Da “Prof Samizdat”

di Ennio Abate

1.

Dove lo troviamo prof Samizdat? A bagnomaria nel quotidiano scolastico. Eccolo. Ha dettato i voti d’italiano e storia. Primo quadrimestre, eh. Restano da firmare i tabelloni e il registro azzurro. Ultimi avvertimenti di una voce – la coordinatrice di classe. Con la fregola addosso si accalcano per lo scarabocchio finale sui tabelloni e i registri. Battutine. Quali? Boh. Ultimi saluti distratti. Si scappa fuori. Perché il pomeriggio è di piombo. Dentro e fuori? Ci arriveremo, ci arriveremo. Lui pure scappa. Per i corridoi a quell’ora deserti e silenziosi.

Ti scruto primo quadrimestre. Ti perquisisco io, pezzo di vita stronza. Io, prof Samizdat, che quasi non ti voglio notare, mutanda mia scolastica! Ché sui tabelloni metterei non la firma ma uno sputo. Che è firma + rancore. Per assenza d’amore? E non si capisce, così dicendo, se un corridoio resta. Per l’amore o solo per andare a cesso?

2.

Dalle vetrate la luce (quasi del tramonto) avvolge in una nebbiolina grigia e tremolante i quartieri lontani. Tranne la striscia della tangenziale, meno distante. Mantiene un nitore implacabile ‘sto paesaggio, tiè! Sul campo di volo nessun elicottero.

Tu non voli, passerello solitario, leopardello mio! Passerai, passerai. Non ti cal d’allegria? Come? No, non ti passa, non ti passa. Sei in trappola. E non solo dentro le vetrate! Ti spalmi luce, t’impolveri di cipria nebbiosa, ti fotti di paura allo stridio improvviso di qualche auto che frena di botto.

3.

Si dirige verso i gabinetti. Ne esce la collega bionda. Lei abbassa gli occhi al momento dovuto. I suoi accennano un saluto. Dopo ogni scrutinio l’ìnsoddisfazione è più acuta. Qualcosa finisce. Rito logoro, petulante ma inflessibile, cosa gli vuoi segnalare? Cosa, dunque, finisce? O da quanto tempo è già finita? Spreco di ore, colleghe e colleghi! A compilare cartacce stanno. Per quel che può si sottrae. Ma a cosa ti sottrai? Ma dai! In collegio tiri fuori un libro dalla borsa ammosciata di pelle e leggi. Pur di non seguire più i discorsi che una volta. Irruente, pure tu spandevi. Tutto qua! Nel bailamme s’è ritagliato le sue cellette. Vi secerne miele di massa – pensa! – coi suoi studenti e qualche collega.

4.

Attacca persino qualche cartello polemico alla porta della sala professori. Oh, tazebao del ’68 alla Statale, proteggete la sua pia fedeltà all’Ombra della Grande Causa! Ne conserva in cantina alcuni. Persino! Per i figli? Per i nipoti? Puah! Strabuzzeranno gli occhi come Jerkunizza della 4B fisici. Come di fronte a geroglifici sconosciuti. Sì, sì, i suoi archeologici temi. L’eterno burocratico che torna, ritorna. La contingenza cronachistica. Contro i propagandisti della pena di morte. E contro l’ intrallazzo della commissione orari. E in difesa dello sciopero della fame di alcuni della stessa sua stoffa finiti in carcere. E dai! E pure contro l’indifferenza della Sinistra verso gli operai di Solidarność. E ci mette la sua firma:‘Samizdat’. Sono gli ultimi spasimi del suo sogno giovanile. Cerca di farlo durare. Tenace, eh! Scova pretesti per far polemica. Ha ancora l’occhio utopico? Sì, ma intorbidato – eccome! – dalla sconfitta. E quella sua ostilità istintiva verso i discorsi buonsensai? Vuole suscitarla ancora negli altri – colleghi, studenti, genitori. E se fossero soltanto “vecchi discorsi”? Se fosse gusto suo per la “provocazione”? O ambigua soddisfazione di aggredire e farsi aggredire. All’ultima assemblea sindacale, salta fuori la parola ‘Brigatosse’, che ancora tossiscono i loro spari qui e là per l’Italia. E secca, tagliente, sorniona, la docente di ruolo – quella detta L’Aquila – è sbottata: – Eh sì, secondo te dovremmo prendere anche noi il mitra!

5.

Languidi si spengono i docenti lumini che furono un dì Rinnovatori! Gli consigliano prudenza. Dissentire oggi in Collegio? Patetico. E, per i tempi che arrivano, pericoloso. E se qualcosa dall’interno – da dove? – si protende e cerca di diventar parola, frase, discorso? Su, su! Dagli almeno una maschera! Toh, mettila! Rimettila! S’è già sciolto (nell’acido) il partitino – il mondo a parte – che avevano messo su alla meglio nella prima metà dei Settanta. E prof Samizdat non se n’è accorto? Sopravvivere senza tradire? Senza dimenticare quelli – i compagni, le compagne, si diceva – che avevano messo su quel mondo? Gli viene persino l’idea di un «manuale per la sopravvivenza nella scuola che crepa».

