno di un complotto. Si tratta perlopiù di tentativi che cercano di salvare la vecchia Democrazia Cristiana da accuse di complicità che si ritrovano puntualmente nero su bianco anche sul memoriale di Aldo Moro – che non è mai stato smentito – e che sono state di fatto riconosciute anche dall’ultima intervista del senatore Paolo Emilio Taviani prima della morte, come è stato ricordato proprio dal giudice Salvini durante l’intervista a Radio Popolare.

    3.
    Ripartiamo, allora da alcuni libri recenti, quattro per l’esattezza: la Bomba di Enrico Deaglio, Piazza Fontana Il processo impossibile di Benedetta Tobagi, Prima di Piazza Fontana di Paolo Morando e Piazza Fontana Il primo atto dell’ultima guerra italiana  di Gianni Barbacetto; ma ce ne sono anche altri e prima di tutto quello del giudice Salvini già citato. Sono libri importanti per ragioni diverse. A un giovane consiglierei senz’altro come prime letture quello di Benedetta Tobagi, che ricostruisce con pazienza certosina tutte le fasi dei processi e dei relativi depistaggi e naturalmente quello del giudice Guido Salvini.  Per la mia generazione forse il libro più importante è quello di Giorgio Morando, che ci restituisce il prima della bomba e il clima della Milano di quegli anni. A questo ne aggiungerei subito un altro, che ha prima di tutto un valore umano altissimo, più che direttamente politico: la testimonianza di Clara Mazzanti che nel libro Venga con noi ricostruisce la sua odissea carceraria durata 18 mesi e quella del suo compagno Giuseppe Norscia. La sua storia è una vicenda particolare dentro quella più vasta e apre una finestra su che cosa fossero polizia, magistratura e carcere in quegli anni. Infine Deaglio e Barbacetto, altrettanto preziosi nella ricostruzione degli eventi e a cui si debbono i giudizi politici più affilati, che personalmente condivido. Questi libri, in misura diversa fra loro, hanno in comune lo scrupolo ricostruttivo, ma specialmente smascherano una narrazione secondo cui nella Prima Repubblica ci sarebbe stata una sorta di collateralismo fra i governi democristiani e le sinistre, in una sorta di asimmetrica diarchia. 

  2. AL VOLO/CRISTINA ALZIATI SU “L’OSPITE INGRATO”

    Ad ogni annuncio di attentati non posso fare a meno di rammentare sul quotidiano del Pci la foto di Valpreda, che venne immediatamente indicato come autore della strage a Piazza Fontana. Valpreda era un anarchico, era il 1969. In un lavoro di grande portata politica alcuni giudici hanno mostrato il disegno della strategia della tensione che venne dispiegato nel nostro paese per la collaborazione di governi, alti comandi militari italiani e della Nato, servizi segreti italiani e Cia.
    Sorry, gli americani dissero che c’erano i carri sovietici pronti a invadere la penisola. E non era vero; in nessun altro paese dell’Europa atlantica si rese necessaria quell’età di stragi e terrorismo; nessun altro paese era, come l’Italia, maturo per il socialismo. Bisognava evitare che la penisola si invadesse da sé.

    (DA http://www.ospiteingrato.unisi.it/una-volta-con-fortini/)

  3. RILETTURA

    FRANCO FORTINI, IL DIARIO DI PIETRO VALPREDA, IN “QUESTIONI DI FRONTIERA” (EINAUDI, TORINO 1978

    Mi colpisce non solo la capacità di Fortini di trasmettere nella sua prosa il sentimento cupo degli anni seguiti alla strage di Piazza Fontana ma la sua radicale critica alla «illusione umanistica [che] ci ammazza in piedi» perché «non la razionalità è diventata follia; la follia è diventata razionale»:

  4. SEGNALAZIONE

    Giornata di studi sulla strage di piazza Fontana, organizzata da Archivio Flamigni e Associazione Piazza Fontana 12 dicembre 69.

    Convegno “Giornata di studi sulla strage di piazza Fontana intitolata “Noi sappiamo, e abbiamo le prove””, registrato a Roma mercoledì 4 dicembre 2019 alle ore 09:52.

    L’evento è stato organizzato da Archivio Flamigni e Associazione Piazza Fontana 12 dicembre 69.

    Sono intervenuti: Gaetano Lettieri (professore ordinario di Storia del Cristianesimo e delle Chiese alla Sapienza Università di Roma), Emma Fattorini (professore di Storia contemporanea presso l’Univestità “La Sapienza” di Roma), Ilaria Moroni (direttrice del Centro Documentazione Archivio Flamigni), Umberto Gentiloni (professore di Storia Contemporanea alla Sapienza Università di Roma), Francesco Maria Biscione (storico, membro del Centro documentazione Archivio Flamigni), Paolo Morando (giornalista), Davide Conti (storico, consulente dell’Archivio Storico del Senato della Repubblica), Benedetta Tobagi (giornalista, scrittrice), Francesco Lisanti (scrittore), Guido Calvi (avvocato), Mirco Dondi (professore associato del Dipartimento di Storia Culture Civiltà.dell’Università di Bologna), Miguel Gotor (ricercatore di Storia Moderna all’Università di Torino), Leonardo Grassi (magistrato), Carlo Arnoldi (presidente dell’Associazione Familiari delle Vittime di Piazza Fontana), Paolo Silva (vicepresidente dell’Associazione Familiari delle Vittime di Piazza Fontana), Guido Lorenzon (insegnante), Roberto Gargamelli (già membro Circolo anarchico 22 marzo), Vanessa Roghi (scrittrice e deocente di Storia Contemporanea all’Università degli Studi La Sapienza di Roma), Cinzia Venturoli (docente dell’Università di Bologna), Vanessa Roghi (scrittrice e docente di Storia Contemporanea all’Università degli Studi La Sapienza di Roma).

    Sono stati discussi i seguenti argomenti: Brigate Rosse, Catanzaro, Depistaggio, Destra, Germania, Giustizia, Guerra Fredda, Magistratura, Milano, Moro, Ordine Nuovo, Piazza Fontana, Politica, Rapimenti, Roma, Russia, Servizi Segreti, Stazione Di Bologna, Storia, Stragi, Terrorismo, Violenza.

    La registrazione video di questo convegno ha una durata di 8 ore e 19 minuti.

    Questo contenuto è disponibile anche nella sola versione audio.

    https://www.radioradicale.it/scheda/592132/giornata-di-studi-sulla-strage-di-piazza-fontana-intitolata-noi-sappiamo-e-abbiamo-le?fbclid=IwAR0iu-nnPFOgRoRSvxKY7iTon0GySZOFS6rCrZIPzz7l7ZG-9IqRBKeqNVs

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