Riordinadiario 1999

di Ennio Abate

14 gennaio

Sogno

A un convegno che dovrebbe essere terapeutico e religioso. Assisto spaesato, tollerante ma non coinvolto emotivamente. Mi ritrovo vicino ad alcuni malati impegnati in un rito che dovrebbe guarirli. Poi vedo alcune persone che, ispirate, cominciano a danzare in fila indiana tremolando col corpo. Ora sono seduto in una poltrona. Degli adolescenti, handicappati e bavosi, cominciano a sputacchiarsi l’un l’altro. Uno di loro  mi viene addosso. Sento uno sgradevole umido di piscio sul mio braccio. Poi mi aggiro su un prato. Qui un’orchestra si prepara a suonare e io mi metto in un angolo per ascoltare. Accanto a me c’è uno di spalle con due cani lupo. Il tizio vuole fotografare uno dei due cani. D’un tratto, però, l’altro cane  si avventa contro di me. Riesco a respingerlo. Ora  ho il compito di dipingere di blu i muri di una cappella. Esaminandoli attentamente mi accorgo però che lì c’è già un affresco. Rappresenta una successione di semicerchi. Sono di colore giallo,  sbiadito però dal tempo. Allora prendo una decisione: dipingerò di blu solo lo zoccolo basso dei muri e rafforzerò il giallo dei semicerchi.

16 gennaio

Comunisti di Davide Ferrario.

Sala delle provincie di Milano. All’ingresso qualche volantinatore emmellista. Pubblico da riunioni di partito.  Giovani (non tanti). Ceto medio impiegatizio. Volti seri e a volte truci. Vari anziani e vecchi. Vedo B. C. Ha finito un libro a cui lavorava da 9 anni.  Non scatta nessun dialogo tra noi e dopo un po’ se ne va a salutare il regista, che è un suo vecchio studente. Vedo R. sul palco a colloquio ora con uno ora con un altro. Vedo anche il marito di L. M., mia ex collega a Sesto e al Molinari di Milano. Siamo seduti quasi vicini, ma sembra assente e neppure io ho  vera voglia di parlargli. Si avvicina S. D. Anche lui con un’aria svagata, mi saluta e poi si allontana. Il film è agile ma non eccezionale. Vi colgo striscianti simpatie per l’immagine di forza e di fideismo del vecchio PCI. Gli interventi dopo la proiezione mi paiono tutti dentro l’ottica di Rifondazione Comunista. Vi prevale l’ammirazione per il Partito “forte” e una certa tolleranza verso i comportamenti dei militanti di base, anche quando, incoraggiati dal PCI o almeno da alcuni suoi settori, usarono le armi in azioni (come le “ronde”) in modi oscuri e ambigui. Ascoltando riprovo la sensazione di accostarmi a qualcosa di cupo, di sfuggente, di coatto. La stessa che provavo n ei confronti di molti compagni “duri”  che conobbi nel mio periodo di militanza.Non posso non notare quanto questo comunismo dei Rifondatori mi resti estraneo. Non è la violenza praticata la ragione  del mio turbamento. Sono respinto, invece, dalla sottomissione – “gesuitica”, alla Loyola – all’autorità del Partito. Che poi questo esercizio di violenza non riconosceva né problematizzava. Ecco, mi respinge la gestione  elitaria della violenza. Né capisco gli atteggiamenti fideistici o di doppiezza proposti ancora come  modelli. (Sono rimasto irritato per le risate di approvazione del pubblico quando un partigiano-personaggio ha detto: “non mi chieda nomi, però…”). Cosa pensare poi dei partigiani comunisti, che diventarono spie dei “compagni iugoslavi” (o eliminarono gli anarchici in Spagna)? Nel film, ma anche nel commento dello storico Borgomanero sono  palesi le simpatie  per Stalin. Nel film la sua immagine viene esibita da uno dei testimoni, che proclama tutta la sua ammirazione perché aveva reso forte l’Urss di fronte alle altre potenze nemiche. Oltre a sorvolare sull’eliminazione di massa dei comunisti sovietici e dei contadini, atteggiamenti di questo tipo bloccano  ogni discorso su cosa si possa ancora intendere per comunismo. Non credo che basti solo l’odio di classe o l’uso della forza.

29 gennaio

Sogno

Sono con Majorino e Fortini attorno ad un tavolo nella casa di campagna di quest’ultimo. Sono rattristato per il contrasto che so esistere fra loro. In maniera inattesa, però, Majorino accetta l’invito di Fortini a collaborare. Poi vado a buttare i resti della cena. In un angolo dei giardino c’è un grande sacco di cartone quasi pieno di spazzatura, che non era stata ancora portato via. Fortini dice che il problema è disfarsi di quella spazzatura.

2 settembre

Impegno culturale

Esigenza di stringere. Inoltre: dubbi sulla direzione da imprimere al gruppo milanese. Ipsilon: senso di esaurimento e di ripetizione. Non c’è proseguimento vero della mia attività personale in quella di questi due precari collettivi di ricerca. Né c’è buona sintonia coi partecipanti che so riottosi o distratti. Non riesco a svolgere vera direzione, perché l’adesione che mi viene è tiepida e a volte opportunistica.

