2 pensieri su “Roberto Roversi. RAI Radio Techetè 20.1. 2020

  1. Ho incontrato una sola volta Roberto Roversi, non come poeta ma come librario. Anni Sessanta, abitavo a Fano e cercavo libri di Amadeo Bordiga e da Milano mi avevano scritto che potevo trovarli a Bologna nella sua libreria. Era una delle pochissime librerie italiane (non più di dieci in tutto) dove si trovava anche la stampa del Partito comunista internazionale. Bologna, del resto, per la provincia di Pesaro e Urbino è il grosso centro più vicino e mi capitava di andarci di tanto in tanto. Erano appena usciti (1965 o 1966) i due grossi volumi dell’opera: «Struttura economica e sociale della Russia d’oggi». Li trovai da Roversi che, forse incuriosito di quell’acquisto insolito, mi chiese qualcosa e parlammo per pochi minuti. Mi diede alcuni fogli ciclostilati con sue poesie che diffondeva in quel modo, anche per strada.
    Molti anni dopo, in tempi più recenti, ho incontrato casualmente un paio di volte la vedova che si lamentava che Roberto fosse stato dimenticato dalla cultura italiana. Forse se ne lamentava a ragione e forse a torto, non so. Il lamentarsi che il tale o talaltro scrittore o poeta è stato dimenticato è una pratica molto comune, e spesso è vero: meritatamente o no è vero che scrittori famosi, famosissimi, dopo la morte scompaiano dall’orizzonte culturale. Basterebbe confrontare le storie della letteratura, o le enciclopedie, che si sono succedute nel corso degli ultimi cento anni e vedere quanti scrittori e poeti prima presenti in quelle pagine, a un certo punto non vi compaiono più, relegati a fenomeni minori e di ambito locale. Anche la vedova di Bianciardi si è sempre lamentata che Luciano sia stato dimenticato.
    Ma nel caso di Roberto Roversi e di Luciano Bianciardi forse non è vero che sono stati dimenticati, perché, a differenza di scrittori come Salvator Gotta e Virgilio Brocchi, molto alla moda e popolari da vivi e con una massiccia presenza in libreria e un lungo elenco di premi ricevuti, poi scomparsi del tutto, Roversi e Bianciardi hanno sempre avuto una presenza più discreta e di nicchia che però conservano, in buona parte, ancora oggi. Relativamente al tempo trascorso, ovviamente, e all’accumularsi di nomi e libri nuovi e successivi che si stratificano e premono e scacciano i vecchi.

  2. DA POLISCRITTURE FB

    Gualtiero Via

    Roberto Roversi “ha condotto una vita molto regolare e molto bolognese”
    la libreria Palmaverde “che non a caso era in via dei poeti”
    ah, Maldini è Maurizio, non Stefano.
    In tre frasi avrà ripetuto “bolognese” quattro volte.
    …Fahreneit alla notizia della morte di RR chiamava a parlarne Alberto Bertoni (facendogli leggere una poesia di Roberto, prima). Mah.
    Per fortuna dopo poche altre notizie biografiche mettono una delle canzoni da Il giorno aveva cinque teste. Il Dalla di quel disco era una cosa pazzesca. Un dono divino. Atena e Dioniso ridiscesero in Terra, e in una strabiliante scommessa soffiarono, l’una e l’altro, nei sonni di due bolognesi, Lucio e Roberto, la cui opera ci fu poi donata.
    Bertoni, però (diomio) Roberto non era “snob”, queste son cose che non si possono sentire.
    Snob. Tirèmm’innanz.
    Ahem, Roberto non era “pasoliniano”, ma occorrerebbero distinguo non da poco, diciamo peccato veniale (diciamo).
    Nelle battute finali si riscatta, con quel riferimento alla linea petrarchesca e a quella dantista. Vabbè. Non andrà all’Inferno -almeno, non per questa trasmissione.
    La partita di calcio è un testo che avrebbe richiesto un’introduzione adeguata, ma non non c’erano più nè il tempo nè il modo, questo non gli si può imputare. Volendo, anzi, lo si può ringraziare di aver voluto ricordare un testo così fuori da ogni convenzione.
    Grazie di aver voluto ricordare Roversi. A tutti/e -compreso Bertoni.

    Ennio Abate
    Parliamo di Roversi e lasciamo perdere le “bolognesità”…

    Gualtiero Via
    …sì
    ora Ennio (scusa) emendo le peggio, diciamo, asperità

    Gualtiero Via
    emendato
    (sto tuttora ascoltando, Ennio. Ho conosciuto Roberto, lo andavo a trovare, ci parlavo. Ho avuto questa fortuna e questo privilegio. Sarei un imbecille se mi mettessi a scrivere senza gratitudine)

    Alberto Rizzi
    Lo considero il più importante poeta “civile” (se si può usare questo termine) dello scorso secolo in Italia.

    Ennio Abate Gualtiero Via
    So che hai conosciuto direttamente Roversi e qui (http://www.robertoroversi.it/testimonianze/ricordo-di-r-r/item/96-addio-a-roberto-roversi-poeta.html?fbclid=IwAR3i8ZcAHMVSnRTZp5Oqawp1jpVsCziaOULtSL_2_I0QrImz1iIO7wRihfs) leggo la tua testimonianza. Se hai altre cose da dire su di lui, dille e lascia perdere i vari che se ne occupano in modi per te discutibili. Un saluto

    Gualtiero Via
    …certo, hai ragione, Ennio -e grazie per la condivisione e per l’invito.

