Sì, basta con i (vostri) agguati a chi non si rassegna al “meno peggio”

di Samizdat


A leggere l’appello “Basta con gli agguati”, comparso giorni fa su “il manifesto”, a vedere tra i firmatari non solo nomi di intellettuali rispettabili (come Luigi Ferrajoli) ma anche quelli di vari amici, a leggere su FB certi commenti in sua difesa mi sono cadute le braccia. Epigoni siamo e epigoni resteremo, ho concluso amaramente.

I firmatari si dicono convinti che il governo Conte “abbia operato con apprezzabile prudenza e buonsenso, in condizioni di enormi e inedite difficoltà, anche a causa di una precedente “normalità” che si è rivelata essere parte del problema”; e che non abbia intaccato “la libertà di parola e di pensiero degli italiani e comunque il Governo non è parso abusare degli strumenti emergenziali previsti dalla Costituzione”.

L’appello fa un elenco anche puntuale (ma parziale) dei limiti del governo Conte, ma poi lo approva e l’assolve. Per me è confuso, ambivalente, gesuitico (cioè ipocrita) come questo governo. E nessuna, anche autorevole, firma a suo favore mi toglierà dalla testa che con tale appello molti fanno il classico salto della quaglia. Che saltino o meno poi sul carro del (presunto) politico “illuminato”.

I fatti degli ultimi mesi – ne ha elencati su FB parecchi Lanfranco Caminiti in uno sdegnato “Io accuso” alla Zola – dicono che prudenza e buonsenso del governo Conte sono aria fritta: morte di migliaia di anziani nelle case di riposo e di decine di operatori sanitari e infermieri, medici, portantini; morti in alcune carceri in rivolta, esplose per l’indifferenza di chi le dovrebbe amministrare; accondiscendenza alle logiche confindustriali in fatto di economia e profitti; frammentazione tra centro e regioni, tra regioni e sindaci; aggravamento delle distanze tra il nord e il sud d’Italia; impedimento delle manifestazioni (anche autodisciplinate) di dissenso in occasione del 25 aprile; coltivazione della paura in una popolazione frastornata con un incoraggiamento sotterraneo alla delazione o all’aggressione di presunti “untori”.

I firmatari, prevedendo obiezioni, hanno messo le mani avanti già nello stesso appello: non tutte le responsabilità sono del governo Conte; l ‘attuale situazione è eccezionale; le cause del disastro hanno radici anche negli anni e nei decenni precedenti. Ma, dico io, ogni governo non giustifica il suo operato dicendo, appunto, che ha ereditato dai precedenti una situazione disastrosa? Gli stessi hanno persino concesso – bontà loro – che “il governo Conte non è il migliore dei possibili governi, sempre che da qualche parte possa esistere un governo perfetto”. Ma, dico io ancora, prima di un fantomatico “governo perfetto” non ci sarebbe da discutere sulle cose che si potevano fare e non sono state fatte e ancora non si fanno?

L’appello alla fine dichiara il suo obiettivo politico: evitare “il disegno [di Renzi] di gettare le basi per un altro governo: un governo dai colori improbabili o di pretesa unità nazionale, di cui non s’intravede nemmeno vagamente il possibile programma, tolto un disinvolto avvicendamento di poltrone ministeriali e la spartizione di cariche di alto rango”. Dunque, come ha scritto l’amico Franco Romanò, l’appello sarebbe nato dalla insofferenza per “un intervento indecente di Renzi in parlamento che saldava un fronte pericoloso che va da Confindustria alle regioni leghiste e Renzi”. Ma allora, dico sempre io, scrivevate una denuncia CONTRO Renzi e le manovre confindustriali. Perché avallare un Conte, “re Travicello”, pur ammettendo che “i messaggi di Palazzo Chigi non hanno sempre la chiarezza necessaria”? Perché questo gesuitismo? E sarà davvero questo governo ad evitare tali intrighi?

Non sono un politologo. Perciò dico soltanto che in questa faccenda, nata nella redazione de “il manifesto” (ombra di un passato semi-glorioso), mi ha colpito la “cattiva infinità” (al ribasso) dell’ideologia del “ meno peggio”. Che continua ad affondare anche cervelli politici ben allenati appena i marosi delle crisi si fanno troppo alti. C’è sempre a un “meno peggio” a cui aggrapparsi. All’infinito, appunto. E persino in una situazione come questa originatasi dall’epidemia di coronavirus, che per certi versi imporrebbe di ripensare tutto (Cfr. l’intervista a Fagan che ho segnalato giorni fa su Poliscritture).

Un ultimo appunto. Negli ultimi giorni avevo segnalato con simpatia e speranza la nascita di una nuova rivista che si richiamava alle esperienze di inchiesta e autorganizzazione degli anni ’70: Nuova Officina di Primo Maggio. Ebbene questo minimo segnale positivo è stato subito contraddetto da questo appello. E visto che alcuni dei promotori e dei simpatizzanti della nuova rivista paiono non vedere contraddizione nel mantenere il piede in due scarpe, mi viene da pensare che stia nascendo una forma (inedita?) di “anarcostatalismo”. Per cui ogni residuale area di resistenza al declino politico della sinistra cederà invariabilmente alle sirene dello Stato. Firmate, firmate, i mostri son tornati.

3 pensieri su “Sì, basta con i (vostri) agguati a chi non si rassegna al “meno peggio”

  1. Ho letto l’articolo che trovo interessante e molto stimolante e sono anch’io tra quelle/i che non si accontentano del “meno peggio”, proprio per questo da lungo tempo mi sono avvicinato al pensiero anarchico, pensiero cioè, basato sul principio di non delegare perché non esistono poteri buoni. Questo in sintesi estrema, perché ovviamente ci sarebbe molto di più da dire. Proprio per questo considero uno “scivolone” parlare di “anarcostatalismo” che forse vuol essere solo una battuta ma a mio avviso rivela come siadifficile liberarsi dai pregiudizi per cui l’anarchia sia qualcosa di deteriore, a volte addirittura sinonimo di caos.

    1. @ alfredo

      Il termine ‘anarcostatalismo’ non è uno scivolone, ma un modo ironico per indicare la “nuova ideologia” che a mio parere dovrebbe giustificare l’atteggiamento ambivalente di chi tiene i piedi in due scarpe, lodando NUOVA OFFICINA PRIMO MAGGIO, che dalla tradizione anarchica proviene, e l’Appello in questione che desidera “farsi Stato” (anche qui ricalcando una vecchi tradizione del PCI e anche di una parte del “manifesto” vecchio e nuovo).

  2. Anch’io sono rimasta sconcertata dall’appello sul “manifesto”… certo, non sto pensando che ora la priorità sia creare una bella crisi di governo, ma non condivido l’elogio a Conte, che indubbiamente si è trovato nel mezzo di una crisi difficilissima, ma che ha fatto molti e gravi errori, soprattutto assecondando i diktat di Confindustria, ma anche gestendo il lockdown in un misto tra paternalismo, dilettantismo e compressione delle libertà fondamentali davvero preoccupante.

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