7 pensieri su “Da “Prof Samizdat”

  1. Professore vorrei, in questo momento, prenderla sotto braccio e portarla in una scuola di un paese, dove i ricordi diventano realtà, non per altro, solo per provare quell’impulso che solo la gioventù dà per poter portare avanti quel pensiero in cui fermamente si crede.
    Là, siamo al riparo di quella pesante pietra che lancia il tempo che passa.

  2. Perché lei, signora, vorrebbe portarmi in una scuola di paese?
    Per correggere il mio “pessimismo” metropolitano degli anni post-sessantotto? O alleggerirmi della “pesante pietra” che mi porto addosso mediante la rivelazione della autentica “buona scuola”, preservatasi – pasolinianamente autentica e con l’aroma della ” bella gioventù” – tra verdi faggi, ruscelli e pecorelle?
    Cordialmente
    Prof Samizdat

  3. DA E.A. SU FB

    Emilia Banfi Ennio Abate
    caro professore, la porto in una scuola dove potrà ancora insegnare ma con alunni diversi, quelli di oggi che avrebbero tanto bisogno di lei.
    La pietra la vedremo dai vetri passare con la forza di quel tempo. Potrà riderci sopra.
    Io farò la bidella, quelle di una volta che facevano il caffè per i Prof.
    Un bicchiere insieme la sera….Non mi spiacerebbe.

    Ennio Abate Emilia Banfi
    Lei mi lusinga, signora! Temo però che gli “alunni diversi” proprio perché d’oggi, mi snobberebbero. E non ler antipatia ma per sordità indotta dai mass media che hanno quasi del tutto sotterrato il rapporto possibile tra un prof (Samizdat per giunta!) come me e loro.
    Se una volta Jannacci disse – giustamente – che (all’ingrosso) disse giustamente “La televisiun ha la forza di un leun”, oggi dovremmo dire che Google e Zuckemberg hanno la forza di mille leun.
    E anche le bidelle non hanno più nessuna voglia – giustamente! – di preparare il caffè ai prof.
    Ci vuole altro per sollevare la maledetta Pietra che allora mi seppellì insieme a studenti e colleghi nella Scuola-Prigione di cui racconto le pene.
    Un salutone
    Prof Samizdat

  4. DA POLISCRITTURE SU FB

    Anna Leone 
    Credo che ogni epoca abbia i suoi sogni. La scuola la fanno i buoni maestri e chi capisce, come dice Galimberti, che è l’erotica la chiave di volta per riuscire a, spalancare mondi sugli occhi di chi siede di fronte.

    Ennio Abate
     Galimberti la fa facile perché dalla scuola se l’è svignata e dalla TV e You Tube è gratificante dire che “l’erotica [è] la chiave di volta etc”.
    Prof Samizdat, che nella scuola ci rimase, l'”erotica” scolastica la vedeva in maniera più problematica:

    Frammento nov. 94 da “Prof Samizdat”

    nel dionisiaco giovanile penetrassi/ coi corpi/ mente loro!
    proverei l’immaginato sempre/ e sfuggente
    piacere di abitare paroloni godendo il mio corpo in ebollizione/
    a contatto con l’altrui/ ma “nostro”
    e i tormenti giovanil distruttivi/
    ma l’io pio in corpo-adulta-mente sta/
    e nella gabbia toracica della realtà

    il mondo m’inspira e respira
    mi nutre e denutre
    si fa turgido e s’ammoscia…

    il tarlo si sfrega nel solaio silenzioso e ombrato
    del mio desiderio di “occupare” l’altro/
    gli altri/ le altre
    ma l’esodo giovanile salta il deserto da attraversare/
    non vede e occupa il vuoto/
    dove il mondo non respira più/
    la farfalla si dissecca
    e il corpo senza corpi/parole
    senza chiacchiere e ideologie (sì, che soddisfazione!) muore

    (lenta- dolce- improvvisa-terribil-mente)

  5. ….ma quella bidella sapeva quanto era importante quel caffè, anche lei se lo beveva.
    Era la scuola, quella che comprendeva anche un dovere speciale da parte di tutti. Il piacere era fuori , nelle corse, negli amori al parco, nelle case c’era un calore diverso….O Madonna Santa come son vecchia!!!! Mi salvi Prof!

  6. “Il piacere era fuori , nelle corse, negli amori al parco, nelle case c’era un calore diverso”

    Ah, allora la scuola era solo un pretesto, un’occasione per spassarsela!

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