    Luciano Aguzzi

    [il testo è quello pubblicato qui su Poliscritturer sito nel commento precedente e non lo riporto]

    Gualtiero Via
    Luciano, grazie di questo ricordo. Ci ritrovo Roberto, com’era e come certamente in tantissimi, d’ogni angolo d’Italia, lo ricordiamo con gratitudine, affetto, stima.
    Ma se vogliamo ragionare di cultura, di politiche culturali ed ed educative, cioè se vogliamo pensare alla letteratura -e alla poesia- come parte preziosissima e indispensabile dell’essere di un Paese, di una nazione (io uso e rispetto in grade misura entrambi questi termini, molti preferiscono uno e avversano l’altro), se pensiamo così la cultura, dicevo, allora è vero e certo che Roversi è stato dimenticato -come lo è stato Bianciardi.
    E’ una cosa oggettiva, documentabile addirittura.
    Io insegno da 22 anni, italiano e storia, alle superiori. Potrei dire degli autori che vedo nelle antologie, di quali del secondo Novecento e contemporanei, e come presentati. Potrei dire di come sono formati gli insegnanti.
    Nei manuali le eccezioni positive ci sono (Claudio Giunta ha pubblicato pochi anni fa un manuale di letteratura che è un’opera bellissima e di qualità, e altre buone o addirittura ottime ve ne sono, per esempio quella recentissima di Armellini, Bosi, Marchesini, non ricordo ora il titolo, per Zanichelli); ma i manuali sono diventati strumenti molto complessi di cui la maggior parte dei docenti raramente usa più del 30%, o poco più -e inevitabilmente.
    La scolta, in un paese come il nostro, la farebbero la Tv ed i servizi bibliotecari. La TV è merda, è in mano al demonio, letteralmente, e le biblioteche sono distribuite con una presenza accettabile (non più che accettabile, salvo eccezione) molto a macchia di leopardo.
    In queste condizioni il ricordo di resistenti autonomi come Roberto e Bianciardi è affidato ad altri resistenti autonomi -che magari possono anche coincidere con riviste, con luoghi, con attività, ma mai oltre una certa soglia di circolazione e di riconoscimento.
    Siamo semi-clandestini. Basta non prenderla come una recriminazione rancorosa -che sarebbe certamente tradire l’insegnamento di Roversi- ma come un dato di fatto, una constatazione -che per chi ha potere (chi avrebbe il potere di fare cultura altrimenti), non meno che per noi, è anche scelta consapevole.
    L’ho fatta un po’ lunga, chiedo scusa.

    Luciano Aguzzi
    «In queste condizioni il ricordo di resistenti autonomi come Roberto e Bianciardi è affidato ad altri resistenti autonomi».
    Che sia giusto o no (problema difficilissimo da risolvere!) con queste parole confermi che si tratta di una situazione di nicchia, relativa cioè a una parte delle persone interessate alla poesia, alla letteratura e alla cultura in genere, selezionata “automaticamente” (non c’è un complotto da parte di qualcuno) sulla base di affinità.
    Questo volevo dire. E faccio un esempio che conosco bene. Lo scrittore fanese Fabio Tombari è stato famoso e molto letto negli anni 1930-1965 circa, tanto che il suo editore, Mondadori, gli aveva dedicato una collana personale («I Libri di Fabio Tombari»). Era citato in tutte le enciclopedie e storie della letteratura, presente in antologie scolastiche ecc. Ed era letto da ogni tipo di persone, senza selezione sulla base di affinità. Tanto che, lui fascista e amico di Benito (seppure ingenuamente fascista e antiviolento per tutta la vita e steineriano), ha avuto fra amici ed elogiatori anche esponenti di primo piano del Pci. Ora Tombari è scomparso dalla scena letteraria (anche dalla Garzantina di letteratura) e dalle antologie scolastiche e ricordato solo in sede locale (Fano, Pesaro, Marche, non oltre) e perlopiù in forme agiografiche e municipalistiche, assai poco critiche.
    In confronto, i meno letti e meno venduti Roversi e Bianciardi, hanno col tempo acquistato più peso e sono oggi ricordati e studiati in misura molto maggiore e con impegno critico di ben diverso peso. Certo che, a chi è dentro la loro nicchia, sembrano dimenticati o comunque sottovalutati. E forse è vero. Tuttavia è anche vero che, nel tempo e in confronto, Roversi e Bianciardi hanno acquisito maggiore importanza dei più popolari Tombari, Brocchi, Gotta e tanti altri. E alcuni loro libri continuano ad essere presenti, a circolare e a essere letti, anche se a centinaia e non a migliaia di copie annuali. E le storie delle letteratura gli dedicano ancora qualche spazio.
    Che poi gli “amici” (in senso culturale) possano e debbano cercare di ampliare la loro presenza nella cultura di oggi, è vero, ma è un discorso diverso da quello di un’osservazione di carattere generale.

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