3 ottobre

 Chichibìo e Inoltre

In Chichibìo il quadro in cui collocare i pezzi (articoli, interventi) è quello “di sinistra” stabilito da Luperini, Baglioni e Marchese, fiduciari della Palumbo. L’approfondita intervista che ho fatto  a Carlo Oliva non sarà pubblicata. Troppo lunga, dicono. Ma forse il contenuto anarchico e antiscolastico emerso dal duetto fra me e Carlo non è stato digerito. Tutto il quadro dei collaboratori (presidi, insegnanti prevalentemente di liceo o “comandati” o legati  alla ricerca parauniversitaria ed editoriale) spinge verso discorsi “licealizzanti” o di fronda para-antiministeriale. (Si è parlato di presenza possibile di Giovanni Berlinguer ad una presentazione  in grande a Palermo di Chichibìo; e, comunque, i passi programmati vengono compiuti calcolando le mosse del Ministro o della Cee. Credo che il discorso sul “canone letterario per l’Europa” sia collegato anche a possibili finanziamenti. E un discorso sulla mondializzazione è stato liquidato come “utopia”(rispettabile).

Inoltre marcerà sempre a passo di lumaca. Vi incomberà sempre il capriccio livoroso di X e  il silenzio sfingico della Jaca Book. Sarà problematico guidare le ambizioni  anch’esse più paraistituzionali che indipendenti degli attuali redattori.  Mi avvio ancora ad un lavoro da isolato. O al massimo posso pensare a qualche intervento con samizdat occasionali o periodici, ma redatti soltanto da me (e a cui aggiungere di volta in volta contributi mirati e circoscritti di amici e conoscenti). Potrei tentare di esplorare la condizione dei nuovi immigrati  usando le conoscenze di mia figlia Elena ed altri.  Nulla da fare: ogni collettivo che voglia praticare un’indipendenza forte dalle istituzioni è visto da parte di tutti come un eccesso di ascetismo.

11 ottobre

Centro studi Franco Fortini di Siena

Freddezza nei miei confronti. Mi danno l’impressione di curare un livello consolidato di lavoro intellettuale e di scartare ogni  espressione culturale che sia sperimentale o extra-accademica. La definiscono col termine di “militante” ed è implicito che va posta in secondo piano o che va svolta “altrove”). Sintomatico il rifiuto di L. di pubblicare la poesia dell’A. e di dirottarla nella “succursale” de L’immaginazione. Curano ne L’ospite ingrato il risvolto del lavoro accademico-editoriale fatto da Fortini.

28 ottobre

Presentazione di Inoltre 2 alla Libreria Tikkun di Milano

Siamo “fra noi”. Piacevole imprevisto: c’è Parizzi. Ci abbracciamo e accantoniamo il nostro  diverbio e-mail. Più tardi si aggiunge la F. Anche con lei  “ci spieghiamo”. Ci sono poi 4 frequentatori fissi della Tikkun che conosco solo di vista.  La discussione s’incentra sulla guerra nella ec Jugoslavia e sull’atteggiamento degli intellettuali. La rimozione della guerra, se è totale sui mass media, non pare lo sia sulle riviste. Chiamo alla ribalta “Qui. Appunti dal presente” di Parizzi e lo invito a intervenire. Mangano  ascolta in silenzio. Tutti gli interventi sono contro la guerra in Kosovo. Con varie sfumature. Uno però si mette dal punto di vista dell’uomo della strada e spinge all’assoluzione del consenso passivo alla guerra: “Che cosa può fare l’uomo della strada? Nulla”. Parizzi chiede di prendere in considerazione anche le ragioni “buone” degli interventisti. Se c’è del buono, verifichiamolo, dico. Ci ripromettiamo di risentirci. Siamo però “sempre gli stessi”.

30 novembre

Condominio

Bisogna prendere sul serio le questioni di un condominio/ studiarti il marpione coi suoi bravacci/ l’ex bidello canuto/ il poliziotto bambolotto/ gli imparentati compaesani/ che fanno insieme tanti bei millesimi/ di maggioranza/ da imporre  come clava su capoccia/ alla strepitante /che passa per pazza/ perché sgraziata/ esasperata/ vitupera e litiga/ e minaccia/ e sorveglia ossessiva/ poi il moto  ti trascina/ malvolentieri dapprima/ che chi ne capisce di solai  sottotetti e canne fumarie e massa a terra/

La recita muta/ le belle statuine / i vicini si ruppero d’incanto/ s’animò rinnovato  il teatrino/….

3 pensieri su “Riordinadiario 1999

  1. ” In un angolo dei giardino” (scosceso, alla base d’uno dei corti pilastri in calcestruzzo che reggono l’edificio) “c’è un grande sacco di cartone quasi pieno di spazzatura” (aghi di pino e rametti secchi da Ruth raccolti con cura nel ripulire il giardino), “che non era stata ancora portato via”.
    Immagine d’un realismo sconcertante. Ma di solito era lo stesso Franco a portar via la “spazzatura”, salendo i gradini fino alla strada provinciale.

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